LETTERE DI F. BUSONI AD

HANS HUBER


Premessa: sono qui pubblicate le lettere tradotte in italiano da Laura Dallapiccola e pubblicate nella magnifica edizione delle lettere curata da Antony Beaumont e Sergio Sablich*: volume imprescindibile per comprendere la grandezza, l'umanità e la profondità di pensiero di Ferruccio Busoni. È mia intenzione mettere a disposizioni di studenti, studiosi e musicofili tutte le lettere nella versione originale in tedesco, essendo l'edizione Refardt del 1939 ormai introvabile.

SU STRINBERG

SU LISZT

SULLA PASSIONE SECONDO SAN MATTEO

F. BUSONI, Lettere con il carteggio Busoni-Schönberg, scelta e note di Antony Beaumont [Titolo originale: Ferruccio Busoni: Selected Letters, London 1987], edizione italiana ampliata a cura di Sergio Sablich [il carteggio Busoni-Schönberg è curato da Jutta Theurich], Ricordi-Unicopli, Milano 1988.

LETTERE IN TEDESCO [under construction]

Bottmingen, 17.9.1910

Stimatissimo Maestro,
se voleva trovare chi avesse comprensione per il Suo desiderio di isolamento*, non poteva rivolgersi a uno più adatto di me. Approvo il Suo starsene ritirato e mi fa tanto più piacere in quanto mi darà la possibilità di vedere il Concerto per pianoforte a cui sta lavorando, e da cui mi aspetto gran belle cose. Ho piena comprensione per la Sua situazione, perché mi trovo in una simile e purtroppo meno libera. Ho dovuto interrompere di nuovo la partitura della mia opera e in compenso devo arrabattarmi sui pezzi di Chopin, che credo di padroneggiare ormai da 25 anni e che pure devo rinconquistare ogni volta. Non è un nutrimento nuovo e fecondo per lo spirito, e comincio a coltivare seriamente l'idea di piantare in asso il mio mestiere manuale e digitale. Il libro di Saint-Saëns* che Ella è stato così gentile di mandarmi non mi ha proprio incoraggiato! I capitoli su Liszt e Rubinstein ci mostrano brutalmente come non abbia alcuno scopo continuare a suonare. Comunque, ho guardato troppo a fondo in quest'arte minore per poter credere ai «miracoli». Liszt faceva grande impressione per il contrasto con i suoi predecessori, e Saint-Saëns ne riferisce in base al ricordo delle sue impressioni giovanili. Rubinstein l'ho sentito io stesso. A che cosa mira ora il pianismo? Perché possa continuare a svilupparsi abbiamo bisogno di una nuova letteratura e di uno strumento perfezionato. Mentre i costruttori di organi perfezionano quasi ogni nuovo strumento inserendovi dispositivi nuovi, il pianoforte non si è mosso di un passo da 50 anni a questa parte. Le mie proposte ai costruttori di pianoforti sono state tutte sovranamente respinte. Enfin! [...]

*Busoni stava tenendo un corso di perfezionamento di pianoforte al Conservatorio di Basilea. Hans Huber, direttore del Conservatorio, era in vacanza a Vitznau, dove stava lavorando al suo Concertu per pianoforte n. 4 in si bemolle maggiore (senza numtro d'opera).
** Il libro in questione dovrebbe essere «Portraits et souvenirs», pubblicato nel 1900. [Sergio Sablich]

