Gli artisti ticinesi. Filippo Franzoni
di GIUSEPPE FOGLIA
in "Corriere del Ticino" 16.9.1913

Gli organizzatori dell'odierna mostra tlcinese di Belle Arti hanno voluto ricordare la memoria d'un pittore grande morto due anni or sono e l'hanno fatto molto semplicemente.
Sono d'avviso (né intendo esprimere concetti nuovi) che la grandezza d'un uomo è così occultamente e religiosamente venerabile da scorgere in questa mancanza di solennità una più austera consacrazione e una più rigorosa osservanza e concordanza allo spirito integrale e forte del pittore Filippo Franzoni, nostra gloria indivisibilissima e stupenda, gloria severa e grande non contaminata dall'inutile petulante e pernicioso sigillo di immortalità ufficiale. Così nel silenzio di quella piccola stanza dedicata alla sua memoria sento aleggiarmi austero e tragico lo spirito del pittore e una magica bevanda filtra nelle ossa a scuotere una profonda e intensa commozione.
Da quelle piccole tele si stacca e si diffonde l'angoscia opprimente d'una violenta natura colpita, sbattuta, contrastata nell'eroico e folle ardimento d'una sublime aspirazione.
Chi non sente la tragica grandezza della vita e della morte di questo maestro sommo del paesaggio ticinese? Più volte egli dev'essersi prostrato a baciare l'umida terra delle nostre campagne a sentirne le sue voci e suoi profumi, e renderla benedetta con le sue lagrime di fanciullo estasiato ebbro di elevazione e di fede umile e grande.
Per Filippo Franzoni il paesaggio esprimeva passione serena o tumultuosa di tutte le forze della natura; e in questa natura trovava il liquido necessario al suo spirito sitibondo.
E vaga per le campagne deserte e s'indugia in ogni angolo sperduttl con la sua anima irrequieta, e scova tesori e armonie occulte. Egli non ha bisogno di preparare lo spirito all'ispirazione nè cerca immagini fantasiose, né compone figure a descrivere episodi letterari del bene o del male della vita umana. Palpita di commozione sotto l'infinita volta del cielo e ritrae tutto ciò che scorge e lo circonda genuflesso di adorazione dimentica e folle.
La sua tecnica, larga o sintetica, sicura o timorosa, a seconda del carattere dei paesi ch'egli vuol ritrarre è sempre magistrale; e passa dalla disinvolta bravura d'una pennellata grandiosa all'umile e quasi ingenua penetrazione di cantucci remoti non ritratti da nessuno, ch'egli fa cantare e vibrare con la sua mano possente.
Filippo Franzoni soggiacque di morte simbolica; raggiungendo maggiore grandezza dell'opera sua che pure rimane alla posterità accanto a quella di Turner, di Constable, di Lorrain, di Corot, di Corbet (sic) e di Nanet. Ha superato sè stesso con il suo mirabile eroismo, e con la sua gigantesca ostinazione a pretendere il massimo sviscerando l'atmosfera accidiosa e lutolenta delle nostre paludi e le giornate sorridenti di sole sul Locarnese, e le ore fuggenti in fra i saleggi e l'umile raccoglimento del rustico paesino montano scordato dal mondo.
Questo cantico pastorale egli ha musicato con note turbolenti e penetranti come il grido angosciato dell'anima invocante una fantastica elevazione.
L'opera sua resta a testimoniar l'indomabile tenacia, a vincere ostacoli perigliosi simbolo di stupendo amore alle meraviglie terrene. Quando i grandi entrano nel regno della morte, l'anima loro si schiude in una forma concreta che ingigantisce eterna. Io vorrei che l'anima di Filippo Franzoni fosse fusa nel bronzo e portata sulle alture ch'egli ha cantato a segnalarne l'orma scultorea della sua tragica grandezza. Invito i giovani che aspirano elevarsi e tutti coloro che sentono e apprezzano l'eroismo occulto, a prostrarsi d'innanzi a questa gloria cresciuta selvaggia e solitaria come il cardo sulla tacita roccia.