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ROBERTO FAVARO - LUGI PESTALOZZA

RICHARD STRAUSS

STORIA DELLA MUSICA
NUOVA CARISH
MILANO 1999
pp. 201-20
3

Gli esordi compositivi di Richard Strauss (1864-1949) si muovono sotto il segno dell'ortodossia classicistica orientata a prolungare, con le dovute proporzioni e modificazioni, lo stile di Robert Schurnann e di Johannes Brahmis, in esplicita negazione delle istanze dei neotedeschi, di Wagner, di Liszt, di Bruckner. Solo dopo l'incontro con il compositore Alexander Ritter, avvenuto a Meiningen intorno al 1885, Strauss vira esplicitamente verso lo stile wagneriano, convertito in particolare all'estetica del poema sinfonico di impronta llsztiana. E sarà proprio questo genere di musica a programma, deliberatamente descrittivo, a occupare buona parte della sua produzione fino al prirno decennio del Novecento, quando una intensa attività nel campo del teatro musicale prenderà il sopravvento, pur lasciando qua e là spazio ancora per qualche incursione nel sinfonismo. E per sintesi estrema diremo anche che la migliore opera straussiana, oltre che nel Lied, in questi due campi, del poema sinfonico e dell'opera.
Con i primi poemi sinfonici, come detto influenzati dal recente interesse per lo stile di Wagner e di Liszt, Strauss porta a maturazione e a un'inedita formulazione le potenzialità espressive dell'orchestra, giocando in particolare su una sonorità rigogliosa e sgargiante che spinge ai limiti estremi delle possibilità timbriche. Di per sé la scelta operativa di procedere alla descrizione di qualche idea poetica, di qualche evento narrativo, di una vicenda extra-musicale raccontata attraverso i suoni spinge Strauss a elaborare una tecnica estremamente sofisticata nella cura degli effetti timbrici e nello sfruttamento delle famiglie strumentali. Così anche la forma destabilizzante, il dispiego di tecnica in funzione di dominio della materia sonora, poi nelle opere più avanzate di questo genere anche uno spregiudicato politonalismo e una dissonanza quasi espressionistica, fanno di Strauss, dello Strauss della fine dell'Ottocento e dei primi anni del Novecento, uno degli autori protagonisti della nascita della Nuova musica. In particolare è consuetudine datare l'inizio della musica moderna, di quella che poi segnerà il corso del Novecento, con l'esecuzione nel 1889 del suo poema sinfonico Don Juan. L'anno è lo stesso della prima esecuzione della Sinfonia n. 1 di Gustav Mahler, autore al quale potrebbe venire assimilata e associata l'opera di Strauss, ma che nella sostanza presenta radicali differenze anche proprio nella direzione della sperimentazione di nuovi linguaggi musicali.
L'impressione che suscita l'opera di Strauss nel periodo più intenso dei poemi sinfonici (dai quali stanno fuori lavori come Symphonia domestica, 1903, e Eine Alpensinfonie 1915, già pienamente rientrati nell'ordine), è infatti quella di una modernità controllata, di una sapiente eloquenza descrittiva, quasi cinematografica, finalizzata a colpire l'ascoltatore non con elementi di pensiero critico (come nel caso di Mahler), ma con un edonistico, rassicurante rapporto con la realtà presente. Nei suoi principali poemi sinfonici, infatti - dal Don Juan al Macbeth (1886-1890, da Shakespeare), dal Tod und Verklärung (Morte e trasfigurazione, 1890) a Till Eulenspiegel lustige Streiche (I tiri burloni di Till Eulenspiegel, 1894-95), da Also sprach Zarathustra (Così parlò Zarathustra, 1895-96, da Nietzsche) a Ein Heldenleben (Una vita d'eroe, 1898, autobiografia tratta da auto-citazioni) - si assiste a uno scardinamento dei principi compositivi tradizionali e all'introduzione di nuove procedure sia di clangore fonico sia di tensione armonica inedita, sia di destabilizzazione formale, ma tutto sempre sotto il controllo di una finalità contenutistica rassicurante, non per cambiare eversivamente le regole della composizione, ma per comunicare all'ascoltatore i punti più intensi della storia raccontata attraverso un linguaggio al passo con i tempi e perfino più efficace di quelli tradizionali. Quasi sempre le conclusioni di questi poemi riportano a una familiare, rassicurante situazione, con un lieto fine che priva le pur avanzate intenzioni compositive dell'energia critica, della spinta al cambiamento, del riferimento implicito o esplicito a tensioni sociali o disagi psicologici che troviamo invece in Mahler e poi nella Seconda scuola viennese. Se si vuole delineare con una formula sintetica questo confronto a distanza, nella musica di Mahler si trova il segno della crisi in corso o in procinto di esplodere resa attraverso una poetica crepuscolare e decadente che è la radiografia del declino austriaco imminente; nella musica di Strauss si individua l'atto energico e volitivo di una cultura affermativa in cui il senso comune innanzitutto tedesco, di autocelebrazione dell'epoca guglielmina sembra volersi riconoscere. Se Mahler è insomma l'inattuale, Strauss, pur con l'apparente modernità del linguaggio, è l'attuale per eccellenza.
Ardita modernità, giocata nel segno di un'esasperata tensione espressiva, esprimono anche le prime esperienze teatrali, in particolare la Salome (1905, da Oscar Wilde) e l'Elektra (1909, prima esperienza, per il testo, con lo scrittore Hugo von Hofmannsthal, poi molte altre volte suo librettista), dove le trame sanguinose, violente, sensualmente morbose, trovano adeguata rispondenza in una timbrica raffinatissima e in una ambiguità armonica sfuggente. Ma quello dell'Elektra sembra essere proprio un punto d'arrivo per Strauss, oltre il quale egli non si avventura, virando energicamente verso lidi più rassicuranti e tradizionali, verso un linguaggio restaurativo in netta antitesi con le contemporanee rivolte moderniste. Retrospettive e perfino neoclassiche, elegantemente manieristiche, appaiono così le opere seguenti, come il Rosenkavalier (Cavaliere della rosa, 1909-10), Ariadne auf Naxos (Arianna a Nasso, 1912-1916), Die Frau ohne Schatten (La donna senz'ombra, 1919), Intermezzo (1924), e altre ancora.
Settecentismo e ordine serenamente tonale attraversano buona parte delle opere che dalla Prima guerra mondiale vanno fino all'epilogo della carriera di Strauss, dove un'ultima, crepuscolare ispirazione compositiva gli consente di produrre almeno altri due capolavori di commiato, dalla malinconica, perfino tragica atmosfera di Metamorphosen (1945), per 23 archi solisti, lenta trasfigurazione del tema della Marcia funebre dell'Eroica di Beethoven, sullo sfondo della catastrofe bellica, del dramma tedesco e di propri ingiustificabili errori (Strauss aveva accettato nel 1933 l'incarico di presidente della Reichsmusikkammer), e i Vier letzte Lieder (1948), meravigliosa e struggente conclusione, sguardo retrospettivo a una vita personale e di un intero popolo.