CIAJKOVSKIJ WEBSITE
TCHAIKOVSKY WEBSITE
__________________________________________________________________________________________

BIOGRAFIA, PENSIERI, FILOSOFIA DI

PETR ILJIC CIAJKOVSKIJ

ATTRAVERSO


LETTERE, RICORDI E TESTIMONIANZE


CONFESSIONE D'AMORE

SETTEMBRE 1879 - LUGLIO 1880

Anche Petr ripensò col cuore gonfio di tristezza e di nostalgia alle belle giornate di Simaki, a quella felicità, a quella pace, a quel paesaggio di sogno e alla vicinanza di quell'incantevole amica! Appena arrivato a Pietroburgo, provò già il desiderio di fuggire di là; di andarsene non appena possibile.

Mi è difficile, cara, fedele amica, descriverle la tristezza che senza requie mi opprime da quando sono a Pietroburgo; una tristezza così fonda che devo impormi sforzi terribili per riuscire a scriverle. E come se qualcuno mi avesse dato una mazzata sulla testa. Questo è l'effetto del repentino cambiamento di vita, dalla tranquillità della campagna al turbine della metropoli. Non ho che un desiderio, lasciare Pietroburgo al più presto, ma ho anche vergogna di confessarlo sia a lei sia a me stesso. Pensi che qui abitano mio padre e i miei fratelli cui mi lega così intenso affetto. Ciò non di meno, l'orrore che provo per Pietroburgo è più forte di qualsiasi altro sentimento...
Durante la breve sosta che feci a Mosca provai la stessa noia tormentosa e se possibile ancor più violenta che a Pietroburgo. Che strano! Gli amici moscoviti mi accolgono sempre con entusiasmo ed anch'io, al primo momento, mi rallegro di rivederli. Ma appena è passata la gioia del primo incontro e si sono esaurite le domande sulla reciproca salute e sulle varie vicende biografiche, sono assalito dal tedio e dall'imbarazzo. Fra noi si è spalancato un abisso che si fa sempre più profondo. Il loro modo di vivere, che una volta era anche il mio, le copiose libagioni al Dio Bacco, i meschini intrighi personali, tutto ciò mi è diventato completamente estraneo...

Posseduto com'era da un'eterna inquietudine, non esitò a intraprendere, per soli quattro giorni, l'interminabile viaggio fino a Grankino, una tenuta situata nell'Ucraina orientale, allo scopo di incontrarvi Modest, là residente in qualità di precettore di Kolja. In quell'angolo lontano dal mondo, gli giungono da Braiby due lettere di Nadezda, traboccanti di esaltazione. Essa ha appena ricevuto la riduzione per pianoforte a quattro mani della Quarta Sinfonia a lei dedicata, e passa ore e giorni al piano per suonare, senza esserne mai sazia, la sua Sinfonia. In simile stato di rapimento sgorgano dalla sua penna, senza più alcun ritegno, vibranti parole d'amore e una confessione del suo cuore traboccante di passione.

