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BIOGRAFIA, PENSIERI, FILOSOFIA DI

PETR ILJIC CIAJKOVSKIJ

ATTRAVERSO


LETTERE, RICORDI E TESTIMONIANZE


MUSORGSKIJ E IL «GRUPPO DEI CINQUE»
La vita musicale di Pietroburgo


RITRATTO DI MUSORGKIJ DIPINTO DA ILYA REPIN

A Pietroburgo, verso il 1860, si incontrarono cinque musicisti: Balakirev, Borodin, Cui,


CUI RITRATTO DA REPIN

Rimski-Korsakov e Musorgskij, il più geniale di essi. Questi musicisti, noti ben presto sotto il termine complessivo di «Gruppo dei Cinque» (anche «Grande [o Possente] Mucchietto», saranno al centro dell'attenzione generale. Balakirev,

sebbene non avesse più di venticinque anni, diventò il capo riconosciuto del gruppo, e Vladimir Stasov, scrittore importante e critico musicale influente, ne divenne una specie di evangelista e di segretario.


Ritratto di Stasov dipinto da Repin
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Che cosa voleva questa «nuova scuola russa» e quali mete si prefiggeva? Essa calcava l'accento sui caratteri originari della musica russa e intendeva risalire alla fonte inesauribile dei canti e delle danze popolari, perché il loro impiego nelle composizioni d'arte era considerato come un mezzo di ringiovanimento, come un'iniezione di novello rigore. Gli aderenti al «Gruppo dei Cinque» dichiararono guerra a tutte le esteriorità della convenzione, della routine, e lottarono contro l'invadenza di concezioni cosmopolite nella vita musicale di Pietroburgo. Come sempre, gli italiani e la musica italiana godevano allora i più grandi favori sicché quei ribelli ebbero agli inizi una vita difficile. L'autorevole, la mondana società di Pietroburgo non mostrava alcuna comprensione per quei tentativi nazionalistici.
«Con baldo ardimento, avanti, verso nuove rive!» fu il motto di Musorgskij, che, infaticabile e radicale, rappresentò appieno il nuovo indirizzo, fu, per tutti, pioniere ed antesignano. Innanzi tutto, si pensò di riformare l'opera; e, per prima cosa, si proclamò che la musica drammatica deve trovarsi in pieno accordo col libretto, la cui qualità assume pertanto un'importanza del tutto decisiva. Per comporre un'opera, bisognava dunque prendere a soggetto i drammi dei più grandi poeti; senza, per questo, escludere l'impiego di cori e dei pezzi d'assieme. Era però necessario che questi ultimi fossero strettamente inerenti alle rispettive situazioni in modo da non interrompere lo svolgimento del dramma. Il coro doveva rappresentare la collettività popolare e intervenire attivamente nell'azione. Infine, il carattere di ciascun personaggio doveva distinguersi in virtù di un profilo musicale plasticamente appropriato.
Un valore particolare la Nuova Scuola Russa attribuiva al canto: la voce doveva avere risalto e preferenza nei confronti dell'orchestra, tenuta sempre in funzione sussidiaria.
Si può considerare fatale, forse addirittura tragico, il fatto che Ciajkovskij non abbia trovato la via e l'accesso alla musica di questi famosi colleghi suoi coevi e come lui attivi a Pietroburgo. Certo, nelle sue composizioni egli non aderirà alle tendenze cosmopolite di Anton Rubinstein,


RITRATTO DI ANTON RUBINSTEIN DIPINTO DA REPIN [Cfr. Autoritratto]

ma non rappresenterà neppure le aspirazioni nazionali proprie dei membri del «Gruppo dei Cinque». Stette fra i due indirizzi e, fin dal principio, venne a trovarsi in contrasto coi cinque «novatori».
Rapporti personali di amicizia si instaureranno più tardi con Balakirev e con Rimski-Korsakov, ma le opposizioni di fondo continueranno a sussistere.
Scarsa comprensione reciproca si stabilirà fra lui e Musorgskij, troppo diverso per carattere naturale. Presso Musorgskij, tempra di combattente focoso e implacabile, il mansueto Ciajkovskij, con il suo ideale del «bello assoluto», non poté suscitare che scarse simpatie. Molti anni dopo, Petr scriverà:

Musorgskij si pavoneggia della sua mancanza di cognizioni tecnico musicali, si vanta della sua ignoranza e compone così come gli capita, affidandosi ciecamente al suo talento. Non si può negare, tuttavia, che da esso sprizzino talora autentici lampi di genio ed idee originali e che, con tutte le sue mostruosità, egli parli una lingua nuova, non bella, ma certo insolita.

