F. FÉNÉON, Les Impressionnistes en 1886, 1886

Se, per esempio, nella Grande Jatte di Seurat si considera un decimetro quadrato ricoperto di un tono di colore uniforme, su ogni centimetro di tale superficie si ritroveranno, in una ridda turbinosa di piccolissime macchie, tutti gli elementi costitutivi del tono. Un prato in ombra: tocchi più fitti e numerosi rendono il colore locale dell'erba; altri, di colore arancio e sparsi, esprimono l'azione solare poco sensibile; altri ancora, di porpora, fanno intervenire il complementare del verde; un blu cianico, provocato dalla vicinanza di una chiazza d'erba al sole, accumula le sue punteggiature verso la linea di demarcazione e le rarefà progressivamente al di qua di essa. A formare la chiazza concorrono due soli elementi, il verde e l'arancio solare, perché ogni reazione muore sotto quel furioso assalto di luce. Poiché il nero è non-luce, il cane nero si colorerà delle reazioni dell'erba e la sua dominante sarà perciò il porpora intenso, ma sarà anche attaccato dall'azzurro cupo suscitato dalle zone luminose vicine. La scimmia al guinzaglio sarà punteggiata di un giallo che è la sua qualità personale, e macchiettata di porpora e di oltremare. Insomma, certamente, a scriverle le indicazioni risultano brutali, ma nel dipinto sono realizzate in un dosaggio complesso e delicato.


V. VAN GOGH, Lettera al fratello Theo, 1888

Quanto al punteggiato, lo trovo una autentica scoperta per creare aureole e altro; ma c'è già da prevedere che questa tecnica, come qualsiasi altra, diventerà un dogma universale. Ragione di più perché la Grande Jatte di Seurat, i paesaggi a grosse punteggiature di Signac, il battello di Anquetin siano destinati a diventare col tempo ancora più personali, ancora più originali.


TH. NATANSON, Un primitif d'aujourd'hui: Georges Seurat, in "La Revue Blanche", 1900

Qualcosa viene ad aggiungersi al merito che si è conquistato Georges Seurat, di avere inventato un mondo espressivo: qualcosa di molto interessante. Il nuovo metodo, cosciente di ciò che abbandona, rinuncia a tutti i vantaggi che sono forniti dal caso, a tutti gli effetti felici che possono essere dati da una velatura, da una pennellata accidentale; vuoi essere debitore soltanto all'applicazione rigorosa dei principi in cui si concreta la sua fede. Questo è essenziale. Ogni commento è inutile: tutti quelli che lavorano conoscono il prezzo di un tale sacrificio. Bisogna essere persone fuori del comune per preferire al successo le idee in cui si crede [...].


E. VERHAEREN, Notes: Georges Seurat, in "Nouvelle Revue française", 1909

Alcuni dei paesaggi di Seurat conferiscono, per così dire, un nuovo significato all'idea che possiamo avere della purezza, della fluidità e della freschezza. I suoi personaggi, nella veste ieratica che non potevano non assumere dato il concetto che Seurat aveva dell'arte, sembrano muoversi con gesti così definitivi e così rivelatori del loro carattere, che sembrano fissare non già un istante nella durata, ma la funzione stessa degli uomini nella loro esistenza quotidiana. Così, non appena ci si accosta criticamente a una tale arte, se ne tocca immediatamente l'essenza.


G. APOLLINAIRE, Les peintres cubistes, 1913 (ed. it. 1945)

Nessun artista mi fa pensare a Molière come Seurat, al Molière del Borghese gentiluomo, ch'è un balletto pieno di grazia, di lirismo e di buon senso. E tele come il Circo o lo Chahut sono pure balletti pieni di grazia, di lirismo e di buon senso.


