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RICHARD STRAUSS

COMPORRE E DIRIGERE

NOTE DI PASSAGGIO
RIFLESSIONI E RICORDI


EDT TORINO 1991
pp. 82-83

A CURA DI SERGIO SABLICH

INDEX

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Non è affatto vero che si possa comporre 'tutto', se per 'comporre' si intende tradurre ed esprimere un'idea o un sentimento nel linguaggio simbolico della musica. È ben vero, naturalmente, che con note e suoni si può dipingere (soprattutto certi motivi che descrivono il movimento); ma si corre sempre il rischio di aspettarsi troppo dalla musica e di cadere in una vuota imitazione della natura. Quali che siano lo spirito e l'abilità tecnica con cui questa musica viene scritta, rimarrà sempre musica di second'ordine.

È mia convinzione che in avvenire la sola scelta determinante ai fini dell'efficacia drammatica sarà quella di un organico orchestrale ridotto, che non soffochi la voce come quelli di grandi dimensioni. Molti giovani compositori se ne sono già resi conto, almeno in parte: l'orchestra dell'opera dell'avvenire è l'orchestra da camera. Con il suo commento chiaro e cristallino di tutti gli avvenimenti scenici, è l'unica capace di esprimere con la massima evidenza le intenzioni del compositore rispettando le voci. In fondo il punto principale, direi essenziale, è che il pubblico non ascolti solo la musica, ma possa seguire esattamente anche il testo.

Quanto al mio modo di dirigere, neppure su questo punto erano tutti d'accordo: giacché, soprattutto in passato, si trovava da ridire sulla mia idea dei tempi in Beethoven. Ma mi domando: chi può affermare oggi con assoluta certezza che Beethoven abbia voluto questo o quel tempo così e non in un altro modo (per esempio come lo concepisco io)? Esiste una tradizione consolidata in questo campo?
Non esiste, appunto; e perciò sostengo che solo la sensibilità artistica del direttore d'orchestra debba decidere quel che è giusto o sbagliato. Nel corso di tanti anni ho fatto lievitare nel mio intimo ogni opera di Beethoven, di Wagner e di altri; e, come le sento, così le riproduco, convinto unicamente di ciò che per me è vero e giusto.
Più di una volta sono ritornato sulla letteratura sinfonica che già nei miei anni giovanili mi aveva occupato e attratto prepotentemente, ma fino a oggi non c'è stato niente che mi abbia fatto cambiare idea sulle mie scelte. Anche la musica a programma viene accettata e innalzata nella sfera dell'arte soltanto se il suo creatore è anzitutto un musicista dotato di fantasia, capace di dare forma alle sue idee. Altrimenti è un ciarlatano; perché anche nella musica a programma ciò che si richiede prima di tutto e soprattutto sono la qualità e il vigore dell'invenzione musicale.
Forse è nell'essenza del tempo il fatto che chi viene dopo di noi, la nostra 'giovane generazione', i nostri 'conternporanei', non possano più riconoscere i miei lavori teatrali e sinfonici come un'espressione compiuta di ciò che mi faceva vivere in essi come musicista e come uomo; dal punto di vista musicale e artistico questi problemi per me però sono già risolti, mentre per la 'giovane generazione' cominciano appena. Siamo tutti figli del nostro tempo e non possiamo mai saltar fuori dalla sua ombra.

[1929]

(Über Komponieren und Dirigieren, «Berliner Börsen-Courier», 8 giugno 1929, edizione della sera)