Caro, adorato amico!
Le scrivo in uno stato di eccitazione frenetica che si è impadronita di me in modo tale da compromettere addirittura la mia salute; eppure non vorrei, per nulla al mondo, rinunciare a questa meravigliosa ebbrezza. Vedrà subito qual è la ragione. Ho ricevuto due giorni or sono la riduzione per pianoforte a quattro mani della nostra Sinfonia ed ecco quello che mi ha messa in questo stato di esaltante rapimento; quello che, senza tregua, mi procura fremiti di passione. Suono e suono continuamente la sua musica senza mai esserne stanca. Quei divini accordi hanno penetrato tutto il mio essere eccitando i miei nervi, mettendo la mia mente in uno stato di febbrile eccitazione. Sono due notti, ormai, che non riesco a prender sonno e, quando la mattina mi alzo, non ho che un unico pensiero: sedermi il più presto possibile al pianoforte e suonare ancora la sua musica. Mio Dio, da vero grande maestro, lei è riuscito, in quelle pagine, ad esprimere disperazione e speranza, dolore e sofferenza, tutto quanto insomma io ho provato, sì spesso, in vita mia! Ciò che mi rende cara e preziosa la sua musica non è solo il suo valore in quanto opera d'arte, ma altresì la sua capacità di esprimere la mia vita ed i miei sentimenti. È giusto che questa Sinfonia appartenga a me: nessuno è in grado di sentire questa musica altrettanto profondamente; nessuno può riconoscere come me quello che vale. I musicisti giudicheranno questa partitura al lume della ragione; io invece l'ascolto e la sento abbandonandomi con tutta me stessa. Se fosse destinato che io morissi per ascoltare questa musica, ebbene morirei, ma non cesserei di ascoltare.
Come mi dispiace, mio caro, mio adorato, che si sia trovato così male a Pietroburgo; ma, mi perdoni, amico senza pari, mi sono anche rallegrata che lei provasse tanta nostalgia di Simaki. Dato che non esistono fra noi contatti personali, non so se ella può comprendere i sentimenti di gelosia che io provo nei suoi riguardi. Sappia che sono oltremodo gelosa di lei, gelosa come una moglie può esserlo del marito che ama. Sappia che quando lei si sposò, io fui così infelice che il mio cuore stette per scoppiare dal dolore.
Il pensiero che quella donna fosse così vicina a lei mi riusciva amaro, penoso, intollerabile. Ma ora ascolti fino a che punto arriva la mia cattiveria: provai una gioia da non dirsi quando seppi che, vivendo con quella persona, lei si sentiva infelice. D'altra parte, credo di esser riuscita a nasconderle questi sentimenti, dei quali oggi provo vergogna. Ma allora, vincerli mi fu impossibile. Noi, esseri umani, non siamo neppur padroni delle nostre passioni. Odiavo quella donna perché la rendeva infelice; però, l'avrei odiata mille volte di più se, con lei, lei fosse stato felice. Mi sembrava che mi avesse derubata di quanto mi apparteneva, che mi avesse defraudata di un mio diritto. Io infatti l'amo, Petr, l'amo come nessuno può amarla. Lei mi è più caro di chiunque altro sulla terra.
Se questa confessione dovesse riuscirle importuna, mi perdoni l'involontaria rivelazione. Mi sono tradita: è colpa della Sinfonia. Tuttavia credo sia meglio lei sappia che non sono affatto l'essere perfetto che immagina, anche se le assicuro che tutto questo non potrà in alcun modo mutare i nostri rapporti. Non desidero nessun cambiamento, vorrei però aver la certezza che nulla cambierà fra noi fino alla morte, che nessuno... Ma io non ho diritto di parlare così. Mi perdoni e dimentichi tutto quel che le ho detto; ho una tal confusione in testa... Oggi il tempo è bello, voglio quindi andar fuori e respirare aria fresca...
Arrivederci, mio caro, dimentichi questa lettera, ma non dimentichi la sua N. v. Meck che l'ama con tutto il cuore.

A questa «confessione» la signora Nadezda, alcuni giorni dopo, ne fece seguire altre.

Continuo a lasciarmi inebriare dalla sua musica come dall'oppio e cerco di giustificarmi di fronte a me stessa col pretesto che stiamo per partire e che per lungo tempo non avrò più occasione di suonare il pianoforte. Sono tutta compenetrata dalla Quarta Sinfonia: la coda e i suoi temi mi fanno uscir di senno; anche di notte ne sento gli accordi e sono arrivata al punto di non poter nemmeno guardare il libro senza provare una forte emozione. Tutta la Sinfonia è meravigliosa, ma quel primo 'tempo' poi... Non c'è niente di più sublime in musica e io sono sicura che, al di fuori di questa, non c'è altra via. Questo è il culmine del creato, è il coronamento del raggiungibile, è la scintilla della divinità deposta in lei. Sarei disposta a dare in cambio la mia anima, a perder la ragione, senza provarne rimpianto... Mi dispiace staccarmi da Brailov, ma adesso ho ben altra spinta! Tutti i mei pensieri, le mie speranze, le mie aspirazioni sono rivolte a Napoli, là dove il mio cuore appagato, palpiterà con nuovo ardore e il sole risorgerà per illuminarmi, per riscaldarmi coi suoi raggi. Oh, soltanto quella che muove dal cuore è vita autentica e originale!