L. COUSTURIER, Georges Seurat, in "L'Art décoratif", 1914

Se l'immaginazione del pittore è la facoltà di reagire con un'immagine all'impatto del mondo visibile sulla sua sensibilità, Seurat deve essere dotato di un'immaginazione molto acuta per potersi sedere davanti a qualunque panca, albero, muro che tanti altri hanno rappresentato prima di lui, senza che la loro definizione si sostituisca nemmeno per un istante alla sua visione [...]. Le invenzioni di Seurat appartengono realmente alla categoria architettonica per l'equilibrio, la nudità, la solidità: esse esaltano soprattutto la voluttuosa lentezza con cui sfugge gli sguardi l'ampia rotondità di un albero o di una gonna, l'orgogliosa e tagliente decisione con cui i parapetti o i tetti delle fabbriche tagliano rigidi il suolo, spezzano il cielo, per raggiungere inflessibili i loro scopi imperiosi; celebrano l'abito maschile coi suoi duri limiti [...].
Ma non basta che un pittore riveli una concezione originale, come non basta che la proponga in segni di sua invenzione, curve o rette nuove: occorre anche che quei segni, perché noi ci sentiamo attratti a decifrarli, commuovano innanzitutto il nostro occhio attraverso l'azione sensuale dei bianchi e dei neri, o dei colori combinati che li rendono visibili. Le relazioni tra questi elementi direttamente sensibili sono quelli che i tecnici chiamano rapporti. Esse sono analogie di simili (affinità di un certo bianco per un certo altro bianco, di un certo rosa per un certo rosa, di un certo nero per un certo nero), oppure analogie di contrari (affinità di un certo bianco per un certo nero). Tali analogie o affinità presentano gradazioni che possono impressionare la nostra retina, e conoscere tali gradazioni significa essere pittori. Vi sono molti pittori, vi sono cioè molti tecnici capaci di interessare i sensi per mezzo di macchie felicemente scelte, ma essi non sono necessariamente inventori di umanità. Sarà dunque vano lodare in un artista solo quei rapporti: essi infatti non possono essere il suo fine, ma solo la strada necessaria del suo pensiero verso di noi che egli ci invita a ripercorrere verso di lui. I rapporti di Seurat sono vie dirette, dall'emozione dell'occhio a quella del cuore [...].



A. SALMON, La révélation de Seurat, 1921

L'influenza di Seurat sul nostro secolo è così profonda che tele come il Circo e lo Chahut furono decisive anche per l'orientamento futurista, anche se una migliore presa di coscienza del genio di Seurat e dei suoi esatti intendimenti avrebbe dovuto impedire iniziative così sterili. Inquietudine delle forme in movimento! Se si torna col pensiero all'atmosfera della Parigi artistica di quei tempi, si deve ammettere che nessun pittore in nessuna epoca fu mai più isolato di Seurat. Eppure, come ho detto, ora che le testimonianze mediocri perdono rilievo, e che quell'epoca comincia ad assumere il proprio valore storico, Seurat si rivela ai nostri occhi incantati come il vero iconografo di essa. Tutta la letteratura del naturalismo cade in polvere alla ventata che attraversa la Grande Jatte, e le gambe nere parallele dei canaglieschi burattini dello Chahut segnano un folklore durevole. Col tenero rigore della sua architettura, Seurat giunge a qualcosa che è al di là del pittoresco: un metapittoresco, la cui essenza resta al di fuori della notazione aneddotica, di quella notazione aneddotica che l'impressionismo prolunga innocentemente nella simpatica illusione di contenerla.