Berlino, 12.10.1910

Stimatissimo signore e amico,
Ella mi è mancata moltissimo al mio ultimo concerto*, ma capisco perfettamente! Tutto è andato bene grazie all'impegno volonteroso di tutti gli interessati. Ne conservo un ricordo straordinario, come del resto di tutto il settembre 1910 a Basilea!
Il critico delle Basler Nachrichten scrive che non bisogna cercare la profondità tedesca nel mio lavoro italiano**. Se solo sapessi cosa significa in musica profondità tedesca. Sono alle perse! In Beethoven sento grande umanità, libertà e originalità, in Mozart gioia di vivere e bellezza formale (a dire il vero caratteristiche italiane), in Bach sentimento, religiosità, grandezza e sapere. Il carattere tedesco, espressamente tedesco, quello che viene trasceso in Beethoven, Mozart e Bach è, per la verità, rimpicciolimento, provincialismo. Tedesco è: Lohengrin, Freischütz, il coro d'uomini e il nostro acclamato contemporaneo Max Reger. Anche Schumann. Ma dov'è qui la profondità che non ci sarebbe in Dante e in Michelangelo? Prettamente tedeschi sono i Maestri Cantori di Wagner (senza perciò essere meschini); sono forse profondi per questo? Il «profondo» Parsifal è meno tedesco. E se esistesse una profondità tedesca, sarebbe poi così importante per l'apprezzamento di un'opera d'arte? Non deve forse l'artista tenersi al di sopra dei problemi e farli frullare come se dovesse dirigere l'universo intero secondo il suo proprio ritmo? Me lo dica Lei! [...]

* Il Concerto del 4 ottobre 1910, a conclusione del corso di perfezionamento tenuto da Busoni a Basika, fu consacrato all'esecuzione del suo Concerto per pianoforte, diretto dall'autore con Egon Petri al pianoforte.

** Karl Nef aveva scritto nelle Basler Nachrichten del 6.10.1910:[...] non si deve cercare la profondità tedesca nel Concerto, è vera musica italiana, sensuale.»'

Zurigo,16.9.1916

Caro Maestro,
Le do il benvenuto a Locarno; vi sono passato alla fine di giugno, dopo essermi congedato da Boccioni. Il ricordo rivive amaro in me e le lettere dall'Italia (alla quale per conto mio, se Le fa piacere, può fare l'occhiolino da Locarno) non fanno che riaprire la ferita. Il mondo accetta tutto con troppa naturalezza, sia quel che è grande, sia quel che è spaventoso, sia quel che è insolito (e invece perde la testa per i peggiori luoghi comuni). Più delle azioni che la provocano mi sorprende la docilité stupide con cui oggi la gente accetta supinamente ciò che in tempi andati riguardava solo coloro che erano inclini al «nobile» mestiere della guerra, o ne facevano la propria professione. Questa bella istituzione dell'arruolamento generale (mi si dice che la dobbiamo alla Svizzera) è un mirabile sistema per sottomettere l'individuo. Spada e Bibbia e ombrello (come se una goccia d'acqua fosse altrettanto malsana di un colpo di cannone) e lieto lampeggiare di baionette; uno spettacolo a cui ho avuto la gioia storica di assistere qui il 1° Agosto*, insieme con un ben intonato coro di voci maschili. Sono molto sensibile ad aspetti culturali del genere. - Da tre giorni non lavoro, e, come può notare, ciò non mi giova affatto. La bella trovata della mia patria [L'Italia aveva dichiarato guerra alla Germania il 16 agosto 1916] mi ha completamente isolato e anche limitato finanziariamente. (Questo ha importanza secondaria, tuttavia ne risento). Perciò, per mantenermi, devo produrre qualcosa con le mie dieci dita. Se il Conservatorio di Basilea si mette in un'impresa a cui sembra tenere (e questo è per me un onore), dovrebbe anche contribuirvi in qualche modo e decidersi ad aggiungere di suo ciò che manca all'onorario proposto. Perché concerti del genere mi costano più tempo e lavoro di una scrittura normale, per la quale mi viene rimesso lo stesso cachet.** (Lo trova di cattivo gusto da parte mia?). Del resto anche come ambiente la sala del Conservatorio è un po' piccola. Non ho intenzione di essere io ad annunciare i concerti. Il lavoro a Lei dedicato [«Kanonische Variatione und Fuge», per pianoforte, dall'Offerta musicale di Bach. La prefazione è datata settembre 1916] è andato direttamente all'editore; mi è stato di aiuto per non pensare a tante cose per qualche giorno. Ora comincio la mia «opera principale» [il Doktor Faust], almeno lo spero. Il Signore sia con Lei...