Da Grankino, Petr risponde il 25 settembre 1879:

Trovai qui le sue lettere e non riesco a esprimerle tutta la gioia provata quando riconobbi la sua scrittura e poi quando, leggendo la lettera, mi resi conto di quale intima unione esista fra noi due.
Che la nostra Sinfonia sia apparsa finalmente stampata, l'ho appreso soltanto da lei. Avevo il presentimento che questa musica le sarebbe piaciuta; non poteva esser altrimenti. Mentre la scrivevo non pensavo che a lei. Non eravamo ancora così uniti come ora, ma già in quel tempo sentivo, anche se indistintamente, che non c'è anima al mondo che possa come lei comprendere tutti i più riposti, i più profondi moti del mio cuore.
Mai la dedica di una composizione ha avuto significato più profondo, giacché in questa musica si manifesta non solo il mio io, ma anche il suo. Questa è veramente non la mia, ma la nostra sinfonia. Lei sola è in grado di comprendere e di sentire ciò che io ho provato e vissuto mentre scrivevo quelle note. Per tal ragione, questa rimarrà sempre la mia opera prediletta, documento di quel tempo in cui, dopo una lunga malattia dello spirito, dopo atroci sofferenze, spinte fin sull'orlo dell'abisso e della disperazione, improvvisamente l'aurora della resurrezione e della felicità riprese a illuminare il mio orizzonte. Quell'aurora è la figura di colei cui la Sinfonia è dedicata.
Rabbrividisco al pensiero di quello che sarebbe stato di me se il destino non mi avesse fatto incontrare con lei. Tutto io devo a lei: la vita, la possibilità di realizzare il mio ideale, la libertà e quella pienezza di felicità che prima d'allora avevo ritenuta impossibile. Ho letto le sue lettere con una gratitudine infinita e un amore per il quale non si possono trovar parole. Lo posso esprimere soltanto con la musica.

Già un anno prima la Marcia slava aveva rapito la signora Nadezda in un'esaltazione, in un'estasi totale. Allora, inebriata da quella musica, aveva offerto all'amico il 'tu'. Questa volta la musica della Quarta Sinfonia le fa dimenticare tutto ciò che le sta intorno. Non ha altri pensieri che per l'amico, brama con tutte le fibre del suo cuore di averlo vicino, anela a Napoli per riunirsi ancora una volta a lui. Un'unione, ripetiamo, ben singolare, incorporea, misteriosa: questo vivere nel medesimo luogo, vicinissimi uno all'altra, come a Firenze, a Parigi, a Brailov, senza entrare mai in contatto di persona, paghi soltanto di sapere che l'altro vive, respira a pochi passi di distanza.
Da Grankino, Petr si recò a Kamenka.
Nel frattempo Nadezda von Meck aveva abbozzato un suo nuovo progetto. Arrivata a Parigi, pensò di organizzare un'esecuzione della Quarta Sinfonia dell'amico, sotto la direzione del maestro Colonne.
A tale scopo mandò Pakhulski a parlare col famoso direttore francese, ma costui, sulle prime, fece l'inabbordabile, e rifiutò perfino il colloquio. Quando però apprese che si trattava di una Sinfonia di Ciajkovskij (di cui egli stesso aveva già eseguito il poema sinfonico La Tempesta), e quando seppe che una gran dama russa aveva intenzione di sostenere tale esecuzione con una somma considerevole, diventò subito accessibile.

Riceva il mio più fervido ringraziamento, - scrisse allora Petr all'amica, - per i disturbi che si prende in colpa della mia gloria. Mi farebbe certo molto piacere che Colonne accogliesse la nostra Sinfonia nel suo repertorio, anche se sono convinto che essa non potrà aver successo presso il pubblico francese. È un grande onore esser eseguiti nei concerti Colonne ed esistono molti musicisti francesi che aspirano invano a un tale onore.

A Kamenka le giornate di Petr trascorrevano serene.

Amica cara, la mia esistenza si svolge qui tranquilla e priva di preoccupazioni. Faccio lunghe passeggiate, leggo molto e comincio persino a lavorare un poco. Sono più che mai convinto che senza lavorare non posso vivere. Da alcuni giorni mi sentivo così profondamente scontento di me stesso, che a poco a poco mi lasciavo sopraffare dal tedio. Tanto la lettura, per la quale ho una vera passione, quanto le passeggiate che non mi danno minor godimento, riempivano il mio tempo in maniera insoddisfacente. Ho compreso che quanto mi mancava era il lavoro; così, ho cominciato a comporre. Immediatamente ogni noia è svanita e son tornato allegro. Ho cominciato a scrivere un Concerto per pianoforte [Il secondo Concerto per pianoforte e orchestra, op. 44] e voglio lavorarci in pace, senza fretta.

A proposito del convegno di Napoli si legge in una lettera del 15 ottobre:

Manca ancora un mese esatto a Napoli. Guardo a quel giorno con impazienza, come uno scolaretto che non vede l'ora che le lezioni finiscano, o come un bimbetto che pensa con trepidazione ai regali per la sua festa. Il mio nuovo rampollo musicale comincia a prosperare e a poco a poco ne emergono i caratteri particolari. Lavoro con grande ardore.