A. LOTHE, Seurat, 1922

Mentre Sisley e Monet coltivavano i più pericolosi paradossi pittorici e sfioravano l'abisso dell'evanescenza, Seurat, senza nulla perdere della sua sensibilità impressionistica, senza rinunciare al suo senso delle modulazioni e soprattutto senza operare un ritorno all'arte dei musei, sa trovare d'istinto forme spoglie e pure quanto quelle dei primitivi [...].
Della luce che, con gli impressionisti, disgrega gli oggetti sino a renderli trasparenti, Seurat si serve invece per fissare le forme nell'impasto pittorico. Con ciò egli torna ad integrare la pittura nel suo vero campo: invece di lasciarsi abbagliare come gli impressionisti da tutti i miraggi del sole, egli impone loro un limite che è dato dal muro. Più un quadro è grande, e più deve avvicinarsi nell'aspetto all'affresco primitivo, di cui costituisce una versione ridotta. E l'affresco ammette soltanto il suggerimento della profondità: una profondità relativa, dunque, più propria a soddisfare lo spirito che i piedi del turista, che finì per diventare la più tenace preoccupazione di Cézanne, di Renoir e di Seurat. Tutti e tre la raggiunsero imprimendo alla luce un ritorno costante su se stessa: ma mentre Renoir ottiene una pulsazione del chiaroscuro sul piano verticale mediante onde sferiche e sovrapposizioni di globi disuguali, Cézanne e Seurat l'ottengono con l'oscillazione che parte dalla linea come elemento regolatore, e giunge a una specie di scala il cui ultimo gradino ritornerebbe a livello del primo. Creando tenui declivi, gradazioni regolari, un sovrapporsi di spigoli brillanti dall'alto in basso del quadro, che essi chiudono completamente, Seurat giunge a mantenere fedele il suo quadro alla parete che esso è destinato a ricoprire. Egli veste in qualche modo la nuda parete col suo quadro: ma invece di appenderlo inerte contro il suo supporto come farebbe un decoratore, lo lascia ondeggiare dolcemente, gli imprime un moto di vita misurata. Il cubismo che stava per nascere consistette in parte in una amplificazione di quel meccanismo plastico di cui ho tentato la difficile dimostrazione [...].
Seurat fu dunque un inventore di tecniche, un innovatore nel pieno significato del termine. Nonostante la sua opera non sia vasta, egli è uno dei fari che guidano una giovane generazione che si è mossa alla ricerca di un'arte spiritualmente e materialmente durevole: materialmente, per la subordinazione del colore perituro alla forma che sopravvive a tutte le alterazioni del pigmento; spiritualmente, per la mirabile operazione di rifusione del mondo nel crogiolo dell'immaginazione.


H. FOCILL0N, Le salon de 1926, in "Gazette des Beaux-Arts", 1926

Seurat ci appare uno e trino: è il chimico del tono, l'uomo delle pazienti analisi e dei dosaggi; è il poeta più sensibile all'incanto dell'involucro, alla carezza delle penombre, a quella specie di nebbia psichica in cui vede ovattati i viventi; ed è infine lo stilista, l'inquieto ricercatore di quella geometria segreta, di rette, curve, spirali e arabeschi che, imponendo alle forme un ritmo e una cadenza, ce le fanno sembrare più misteriosamente belle [...]. Siamo agli antipodi della 'impressione' pura, nel campo di una magica irrealtà che conserva intatto l'incantesimo dei sogni più delicati, lo spirito e la sensibilità della cosa vista, ma che non lascia niente al caso o al capriccio.
Si avverte che quest'arte non è il portato dell'impressionismo, ma espressione di una estetica opposta benché nata da esso.



C. ROGER-MARX, Georges Seurat, in "Gazette des Beaux-Arts", 1927

La cosa più notevole in Seurat non è di avere scelto questo o quel procedimento, ma di avere avvertito con tanta precisione che era necessario imporsi delle costrizioni. Egli afferma di non conoscere l'impressionismo, ma con questo non reagisce contro una determinata scuola bensì contro quella mancanza di disciplina di cui tutta la pittura del diciannovesimo secolo aveva avuto a soffrire. Perseguita l'idea di 'caso' e di 'improvvisazione': così quando verso il 1910 alcuni giovani pittori affiggeranno tra due sculture in legno africane una fotografia del Circo o dello Chahut essi non intenderanno sostenere l'uso dei colori puri e della mescolanza ottica, ma dimostrarsi grati a Seurat per aver ritrovato, in ciò pari a Cézanne, le grandi leggi dello stile e della composizione, coll'affermare che l'organizzazione lineare di un quadro è importante quanto l'organizzazione delle particelle colorate.