* Il 1° agosto è la festa della Confederazione svizzera. La Neue Zurcher Zeitung del 2 agosto 1916 dà la seguente cronaca: «L'Associazione militare municipale di Zurigo aveva... invitato i suoi membri a una festa nei giardini Drahtschmidli, e più di mille commilitoni risposero all'invito. La partecipazione della banda municipale di Zurigo 'Concordia' con una selezione di canzoni svizzere contribuì grandemente al successo delle celebrazioni.»

** Busoni era stato invitato a tenere un ciclo di concerti per il conservatorio di Basilea; vi doveva venir illustrata la storia della musica per pianoforte.

Zurigo, 25.9.1916

Carissimo e veneratissimo,
ritengo una colpa imperdonabile da parte mia averLa irritata con la mia lettera. Ella merita lettere che riscaldino il cuore, come fanno (infallibilmente) le Sue! «Allein die Schuld liegt nicht an mir». Vedo manifestarsi ed entrare in azione dovunque troppa bassezza e cattiveria; ed è solo per bontà offesa e leso senso di giustizia che divento o sembro diventare basso e cattivo. Le sparatorie in tempo di guerra e gli sproloqui dei cassieri in tempo di pace sono cose che mi irritano. Le evito, le ignoro il più a lungo possibile (e mi riesce soprattutto quando sto lavorando intensamente); ma quando vi vengo posto faccia a faccia mi è difficile serbare il tono cordiale. La faccenda con le baionette la sera del 1° agosto a Zurigo è stata ed è repellente, e ha cancellato molte impressioni simpatiche che la Svizzera mi aveva fatto sinora. Da allora vedo la Svizzera con occhi differenti. Questa, se vuole, ipersensibilità si spiega in qualche modo col fatto che sta per iniziare il terzo anno del mio esilio; la situazione si è fatta ancor più ingarbugliata per me con la dichiarazione di guerra dell'Italia alla Germania. Di conseguenza è possibile che tutto ciò che avevo costruito in campo artistico e messo da parte in campo economico in 20 anni di lavoro vada in fumo, e ciò mi succede a un'età in cui ricominciare da capo esige uno sforzo morale, al quale si oppone l'ormai raggiunto discernimento. In parole povere: si trova che non ne vale più la pena. Per fortuna vedo sorgere una prima tenue alba di una nuova giornata di lavoro, la quale, se manterrà quel che promette, dovrebbe diventare una bella giornata e durare dai due ai tre anni. Detto più prosaicamente: sto pensando alla realizzazione della mia «opera principale» [cfr. lett. prec.].
Ora leggerà la mia lettera con maggiore indulgenza e Le sarà più facile perdonarmi. Malvolentieri, sempre più malvolentieri mi metto al pianoforte per tenermi in esercizio (non mi sono ancora mosso in vista del primo concerto in abbonamento*). La prospettiva di un ciclo impegnativo di 4 concerti a Basilea, attraente in sé, mi mette di fronte, svogliato come sono, a un lavoro notevole di strimpellamento, e mi distoglie per molto tempo dalla mia «alba» [cfr. lett. prec.]. Da ciò il mio atteggiamento reciso per quanto riguarda l'onorario, sebbene una logica più stringente ci dica che non esiste alcun nesso tra una porzione di vita che viene spesa e l'incasso di una banconota da mille franchi. Lo capirà il Suo cassiere? Non c'è speranza. Forse piuttosto i facoltosi Amici della Musica della direzione. - Mi conservi la Sua amicizia, so che Ella capisce tutto...

* Il 2 e il 3 ottobre Busoni doveva suonare il Quarto di Beethoven, Bach-Liszt (Variazioni su «Weinen, Klagen, Sorgen, Zagen») e Bach- Busoni (Ciaccona).

