CORINNA

Elvira a Giacomo

Lamentando l'egoismo del marito nei giorni concitati del marzo 1909 (suicidio di Doria) Elvira gli fa notare che

Io non feci così quando si trattò della querela della Torinese, e benché in quel momento fosse stato scusabile in me un certo risentimento verso di te, per tutte le ingiurie fattemi da te subire durante i 3 anni della tua relazione con quella donna, pure io fui buona e mi offrii di venire a Milano e far tacitare questa cosa per la quale tu avresti arrischiato la carcere. Mi ricordo benissimo ancora al ricevere della famosa lettera come diventasti pusillanime al pensiero di una condanna e come tu parlassi di fuggire in Svizzera (da Milano, 25 marzo 1909).


GIULIA MANFREDI



GIACOMO A GIULIA

Dal tenore di alcune cartoline e lettere che le inviò il maestro, è lecito pensare che fu anche compagna di un altro genere di avventure:
«Dunque a presto cara Giulia e ti rivedrò tanto volentieri - vorrei dire tante cose ma non mi fido per lettera. Te lo puoi figurare.» (13 giugno 1920)

«Quanto vorrei scriverti ma non oso farlo perché leggono le lettere e poi anche perché mi secca a parlar di cose che tengo volentieri (o malvolentieri) dentro di me» (10 marzo 1921).

SYBIL SELIGMAN









Il 4 novembre 1905 da Milano Puccini le scrisse:

Parto stanotte per Torre del Lago, dopo essere stato alcuni giorni qui e a Bologna. Questi giorni non sono stati così felici come quelli che io passai a Londra, giorni che per me saranno sempre indimenticabili! Così io ricordo ogni cosa: la dolcezza del tuo carattere, le passeggiate nel parco, la melodia della tua voce e la tua tua bellezza raggiante...

Io, lo sapete, ho il grave torto di essere troppo sensibile e soffro anche perché nessuno mi capisce (aprile 1906).

Nei momenti più difficili del «caso Doria» Puccini scrisse parecchie lettere a Sybil Seligman, l'amica e confidente inglese, per cercare conforto alla sua profonda amarezza. Nell'ottobre 1908, quando gli attacchi di Elvira contro Doria si erano fatti più insistenti, le disse:

Vivere a Torre è diventato assolutamente insopportabile; vi sto solo dicendo il vero quando dico che spesso ho accarezzato la mia pistola! E tutti (compreso voi) dicono che io sono l'uomo più felice del mondo!

Puccini pensò qualche volta anche di togliersi la vita? Lo confermò in un'altra lettera all'amica inglese, lettera che scrisse nel dicembre dello stesso anno:

È una vita orribile e spaventosa. Abbastanza per portare al suicidio!... Quanto all'affare Doria, la persecuzione di Elvira continua irriducibile; è andata anche dal prete per convincerlo di parlare a sua madre e sta facendo ogni cosa per farla scacciare dal paese...

E dopo l'avvenuto avvelenamento di Doria:

È la fine della mia famiglia, la fine di Torre del Lago, la fine di tutto. Non so quel che farò; sono veramente stanco della vita che è divenuta un intollerabile peso...

E dopo la morte di Doria confidò ancora all'amica inglese:

Elvira partì per Milano il giorno dell'avvelenamento... in ogni caso non potrà più tornare a Torre: la lincerebbero. Ho passato i giorni più tragici della mia vita.

Rimango fermo nel mio proposito di separazione...

Non posso più lavorare! Sono abbattuto e scoraggiato! Le mie notti sono orribili. Ho gli incubi e mi lamento nel sonno. Ho sempre davanti agli occhi quella povera ragazza...


Josephine von Stengel (1876‑1926)

Puccini chiese anche qualche amichevole copertura a Schnabl:

Io verso il 10 o 15 maggio ho idea di venire un paio di giorni da te [a Monte del Lago] in incognito con chi tu sai - questa volta verrò se non ti secca. Perciò scrivimi un rigo qui cose indifferenti ma che io capisca il tuo sì o il no (a Schnabl, 21 aprile 1914).


Puccini era pronto a mille sotterfugi e a cercare la complicità degli amici:

Aspetto da te [Riccardo Schnabl] un bell'invito da mostrare - che sia convincente (1912).

L'invito era per una battuta di caccia (... ma non solo) nei dintorni della bella villa che Schnabl possedeva a Monte del Lago, sul Trasimeno, vicino a Perugia. Puccini confidava molto nelle coperture degli amici per evitare la gelosa Elvira. Nell'aprile 1914 il Maestro scrisse ancora a Riccardo:

Io verso il 10 o 15 maggio ho idea di venire un paio di giorni da te in incognito con chi tu sai...

E se gli incontri si concretizzavano, Puccini poteva dire:

Fui un po' felice per poche ore...

Novembre 1915:

Ti prego d'un favore - io fra giorni voglio vederla e fingerò la gita costì [in Umbria]. Tu mi scrivi che mi aspetti, quando poi partirò, io ti telegraferò e ti scriverò perché tu telegrafi a mia M. (Elvira, evidentemente) che forse sarà a Milano o a Firenze... tu dirai: Arrivato bene. Scrivo baci te e Tonio, Puccini. Ben inteso che ti accluderò la lettera da spedire, così rimango là tre giorni, capisci tre giornii di delizie... ne ho tanto bisogno...