Musorgskij ricambiò tali sentimenti con pari avversione; ne è un'eloquente testimonianza questa drastica lettera del 26 dicembre 1872 a Vladimir Stasov:

Mio caro Generalissimo!
In questi ultimi giorni ho avuto ripetutamente occasione di incontrarmi con adoratori del bello musicale assoluto e chiacchierando con loro ho provato un singolare senso di vuoto... Sadyk Pascià
[soprannome dato a Ciajkovskij dai componenti del «Gruppo dei Cinque»] si trovava in uno stato crepuscolare. Forse sognava un sorbetto, oppure quel 'lievito' moscovita [allusione al Conservatorio di Mosca che aveva assunto un atteggiamento di aperta ostilità nei confronti del gruppo di Balakirev] che lo andava trasformando mentre ascoltava i frammenti di Boris Godunov. Ho sempre l'abitudine di osservare la gente mentre ascolta (si imparano tante cose!) e notando che Sadyk Pascià stava appunto lasciandosi penetrare tutto dal 'lievito', aspettavo la fermentazione che non poteva mancare. Ecco infatti che la pasta, dopo l'esecuzione dell'«aria del pappagallo», cominciò a prender corpo e le bollicine a scoppiare con un brutto suono sordo, inerte, marcio. Mettendo insieme questi suoni (non furono molti) ricavai questo: «Che potenza! (lei sa a chi si riferiva), ma quanta forza sprecata... sarebbe utile impiegarla in una Sinfonia» ('en forme', è ovvio). Io, l'uomo della forza, ho ringraziato Sadyk Pascià e fu tutto.
Ieri, ecco che incontro per caso Sadyk in casa di Bessel. Di nuovo la stessa canzone: «Datemi della musica bella, sempre e soltanto bella, musicalmente bella.»
Arrivò Balakirev ed insieme suonammo la Fantasia finlandese di Dargomizski*. Sadyk Pascià si mostrò dispiaciuto. Quando Balakirev se ne fu andato, qualcuno manifestò il desiderio di udire il Boris. Sadyk chiese il «racconto del pappagallo» e cadde di nuovo in fermentazione, fino all'incoscienza, fino a perdere ogni capacità di ascoltare tranquillamente. Anche con la «Polonaise» (dal Boris) non poté familiarizzare. E con questo si terminò.
L'Opricniki
[melodramma scritto da Ciajkovskij nel 1873] è stato composto con l'intenzione evidente di farsi un nome e di conquistare la celebrità. È tutto pieno di lusinghe al pubblico (oh Pascià!), e tuttavia, il nostro amico lavora all'opera con impegno e sincerità (oh Sadyk!). In primo luogo il gusto è mutevole, in secondo luogo la gente, da artisti russi aspetta musica russa; in terzo luogo è vergognoso scherzare con l'arte per fini personali. Da cui si vede che Sadyk, da vero Pascià, non manca certo di cinismo quando professa apertamente la religione della 'bellezza assoluta'.

Alcune parti di Boris Godunov, come appunto il suaccennato «racconto del pappagallo» impressionarono favorevolmente Ciajkovskij che tuttavia non ascoltò mai per intero il possente dramma popolare. Egli non riuscì a riconoscere il genio travolgente di Musorgskij e non arrivò a immaginare che Boris Godunov sarebbe stato considerato un giorno il più forte ed originale capolavoro di tutta la musica russa.
A proposito degli altri membri del «Gruppo dei cinque», Ciajkovskij così si espresse, in una lettera da Sanremo del 1877:

Ecco la mia sincera opinione su quei signori; che triste fenomeno! Che grandi talenti, dai quali, fatta eccezione per Rimski-Korsakov, non è possibile però aspettarsi nulla di serio. Essi si distinguono per una spaventosa presunzione e credono che tutto il resto del mondo debba esser loro sottomesso. Unica eccezione: Rimski-Korsakov negli ultimi tempi. E anche lui come gli altri un autodidatta, ma recentemente ha subito una trasformazione. È un uomo serio, sincero, coscienzioso. Era giovanissimo quando capitò fra quella gente: gli assicurarono che era un genio e che lo studio della teoria musicale non è necessario, anzi è pregiudizievole per la forza creativa. Dapprima il giovanotto credette a queste teorie; tanto che le sue prime composizioni rivelarono, insieme con un grande ingegno, anche un forte difetto di cognizioni teoriche... Però Rimski-Korsakov è l'unico fra di loro, che sia arrivato ad accorgersi, cinque anni or sono, quanto le opinioni dei suoi amici fossero errate e come il loro disprezzo per lo studio e per la musica classica, il loro rifiuto di ogni autorità, significassero soltanto ignoranza.
Posseggo ancora una lettera di Rimski, scritta in quel tempo, piena di tratti commoventi e profondi. Egli era caduto in una vera e propria disperazione il giorno in cui si era accorto di aver speso tanti anni invano, seguendo una strada tutta sbagliata. Mi chiedeva consiglio e la risposta non poteva essere che una sola: studiare. Mi diede retta e, nel corso dell'estate, scrisse una gran quantità di studi di contrappunto, più sessantaquattro fughe. Di queste ne scelse dieci e me le mandò in visione. Erano inappuntabili, ma subito mi accorsi che la reazione era stata troppo violenta. Il dispregiatore dello studio si era trasformato in un adoratore della tecnica musicale. Subito dopo apparvero la sua prima Sinfonia e un Quartetto per archi. Entrambe le composizioni contenevano una quantità di passaggi dettati con grande abilità contrappuntistica, ma riprovevoli, come lei giustamente osserva, per aridità e pedanteria. Evidentemente, quell'uomo è in piena crisi ed è difficile prevedere dove andrà a finire.
Cesar Cui è un dilettante anche se pieno di talento. La sua musica manca di originalità; tuttavia è graziosa, elegante, civettuola, in certo qual modo lucidata. Sulle prime una tal musica piace; ben presto, però, diventa stucchevole. Cui, che non è musicista di professione, gode di buona fama come professore di scienza delle fortificazioni e tiene una grande quantità di lezioni alla scuola militare di Pietroburgo.
Borodin,


BORODIN RITRATTO DA REPIN

ormai cinquantenne, è insegnante di chimica all'Accademia di Medicina, ha talento, un grande talento anzi, ma non è riuscito a manifestarlo del tutto per difetto di conoscenze teoriche. Queste sono anzi così insufficienti che egli non sa scrivere una riga senza che qualcuno lo aiuti. La personalità più notevole del gruppo è Balakirev il quale però, pur avendo composto assai poco, ha già smesso di produrre. Balakirev possedeva un'attitudine notevole, l'ha guastata per una serie di circostanze fatali. Dopo essersi pavoneggiato a lungo con la sua miscredenza, egli si è ora dato ai santi. Passa tutta la giornata in chiesa, digiuna, prega, si inginocchia davanti alle reliquie e non fa nient'altro. Con tutto il suo singolare talento è stato la causa di non pochi malanni. Per esempio, ha rovinato Rimski-Korsakov persuadendolo che lo studio gli sarebbe stato nocivo. È lui l'inventore delle teorie di questo strano gruppo che riunisce ingegni tanto vigorosi, ma avviati per una strada sbagliata e, quindi, prematuramente rovinati.

Proviamo ora a contrapporre a questo giudizio di Ciajkovskij alcune opinioni di Musorgskij che prendiamo da lettere all'amico
Vladimir Stasov del 1875:

Uno di questi giorni incontrai Rimski-Korsakov.