Petr era stato appena da qualche settimana a Kamenka e già, eternamente inquieto, si era messo in treno; poi, con un'enorme deviazione attraverso Mosca e Pietroburgo, si era diretto alla volta di Parigi. Qui finì con l'arrivare il 13 novembre, atteso con grande impazienza dalla signora Nadezda. Dell'incontro a Napoli non si parlò più.
Ancora una volta Pakhulski gli andò incontro alla stazione e lo guidò all'appartamento preparato per lui. La sera stessa, a mezzanotte, il musicista mandò all'amica una lunga lettera di ringraziamento.
Ed ecco ricominciare, nel medesimo luogo, la strana vita a due. Ogni giorno c'è scambio di lettere fra una casa e l'altra e Pakhulski, quasi sempre, compie le funzioni di fattorino. Non si arriva tuttavia alla stessa intensità di rapporti dell'anno prima a Firenze o, più recentemente, a Simaki. Parigi, la vorticosa metropoli, è un terreno meno adatto a un idillio. Tanto Petr quanto la signora Nadezda odiano le grandi città e si trovano molto meglio in piccoli centri o, addirittura, in campagna.
Nelle lettere le effusioni sentimentali hanno ora ceduto il posto ad argomenti concreti. Petr mostra un grande interesse per I Troiani, l'opera di Berlioz eseguita allora per la prima volta.

Conosco bene quest'opera attraverso la riduzione per pianoforte, - egli scrive. - Povero Berlioz! Mentre era in vita, quel suo lavoro, non venne mai rappresentato. Nell'insieme, non credo che I Troiani siano una cosa molto notevole, soprattutto se li confronto con la Dannazione di Faust e con Romeo e Giulietta, vale a dire con due veri capolavori.

In quel periodo molti editori tedeschi, fra cui Bote und Bock e Fürstier di Berlino avrebbero voluto acquistare per la Germania i diritti d'autore sulle opere di Ciajkovskij; ma, come apprendiamo da una lettera alla signora von Meck, il maestro russo declinò ogni offerta. Egli intendeva mantenersi fedele a Jurgenson, l'editore di Mosca che, fin dal principio, non rifiutò mai di stampare nessuna delle sue composizioni e che sempre si comportò come un amico affezionato e comprensivo.

Finora Jurgenson non ha guadagnato molto dal complesso delle mie edizioni. Anche se alcune sono molto richieste, ve ne sono altre che dormono negli scaffali dei suoi magazzini. Jurgenson fonda le sue speranze sul fatto che la mia fama varca i confini della Russia e le mie opere arrivano sul mercato europeo. Quindi, lei non trova che sarebbe ingiusto ed offensivo, nei suoi confronti, se io volessi limitare le sue vendite alla Russia, proprio ora che il mio nome comincia ad avere risonanza in Europa?

A questo proposito è il caso di ricordare come, a quei tempi, i diritti di autore non fossero ancora protetti da norme internazionali, per tal maniera che l'editore Fürstner poté pubblicare gran numero di opere di Ciajkovskij contro la volontà dell'autore e senza che questi ne avesse alcun vantaggio materiale.
A Parigi, Petr terminò di abbozzare il Secondo Concerto per pianoforte già cominciato a Kamenka. Ciò fatto, nulla più lo trattenne nella capitale francese, da cui Nadezda stessa era in procinto di partire per tornarsene al suo caro Brailov a festeggiarvi il Natale. Con calorose parole di ringraziamento, Petr si congedò dall'amica e, verso il 20 dicembre, partì alla volta di Roma, dove già lo attendevano Modest e il discepolo Kolja.

Che dono di Dio è questo splendido clima italiano! - scrisse dalla Città eterna -. Si immagini, amica cara, che dopo tutti gli orrori dell'inverno parigino, mi trovo ora sotto un cielo turchino, limpido, luminoso nel quale risplende in tutta la sua magnificenza il sole più caldo. Non si sa nemmeno che cosa siano la pioggia o la neve e si va sempre per le strade in giacchetta. Dalle mie finestre lo sguardo spazia sul Pincio tutto verde, ed ho l'impressione che, in un batter d'occhio, sia successo un cambiamento addirittura magico. Mai come questa volta avevo subito tanto intensamente il fascino dell'Italia. Ho trovato qui Modest e Kolja, assolutamente entusiasti di Roma. Di sera la luna risplende e davanti alle nostre finestre si stende lo splendido panorama della città eterna. Oggi ho visitato San Giovanni in Laterano ed ho ammirato la maestosa facciata della chiesa. All'interno un cardinale celebrava la messa, mentre il coro cantava a cappella. Che belle voci ci sono in Italia! Un tenore eseguiva una brutta aria in stile operistico, ma con una voce così splendida che rimasi ad ascoltarlo incantato. Tuttavia il culto cattolico non possiede neppur lontanamente la solennità e la poesia di quello russo.