CH. ZERVOS, "Un dimanche à la Grande Jatte" et la technique de Seurat, in "Cahiers d'Art", 1928

Oltre a lasciare ai posteri un'opera di notevoli capacità espressive, Seurat trasmette alle generazioni future delle illuminazioni estetiche, dei ritrovati tecnici di fondamentale interesse. E tra i primi pittori che alla fine del diciannovesimo secolo cercarono di liberare la pittura dalla costrizione del soggetto e dall'imitazione servile, di far sentire il potere dei volumi, cosa di cui il cubismo beneficerà ampiamente, di innalzare la natura a una espressione nuova, a effetti inattesi.


R. REY, La renaissance du sentiment classique dans la peinture francaise à la fin du XIX' siècle, 1931

È certo che si va diffondendo un atteggiamento spirituale per cui Seurat apparirà presto come uno dei maggiori rinnovatori della pittura. Elemento dominante nella sua opera è in sostanza l'idea che all'origine di ogni sensazione di armonia sia nell'ordine plastico (architettura, disegno, pittura, scultura) sia nell'ordine musicale (musica, poesia) esistono 'numeri' la cui applicazione non ammette il caso. L'armonia non è altro che un felice rapporto di tre numeri fra loro. Se si resta nei limiti delle possibilità accessibili all'intelligenza, – e come è possibile non restarvi? – ci si trova condannati senza appello a riconoscere determinate verità aritmetiche ineluttabili, a riconoscerle e a subirle; si tratti della maggiore o minore quantità di luce che può essere riflessa da un volume; si tratti dei rapporti che intercorrono fra due colori (i quali colori non sono altro che il risultato sulla retina di determinate vibrazioni di cui si può arrivare a stabilire il numero); si tratti dei dialoghi che si scambiano le linee secondo la loro rispettiva lunghezza e la loro direzione, ogni cosa si riduce in ultima analisi a 'numeri', a cifre che ha senso esaminare soltanto come insiemi, gli uni in relazione con gli altri. Essi portano in se stessi i risultati che genereranno. LA FANTASIA E L'ISPIRAZIONE NON POSSONO NULLA CONTRO IL DIAMANTE DEI NUMERI. E solo i risultati partoriti da equazioni ben impostate sono in grado di fornire a colpo sicuro all'occhio, al cuore, allo spirito una sensazione di soddisfazione completa, quasi animalesca: una sensazione di armonia.
Tali sono, per quanto è possibile riassumerle in un modo che a questo punto diventa semplicistico, le preoccupazioni che Seurat formulava in modo più o meno preciso, ma che nel suo pensiero si svolgevano con estrema chiarezza. Egli certo non le aveva inventate: si ritrovano all'origine di tutta la filosofia antica, da Pitagora a Platone, il che in pratica è quanto dire all'origine di tutta la cultura occidentale. Ma che dico: le si trova applicate in modo lampante in tutti i monumenti, ivi compresi, e in prima linea, quelli dell'antico impero egiziano. Ed è noto quale prestigio quasi soprannaturale ne traessero i 'muratori' del tempio di Salomone. Queste leggi dei numeri, leggi la cui conoscenza dispensava a coloro che le padroneggiavano il potere di creare quell'imponderabile divino che è l'armonia, furono presentite dai poeti (e qui bisogna dare a questo termine il senso artistico di 'creatori') fin dai primi fremiti del pensiero umano.
La già notevole posizione che Seurat occupa nella storia dell'arte contemporanea andrà aumentando di importanza ancora per molto tempo.

D. CATTON RICH, Seurat and the Evolution of "La Grande Jatte", 1935

Appare chiaro oggi come Seurat abbia avuto una funzione essenziale di liberazione dell'arte dalla tecnica e dall'estetica dell'impressionismo, contribuendo a ristabilire l'ordine classico in un'epoca in cui la pittura era minacciata dall'informalità e dalla dissoluzione. Attraverso il materiale preparatorio per la Grande Jatte siamo in grado di seguire quasi disegno per disegno e schizzo dopo schizzo la reazione dell'artista all'impressionismo, e di documentare il processo attraverso il quale esso venne trasformato in un mezzo adatto a rendere forme monumentali. L'esecuzione della Grande Jatte chiarisce il nuovo metodo e Seurat può consacrare il resto della sua vita a mettere in pratica e ad ampliare ciò che aveva appreso nella realizzazione dell'opera.


