Gli introvabili sonetti erotici di
CORRADO GOVONI (VAS LUXURIAE)
Dipinti di Hans Hartung



CORRADO GOVONI - VAS LUXURIAE - 21 SONETTI


HANS HARTUNG - DIPINTI 1922 - 1989



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LA POESIA DI CORRADO GOVONI I

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Hans Hartung - Autoritratto 1922 (clicca per ingrandire)

Definito artista informale, di fatto Hartung inventa un percorso unico incentrato più sul dinamismo soggettivo che sull’astrattismo geometrico.


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IN PRINCIPIO ERA IL FULMINE

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Nudo coricato



VAS LUXURIAE
a coloro che non sono ipocriti.



MAGDALENA


Maria da le trecce.


O magnifica donna di Magdàla,
dotta ne le lussurie phi segrete;
tu, che l’alcova da le bianche sete
inebrii del balsamo che esala

il tuo bel corpo, come da una fiala,
e le giovini amanti rendi inquiete
con un sol sguardo ove l’ardente sete
de la carne agognata batte l’ala;

io ti penso così: nuda sul letto
in una positura sapiente,
con dolce e inesprimibile languore

contro il saturo ventre e contro il petto
stringendoti libidinosamente
il biondissimo Cristo Redentore.






GIUDITTA

I

"In cospetto del re libidinoso
snoderò le mie trecce rilucenti,
e lenta con un gesto voluttuoso
e irresistibile le trasparenti

gonne succingerò, coi movimenti
lascivi del mio labro insidioso
facendogli agognare il dilettoso
morso dei nitidi ed acuti denti.

S’abbia pure il mio corpo delizioso,
una sol volta, e la mia bocca sana
donde cola la mirra e l’idromele,

Oloferne il gran mostro obbrobrioso,
credendomi una pubblica puttana,
ma il popolo sia salvo d’Israele."





II

E tu godesti, o re, le ignude e belle
membra, con gran delizia sul tuo letto
molte volte abbattendole a diletto
con le braccia avvinghiate tra le ascelle;

e fino a sazietà le grasse e snelle
coscie palpeggiasti e il largo petto,
mordendo con frenetico diletto
le sue bianche e durissime mammelle.

Però, poiché dormivi, ella, leggera,
il ferro da la serica parete
calava con la mano giustiziera;

e mentre l’alba languida spuntava,
rigagnoli di sangue tra le sete
il tuo collo lascivo gorgogliava...





FRINE


"Vi pare, Signori, che questa sia
carne da essere giustiziata?"




Coricata sul letto di sciamito
giace la giovanissima puttana,
e aspetta che la schiena sovrumana
venga a calcarle il forte ermafrodito.

Le splende al collo grasso e ammorbidito
una doppia e pregevole collana;
de la chioma la lucida fiumana
mordele un rettile di crisolito.

Da la sua carne ignuda e lussuriosa
esce un’olezzo come di rosai
e di volatilizzata maggiorana,

e nella vulva piccola e pelosa,
che la tregua non domanda mai,
le freme tutta la lascivia umana.





CRISE


leggendo Pierre Loüys.


O Crise bianca, ne la nera alcova
calca le tue giovani impazienti;
sopra i br corpi molli e adolescenti
qualche ignota lascivia tu prova.

Dei baci di libidine la piova
stampa su quelle bocche, coi tuoi denti
mordi quelle mammelle turgescenti,
e finito l’amplesso e tu ’l rinnova.

Goditi senza cura del domani
instabile le fresche e deliziose
carni de le tue amiche lusinghiere,

poi che tu sai che ne le tue mani
dopo un giorno appassiscono le rose,
e tutto è vanità fuor che il piacere.





TAIDE


haueua straordinarii modi di allettamenti.




O tu la più famosa meretrice
conosciuta ne l’antichità;
tu che i robusti maschi d’ogni età
attiravi a la carne allettatrice,

che la fresca e la stanca danzatrice
deliranti a le tue nudità,
chiamavano di nuove oscenità
l’espertissima loro imperatrice;

oh potessi nel tuo forte amplesso,
saziandomi d’ebbrezze sconosciute,
scordare queste gracili e malate

nostre donne moderne senza sesso,
che, da un uomo soltanto possedute,
svengono sopra i letti dissanguate.





LAIDE


non cuiusvis hominis...