Zurigo, 16.1.1917

Stimatissimo amico,
Le Sue gentili parole*' sono state una bella ricompensa per me la Sua fiducia mi è di incentivo; a dire il vero merito l'una e l'aitra soltanto a metà, ma la metà che mi attribuisco non posso distribuirla in parti disuguali tra il creatore e l'esecutore. Perché tutti e due sono un solo e medesimo uomo, o, al massimo, il primo è la continuazione del secondo. Ma, mentre il virtuoso conserva in me ancora le consuetudini di tempi andati, come compositore credo di essermi liberato da tutto ciò che è esteriore e «consacrato» dall'uso. Mentre l’esecutore deve, comunque, arrivare a un compromesso tra la individualità propria e quella deile musiche che suona, il compositore è affrancato da patti del genere. Se, ciò nonostante, dà meno nelI'occhio, è perché non è sorretto dalla potenza dell'oggetto (Bach o Beethoven), ma si presenta da solo e deve agire da solo. Ma ciò che aggiungo di mio nell'interpretazione, lo devo mettere anche nelle mie composizioni; nel primo caso è sopravvalutato, nel secondo non ancora sufficientemente valutato, se non altro perché è meno conosciuto. E alla fin fine sono sempre lo stesso carattere, lo stesso livello, la stessa sensibilità a esistere e a manifestarsi anche nell'uomo, al di fuori della sua professione. Dimodoché non potrò mai credere che un essere rozzo sia un artista delicato, che un uomo di animo meschino crei cose elevate e intimamente sentite, e che una persona falsa possa produrre qualcosa di sincero. Tutto ciò vale anche in rapporto all'autocritica, al pensiero logico, al temperamento. Mi perdoni se mi permetto di analizzare la lode tanto generosamente elargita da un maestro e da un amico, ma chi potrebbe capirio meglio di Lei? E capirà anche che alle volte sento l'assoluto bisogno di dar sfogo ai miei sentimenti. La ringrazio dal più profondo del cuore.
Suo dev.mo F. B.

* In occasione del concerto dato da Busoni il 12 gennaio 1917 allo Stadtkasino di Basilea, il primo del suo ciclo di quattro concerti; il programma comprendeva musiche di Bach, Beethoven, Weber e Schubert-Liszt.

Zurigo, 4.6.1917

Caro, stimatissimo amico,
è stato bello da parte Sua dimostrarmi la Sua amicizia partecipe anche in questa occasione di poco conto. Avrei certo potuto rispondere in un tono ben diverso al Signor Dottore della Settimana di Monaco* (che non ci porterà «Neueste Nachrichten»**), ma per batterio sul terreno della rozzezza avrei dovuto scendere agli insulti, il che sarebbe stata una vittoria per lui. Ha assolutamente torto nelI'affermare che criticando le espressioni convenzionali «musicale» e «profondo» io volessi impartire lezioni ai tedeschi. Le cose stanno proprio m mamera opposta. E a me che sin dall'infanzia e ancora da uomo maturo sono state continuamente impartite lezioni in Germania; e ogni copista, ogni dilettante di provincia si sentiva in diritto di intimidirmi con quelle due parole, per affermare la propria superiorità. Lo stesso mi è accaduto con l'espressione di uso corrente «sentimento», e si è riusciti a incollarmi addosso l'etichetta dell'uomo «di intelletto senz'anima». No, ha ragione, non era lecito che costoro riportassero una vittoria incondizionata. Adesso capirà meglio di allora la mia rivolta contro la canonizzazione di Reger da parte di [Hermann] Suter; non ce l'avevo con Suter e quasi nemmeno con Reger, ma con un principio che spero gli svizzeri non siano tanto tedeschi da sostenere. Con tutta l'ammirazione che si meritano i grandi tedeschi, i mediocri si nutrono di espressioni convenzionali e con il loro istinto di gregge dicono "noi". «Noi resistiamo» è l'ultima.
Il 31 maggio c'è stata la quarta rappresentazione dei miei lavori teatrali, con successo eccellente. Ora sto lavorando a una grande edizione critico-didattica della «Fantasia sul Don Giovanni» di Liszt, nella quale confuto diversi preconcetti. Conto di venire a Basilea per la Sua Sinfonia***, e già penso con piacere alla musica e alla compagnia. La Sinfonia sarà eseguita proprio sabato? Sarebbe così gentile da confermarmelo? Mi scusi se Glielo chiedo e di nuovo grazie da parte del Suo dev.mo e aff.mo
F. B.

