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CARLO MARINELLI

EUGEN ONEGIN

[MUSICA IN SCENA UTET]

[...] Scartati numerosi progetti, nel 1877 (l'anno in cui fu rappresentato il balletto Il lago dei cigni) su suggerimento di Elizaveta Lavroskaja, con l'aiuto di Konstantin Silovskij il musicista redasse un libretto tratto da Eugen Onegin di Puskin, alle cui musiche lavorò dal maggio del 1877 al febbraio dell'anno seguente, portandole a termine nonostante il suo equilibrio mentale restasse molto scosso a seguito del disgraziato epilogo del suo matrimonio con Antonina Ivanovna Liljukova. La prima rappresentazione di questo lavoro, considerato il più autobiografico del musicista, ebbe luogo il 17 marzo del 1879 presso il Teatro Malyj di Mosca sotto la direzione di Nikolaj Rubinstejn, direttore del conservatorio moscovita ove sino all'anno precedente Tchaikovsky aveva insegnato composizione, e con gli stessi studenti come interpreti. La vera e propria prima esecuzione professionale di Eugen Onegin fu invece nel gennaio del 1881 al Teatro Bolscioj sotto la direzione di Eduard Napravnik. Protagonista centrale della opera è la figura di Tatjana, che incarna in sé l'ideale vagheggiato di un impossibile amore femminile. Anzi è da chiedersi se proprio questo amore femminile non ne diventi alla fine vero protagonista. Vi è certo un forte riferimento autobiografico che investe tutto Eugen Onegin, ma piuttosto come influsso della fantasia sulla realtà che viceversa, e comunque da questa opera in poi l'amore tra giovani in Tchaikovsky è destinato sempre alla infelicità, alla non realizzazione; d'altronde molti dei lavori precedenti erano orientati verso le stesse pessimistiche conclusioni. Eugen Onegin è diviso in 3 atti e 7 quadri per complessivi 22 numeri. Ciascun atto mette a fuoco una delle tre figure protagoniste, Tatjana, Lenskij e Onegin. Tema di fondo comune è l'impossibilità dell'incontro d'amore: quando non lo spezzano la morte o le vicende della vita, è l'incapacità psicologica a impedire che le tensioni coincidano e convergano: il destino di chi ama è di non incontrarsi mai con la persona amata per sua stessa causa.
È questa sottigliezza psicologica che Tchaikovsky coglie in Eugen Onegin; ed è proprio in questo aver posto l'impossibilità dell'incontro «dentro» e non «fuori» dall'individuo, nella natura stessa dell'uomo e della donna e non nelle vicende che li condizionano dall'esterno, la superiorità della concezione psicologico-poetica di questa opera rispetto ad altre in cui l'incontro voluto è impedito con la forza di un intervento estraneo. E addirittura in Eugen Onegin il tema dell'impossibilità del compimento del rapporto d'amore prevale su quello del fato, che comunque non manca del tutto. Ma si tratta di fatalità insita negli stessi protagonisti, dato della psiche, portato ineliminabile del modo di essere, elemento naturale costitutivo dell'uomo. E questo uno dei concetti distintivi dell'arte di Tchaikovsky, questa concezione di una fatalità «soggettiva», di un destino da cui non si può prescindere poiché interno all'uomo, al suo stesso carattere. E certo tutte le vicende di amori impossibili o sfortunati dell'opera tchaikovskyana rimandano al teatro in musica dell'Occidente europeo e al romanticismo occidentale, con una differenza però: in Tchaikovsky manca l'elemento dialettico interno alla vicenda raccontata, manca la figura negativa, il personaggio che coagula in sé il «non fare» ed il «non essere», contrapposto come tale alla figura dell'eroe che è il «divenire», che vede il giusto ma non ha successo. Nulla e nessuno quindi gli si oppone; è solo l'eroe che crea il proprio destino, che è già in lui, e il limite alle sue possibilità non è al di fuori, nella realtà esterna, ma nel suo mondo interiore.
Vi è in Tchaikovsky la cosciente sensibilità di una profonda crisi individuale e collettiva. Il conflitto interiore svela un risvolto sociale che probabilmente il musicista non percepì: il disagio nei confronti di una società che non consentiva di «essere». Ma è ancora una società brillante, attraente, in cui è lieto il vivere: e tutta l'ambientazione di Eugen Onegin lo ricorda ed evidenzia. Sullo sfondo è la sensazione che l'uomo non sia capace di dominare sé stesso, di comandare la propria natura sentimentale e psicologica come sa fare con la realtà esterna. Da questa incapacità egli ricava solo sofferenza e dolore, mancando ogni dimensione di possibile ribellione che presuppone un riferimento dialettico contrario, individuale o sociale, che - come si è avuto modo di dire - non esiste. L'opera di Tchaikovsky si chiude quindi in sé, attenta alle confessioni dell'animo, della psiche e del sentimento. Per questo è stato giustamente affermato che Eugen Onegin è «un'opera da camera», cioè un'opera che «perde» nei grandi spazi teatrali ove il suo riservato intimismo, che trova riscontro, come sottolinea Leonard, in una orchestrazione dalla tessitura finemente elaborata, si disperde anche materialmente. `È un'opera che richiede un'attenzione più da lettore che da spettatore, volta a cogliere le più sottili sfumature che permeano le giustapposte «scene liriche» che la compongono a mo' di variazioni su un tema centrale, quello dell'amore appunto. Anche la stessa costruzione musicale risente di questa idea. Si è posto ampiamente in risalto come l'autore sia partito nel suo lavoro compositivo dalla scena della lettera, che egli sentiva come scena centrale dell'opera, dalla cui cellula motivica molto materiale sembra ricavare nel contesto complessivo. Egli utilizza brevi cellule motiviche piuttosto che ampie frasi tematiche: la melodia tende a ripetere la cellula germinale, sia pure con nuovi svolgimenti successivi, e sempre su tutto aleggia come l'avvio di un passo di danza che non si compie mai, sospeso nella nostalgia di un'impossibile felicità. Grande ruolo ricopre l'orchestra; tutti e sette i quadri si aprono con un'introduzione strumentale, quasi a sottolinearne l'importanza come elemento espressivo nel suo ruolo di amalgama. Essa inoltre richiama l'attenzione sui nodi psicologici del dramma, riportando alla memoria i motivi fondamentali e collocando nello spazio e nel tempo i diversi momenti dell'opera, suddividendola in pannelli e nello stesso tempo unificandola con continuità discorsiva e sentimentale. Il successo di Eugen Onegin non fu immediato; si criticò all'epoca in modo particolare lo scarso rispetto della verità poetica dell'originale di Puskin. Certamente dal poema puskiniano Tchaikovsky espunse la satira sempre pungente verso l'aristocrazia russa dei primi decenni del secolo, malata di occidentalismo. Egli ne fece piuttosto una storia romantica, mancando in lui totalmente la dimensione dell'ironia. E l'intimismo sentimentale e psicologico che emerge dall'opera, e in questo caso con un equilibrio che gli evitò quelle cadute nella morbosità che caratterizzano altre composizioni. Conseguentemente il successo di pubblico venne con il tempo e sempre crescente, al punto che Eugen Onegin viene oggi considerata nell'ambito della cultura russa l'opera di teatro musicale per eccellenza.