I - Desiderio
Davanti allungo specchio di rame,
le treccie morbidissime scioglieva
Ella dal rosso e serico legame,
e con mani convulse le scoteva;

e la veste di fino bucherame,
che le gentili membra difendeva
col suo impenetrabile velame
sul tappeto istoriato distendeva.

E a calmare la voglia prepotente
de la carne di femine eleggeva
l’auleda da la vulva sovrumana;

l’auleda giovanissima languente
a l’invito sognato, e che accorreva
come cerva assetata alla fontana.





II - Alcova
Giù dal tondo soffitto screziato,
una lucerna bronzea vibrava
un debole chiarore che esaltava
la nerezza del letto di broccato

e del denso volume scompigliato
de la tua chioma, o Laide, che lisciava
la bellissima auleda che aspettava
delirando il tuo bacio di peccato.

Dentro meravigliosi bracieri
incrostati di gemme e di turchine,
bruciavano l’ammomo e il terebinto;

e sparse sopra i serici origlieri,
molli tra le tue coscie alabastrine,
morivano le rose di Corinto.





III - Delirio
"O mia bionda amica prediletta
hai cosparso la chioma d’unguenti,
e rasato il tuo ventre che m’alletta
più di quello d’efebi adolescenti,

con la sua vulva piccolina e stretta
più gustosa di bocche turgescenti;
hai immerso nel latte la perfetta
grazia de l’anche nitide e roventi?

Chiudi adunque la porta, o innamorata
tenera, e getta il velo che nasconde
il tuo giovine corpo a la mia brama,

e vieni ne l’alcova profumata
a stancar le mie carni sitibonde,
poi che la notte è lunga e il Dio chiama."





IV - Bacio di libidine
"Ti segnerò la tua gola divina,
docile colombella, coi miei denti,
Clori che ai miei lascivi strisciamenti
ti delizii candida e supina.

La tua chioma lucida e corvina
squasserò con le mani sapienti,
e la groppa, con strette violenti,
da la pieghevolezza serpentina.

Come il tuo petto s’agita al contatto
de le mie dure coscie furiose
che ti fanno languire di piacere!

Oh come il dolce calice scarlatto
t’inturgidisce a le libidinose
carezze de le labbra fattucchiere!"





V - Sazietà


nei pervertinienti
del senso giunga una sodisfazione
a placar come un ferro incandescente.
G. P. LUCINI


Dai dolcissimi amplessi estenuate
dormono le due femine divine
con le chiome lunghissime avvinghiate
a le braccia ed a l’anche alabastrine.

Dormono dolcemente, sodisfate
di morsi interminabili, supine
e ignude con le coscie scostate
a protender le coppe coralline.

Sopra il letto morirono le rose
e nel grande bacino scintillante
svanirono gli aromi cordiali;

ma le vulve dolcissime e pelose
emanano un odore inebriante,
come due scotolette naturali...





CLEOPATRA

I - Maga
"Io son maestra de le oscenità
che non conosce alcuna cortigiana,
sono l’irresistibile sovrana
de le più deliziose voluttà.

Sono la maga che a sazietà
sorbisce da la vulva di puttana
rossa come una rossa melagrana,
il seme con libidinosità.

La mia bocca à dei filtri saporosi
e dei tumidi labri porporini,
simili a petali di sensitiva;

ha dei denti appuntiti e vigorosi,
piccolissimi e rari gelsomini,
ed una lingua ruvida e lasciva.





II - Il mio ventre
Il mio ventre è l’alcova del piacere
a cui corrono i maschi violenti,
insaziantemente a compiacere
la mia fame di lunghi abbracciamenti.

La mia vulva è un ardente braciere
di lussuria che chiede gli unguenti
densissimi e copiosi de l’etère
e degli ermafroditi adolescenti.

Amo pure i guerrieri impetuosi
e membruti che lasciano i segnali
dei loro amplessi su la mia vita;

ma preferisco i baci voluttuosi
de le giovani leslie virtuali
che sul letto m’abbattono sfinita.





III - La mia vulva




 ...o tentar rosso e goloso
del sesso.
G. P. LUCINI


Se sciolgo i miei capelli risplendenti
sul mio ventre e sui fianchi flessuosi,
i miei capelli tortili serpenti,
densi lunghissimi ed insidiosi,

le mie nudità impazienti
essi coprono dei meravigliosi
loro veli, e di caldi pulsamenti
fremono i due miei seni golosi.