Nella lettera seguente scrive:

Oggi è Natale. La mattina siamo andati in San Pietro ad ascoltare la messa solenne. Com'è maestoso quest'edificio! Era tutto colmo di gente, eppure la folla, sparsa nell'enorme vastità del tempio, sembrava appena un mucchietto. Dovunque, davanti agli innumerevoli altari, si celebravano messe. In processione ininterrotta, preti si spostavano da un altare all'altro. Tutto era pieno di movimento, di azioni pittoresche e suggestive...
Nella mia camera c'è un ottimo pianoforte. Ho comperato da Ricordi alcune musiche di Bach e alcune trascrizioni a quattro mani, in modo da poter suonare sia da solo sia con Modest. Ma non ho ancora voglia di mettermi al lavoro. Proprio nessuna voglia. La vita a Roma è così movimentata, così rumorosa che mi tiene lontano dalla scrivania. Spero tuttavia di abituarmici a poco a poco, fino al momento in cui ritornerò a lavorare...
Oggi abbiamo visitato la via Appia. Conosce lei, mia cara, questa antica strada per Napoli, ornata, da entrambi i lati, di sarcofaghi, mausolei e pietre sepolcrali? Un tempo essa era tutta fervida di vita; vi passavan lunghe file di uomini, carri patrizi riccamente addobbati, lettighe, pedoni isolati. Ora è deserta e silenziosa come le tombe ai due lati: non si vedono neppure i soliti turisti inglesi. Camminammo per tre chilometri senza incontrare anima viva. Di quando in quando, sulla sinisira, si apriva una meravigliosa veduta verso i colli Albani; verso Tivoli e verso Frascati. Era una giornata meravigliosa...
Oggi ho cominciato a rielaborare la mia seconda Sinfonia, per la quale voglio ricomporre tutto il primo «tempo». Il lavoro mi è riuscito con tale scioltezza che per l'ora di colazione avevo finito di mettere giù la metà dell'intiero pezzo. Come sono grato al destino che l'editore Bessel mi abbia preso per il naso durante lunghi anni e non abbia mai stampato la mia partitura! Se lo avesse fatto, una nuova edizione non sarebbe stata più possibile e la mia disgraziata Sinfonia sarebbe rimasta qual era in origine. Che cosa mai significano sette anni nella vita di un artista, deciso a lottare per perfezionarsi! Chissà se fra sette anni contemplerò i miei lavori attuali con gli stessi occhi con cui valuto oggi un'opera composta nel 1872? Di certo è possibile, perché la strada che conduce all'ideale non ha limiti e fra sette anni io disporrò ancora di tutte le mie forze.
Ieri ricevetti una lettera da Jürgenson. La nostra Suite [la Prima suite per orchestra] fu eseguita due settimane or sono a Mosca. Nessuno dei miei amici mi ha ancora dato notizie del successo, ma so che, soprattutto, piacque la Marcia-miniatura, quella che, dapprincipio, avevo avuto in animo di eliminare. La conservai per consiglio di Taneev il quale prevedeva che la Marcia, grazie all'istrumentazione di grande effetto, sarebbe piaciuta più di tutti gli altri «tempi».
La Suite è dedicata a lei; ma soltanto lei ed io lo dobbiamo sapere. Non ho fatto stampare sul frontespizio alcuna dedica, come nella nostra Sinfonia, per evitare che qualcuno riesca a scoprire chi sia questo miglior amico.
Oggi con Modest ho visitato il Vaticano. Gli affreschi di Michelangelo, nella loro possente grandiosità, non mi sembrano più così misteriosi come da principio. Li ammiro; ma davanti ad essi non vado più in estasi, non resto più impressionato né profondamente commosso. Mio prediletto resta sempre Raffaello, questo Mozart della pittura. Del resto, le devo confessare che, in fondo in fondo, non ho molta comprensione per le arti figurative. Soltanto pochi quadri e poche statue hanno il potere di produrre in me un'impressione profonda. Mi sembra che non potrei vivere a Roma stabilmente. C'è troppo da vedere. Per una residenza stabile darei la preferenza a Firenze. Roma è più imponente, più opulenta; ma Firenze è più amabile e più simpatica.
Che opera potente è il Mosè