L. VENTURI, The Art of Seurat, in "Gazette des Beaux-Arts", 1944

Professorale, desideroso di seguire principi solidamente basati, era silenziosamente fiero, timido, modesto e generoso. Quando prevalevano in lui il docente, il teorico, l'esprit de système e l'orgoglio della sua scienza, lo sforzo della ricerca appariva nelle sue tele che risultavano quindi meno riuscite. Tuttavia la maggioranza delle opere – e in particolare i paesaggi – lo rivelano immerso in un'estasi creata dal suo silenzio, dalla timidezza, dalla modestia e generosità. In esse, le pennellate sono piccole, non per rispetto di una regola ma per bisogno di delicatezza e sfumatura: la luce avvolge ogni cosa, non per calcolo ma per generosità spontanea. Egli sente che la luce che accarezza la natura diviene una nebbia fosforescente: e crea i suoi capolavori. Si meraviglia come un bambino di quanto vede, ed esprime uno stupore che precede la comprensione e l'amore. Se si vuol trovargli un'affinità spirituale nel passato, essa non è con Raffaello ma con l'Angelico, come già è stato detto. Come i primitivi italiani, Seurat può ubbidire a tutte le regole, poiché la sua anima è comunque troppo pura per essere impastoiata dalle regole; e questa purezza, piena di incanto e di grazia, è l'arte di Seurat.
Se consideriamo in questi termini la sua forza creativa, siamo anche in grado di scorgere chiaramente i meriti del suo metodo e della sua teoria, le linee astratte e il pointillisme. Aveva bisogno di principi solidamente fondati, perché era timido. Non osava accostarsi alla natura senza una regola determinata, e per essere sicuro di attenersi strettamente alla propria regola, chiedeva solo di seguirla e non ammetteva di aver mai ottenuto qualche cosa d'altro; ma quanto più la sua mente si concentrava nei calcoli, tanto più spontaneamente e inaspettatamente questo 'qualcosa d'altro' si manifestava nei suoi quadri. Questa era la sua poetica, la poetica che egli negava. La qualità autentica della sua immaginazione gli evitò di cadere nella semplice dimostrazione di un 'metodo'; d'altro canto, furono il metodo e i principi solidamente fondati a dare a Seurat il coraggio di rivelare agli altri, più ancora che a se stesso, la propria umanità.


D. COOPER, Georges Seurat. "Une Baignade ci Asnièes", 1946

Rispetto a tutte le implicazioni ovvie e 'normali' di Une Baignade, quelle poetiche sono altrettanto forti. Il trionfo di Seurat è di aver raggiunto la verosimiglianza intellettuale e visiva applicando la logica e la scienza. E perché no, dopo tutto? Prima di potersi applicare completamente, alcune menti hanno bisogno di ridurre i risultati delle loro conoscenze e delle loro sensazioni in una serie di giudizi astratti. Seurat fu una di queste persone. Così intorno al 1883, procedendo sistematicamente per analisi e classificazioni, egli aveva individuato per proprio uso le proprietà affettive della linea, del tono e del colore, ed aveva cominciato a formulare i principi in base ai quali ciascuno di questi elementi pittorici doveva essere usato in accordo reciproco, così da corrispondere esattamente al concetto emotivo dell'artista. Non si può forse esaminare nulla di più cerebrale e di più inibitore dell'ispirazione. E pure ispirazione è la parola che più si deve usare parlando di Seurat, perché non vi era nulla di meccanico e di uniforme nella sua pittura e la sua formula era sempre condizionata dalla visione.


