Una tragedia fiorentina

Opera in un atto

Personaggi

Guido Bardi Principe di Firenze Simone Un mercante Bianca Sua moglie

L'azione si svolge nella casa di Simone, a Firenze, nel 16° secolo
Si alza il sipario. La scena rappresenta la stanza di un agiato commerciante a Firenze. Guido Bardi è inginocchiato davanti a Bianca.
Le loro mani sono intrecciate. Lui la guarda sorridendo, quando all'improvviso lei sussulta spaventata, si alza e si scioglie da lui. Nello stesso istante Simone entra dalla porta centrale. È in abito da viaggio. Tiene in mano una spada, con l'altra trascina un grande pacco pesante. Si guarda intorno per un attimo nella stanza, poi guarda con impazienza verso Bianca. Ora Bianca gli va incontro lentamente, con lo sguardo abbassato.

Simone
Così lentamente, donna? Non voli incontro al tuo signore?
(Bianca gli porge la mano)
Ecco, prendi il mio mantello. Prima il pacco! È pesante.
(Lei trascina il fagotto verso l'alcova, poi gli prende il cappello e il mantello, mette tutto nell'alcova e tire le cortine).
Non ho venduto niente. (Come se vedesse Guido soltanto adesso)
Ebbene chi è costui?
Un amico da te? Certamente un parente che, ritornato da poco da un paese straniero, infesta la mia casa, mentre il padrone è assente.
Scusate, parente: poiché una casa senza il suo signore è cosa vana e senza onore, una coppa senza vino, un giardino senza fiori, abbandonato dal sole.
(Nuovamente deferente e amichevole)
Ancora una volta perdono caro cugino.

Bianca
Costui non è un cugino e neppure un parente.

Simone
Non un cugino ne un parente? Chi è allora costui che con tanta grazia si degna di invitarsi come nostro ospite?

Guido
Mi chiamo Guido Bardi.

Simone
Come,il figlio del duca di Firenze, le cui pallide torri vedo ogni notte come ombre, davanti alla mia finestra nello splendore argenteo della luna che passa? Messer Guido Bardi, siate benvenuto, due volte benvenuto! Poiché io spero che la mia degna sposa non vi sia stata di peso con troppe e sciocche parole.

Guido
La grazia della signora, la luce della sua bellezza fanno impallidire le stelle, e mi ha reso così incantevolmente felice, che, se è gradito a lei e a voi stesso, vorrei visitare ancora spesso questa semplice casa.
Se gli affari vi porteranno fuori dal paese, voglio sedere presso di lei, consolare l'abbandonata, perché non si preoccupi troppo di voi. Cosa ne pensate, Simone.

Simone
Vi ringrazio, Signore, dal profondo del cuore!
È cosa che rinsalda uno Stato, che un principe di così nobile origine e di modi così raffinati visiti da onesto amico l'onesta casa di un onesto cittadino. E tuttavia, mio Principe, sono forse troppo audace. Un'altra volta verrete qui da amico. Questa notte venite a comperare le mie merci. Non è così? Velluto e seta, non ho dubbi su quello che volete, ho tessuti delicati di grande fama.
(a Bianca, scortesemente)
Dov'è il mio fagotto? Non senti? Dov'è?
(Bianca tira fuori il fagotto dall'alcova).
Aprilo, mia buona moglie! Inginocchiati sul pavimento!
(Lei lo fa, apre il fagotto e cerca tra le stoffe e le vesti).
Così va meglio. Ma no, non questo, l'altro! Svelta, in fretta! Si è questo!
(Bianca toglie dal fagotto una pesante e stupenda veste di Damasco) (estasiato)
Dà qui, con cautela. Perché è prezioso.
(Le prende la veste in mano, la tratta con amorevole cautela e la dispiega davanti a Guido).
E ora, mio Principe, ho qui se permettete, un damasco di Lucca, il tessuto è come argento, e le rose tessute con tale finezza, manca solo il profumo per ingannare i sensi. Toccatelo, Principe! Non è delicato come l'acqua, solido come acciaio?
(Tenero)
Le rose per prime! Vedete! Non sono tessute abilmente? L'amico più caro della rosa, i pendii collinosi di Bellosguardo e Fiesole non cospargono il grembo della primavera di fiori simili. Guardate, qui nel damasco regna sempre l'estate e nessun rigore invernale consuma questi fiori. Ogni cubito è costato oro, vero oro rosso, frutto di un attento risparmio.