di Michelangelo! Mi sono già immerso molte volte nella contemplazione di questa scultura ed ogni volta l'ho meglio compresa. Essa è stata veramente pensata e realizzata da un genio grandissimo. Dicono che, anatomicamente, il Mosè non sia del tutto esatto: ma questo mi fa pensare al vecchio Fétis quando cercava errori in Beethoven ed annunciava trionfante di aver scoperto nell'Eroica il «rivolto» di un accordo che urtava contro il buon gusto!!! Non trova anche lei che Beethoven e Michelangelo siano nature affini?

In quei giorni (gennaio 1880) Colonne diresse a Parigi la Quarta Sinfonia.


CARICATURA DI EDOUARD COLONNE

L'«andante» e lo «scherzo» riscossero applausi, ma gli altri «tempi» passarono fra il silenzio glaciale. Ciò malgrado, l'astuto Colonne, scrivendo alla signora von Meck, già ritornata a Mosca, riusì a passare sotto silenzio questa circostanza e a rendere in tal modo felice l'ignara Nadezda.
Petr avrebbe volentieri assistito all'esecuzione di Parigi, ma ne aveva avuto notizia troppo tardi; e scrisse all'amica:

Come mi rattristo, pensando che ho perso l'unica occasione di ascoltare la mia Sinfonia. Mi ripromettevo un godimento grandissimo: quello di poterla sentire senza che nessuno mi osservasse.

Tuttavia Colonne, sempre più entusiasta delle opere del compositore russo, non si era dato per vinto. Alcune settimane più tardi, diresse ancora a Parigi l'«andante» e lo «scherzo» della Sinfonia, recando così un contributo importante alla diffusione della musica di Ciajkovskij fra i pubblici stranieri. La signora Nadezda, sempre legata a Colonne da stretta corrispondenza, cercò di esortano a dirigere anche altre composizioni dell'amico. Petr le dichiarò allora la sua gratitudine, ma la pregò insistentemente di non offrire altro denaro al direttore francese. Il pensiero che Colonne dirigesse opere sue soltanto per amore di lucro, gli sarebbe riuscito insopportabile.
Dopo poco tempo, Petr non si trovò più così bene a Roma come s'era trovato in principio. Aveva bensì finito la rielaborazione della Seconda Sinfonia e perfino incominciato una nuova opera: un Capriccio italiano di cui l'abbozzo si trovava già ultimato; ma la sua intima, implacabile inquietudine non gli permetteva di trovar pace.

Non dovrei sentirmi beato, - scrisse all'amica il 4 febbraio 1880, - qui dove natura e opere d'arte congiunte non cessano di impressionarmi con la loro bellezza? Invece, quasi perennemente, un tarlo misterioso mi rode il cuore. Non comprendo che cosa avvenga in me: non sto bene e, quantunque non abbia alcuna malattia, dormo male e non sento quel vigore, quella vivacità che dovrei avere conducendo una vita così totalmente priva di preoccupazioni. Solo di quando in quando, mi sento liberato da questo senso di oppressione. Mio Dio, che macchina impenetrabile e complicata è l'organismo umano! Mi sembra talora di soffrire di un misterioso male fisico e penso che codesto male sia la causa dei miei continui salti d'umore. In questi ultimi tempi temevo che il mio cuore non fosse in ordine; ma non più tardi dell'estate scorsa un medico mi visitò e trovò tutto sano. La colpa, dunque, è esclusivamente dei nervi. Ma che cosa sono i nervi?
Perché in uno stesso giorno, senza una ragione plausibile, ora funzionano regolarmente, ora perdono forza ed energia ed allora intervengono debolezze, mancamenti, passa la voglia di lavorare, di reagire a qualunque stimolo? Tutto questo è un mistero.

Negli stessi giorni, a Mosca, Nadezda cercò di conoscere, suonandola a quattro mani, la Suite per orchestra a lei dedicata, e di prepararsi all'imminente esecuzione dell'opera. A Petr scrisse:

Che grande arte è dunque la musica! Quali istanti di dolcezza e di sofferenza può donare contemporaneamente all'uomo, quando essa rispecchia tutta una vita, tutte le gioie e tutti i dolori di una vita! Non c'è un'altr'arte che, al pari della musica, sia causa di tante lacrime e di tanta felicità insieme. E non c'è nessun musicista che susciti in me altrettanta pienezza di felicità, come lei, amico mio adorato. Ascoltando le sue composizioni tutta la mia vita passa davanti al mio spirito. Quando suono o ascolto la sua musica, tutto tumultua dentro me e tutto il mio essere diviene sconvolto, tutto si illumina di nuova luce. Come la benedico per quel che provo! Dovessi dare in cambio metà della mia vita, lo farei con gioia. Questa è infatti la mia sola felicità.