G. SELIGMAN, The Drawings of Georges Seurat, 1947

È facile rendersi conto oggi di quale guida spirituale debba essere stato Seurat per quei giovani artisti che nella prima decade di questo secolo erano alla ricerca proprio di quelle leggi geometriche che egli aveva formulato per se stesso, leggi di un universo in cui l'ispirazione era condotta, guidata e tenuta a freno da numeri e cifre. Si tratta delle formule perenni dell'armonia, dell'equilibrio e della bellezza, vere all'epoca degli assiri e dei greci, e rinnovate forse perché si potessero adattare a un nuovo mondo scientifico. Prevalgono le stesse leggi della vibrazione della luce, le linee di forza e i loro valori, insieme alla linea nelle sue molteplici forme rette o curve, con le sue innumerevoli figure geometriche: piani e volumi. Come avrebbe potuto la generazione successiva, alla ricerca di un nuovo assoluto, non accostarsi alle teorie di Seurat e partire dal punto in cui egli era giunto? Ad esempio, intorno al 1920, Delaunay riprese ex novo la decomposizione della luce mediante il prisma. Più riflettiamo a questo problema e più ci rendiamo conto che fu Seurat e non Cézanne il vero capo di questo ambizioso gruppo di innovatori, gli artisti rivoluzionari del cubismo e dell'astrattismo. Per molti di loro certo questa influenza o questi guida agiva in modo inconscio, così come inconscie sono molte delle influenze esercitate su di noi dall'ambiente.
Comunque, per quanto alcuni dei suoi metodi potessero essere scientifici, e per quanto alcune delle sue ricerche potessero essere astratte, Seurat era essenzialmente un artista nel più ampio significato del termine, e tale rimane, a dispetto di coloro che hanno cercato di sostenere che la sua arte si limitava unicamente alla soluzione di problemi scientifici per mezzo di formule. Seurat fu un artista di profonda ispirazione, sensibile ed emotivo, che sapeva reagire a stimoli imponderabili, nascosti e sconosciuti ai più, e resta un poeta della luce.


K. CLARK, Landscape into Art, 1949

I grandi puritani dell'arte formano un interessante oggetto di studio. Si direbbe che essi si dividano in due categorie: quelli che ripudiano una sensualità prorompente e primitiva, come Poussin e Milton, e quelli che, come Malherbe e Seurat, sperano di riuscire a purificare l'arte dandole la logica .e il finalismo di un teorema intellettivo.


R. LONGHI, Un disegno per "La Grande Jatte" e la cultura formale di Seurat, in "Paragone", 1950

Si trattava dunque d'intendere meglio quali precisamente fossero i 'primitifs' cari a Seurat negli anni della Baignade e della Grande Jatte. Primitivi che lo sovvenivano non soltanto per la metrica formale delle singole figure ma anche per il loro legamento prospettico in una partitura spaziale che, nei due famosi dipinti, è, anch'essa, completamente antitetica all'impressionismo.
E rimane che, fra le molte rievocazioni culturali del primitivismo, care alla pittura francese nell'ultimo ventennio del secolo scorso, quella di Seurat è certamente la più penetrante, sia per la sceltezza dell'antico richiamo, sia per la suprema intelligenza di chi ce l'ha riproposto in forma nuova e personalissima.


A. CHASTEL, Une source oubliée de Seurat, "Archives de l'Art français", XII, 1959

Seurat formula il segreto della sua pittura in funzione dei colori e dei segni concepiti come agenti insieme fisiologici e psicologici, come unici e misteriosi intermediari tra l'ignoto che è nella natura e lo spirito umano
Sforzandosi di dare la 'formula dell'arte' che ossessionava la generazione di Fénéon, di Charles Henry e di Valéry, Seurat adottò infine e una volta di più la chiave universale fornita dalla memoria esoterica di Humbert de Superville.