Guido
(Sorridendo)
Mio bravo Simone, basta vi prego: sono d'accordo.
(un po' liberato)
Domani vi manderò un servo, vi pagherà il doppio.

Simone
Nobile principe,
(piano)
vi bacio le mani.
(Vuole baciare la mano a Guido. Guido si volge sorridendo via da lui verso Bianca. Simone lo guarda serio. Improvvisamente di nuovo deferente).

Simone
(incominciando piano)
Mi viene ora alla mente che un altro tesoro è nascosto qui in casa.
Dovete vederlo. È una veste da cerimonia. Di fattura veneziana. Il tessuto un velluto rasato: di melograna, il disegno: ogni chicco è una perla. Tutto di perle il colletto, denso come di notte le mosche nelle strade estive e più bianco della luna che di buonora vedono i pazzi dalle sbarre del carcere. Un virile rubino circonda come un carbone ardente la fibbia. Il Santo Padre non ha nulla di simile e l'India non può offrire una pietra che le sia sorella. La fibbia stessa è di fattura tanto alta... Cellini non creò mai per la gioia degli occhi del grande Lorenzo una cosa più bella.
Voi dovete portarla, Vi starà ottimamente.
Su un lato un fauno d'oro, sottile e ornato di corna saltella inseguendo una piccola ondina d'argento. Sull'altro il silenzio, un cristallo in mano, non più grosso della più piccola spiga, si direbbe che respiri. Bianca, di', non starebbe bene al Principe Guido questo abito nobile e prezioso?
(Confidando in Bianca)
Convincilo dunque, a te non negherà nulla, fosse anche il prezzo un principesco riscatto. Poi dividerò con te il guadagno.

Bianca
(tetra)
Sono forse il tuo garzone? Devo mercanteggiare sui tuoi mantelli di velluto?

Guido
Voglio comprare il mantello assieme a tutto quanto possiede l'onesto mercante.
(sorridendo)
Dal principe ci si può attendere un riscatto e felici coloro che cadono nelle bianche mani di un così bel nemico.

Simone
Sono confuso! Volete acquistare le mie merci? Non è vero? Fino a cinquantamila corone io guadagno appena. Tuttavia Voi, principe, dovete averle per quarantamila. Il prezzo è troppo alto? Proponetelo voi stesso!
Ho il capriccio di vedervi avvolto in questo capolavoro del telaio, a corte, circondato di belle dame, come un fiore tra i fiori.
(sorridendo come ammirato)
Si dice, che le belle dame vi amino talmente!
(un po' confidenzialmente)
Degli uomini ho sentito che portano le corna e le portano valorosamente.

Guido
(agitato imperioso)
Simone, tenete a freno la vostra lingua sfacciata.
(Si rivolge di nuovo verso Bianca)
E non considerate neppure questa nobile donna!

Simone
(Di nuovo umile)
Sì, ho dimenticato, e non voglio più dare scandalo.
Carissimo Principe, voi comprate il vestito da cerimonia. Non è vero che lo comprate?

Guido
(con leggerezza)
Sbrigate la cosa domani con il mio tesoriere. Avrete centomila corone.
(Simone sembra fuori di sè dalla gioia).

Simone
(vivace)
Centomila, centomila! Da oggi la mia casa, con tutto quanto contiene appartiene a Voi, a Voi soltanto. Centomila, mi frulla il capo! La notte deve diventare araldo del mio amore. E così profondo il mio sentimento, che, per quanto chiediate, io non rifiuterei.

Guido
(rivolgendosi a Simone, preso fulmineamente da un'idea) (sorridendo tranquillamente)
E se io pretendessi la candida Bianca?
(Simone sussulta, tuttavia si riprende subito e sorride come per uno scherzo).

Simone
Voi scherzate, mio Signore. Lei non è degna del nobile Principe, è fatta solo per il governo della casa e per filare, non è così moglie cara?
(sempre più serio)
Guarda l'arcolaio ti aspetta, siediti e fila.

Bianca
(cupa)
Cosa devo tessere?