* Busoni allude al Eestival Pfitzner di Monaco, che si tenne dall'l I al 18 giugno 1917; vi vennero eseguiti «Der arme Heinrich», «Die Rose vom Liebesgarten» e, il 12 giugno , in prima assoluta, «Palestrina».
** Gioco di parole su «Munchener neueste Nachrichten»' (Le ultimissime notizie monacensi), giornale quotidiano che si stampava a Monaco.
*** La Sinfonia n. 7 in re minore di Huber fu eseguita il 9 giugno 1917.

Zurigo, 9.4. 1918

Caro ed egregio amico,
grazie per la Sua lettera e per la pena che si è data con le mie trascrizioni. Schweitzer [Albert] nel suo «Bach» difende il mio onore e lo fa con grande calore. Il giovane Hirt [Franz Joseph] ieri mi ha rallegrato con il suo solido pianismo. Il 5 aprile la Neue Freie Presse ha dedicato un intero dei suoi famosi feuilletons alle mie due operine.
Ho controllato nel Paul, che ho qui per caso, e ho visto che Strindberg accenna a un dramma «Das Band»*, che non conosco, immaginato da lui come testo d'opera, e a questo proposito fa il mio nome. Adolf Paul [«Strindberg-Erinnerungen und Briefe] è stato mio allievo a Helsingfors nel 1889, più anziano del suo insegnante; poi, a Beriino, ha stretto amicizia con Strindberg. Non ho mai incontrato Strindberg personalmente, purtroppo; forse, per fortuna. Adolf Paul è svedese, non finlandese. Con l'«allievo» Sibelius e con i fratelli Jaernefelt [Armas Jaernefelt (1869-1958), compositore e direttore d'orchestra, e suo fratello minore Eero, che studiava musica anche lui] avevamo formato uno stimolante «Coenaculum». Dal nome del mio cane di Terranova Lesko, ci chiamavamo i Leskoviti.
Per quanto riguarda Strindberg, ho attraversato tre periodi distinti: da principio ne fui respinto, poi mi colmò di entusiasmo, e ora sono più sensibile ai suoi difetti. Ma con il suo straordinario Dramma del sogno e con il suo teatro da camera ha rinnovato ancora una volta il teatro dopo Schiller e Ibsen, cosa che non potrei affermare di altri. - Non mi piacciono il suo soffermarsi e insistere sulle «petites misères» della vita quotidiana, e una certa trascuratezza artistica della forma e dell'espressione (cosa, quest'ultima, che pare sia meno percepibile nell'originale svedese). Come in Voltaire e in Heine noto in lui un grande desiderio di amore, bontà e bellezza, e la rabbia di doverie trovare eternamente assenti negli esseri umani. - Non saprei dirie altro, e tutto ciò Ella l'avrà certamente già pensato da sé.
Le mando i miei più affettuosi saluti.
Sempre Suo dev. mo
F.B.

* «Bandet» (Il vincolo), dramma in un atto, 1893. In una lettera in data 21.6.1894 Strindberg suggerisce a Paul di scrivere un libretto per Sibelius e propone «Il vincolo». Nella lettera seguente, in data 25.6.1894, aggiunge: «Che ne pensa di «Il vincolo» come opera? Busoni lo può leggere in francese a -?- Unter den Linden!»