R. NEGRI, Seurat e il divisionismo, in "L'arte moderna", I, 5, 1969

Le teorie di Seurat, insieme con quelle di Charles Henry, rivelano il passaggio maturato lungo la via tracciata da Charles Blanc e Humbert de Superville, da un insieme di cognizioni puramente scientifiche a una sorta di simbologia formale che prevede i rapporti, gli accordi, le rispondenze fra la sfera fisica e la sfera psichica, fra il mondo chiaro e ordinato delle linee e dei colori - il mondo governato la leggi ottiche e geometriche e il mondo assai più ambiguo e fluttuante (ma per loro solo apparentemente tale) dei sentimenti e delle sensazioni. Alla formulazione matura di tali teorie Seurat è arrivato ovviamente per gradi, ma senza conoscere deviazioni lungo il proprio percorso, studiando, sperimentando e perseguendo il proprio fine con un rigore e un'intransigenza che sarebbero sufficienti di per se stessi a qualificarlo come un personaggio eccezionale: spirito di ricercatore puro, figura quasi di profeta, è normale che si trovasse in breve tempo circondato da adepti, anche se la cosa non gli tornava troppo gradita; ma non è da credere che, a parte Signac, i suoi seguaci fossero altrettanto partecipi e consapevoli delle ragioni profonde che, nel pensiero di Seurat, giustificavano il carattere dogmatico della sua regola: pittori discreti, dotati di qualità medie, i vari Cross, Angrand, Luce si sono limitati ad assumere il nuovo linguaggio divisionista penetrandone unicamente l'aspetto esteriore ed adeguandosi ad una formula che, spogliata così della sua più intima vitalità, poteva talvolta divenire un impedimento alla libertà dell'espressione
La ricerca di Seurat, le mete a cui tende non sono nuove in senso assoluto nella storia della pittura: i suoi problemi di linguaggio sono anzi gli stessi già dibattuti dai massimi cultori della forma, da Piero della Francesca a Raffaello, da Poussin a Ingres, si ricollegano cioè ad una strada maestra nella storia della pittura, una strada che giunge fino a Puvis de Chavannes, tanto per citare un artista la cui conoscenza è stata indubbiamente illuminante per il giovane Seurat
In effetti ciò che colpisce a tutta prima in Seurat è la sua forma mentis, la sua disperata serietà nell'affrontare e risolvere i problemi della pittura: un atteggiamento che, per l'importanza che dava Seurat alla pittura, coinvolge anche il suo essere uomo, ogni sua aspirazione, ogni suo anelito; una disciplina morale che si traduce in volontà di equilibrio e di ordine, una chiarezza in quest'ordine che diviene strumento di conoscenza, capacità di penetrare le forme eterne del reale e insieme limpida elaborazione di un nuovo linguaggio, di un nuovo mezzo di comunicazione. Non pare più azzardato a questo punto fare il nome di Piero della Francesca e istituire un rapporto col Quattrocento italiano.


G. C. ARGAN, L'arte moderna 1770-1970, 1970

C'è in Seurat un lato inquietante. Il suo stile ha qualcosa di voluto, artificioso. Le sue teorie sulla divisione dei toni e sulla costituzione della luce sono astratte: in definitiva, ne risulterebbe solo una scrittura. Seurat giunge ad un Impressionismo fondato su un modo di rappresentazione della luce un po' diverso dal precedente. Ma non basta sostituire il divisionismo alla macchia impressionista per fondare uno stile, vale a dire una visione, registrazione cosciente dei nuovi rapporti tra gli oggetti o tra oggetto e soggetto. In Seurat, la trama della rappresentazione spaziale è assolutamente tradizionale: rispetto dello spazio cubico, delle prospettive lineari. In breve, è un passo indietro rispetto all'Impressionismo. E la sua tecnica sa di ricetta. Non credo che il suo atteggiamento sia fecondo né che il Neo-Impressionismo segni una tappa positiva nella storia della rappresentazione plastica dello spazio.
Cercherò di spiegare perché Seurat è, malgrado tutto, importante. Seurat non ha dimostrato, contrariamente a quanto si sostiene talvolta, come i contrasti di colore possano servire a costruire lo spazio: questa è la lezione di Van Gogh. L'esperienza di Seurat si è fatta, principalmente, sulle figure, e come ha detto giustamente Kahnweiler nel suo libro su Juan Gris, ha mostrato come si possano rappresentare corpi a tre dimensioni in uno spazio bidimensionale per mezzo di processi nonimitativi. È vero che anche qui la lezione di Seurat si congiunge a quella dei contemporanei, specialmente di Cézanne.
La sfortuna di Seurat è di aver ritrovato per proprio conto talune possibilità che altri, più completi - o che hanno avuto soltanto la fortuna di vivere più a lungo - avevano scoperto. Egli non fa che ripercorrere altre ricerche, salvo, forse, per quanto concerne il ritmo.