La scusa era sempre quella di una battuta di caccia, ma Puccini, invece di andare in Umbria, era intenzionato a dirigersi a Lugano per stare tre giorni con Josephine.

Nel marzo 1915 i due stavano progettando di divorziare e di vivere insieme a Viareggio. La baronessa inviò una lunga lettera al suo amore «Mucci», in cui riferiva i particolari delle sue pratiche di divorzio per rimanere tutta la vita accanto a Giacomo:

Ieri andai all'avvocato... Quando lui sentiva che sono divorziata per te... mi ha detto che è un ammiratore della tua musica e che tu sei il più grande compositore del mondo. E così lui mostrava un interesse grande per me e ha detto che farà molto facile la cosa per stare con te in Italia... Io ripenso a tutto e non posso dimenticare la tua bella casa e noi duettino al camino mentre suonava la Butterfly... Ho già immensa nostalgia e vedo tanto come mi manchi quando sono via anche per poco tempo. La tua cara bocca e gli buoni occhi vorrei avere qui. Ma nell'anima profonda ti ho e per sempre. Ti bacio con tanto amore e ti stringo a me, mio, mio, immensamente amato e adorato Mucci!...

Il 22 marzo Josephine inviò una nuova lettera:

Oggi avevo la tua lunga lettera, così cara e sincera. Mi pareva sentirti parlare. Dunque mi desideri e mi dai mille nomi teneri: e con tanta poesia mi parlavi! Sentivo bene il tuo amore e il tuo profondo sentimento che è veramente santo. Posso immaginarmi come hai pensato a me!... Non c'è niente nel mondo che possa distruggere il mio amore per te! Povero mondo piccolo, piccolo in vero senso. Non può capire un tale amore, eppure la vita è così corta che in fondo è uguale e di poca importanza cosa pensano le persone... Come ero felice quel giorno a Viareggio, quando venisti al bosco per cenare con me, alla lampada rossa! Come mi faceva piacere e come godevo nel preparare la tavola per te! E poi a casa tua, io mi sentivo a casa mia! Che belle, indimenticabili ore!...

Terza lettera appena due giorni dopo:

Oggi avevo bisogno di sentire musica e suonavo tutte le tue opere per consolarmi... Sento un mondo d'amore per te e sento come mi ami anche tu! Ci siamo inseparabili... Tu mi hai detto che a Viareggio comprasti un terreno e che vuoi far fare una villina. Non hai detto nulla ancora a nessuno? Spero, troverei che questa confidenza sarebbe ingiusto quando si vive in queste condizioni come ora. E tu lo farai per me! E poi speriamo che noi potremo abitare insieme in questa casetta! Lo vuoi? Che delizia sarebbe... Addio, mio tesoro, ti bacio tanto tanto la tua bocca e ti stringo teneramente al mio cuore. Tua Busci.

Rose Ader (1890‑1955)






24 aprile 1921

Mia dolce Rosa - mia sola unica donna che io ami al mondo! Ti penso con grande tenerezza soffrendo il soffribile per averti così lontana... Ho perduto tutta la pace per te e non me ne dolgo - vivo però in continua nervosità, maledicendo a volte la vita! Come è possibile vivere così? Quando nell'anima è entrata un'altra anima? L'anima è molto ma non è tutto! Manchi te colle tue forme, con il tuo sorriso, con la tua bella, bellissima persona, col fascino dei tuoi occhi! Come ti sospiro! Come ti amo o mia cara adorata creatura... Avessi te vicina come sarei felice - ma questo è impossibile! Benedico Iddio che mi ha dato te e maledico la mia sorte che mi proibisce di esserti vicino... Oh mia Rosa ho il cuore così pieno d'amore per te che mi pare voglia uscire dal petto, tanto palpita quando col pensiero ti rivedo come ti ho veduta... e quando risento come un'eco in me, la tua dolcissima voce cantare Suor Angelica! Addio mio dolce tormento prenditi tutti i baci del tuo per sempre Giacomo.


Mia Rosa adorata [...] penso come sarei felice se ti avessi vicina! Ma io sono molto sfortunato in amore! Come vorrei vederti! Non posso scordare le poche ore di Venezia e mi turbinano nella mente tutti i particolari di quei brevi istanti... mia adorata (18 maggio 1921).

Mia sola unica donna che io ami al mondo! (24 maggio 1921).

Mia dolcissima Rose - tu hai un'anima tanto buona - sei veramente commovente per la tua dolce bontà e io ti adoro perché anche lo meriti d'essere amata! [...] Ti bacio tanto tanto tanto tuo Giacomo (3 dicembre 1921).

Io verrei volentieri a Monaco e a Salzburg con te, ma bisogna lavorare mia moglie... Mia moglie si inalbera e mi intralcia, ma se viene un richiamo da te io spero di riuscire. Attendo tua lettera, tu magnifica la gita, e parla anche di Rondine da combinare. Insomma rimetto alla tua fantasia la spronatura a farmi riuscire a uscir di qui. (a Schnabl)

Puccini si sentiva «prigioniero» del suo matrimonio:

Buon per te [Schnabl] che sei libero e padrone di far quello che vuoi!... A volte mi dico: hai lavorato assai o mio Giacomo, smetti e gotiti, ma ho il matrimonio che mi inchiavarda! [marzo 1922]