I dizionari Baldini&Castoldi

Prima la musica e poi le parole di Antonio Salieri (1750-1825)
libretto di Giovanni Battista Casti

Divertimento teatrale in un atto

Prima:
Vienna, castello di Schönbrunn, 7 febbraio 1786

Personaggi:
il poeta (B), il maestro (B), Eleonora (S), Tonina (S)



Inserito in una tradizione teatrale come quella viennese, che coltivò con singolare frequenza il gusto per il rifacimento caricaturale dei diversi stili operistici, Salieri si misurò a più riprese con la parodia del melodramma. Opere come La secchia rapita (1775), il Singspiel Der Rauchfangkehrer (1781) e Il mondo alla rovescia (1795; e altre, in misura minore) sono piene di allusioni parodistiche. Il momento più significativo di questa frequentazione salieriana con la parodia è però l’atto unico Prima la musica e poi le parole , rappresentato nel quadro di una festa carnevalesca a Schönbrunn (non nel teatrino del castello, bensì nell’ orangerie , unico ambiente riscaldato durante l’inverno), insieme a un’altra opera dello stesso genere, Der Schauspieldirektor (L’impresario teatrale) di Mozart. L’operina di Salieri (come del resto il suo pendant mozartiano) mette in scena i preparativi per l’allestimento di un’opera e rientra dunque nel fortunatissimo filone settecentesco del teatro nel teatro. Gli elementi tipici di quel sottogenere (litigi tra librettista e compositore, capricci delle primedonne, strapotere della musica a discapito della coerenza drammturgica) sono tuttavia resi più pungenti dal librettista Casti mediante non casuali riferimenti a fatti e persone dell’ambiente teatrale di Vienna (riferimenti che oggi possiamo cogliere, almeno in parte, grazie alle testimonianze dei contemporanei). A parte un’allusione encomiastica all’imperatore Giuseppe II (il conte Opizio nominato nei dialoghi come intenditore di musica), si assiste alla presa in giro di Lorenzo Da Ponte, allora rivale di Casti e adombrato nel personaggio del poeta, presuntuoso e largo di attenzioni nei confronti delle cantanti (ma, a quanto pare, la canzonatura fu più accentuata nell’interpretazione del cantante Mandini che nel libretto). Il principale bersaglio satirico fu comunque il castrato Archesi, che l’anno prima aveva interpretato a Vienna la parte del protagonista nel Giulio Sabino di Sarti. Per aumentare l’effetto comico Salieri cita in partitura tre arie del Giulio Sabino , affidate alla primadonna Eleonora. Più vaghi sono invece i riferimenti alla Quakera spiritosa di Guglielmi, presenti nella parte della ‘buffa’ Tonina, mentre altre allusioni sono oggi ormai incomprensibili.

La comicità si fonda inoltre su lazzi ampiamente collaudati nell’opera buffa, quali la balbuzie, l’uso del falsetto da parte del maestro che finge di essere il figlio di Giulio Sabino durante le prove, i melismi enfatici del poeta che vuole insegnare a Eleonora la giusta recitazione («Scusi, ma par che si dovria dar qui/ maggiore espressione»). Alla fine, nel quartetto conclusivo, Salieri sovrappone le voci delle due cantanti in una specie di gara canora su due testi diversi e in stile opposto (coloratura nella parte della ‘seria’, sillabato di semicrome in quella della ‘buffa’), mentre poeta e maestro fanno da contrappunto con i loro commenti.

f.b.

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