Simone
Tessi un vestito immerso nella porpora, a consolazione della pena. Un bel sudario teneramente cosparso di dolci foglie, come involucro per un uomo morto. Tessi quello che vuoi.

Bianca
(seria)
Il filo sottile si è strappato come me, come me!
(piano)
La ruota ottusa è stanca del suo eterno girare, il fuso insensibile è infastidito del suo peso. Questa notte non voglio filare.

Simone
(imperioso, ma calmo)
Allora filerai domani, ogni giorno devo vederti all'arcolaio.
(Va visibilmente agitato fino alla finestra e si ferma per un attimo immerso nei suoi pensieri. Guido si è voltato verso Bianca e la calma).
(Simone si volta di nuovo, guarda Bianca con uno sguardo triste, poi viene avanti, si siede vicino a Guido e incomincia di nuovo, chiaccherando con innocenza).

Simone
Oggi a Pisa raccontavano che alcuni mercanti inglesi volessero offrire la lana a un prezzo più basso di quanto è permesso e hanno chiesto alla Signoria di essere ascoltati.
È giusto questo? Può lo straniero che vive nel paese, largheggiare un poco, cercare con l'astuzia di rubarci il guadagno?

Guido
(sorridendo annoiato)
Cos'ho a che fare io con questo? Il commercio della lana, questo è compito vostro.
(con un fine sorriso)
Il mio ingegno segue le orme di un'altra selvaggina.

Bianca
Nobile Signore, scusate, vi prego, il mio buon marito. Il suo spirito è sempre sulla piazza del mercato e il suo cuore batte sempre per il prezzo della lana.
Tuttavia con le sue maniere comuni è onesto.
(a Simone)
E tu, non ti vergogni? Un nobile principe compare nella nostra casa e tu lo infastidisci con stupide impertinenze!

Simone
(compunto)
Vi prego umilmente, parliamo di altre cose questa notte. (di nuovo vivace)
Si dice che il Papa si sia rivolto con una lettera al re di Francia, perché passi le Alpi e porti la pace in Italia. Parrebbe peggio della guerra civile.

Guido
Cosa mi importa di simili cose? Altre sono più vicine e di maggiore importanza, Simone.

Simone
(serio e pensieroso)
È così per lui? Tutto il mondo è ridotto a misura di questa stanza e ha solo tre anime per abitanti.
(piano, perdendosi sempre più nei suoi pensieri) (serio, quasi tra sé)
Così questa misera stanza è ora il teatro del mondo, dove cadono i regnanti e la nostra vita priva di azioni diventa la posta sulla quale Dio gioca.
(si alza stanco e pesante dalla sua sedia).

Simone
Non so, che cosa sto dicendo? La cavalcata mi ha riscaldato e il mio cavallo è inciampato trascinandomi tre volte. Un segno che non annuncia niente di buono.
(Ritorna indietro, prende il suo fagotto e lo porta nella stanza vicina).

Bianca
(in fretta e piano a Guido) Parla proprio come uno sciocco merciaio! Lo odio, anima e corpo.
Il vostro pallido sigillo ha impresso la viltà sulla sua fronte. Toccata dalla folgore la sua mano trema, più bianca della foglie dei pioppi nelle tempeste di primavera, e il balbettio gli sgorga schiumeggiando, come l'acqua dei tubi, dalla bocca.

Guido
(piano)
Bianca, non è degno della tua attenzione, né della mia. L'uomo è soltanto un onestissimo ometto, che si disfa a caro prezzo di cò che considera meno.

Bianca
(piano, amareggiata) O che la morte lo colpisca lì dov'è! (Alle ultime parole di Bianca Simone è rientrato)

Simone
(Forte) (Di nuovo tranquillo e sorridente)
Chi parla di morte? Di morte non deve parlare nessuno! Cosa cerca la morte in una casa così felice, dove solo una moglie, uno sposo, un amico la salutano.
Lascia che la morte si fermi, li dove si commette adulterio, dove donne pudiche, stanche dei loro nobili mariti sollevano le cortine del letto nuziale e tra i cuscini contaminati e disonorati godono una voluttà proibita.
(tranquillo e amichevole)
Sì, è strano, eppure è così!
Tu non conosci il mondo. Sei troppo pura, troppo onesta. Io lo conosco. E vorrei che non fosse così. Tuttavia la saggezza viene con l'inverno, divento grigio e lentamente la giovinezza fugge il mio corpo.
(il suo umore oppresso si tramuta d'un tratto in una esaltata vivacità).
Basta! La notte è matura per la gioia.
In verità, vorrei essere più allegro, com'è compito dell'ospite che inaspettatamente trova un grazioso ospite che attende il saluto.
(nota il liuto) (lo prende)
Cos'è questo? Avete portato con voi il liuto per suonare. O suonate, mio Principe! E se sono troppo audace scusate, ma suonate.

