La tela viene esposta alla Permanente nel 1893 (è uno dei due Paesaggi inviativi dal pittore). Virgilio Gilardoni sembra dubitare che si tratti della stessa acquistata dalla città di Locarno, che - scrive - ne sarebbe "una replica in formato gigante", ma non dice di quale altro dipinto. Resta che il critico del Corriere della Sera, che anche Gilardoni cita, ne parla comunque come di un "gran Paesaggio", intendendo, senza possibilità di equivoci, di grande formato. Per contro la descrizione fattane da "un profano" recensendo la mostra (lo stile fa pensare ad Angelo Nessi, allora studente a Milano) è abbastanza precisa. Alla sua attenzione non sfuggono né le lavandaie e gli scalpellini in primo piano, né i giovani platani sul quai (piantati nei primi anni ottanta, come si desume dal confronto con alcune fotografie) e si estasia per "le mille tinte di una splendida tavolozza" che fa "roseo tutto il quadro".
La tela era già stata esposta l'anno prima a Berna, all'Esposizione Nazionale Svizzera. Per il critico del Bund, stando a quanto ne riferisce il Corriere del Ticino, "questo quadro, ricco di colorito [ ... ] visto da vicino urta pei colori troppo arditi [...]". Ma anche il "profano" del quotidiano luganese nella sua recensione accennava a "strisce sanguigne di carminio che a prima vista sembrano assurde". Ed è quasi certamente per la stessa ragione che, come osservava anche il critico del quotidiano milanese menzionato da Gilardoni, il quadro "riesce ostico a tanti", benché - precisa - "pare a me uno dei pochi quadri significanti della mostra". Verosimilmente si tratta della stessa tela vista da Arminio Janner all'Hotel Belvedere, una versione - scrive - in "grande formato" di "certe vedute un po' panoramiche della riva locarnese" - "quadretti per lo più oblunghi" dalle "tonalità rosate e evanescenti" - che colloca in un "primo periodo" dell'attività di Franzoni. La "riva locarnese" di quei "quadretti" non può essere che quella di Muralto, vista da ponente, in ore vespertine nelle opere cui si riferisce lo Janner. Fra queste, quasi certamente anche la Punta di Burbaglio della collezione del Museo Civico di Lugano, nella quale però la ciminiera della filanda Bacilieri non si vede ormai più, fatta demolire forse già entro la fine dell'anno dell'acquisto della proprietà da parte di Adolfo Reber o al più tardi nei primi mesi dell'anno seguente. Quanto all'anno di esecuzione della tela, se nel tardo autunno del 1886 - il confronto stilistico con altri dipinti sul motivo databili con certezza dell'anno prima sembra confermarlo - o forse anche del 1887 , non vi sono altri elementi per accertarlo. La composizione, bipartita nelle tonalità rosa e azzurre, perfettamente equilibrata attorno ai due pioppi sull'asse del quadro, il continuum di montagne e lago nella metà destra, la vastità della veduta, fanno di quel paesaggio un mondo quasi estraneo, nella sua compiutezza, alle attività umane in primo piano. Le affinità con il paesaggio nello sfondo della Madonna del Sasso della Fondazione sono evidenti. La resa è appena un po' meno "astratta" (quasi a campiture, palpitanti, nel tondo), ma l'aspirazione a una spazialità di pura luce-colore è la stessa.
[Cattori, 28-29]