Zurigo, 30.5.1918

Caro, egregio amico, per un malinteso, di cui indirettamente ha colpa la guerra, la Klavierübung viene pubblicata senza la prevista introduzione.* Non era certo mia intenzione costruire figure pianistiche, forse curiose, ma ineseguibili. Il povero allievo pensa che sia incapacità sua, insiste e si sloga le dita. Pertanto anche gli esempi trasponibili devono venir portati avanti soltanto fin dove non ne risultino posizioni innaturali. Quindi, per il momento, non vi troverà nulla di straordinario, mentre invece tutto quello che c'è nel fascicolo, e soprattutto la diteggiatura, è frutto dell'esperienza. Conto di scrivere quattro fascicoli del genere (il secondo è in lavoro) per arrivare a qualcosa di compiuto in sé, ma temo di non raggiungere l'universalità desiderata in quest'opera di studio.
Credo che la Fantasia sul Don Giovanni sia il primo tentativo di presentare una edizione analitica di Liszt. Ho annotato con la massima cura tutto ciò che ho verificato in anni e anni di studio, nemmeno una nota è stata trascurata. Le traduzioni tedesche sono mie e corrispondono più fedelmente delle precedenti all'originale e agli intervalli e ai ritmi di Mozart. Il problema pianistico, estremamente difficile, appare risolto quasi senza sforzo; almeno così mi sembra, ma forse mi sbaglio. Farà ancora seguito in questi giorni una Sonatina in diem nativitatis Christi,** un pezzettino natalizio, e così avrà tutta la piccola messe del 1917. Accetti il tutto con amicizia e, possibilmente, con piacere.
Il 24 ha avuto luogo l'ottava e ultima rappresentazione dei miei operum theatralicum [sic, Arlecchino e Turandot]]. Il 10 c'è stata una prova del Concerto per clarinetto e orchestra. Questi avvenimenti hanno chiuso la mia «saison». L'estate richiederà il compimento di vari lavori iniziati, intanto fino al 1° giugno mi cullo in un placido spirito di vacanza, dovuto alla stagione e alla pausa di respiro nel lavoro, ma non sorretto da alcun'altra circostanza. Perché è come se mi trovassi all'ingresso di un lungo ed oscuro tunnel, in cui devo entrare, ma che non so dove porti. Che percorrendolo ci si ritrovi infine alla luce del sole? Momento difficile! Prima di finire, questa vacanza dovrebbe fornire la risposta. Perché, come se lo immagina Lei un ulteriore prolungamento di questo soggiorno svizzero? Esso cade, dopo la sezione di sviluppo della mia vita, nel momento in cui la tonalità fondamentale dovrebbe riaffermarsi in modo netto e definitivo. Un motivo nuovo nella coda? È un'eccezione, diceva il mio maestro Remy. - Aspetto con gioia la lettera promessa e La ringrazio e saluto con profondO affetto e con la massima stima.

Suo dev.mo F. Busoni

*La prefazione fu pubblicata poi con la Parte terza della Klavierübung («Lo staccato» ed è datata luglio 1920. (Cfr. Lo sguardo lieto, cit., pp. 247-248).

** «Sonatina in diem nativitatis Christi MCMXVII», terminata il 22 dicembre 1917 e dedicata al primogenito Benvenuto Busoni.