Guido
Non voglio suonare questa notte. Un'altra volta, Simone
(piano a Bianca)
Voi ed io insieme con nessuno che ascolti, se non le stelle e la luna gelosa.

Simone
(Simone è apparentemente sprofondato in contemplazione del liuto) (Porgendo a Guido il liuto)
Principe. Ve ne prego! Ho già sentito, che semplicemente pizzicando una corda, soffiando lievemente in una canna vuota, o nella cristallina bocca del corno, che, chi è maestro in quest'arte, può allettare dalle prigioni le povere anime.
Una magia così rara è in agguato nella lira, che per suo ordine le finestre si spalancano, e l'innocenza intreccia foglia di vita nei capelli e si infuria simile a una Menade.
Ebbene! Il Vostro canto, lo so, è casto. E perciò suonate, rapite le mie orecchie con una dolce melodia!
In un carcere langue la mia anima, la musica guarisce la sua follia.

Guido
(cordiale, sorridendo compassionevole)
Un'altra volta, Simone. Questa notte mi sono saziato alla melodiosa voce di Bianca. Lei placa la sete d'amore dell'aria e frena il vacillare della terra, o le ordina di girare intorno alla sua bellezza, quando parla.

Simone
Voi adulate! Lei ha la sua parte di buono, come la maggior parte delle donne, ma la bellezza le è negata.
È meglio così. Ora, mio amato Principe, se non volete trarre la musica dal liuto, per ristorare il mio cuore impaurito e pesante, allora
(indicando il tavolo apparecchiato)
bevete con me! È preparato per voi. Portami una sedia, Bianca! Chiudi le imposte!
(Bianca mette una terza sedia al tavolo, chiude le due finestre e chiude le tende delle porte).
Metti il chiavistello di ferro. Io non voglio che torvi sguardi indagatori del mondo individioso guardino la nostra gioia. Ora, mio Principe, tocchiamo i boccali ricolmi e schiumeggianti!
(Si ritrae inorridito)
Cosa significa la macchia qui sul tavolo? È purpurea come la ferita al fianco di Cristo. È solo vino?
Ho sentito dire che chi versa il vino, si versa sangue. Ma queste sono chiacchiere di donnette.
(si rinfranca, fa segno a Bianca e a Guido di sedersi e riempie i bicchieri)
Io spero che il mio goccio Vi piaccia. Il vino di Napoli è focoso come il suo Vulcano!

Guido
(afferrando il bicchiere)
Mi piace, onesto amico; e se benevolmente me lo concedete, bevo alla salute di Bianca,
(con entusiasmo)
se le sue labbra, sfiorando la coppa come petali di rosa, (le porge il bicchiere)
mi addolcisce il bere Bianca assaggia!
(Bianca beve un sorso dal bicchiere guardando Guido. Poi Guido le prende il bicchiere di mano e beve a lungo.)
(estasiato)
Ah, tutto il miele delle api di Ibla è amaro vicino a questa bevanda! (beve ancora una volta)
(Simone che ha guardato sempre più agitato salta su e si allontana dal tavolo)
(Stupito)
Rimanete lontano dalla festa, Simone?

Simone
(cupo)
È strano, signore, non posso banchettare con Voi questa sera. L'irritazione, o la febbre del mio sangue, o un pensiero che, come il serpente striscia di punto in punto, uguale al pazzo che se ne va furtivamente di cella in cella, mi avvelena il palato, mi rende la fame un peso, non un piacere
(Apre la porta che dà sul giardino, come per poter respirare meglio, poi esce nel giardino che si vede nello splendore del plenilunio. Bianca e Guido rimangono fermi per un poco in un pesante silenzio).