Al principio di marzo ritroviamo Petr a Pietroburgo e lo vediamo subito travolto nel vortice degli obblighi mondani. Lo si festeggia con un concerto in cui vengono eseguite esdusivamente sue composizioni, fra cui la Suite per orchestra, da lui ascoltata per la prima volta. Ogni particolare vien fedelmente riferito all'amica che lo attende a Mosca. Ma quando arriva a Mosca, il musicista è completamente sfinito; sicché, per lavorare in pace, si rifugia in un alberghetto fuori di mano.
Alla signora Nadezda:

Mosca, 2 aprile 1880

Sono arrivato qui oggi e vorrei restare tre giorni in incognito, per terminare i miei lavori. Ho inoltre gran bisogno di riposo. Si figuri, amica cara, che negli ultimi giorni, a Pietroburgo, non ho quasi mai deposto il frack e la cravatta bianca e ho dovuto incontrarmi con alte e addirittura altissime personalità. Tutto ciò è molto lusinghiero, qualche volta anche commovente, ma enormemente faticoso. Come mi sento bene nel mio romitaggio nascosto e come sono felice di starmene solo, senza fare e ricevere visite!

Mosca, 3 aprile 1880

La mia intenzione di passare in solitudine la giornata di ieri è stata singolarmente frustrata. Alle due, dopo aver pranzato, feci una passeggiata lungo la Moskova, con la speranza di non incontrare nessuno. Mentre me ne andavo lungo la riva, mi si parò d'un tratto dinnanzi una carrozza scoperta, con dentro un ammiraglio che andava facendo cordiali cenni di saluto nella mia direzione. Riconobbi immediatamente il granduca Constantin Nikolajevic. Veniva proprio dal concerto del Conservatorio e stava andando a passeggio, quando il destino ci fece incontrare. Accennò con la mano perché mi avvicinassi, quindi, quando fui accanto alla carrozza, si dichiarò stupito di non avermi incontrato al Conservatorio e disse che al ricevimento in casa del Governatore generale avrebbe riferito a Rubinstein il nostro incontro. Ecco dunque già svanito il mio «incognito»: non mi restava altro che andare a cercare Rubinstein, sia pure a malincuore, e spiegargli come stessero le cose.

Di nuovo, come a Pietroburgo, ricominciano le visite, gli inviti, le feste. L'ospitalità dei moscoviti, i ricevimenti solenni sembravan non avere più limiti così che, esasperato, il musicista preferì rifugiarsi subito a Kamenka. Ma qui, disgraziatamente trovò la sorella a letto malata. I numerosi nipoti e nipotine erano intanto cresciuti; e, pieni di adorazione per lo zio «Petja» gli si stringevano attorno festosi. La casa era continuamente piena di ospiti, secondo l'uso sì comune ai Russi. A Ciajkovskij restò quindi ben poco tempo per lavorare. Intanto, scriveva alla signora Nadezda:

Ho appena finito d'istrumentare il Capriccio italiano, ma non riesco a veder chiaramente che valore possa avere questa composizione; so però con certezza ch'essa impressionerà il pubblico favorevolmente poiché l'orchestra è scintillante e ricca di effetti.

Nadezda von Meck si era frattanto trasferita da Mosca a Brailov per un breve soggiorno. L'eterna incostante, che, come il suo amico, non può trovar pace in nessun luogo, stava già progettando un lungo viaggio in Svizzera, in Italia, e nella Francia meridionale, con la speranza che Petr, nel frattempo, potesse andare a Brailov e a Simaki...
Ancora una volta Ciajkovskij finì col trovarsi in difficoltà finanziarie. L'amica gli mandava sì regolarmente la rendita stabilita, ma lui non era mai capace di far bastare i mezzi a sua disposizione. I continui viaggi in compagnia di Aljoscia gli costavano una quantità considerevole di danaro; ovunque, poi, c'erano i cosiddetti buoni amici sempre pronti a sfruttarlo e ad approfittare della sua ben nota e illimitata generosità.
L'8 giugno, da Kamenka, scrisse così ad Anatol:

Ho avuto dalla signora von Meck un invito per Brailov. Purtroppo non le è venuto neanche in mente di offrirmi denaro oltre la consueta pensione. In tali condizioni, penso con spavento ai miei molteplici debiti. Certo sono ben viziato e non ho diritto di dimenticare quanta gratitudine io debba a questa donna straordinaria. Il mio più grande desiderio sarebbe adesso quello di restare qui; tuttavia vado a Brailov volentieri per far contenta Nadezda Filaretovna.