[Zurigo, senza data]*

Caro ed egregio amico,
è mia abitudine incominciare la mia giornata di lavoro con la corrispondenza e la Sua gentile cartolina mi offre la gradita occasione di rivolgere a Lei i miei pensieri mattutini. La ringrazio per la Sua amichevole partecipazione. Ha appreso del mio così detto grande successo dalla lettera di Bekker sulla Frankfurter Zeitung? Non mi è piaciuta molto, è zeppa di premesse e conclusioni inesatte e mi dà delle pacche sulle spalle con eccessiva benevolenza. Non sarà essa a farmi cambiare opinione sulla corporazione dei critici. Ma è già abbastanza che abbia fatto una grande impressione sul pubblico, come più o meno ho potuto osservare. Le mie due operine sono intermezzi, tanto sul teatro quanto nella mia produzione, non bisogna prenderie come risultati definitivi. Ben diversa dovrebbe riuscire la mia prossima opera, il cui testo è stampato nel numero dello scorso ottobre dei Weisse Blatter. Purtroppo non ne ho delle copie, altrimenti mi sarei permesso di dedicarGliene una. - A proposito di dediche: il secondo fascicolo della Klavierübung è inciso e pronto per la stampa, ho incominciato a lavorare al terzo. È nata anche una quinta Sonatina su un piccolo tema di Bach [Sonatina brevis. In signo Joannis Sebastiani Magni; fu terminata il 19 agosto 1919 e dedicata a Philipp Jarnach]. La mia nuova partitura ha già oltrepassato le 1600 battute.
Ha già visto i programmi dei Concerti alla Tonhalle?** Già sono arrivati reclami, richieste e rettifiche a proposito dell'ordine in cui si succedono i Concerti per pianoforte e orchestra, nessuno è interamente soddisfatto della scelta. Per i primi 4 concerti ho escluso di proposito i compositori viventi, il 5° concerto è una specie di programma extra; I'ormai 85enne Saint-Saëns non va più annoverato tra i contemporanei. Le è noto che nella letteratura musicale esistono circa 500 Concerti per pianoforte e orchestra eseguibili? Soltanto alcuni giorni or sono ho saputo di altri due di un certo Zimmermann,*** pianista a suo tempo altamente stimato a Parigi, che è stato anche insegnante di Alkan.
E poiché sto pariando di nuove conoscenze musicali, Le cito soprattutto quella, fatta nei mesi scorsi, della partitura dell'Idomeneo di Mozart. Quest'opera, scritta a 24 anni, mi ha sbalordito e riempito di ammirazione. Assolutamente giovanile nella sua virile maturità, gran copia di idee originali, un trattamento dell'orchestra (4 corni e 3 tromboni) fenomenale per il suo tempo e sbalorditivo ancor oggi. Noi, nati verso la metà del secolo XIX, abbiamo avuto un'educazione sbagliata: ci hanno insegnato che sarebbe disonorevole non conoscere un lavoro di Beethoven mentre non sarebbe un demerito ignorare un capolavoro di Mozart. Ora io mi allontano sempre più dalla serietà corrucciata del primo e vado riconoscendo sempre più la grande serietà del secondo (il quale in realtà è il primo) dietro la sua serenità. Oggi che le cose stanno cambiando, il culto simbolico-poliziesco di Beethoven dovrebbe venir riportato nei suol glusti limiti. È arrabbiato?
Con la più sincera amicizia,

Suo dev.mo
F.B.

* La lettera di Paul Bekker (1882-1937, saggista musicale tra i sommi di ogni tempo), nella Frankfurter Zeitung, menzionata nel primo capoverso, era una recensione alla rappresentazione di «Turandot» e «Ariecchino» a Colonia; si può dunque arguire che la presente lettera sia della fine di gennaio o dell'inizio di febbraio 1919.

** Ciclo di concerfi ideato da Busoni per illustrare lo sviluppo nella storia del concerto per pianotorte. 25 febbraio 1919: Bach in re minore, Mozart in do minore (K. 491), Hummel in si minore, op. 89; 11 marzo: Beethoven n. 1 in do maggiore, Mozart in la maggiore (K.488), Beethoven n. 5 in mi bemolle maggiore (L'Imperatore); 25 marzo: Schumann in la minore, Mendelssohn in sol minore, op.25, Weber Konzertstück, Saint-Saëns n. 5 in fa maggiore; 8 aprile: Brahms n. 1 in re minore, Liszt n. 2 in la maggiore, Rubinstein n.5 in mi bemolle maggiore; 29 aprile: Liszt «Totentanz» (versione originale), Busoni «Concerto». Suonava Busoni, dirigeva Volkmar Andreae.

*** Pierre Joseph Guillaume Zimmermann (1785-1853), allievo di Boïeldieu e Cherubini, amico di Fétis. Ebbe tra i suoi allievi Bizet, César Franck e Ambroise Thomas.