Guido
(alzandosi)
Incantevole Bianca, lo sciocco merciaio mi annoia. Adesso me ne andrò. Verrò domani.

Bianca
(anche lei alzandosi)
Vieni appena fa giorno. Fino ad allora tutta la mia vita è vana. Guido Dimmi l'ora! Ah sciogli la notte dei tuoi capelli e lasciami vedere nelle stelle, nei tuoi occhi la mia immagine come in uno specchio, amore!
(estramamente tenero) Anche se è solo un'ombra, custodiscimi lì, non guardare nulla, che non ti dia un simbolo di me stesso. Sono geloso di ciò di cui il tu sguardo si ristora. Bianca (estremamente tenera e con fervore) La tua immagine sarà sempre intorno a me. Oh caro, l'amore può cambiare la cosa più odiosa nel dolce segno del ricordo. (crescendo teneramente) Oh, vieni, prima che lo stridulo canto dell'allodola svegli tenero il mondo dei sognatori. (piano fervidamente) Sull'altana, lì, voglio stare.

Guido
(sussurato)
E su una scala di seta scarlatta, ornata di perle, vienimi incontro un bianco piede dopo l'altro, come neve su scuri cespugli di rose.
(la bacia a lungo sulla bocca) (Lei si libera dal suo abbraccio).

Bianca
Lo sai, nell'amore e nella morte ti appartengo.
(Gli porge le mani e lo guarda a lungo teneramente. Simone viene dal giardino, si ferma un momento sulla soglia della porta e guarda i due serio e triste).

Guido
Simone, adesso devo andare a casa!

Simone
Perché? La campana del Duomo non ha ancora suonato mezzanotte. Rimanete ancora un poco, io temo che non ci vedremo più qui.

Guido
Non preoccupatevi.
(con un sorriso a Bianca)
La mia amicizia rimante intatta.

Simone
Allora sia, buona notte, Signore!
(Bianca va in giardino per prendere una fiaccola)
Prendi una fiaccola donna! La vecchia scala è piena di buchi e la luna avara risparmia la sua luce come un pitocco e nasconde il suo volto dietro una maschera di garza, come le prostitute, quando escono a caccia di povere anime. Adesso Vi porterò spada e mantello.
Sì, amato signore, è soltanto opportuno che io serva Voi, che avete onorato la mia misera casa di cittadino, che avete diviso con noi il pane e il vino
(Qui arriva Bianca con una fiaccola accesa, che assicura a un anello sulla porta).
e siete diventato un amico fidato della casa. Mia moglie parlerà spesso con me di questa bella notte e del suo grande evento!
(Simone va verso l'alcova per prendere la spada. Prende la spada dalla sedia e la osserva con grande interesse).
Oh, ma che spada! Acciaio di Ferrara, agile come il serpente e di ceno più mortale. Una lama così delicata non l'ho mai toccata. Anch'io possiedo una spada, già arrugginità.
A noi cittadini viene inculcata l'umiltà. Ma una volta, quando un brigante, sulla strada per Padova voleva prendermi il mio cavallo da soma, gli ho tagliato il collo e sono partito a cavallo.
(con espressione sempre più minacciosa)
Posso sopportare il disprezzo, infamie di ogni tipo, lo scherno stridente e l'aperto insulto. Ma chi mi ruba qualcosa, che mi appartiene, e fosse anche il peggiore dei piatti da cui nutro la mia fame, mette in gioco anima e corpo con il suo oltraggio e muore!

Guido
(improvvisamente molto serio)
Come devo interpretarlo?

Simone
Chissà, Messer Guido, se la mia spada non è meglio temprata della Vostra! Vogliamo provare? O il mio ceto è troppo basso perché incrociate la vostra spada con la mia, sia per scherzo o sul serio?

Guido
Niente mi starebbe meglio che incontrarci con il ferro nudo, sia per scherzo sia sul serio. Datemi la mia spada! Prendete la vostra!
(Simone, che lo ha guardato fisso, ora gli porge la spada). (con forza)
La grande azione è matura già questa notte, vedremo se è meglio forgiata la spada del principe o quella del commerciante. Prendete la vostra spada! Perché esitate, uomo?