Ho le braccia carnose e affusolate,
più candide e più liscie de l’avorio,
e l’ascelle pelose ed incavate,

ed il mio caro pube saccheggiato
e un prezioso e rorido ciborio
che trabocca d’odore di peccato."





IV - Nel bagno
Così parla Cleopatra ed il cresputo
ventre tuffa ne l’acqua cristallina
lasciva a quella sua carne divina,
morbida come tenero velluto.

O carezze de l’onde, o riflettuto
riso de la sua bocca porporina!
O movenza di coscie serpentine
sotto il liquido specchio compiaciuto!

La regina delira e la fiumana
scioglie dei suoi capelli portentosi
che le formano un soffice origliere,

e poi chiama la bella pompeiana
che porti i lini rustici odorosi,
col liquore incitante nel bicchiere.





V - Spasimo
I capelli son sciolti a l’origliere
e le candide membra in una trina
preziosissima stringono. Un braciere
scintilla; ed è scostata la cortina.

Carezza con le mani lusinghiere,
lentamente, ridendo la regina,
de l’efebo le forme battagliere
ne la mente: ed è l’ora ormai vicina.

Ma oh quanto indugia! Ed ella, già scarlatta,
oscenamente incurva il tozzo torso
e singhiozza di voglia insoddisfatta:

poi si getta bocconi e delirante
attaccando al guanciale un fiero morso,
squassa ed avvinghia il letto, spasimante.





FAME DI CARNE


ad una signora.




I

O Signora da gli occhi sfolgoranti
e da la carne morbida e in fiore,
deh concedi i tuoi labri provocanti
al poeta che langue d’amore!

Concedimi i tuoi seni palpitanti
ch’io ne succhi il prezioso liquore,
donami le tue coscie avvinghianti
ch’io ne gusti il sovrumano saporel

Oh potessi una notte solamente
averti mia, e milioni di carezze
prodigare al tuo corpo flessuoso:

goderti deliziosamente,
facendoti svenire da l’ebbrezze
nel mio letto di cedro odoroso.





II

Con lenta voluttà ti scioglierei
su la tua liscia schiena sospirata
i tortili serpenti medusei
de la chioma foltissima e intricata;

e con la mia bocca prelibata
le tue natiche ti morderei,
ricercando ne l’anca immacolata
i gemelli e famosi tuoi nei.

Come una cortigiana spudorata
carica di sapienza lussuriosa,
ignuda e bianca ti possederei,

e poi per appagar l’insaziata
fame de la mia carne vigorosa,
tra le mie coscie ti scannerei.





LUCREZIA BORGIA


formidabile Taide vaticana.
COLAUTTI




I

O Lucrezia biondissima, sapiente
più di Locusta in mescere veleni,
più morbida d’un giovine serpente
nel torcere le tue paffute reni;

o dotta in cavalcare gli impazienti
corsieri ed i quieti palafreni,
io vorrei con la mia mano furente
palpare la tua gola ed i tuoi seni.

Vorrei la tua schiena incandescente
mordere, e in una lotta disperata
goderti fino a la sodisfazione:

quindi, stanco, voluttuosamente
leccare la tua vulva contornata
da un foltissimo e lucido tosone.





II

Vorrei la tua bella chioma bionda,
come una grande face sfolgorante
che arda di tutti gli ori di Golgonda,
brandire con la mano spasimante;

vorrei da la tua bocca stretta e fonda
come un’alcova, il sangue gorgogliante
spremere e spargerne tutta la monda
carne de la tua gola singhiozzante;

e dopo tanti morsi e tanti baci
e gli amplessi indicibili e tenaci
d’una lunga ed intiera notte, mentre

tu giaceresti morta di piacere,
addormentarmi sopra l’origliere
opulento e fragrante del tuo ventre.





III

Ed ora dove sei, o incestuosa
figlia del papa lurido ed abbietto,
o tu, che nella stanza misteriosa
sopra il corpo d’un drudo giovinetto

provavi una lascivia sanguinosa
e lo scannavi con un tuo stiletto;
dove sei, o Madonna lussuriosa
non mai sazia di coito diletto?

È vero: ancor la fama di te suona
e il poeta t’invoca sul suo letto,
regina de la fornicazione;

ma ohimè! tu più non sporgi la persona
tra un vaso di gardenia e di mughetto,
al desertato e memore balcone!