Arrivò a Brailov ai primi di luglio e di là mandò a Modest una lettera:

Son qui da tre giorni. Avevo la segreta speranza di trovare, arrivando, un pacchettino sigillato con alcune migliaia di rubli di cui ho un dannato bisogno. Arrivo solennemente in carrozza, entro, domando: «Ci son lettere per me?» «Sissignore!», mi si risponde. Vado nella mia camera, trovo due lettere e una scatolina sigillata. L'apro pieno di ansia, ma invece dei biglietti da mille trovo un orologio e una gentil letterina con la quale mi si prega di accettarlo in dono. L'orologio era stato ordinato a Parigi fin dall'inverno scorso, ma è arrivato soltanto qualche giorno innanzi. Dev'esser costato alcune migliaia di franchi. Sul verso è raffigurata Giovanna d'Arco a cavallo, sul retro Apollo in compagnia di due muse, ed ambedue le riproduzioni sono in smalto nero con stellette d'oro. È un lavoro squisito, di un'estrema raffinatezza. Oh mio Dio, com'è cara Nadezda Filaretovna! Ma detto fra noi: avrei preferito ricevere invece dell'orologio il suo equivalente in moneta. Nadezda Filaretovna mi ha talmente viziato, ha così indovinato le mie necessità e i miei desideri che anche stavolta, ho sperato che il suo istinto le dicesse di che cosa ho realmente bisogno. Purtroppo mi sono ingannato ed ora prevedo che fino all'autunno non avrò in tasca neppure un centesimo.

Contemporaneamente, Petr scrisse all'editore Jurgenson, chiedendogli un anticipo di quattromila rubli in compenso delle sue composizioni.

L'inverno scorso mi son trovato nella necessità di far grossi debiti; inoltre, sono già tre anni che devo mille rubli a mio cognato. Mi occorrono complessivamente circa quattromila rubli.
Certo, per avere aiuto, mi sarebbe bastato rivolgermi alla signora von Meck. Ma non posso farlo, mi è impossibile: tutto ha un limite. Essa non mi presterebbe il denaro, me lo regalerebbe. Fa sempre così, ed io non voglio a nessun prezzo approfittare della sua bontà infinita. Mi ha appena regalato un orologio da tasca che ha fatto fare per me a Parigi e che è costato diecimila franchi. Oh come avrei preferito ricevere il denaro invece dell'orologio! Ma non si può cambiare. Trasformare questo prezioso gioiello in danaro non posso e non voglio. Sarebbe un'azione imperdonabile!

Alla signora Nadezda:

Brailov, 2 luglio 1880

Sono arrivato a Brailov da tre ore: con grande emozione e col cuore in tumulto. Aspettavo con impazienza di avere notizie da lei, amica cara! Ma poi il ricordo delle tante ore felici trascorse un tempo a Brailov accelerò i battiti del mio cuore. Trovai tutto come una volta e qui non c'è cosa che non rifletta la sua invisibile presenza. Prima di tutto chiesi se ella avesse lasciato lettere per me ed infatti me ne consegnarono due. Mi fa piacere saperla in buona salute, anche se, nelle sue lettere, ho avvertito un certo sottofondo di tristezza.
Poi Marcel mi consegnò il pacchettino sigillato e dentro trovai il suo dono prezioso. Rimasi sbalordito per la meravigliosa fattura del gioiello e commosso dal pensiero e dal sentimento che l'hanno animata nel farmi un regalo così splendido. Porterò sempre con me fino alla fine dei miei giorni quest'orologio; e non perché io ne abbia bisogno per ricordarmi di lei, - mai potrei dimenticarla neppure per un istante, dovessi campar mille anni, - ma perché è dolce avere con me un ricordo della nostra amicizia così rara, un oggetto la cui perfezione esprime nella forma più degna la sua ineffabile bontà.

Petr portò veramente sempre, per molti anni, quest'orologio con sé. Gli era immensamente caro e si disperò molto quando, dieci anni più tardi, gli venne rubato.