RITRATTO DI RIMSKI-KORSAKOV DIPINTO DA REPIN

Balzammo entrambi fuori dalle nostre troike, nello stesso istante, e ci abbracciammo a lungo. Ma ecco che cosa mi racconta: che ha scritto dieci fughe, una più complicata dell'altra e basta...
Ebbene, quando mai la gente si deciderà a gettare uno sguardo su libri intelligenti e a intrattenere, in tal modo, colloqui con uomini intelligenti invece che scrivere fughe o convenzionali opere in tre atti? Non sarà ormai troppo tardi? Non è questo che l'uomo chiede oggi all'arte; il compito dell'artista non si esaurisce qui. La vita ovunque si manifesti; la verità per quanto amara sia; il discorso franco, sincero, da uomo a uomo, guardandosi negli occhi, questo è ciò che voglio: mi addolorerebbe venir meno a questo impegno. Tale è la mia natura e tale intendo restare.
Se penso a certi artisti che restano dietro la sbarra (Cui e Korsakov) provo una sorta di fastidio, come una specie di gelido vento notturno. Tutto lo sforzo di codesti compositori consiste nel lasciar cadere una goccia dopo l'altra soppesandole tutte con precisione e cautela. Si divertono; ma in persone come noi, un simile modo di agire non può che generare turbamento e noia.
Fatevi largo, o veneratissimi, così come si fanno largo gli uomini vivi; mostrate se avete artigli o zampine di velluto, se siete animali da preda o anfibi a sangue freddo! A che cosa pensate? Alla barriera? Senza senso e ragione, senza volontà, tali artisti si sono lasciati irretire nelle maglie della tradizione; non fanno che confermare la legge dell'inerzia, mentre si figurano di agire. Tutto ciò sarebbe soltanto spiacevole e, fino a un certo punto, antipatico, se questi artisti non avessero cominciato la loro attività all'insegna di ben altra bandiera, una bandiera da sventolare con fierezza davanti alla comunità umana. Infatti, finché erano tenuti ancor saldamente insieme dal pugno di ferro di Balakirev, essi (Cui e Korsakov) respiravano con i suoi possenti polmoni - senza tuttavia attingere al suo cuore d'eroe - e si prefiggevano ideali che avevano agitato altri uomini insigni. Ma ora il pugno di ferro di Balakirev si è allargato, ed ecco che essi si sentono subito deboli e bisognosi di pace. Ma dove trovarla, questa pace? Nella tradizione, si capisce: così come i padri cantarono, bisbiglino ora i figli.
Il «Grande Mucchietto» è degenerato in una schiera di insensati traditori; il loro «staffile» è diventato un frustino da bambini. Non partecipano al succo della vita, nella produzione attuale restano privi di significato, sicché penso che invano si cercherà traccia di codesti artisti nel «celeste impero».

[...]
Verso ii 1875 il «Gruppo dei Cinque» è ormai disperso. Un tempo i quattro musicisti si erano stretti intorno a Balakirev come quattro pulcini in fase di sviluppo. Col passar degli anni avevano messo le ali, ciascuno aveva seguito la propria evoluzione, e i legami che ancor li tenevano uniti si sciolsero allorché Balakirev cadde in preda alla mania religiosa. Soltanto Borodin e Musorgskij serbarono fede ai principi del gruppo.
Dalle posizioni prese rispettivamente da Ciajkovskij e da Musorgskij nei confronti del «Gruppo dei Cinque» si può, concludendo, dedurre quanto segue: entrambi furono concordi nel giudizio sfavorevole su Cui. Va però ricordato a questo proposito che Cui si dedicò assai meno alla composizione che alla critica musicale; i suoi lavori sono oggi pressoché dimenticati. Riguardo a Rimski-Korsakov, invece, il giudizio dei due non concorda. Musorgskij apprezza soprattutto le primissime opere di Rimski come La fanciulla di Pskov (Ivan il terribile) che anche secondo ii giudizio contemporaneo, si distingue per la freschezza dell'invenzione. Musorgskij, morto nel 1881, non conobbe le numerose opere apparse dopo la «trasformazione» di Rimski. Una sopravvalutazione della tecnica musicale, così come vien fatta di nuovo ai nostri giorni, nasconde senza dubbio più di un pericolo. Sicché Musorgskij non ha del tutto torto quando fa notare che «la forza creativa può rattrappirsi», allorché è soffocata dalla «tecnica». Purtroppo però, egli esagera quando, per denunciare i pericoli di certi eccessi, giunge a rinnegare la «tecnica» proprio in quanto tale. Dopo la morte di Musorgskij, Rimski si evolse fino a diventare un dominatore della forma musicale e soprattutto un maestro nell'arte della strumentazione. In questo settore compì cose tanto decisive e tanto nuove da usufruire di un riflesso favorevole quando rielaborava le opere del vecchio amico Musorgskij.
Ciajkovskij respinse le prime opere di Rimski-Korsakov per la loro tecnica insufficiente e si rallegrò, in conseguenza, della sua «trasformazione». Riconobbe però che parecchie fra le composizioni posteriori mancavano di freschezza, in seguito ad una «reazione troppo violenta». Comunque sia Rimski-Korsakov, appunto per le sue conquiste tecniche compì una deviazione dai principi del «Grande Mucchietto». Rimase fedele su un punto capitale e, precisamente, quello di mettere l'accento sul carattere nativo, nazionale, tipicamente russo della sua musica, così come fanno fede tutti i suoi numerosi melodrammi.
Ciajkovskij però, che cercò senza posa di perfezionare la sua tecnica, che andò soggetto a continue crisi di sfiducia e che di opera in opera prese nuovo slancio per attingere alla perfezione, misconobbe le tendenze nazionali di Rimski e rimase troppo vincolato alla musica dell'Europa occidentale. In questo (a parte i valori essenziali) riconosciamo punti di contatto profondo fra lui e Anton Rubinstein, le cui composizioni hanno carattere di assoluto eclettismo.
Che fra Musorgskij e Anton Rubinstein dovessero trovarsi punti di contatto ancor minori che fra Musorgskij e Ciajkovskij non può dunque far meraviglia. Una straordinaria inventiva musicale rivelava in Ciajkovskij «l'artista d'ingegno» e i «novatori» non mancavano di apprezzarla. Molto al di sotto di lui stette Rubinstein, compositore affrettato e privo di raffinatezze. Intorno al 1870, Rubinstein suonò al pianoforte, davanti ai membri del «Gruppo dei Cinque», la sua opera Il démone, destinata ad avere poi tanto successo. Come pianista, gli amici lo applaudirono incondizionatamente, ma come compositore, non ne vollero sapere. appunto a tale episodio che accenna Musorgskij in una lettera scritta a Stasov l'11 settembre 1874 e tutta scintillante di umorismo:

Eccellentissimo, incomparabilissimo aratore del mio cervello la cui vigoria ella stimola a sempre più proficuo perfezionamento, mi ascolti!
Redigo questa epistola per il caso che oggi non dovessimo incontrarci dal maestro dell'arte architettonica Hartmann [Victor Hartmann architetto e pittore, fu amico intimo di Musorgskij. I famosi Quadri d'una esposizione vennero composti in seguito alla visita che Musorgskij fece alla mostra dei disegni di Hartmann, allestita dopo la sua morte prematura; con l'originale trovata musicale, Musorgskij intendeva rendere un omaggio postumo all'amico.]. Quale ne sia l'oggetto, l'ammaestreranno immediatamente i paragrafi che seguono:
1) Ieri ho visto faccia a faccia il caro Rubin
[Anton Rubinstein]; andava a quest'incontro altrettanto quanto noi.
2) Per il grande evento ha fissato mercoledì.
3) Vuol venire mercoledì con la sua opera nuova e farla conoscere a tutti noi: al Generale Bach
[Altro soprannome di Stasov], a Dimitri Vassiljevic [Fratello di Stasov] all'Ammiragliato [a Rimski, ex ufficiale di Marina] a Kvei [Cesar Cui] e a me, povero peccatore.
4) Per formare il complesso dell'uditorio ha accennato anche a Balakirev e a Borodin, ma questi difficilmente potranno venire.
5) Vuole suonare lui in persona la sua opera e ha pregato insistentemente affinché non sia presente alcun altro oltre a noi ....
Rubin ardeva di entusiasmo; che artista vivo e affascinante!

Anche Ciajkovskij non ha mai potuto provare una profonda simpatia per le composizioni di Anton Rubinstein. Vede in lui, come riconoscerà anni dopo, un grafomane, convinto di dover rallegrare quasi ogni giorno il mondo con le sue creazioni. Non avrebbe invece sprecato il suo talento inventivo, non del tutto insignificante, se si fosse limitato a produrre «monetine correnti».

nnn
Alexander Sergheievic Dargomizski (1813-1869), pur non appartenendo al «Gruppo dei Cinque» o «Grande Mucchietto», dei cui membri era amico, ebbe in comune con esso la formazione musicale non del tutto ortodossa: era, cioè, un dilettante nel senso buono della parola. Soltanto dopo il suo incontro con Glinka, abbandonò l'impiego ministeriale per darsi completamente alla musica. Il suo lavoro più importante rimase il convitato di pietra, tratto dal Don Juan di Puskin: quest'opera è basata, spesso con effetto suggestivo, su una sorta di «recitativo espressivo» fondato soprattutto sul ritmo della parola, analogamente a quanto farà Musorgskij con la forza del proprio genio.