Simone
(come svegliandosi dalla rigidezza)
Bianca, prendi la mia spada!
(Bianca prende in fretta la spada di Simone) Via di qua sedie e tavolo!
(sorridendo di nuovo cordialmente, Simone sposta tavolo e sedie)
La cara Bianca terrà la fiaccola, perché quello che è soltanto uno scherzo non diventi serio!

Bianca
(piano in fretta a Guido)
Ah uccidilo, uccidilo!
(Bianca prende la fiaccola e si dispone dietro a Guido. Simone e Guido si preparano al duello. Ora la scena è illuminata soltanto dalla luce rosso sangue della fiaccola che brilla e dalle candele è ormai quasi completamente consumate).

Simone
(adesso molto serio)
Tienila fiaccola, Bianca
(Guido attacca con veemenza e con fuoco. Simone para con calma e grande forza).

Simone
(quasi parlato)
Parato! Ah Voi vorreste?
(Guido fa di nuovo un affondo e ferisce Simone) Un graffio, nient'altro. (Solleva un poco la manica e osserva la ferita) Mi ha accecato la fiamma. Non essere triste, Bianca! Non è nulla. Il tuo sposo sanguina. Non è nulla. Prendi un fazzoletto e fasciami il braccio! (Bianca gli fascia la ferita con il suo fazzoletto). (Simone sussulta dal dolore). Non così stretto. E non essere triste, ti prego, non essere triste! (fermo) No, toglilo! Cosa importa se sanguina! (strappa la fasciatura) Sù! Ancora una volta! (Incominciano di nuovo a combattere) (Simone scaglia via la spada dalla mano di Guido) (Simone disarma Guido) Mio nobile Signore, vedete, avevo ragione. La mia spada è di acciaio migliore meglio temprato. (gettando la proprio spada) Ma proviamo il pugnale!
Bianca
(appassionatamente a Guido)
Uccidilo, uccidilo!

Simone
(molto forte) Spegni la fiaccola, Bianca! (Bianca spegne a terra la fiaccola) (È quasi completamente buio) Ora, mio principino, ora fino alla morte di uno solo o di entrambi o forse addirittura di tutti e tre! (Si gettano impetuosamente l'uno contro l'altro con i pugnali sguai nati) Ah! Diavolo (Simone sopraffà Guido, lo getta a terra e mettendogli un ginocchio sul petto, gli stringe il collo con le due mani) Ti tengo stretto in pugno!

Guido
Pazzo, toglimi dal collo quelle dita che mi strozzano! Sono l'unico figlio di mio padre.

Simone
Taci, tuo padre sarà più felice senza figli.

Guido
(Sempre più inorridito, con voce strozzata)
Via le mani! Togli quelle maledette mani! Lasciami!

Simone
Ingegnosamente ti tiene la morsa, che niente più ti può aiutare e la tua vita, raggiunto il culmine dell'infamia, finisce con questa infamia infamemente.

Guido
(ancora più roco) Ah, aiutami, Bianca! Lo sai, nessuna colpa pesa su di me.

Simone
Come, c'è ancora vita sulle tue labbra bugiarde? Muori, come il cane, con la lingua penzoloni! Muori!
(poderoso)
Muori! Il muto fiume deve ricevere il tuo corpo e senza canto o suono trasportarlo al mare.
(Lo lascia andare. Guido ricade indietro).

Guido
(il più piano possibile)
Chiama a te, Salvatore, il mio povero spirito!
(Muore).

Simone
Amen
(tranquillo, a bassa voce)
Ed ora a te!
(Si solleva lentamente, senza guardarsi intorno. Bianca, che all'inizio della lotta era rimasta presente con grande eccitazione e aveva guardato Guido piena di speranza, con lo svolgersi degli avvenimenti è retrocessa involontariamente fino alla porta. Ha aperto le tende e la porta, così che tutto lo splendore della luna illumina la scena. Sulla soglia, guardando Simone con crescente ammirazione, si è fermata. Ora viene verso di lui, come accecata da un prodigio).

Bianca
(con dolce entusiasmo)
Perché non mi hai detto, che sei così forte?

Simone
(mentre il suo enorme stupore si tramuta in ammirazione per la sua bellezza).
Perché non mi hai detto che sei così bella!
(Allarga le braccia verso di lei. Bianca cade in ginocchio davanti a lui. Lui la bacia sulla bocca).