J. SUTTER, in Les Néo-Impressionnistes, 1970

Dominato dalla propria istintiva propensione per la chiarezza assoluta, Seurat considerava troppo indecisi gli impressionisti. Da Monet, da Renoir e da Camille Pissarro egli imparò molto sul piano del colore puro, ma a queste lezioni pratiche affiancò il suo senso così penetrante della struttura di ispirazione classica. Questa tendenza era stata profondamente radicata in lui dalla scuola, da un lato, e dalle letture erudite, dall'altro. "La mancanza di un disegno preciso, netto e sostanzialmente esatto", osserva Ogden Rood, "è una delle ragioni che più spesso rovinano il colore di un quadro". Nel tempo stesso Seurat rivendicava all'arte moderna la tradizione di Ingres, di Poussin e della classicità calandola nella vita moderna: lo ispiravano il proprio contatto con gli impressionisti e l'intima convinzione che l'esistenza attuale dovesse essere celebrata con tecniche moderne ed espressa in termini contemporanei.
L'arte di Seurat è definita appunto da questo confluire di una tendenza conservatrice con l'adesione alle correnti contemporanee più valide; e la sintesi che ne deriva, di teorie quasi scientifiche nel campo delle idee, e dei principi geometrici della struttura nel campo del colore e della forma, costituisce il miracolo che ammiriamo in lui
Armato ditali corazze e ditali scudi, rafforzato dalla costante ricerca delle regole scientifiche più recenti allo scopo di trarre profitto dalle loro conquiste, sostenuto sempre da uno straordinario talento, Seurat era dal suo stesso istinto destinato a superare l'impressionismo ancora prima di averlo ben conosciuto. L'educazione e le letture scientifiche agirono come una difesa che gli permise di essere toccato soltanto da quegli aspetti dell'arte contemporanea che corrispondevano alla forma della sua armatura. Con la piena fioritura stilistica della Grande Jatte, dopo aver vissuto pienamente l'esperienza impressionistica, Seurat compì la sua straordinaria sintesi. Ai temi formali dell'impressionismo, alla loro fedeltà alla vita contemporanea, alla loro celebrazione del colore e della luce, egli aggiunse le leggi armoniche che gli venivano dalla sua primissima formazione. Le regole ordinatrici di Blanc e di Sutter, il loro antinaturalismo e il loro insistere sulla permanenza della forma generarono la struttura geometrica dell'arte di Seurat.


G. BALLO, Pochi hanno capito la regola di Seurat, in 'Corriere della sera', 4 luglio 1971

in realtà pochi compresero in Europa la vera lezione di Seurat, creatore di questa tendenza: Seurat dissociò i colori, cercò di usare anche i complementari con effetto simultaneo, si rifece dunque ai libri di fisica di Chevreul, Helmholtz, Sutter, ma il suo vero problema fu più complesso. Fu quello di portare la ricerca sperimentalistica a un rigore di rapporti proporzionali: come affermò Signac, che aveva capito le intenzioni di Seurat, occorreva "proporzionare la pennellata alla grandezza del quadro".
Questa affermazione apre la strada a tutta la pittura del nostro secolo: perché il difetto della maggior parte dei divisionisti, specialmente italiani, era nella minuzia pedante degli accostamenti delle pennellate, di là da ogni misura interna: dietro Seurat c'era invece un problema analogo a quello di Piero della Francesca (da lui visto, come alcuni affermano, nelle copie di affreschi, giunte a Parigi in quegli anni), risolto però con la dissociazione dei colori, con le ombre colorate, la simultaneità dei rapporti spesso - ma non sempre -complementari. La severità compositiva di Seurat nasce però da una concezione libera, non pedante: pur tendendo a una nuova misura, che risolve gli elementi dell'immagine a due dimensioni con contorni a tocchi, più geometrici - che presuppongono una lunga attività disegnativa - alla fine, se si guarda con attenzione, Seurat domina le regole, se ne serve con libertà.