Zurigo, 13.4.1919

Caro ed egregio amico,
non ho dubbi che in
Liszt si trattasse di intuizione [Huber stava lavorando al suo oratorio «Mors et Vita» e si interrogava sull'uso del canto gregoriano nel «Christus» di Liszt]. Del resto impiegava il canto liturgico da poeta, non da studioso. Quando andai a far visita a D'Annunzio a Parigi, egli stava scrivendo «La Pisanella» [giugno 1913]; su uno scaffale c'era una biblioteca intera di volumi sulla storia di Cipro, I'isola nella quale si svolge il dramma. Soltanto tre volumi recavano una striscia di carta, che fungeva da segnalibro. Una frase caratteristica contenuta in una di quelle pagine segnate gli era bastata per afferrare quel che gli serviva dell'atmosfera del paese e delI'epoca, il resto non l'aveva nemmeno letto. - Un caso opposto; a Ginevra c'è un prof. M., insegnante di disegno all'accademia. Quando era ancora allievo in quella stessa accademia, gli fu assegnato come tema per l'esame finale un quadro che rappresentasse la bottega di un orologiaio. Al che M. scomparve per nove mesi, e soltanto registri scolastici ne ricordavano l'esistenza. Alla fine dell'anno, però, M. ricomparve con una cartella zeppa di studi, varie centinaia di fogli sui quali le più minute componenti dell'orologio erano state minuziosamente osservate e riprodotte. Il quadro non lo dipinse mai. - Credo che Liszt si sia attenuto piuttosto al metodo di lavoro di D'Annunzio. Perché di lui La stupisce tanto proprio il lato che ha a che fare col canto gregoriano? Non si è forse appropriato di tutto, da Bach a Bellini, da Schubert a Weber, fino a Wagner? Non ha elaborato i canti popolari di tutti i paesi cogliendone il vero spirito? Perché avrebbe dovuto fermarsi proprio di fronte a Gregorio? Oltre tutto è stato sempre cattolico e la sua residenza era Roma. - Grazie per la Sua cara lettera. Forse Gerda Le farà una visita.

Suo aff.mo e dev.mo
F.B.

Zurigo, 22.4.1919

Stimatissimo amico,
grazie di aver pensato a me la domenica di Pasqua, è proprio il mio vero giorno natalizio, poiché il 1° aprile 1866 era una Domenica di Pasqua, un compleanno estremamente mobile, che quest'anno m. ha ringiovanito di tre intere settimane. Sebbene mi riguardi molto direttamente, non ho mai capito bene il calcolo che sposta questo giorno nel calendario apparentemente in modo del tutto irregolare. - Wolfrum* è in Engadina. Mi ha mandato le bozze di una prefazione alle opere sacre di Liszt, e poiché vi tratta estesamente i problemi che in Liszt l'avevano interessata ultimamente, gli ho chiesto di mandarie il suo scritto a Vitznau. Le interesserà di sicuro, anche se non La sorprenderà...

Suo aff.mo e dev.mo
F.B.

* Philipp Wolfrum (1854-1919), direttore d'orchestra e musicologo. Fu Generalmusikdirektor a Heidelberg dal 1907 e curatore del III volume (Messe) dell'edizione incompleta delle opere di Liszt di Breitkopf & Härtel. Morì l'8 madggio 1919.

Zurigo, 31.5.1919

Caro ed egregio amico,
nella timida speranza che le mie lettere Le arrechino un qualche piacere, Le scrivo di nuovo, ma non voglio assolutamente che Ella si senta in obbligo di rispondermi, quantunque quando lo fa ne sia felice. A Basilea è stata data un'esecuzione integrale della
Passione secondo San Matteo. È un lavoro a tratti monumentale, in quanto a contenuto, per la sua forma invece è un fregio, tutto steso in lunghezza, nemmeno un cerchio, quasi come un disegno da tappezzeria, secondo lo schema: coro, recitativo, corale, aria. In questo fregio l'aria è il momento paralizzante, dissacrante, la contemplazione del bigotto codino, e la disarmonia tra questi testi e quelli del Vangelo è talmente offensiva che mi meraviglio come nessuno abbia mai protestato. Le arie, a loro volta, seguono tutte lo stesso schema. Osserviamo come procedono: ogni aria si apre con un'introduzione, per lo più affidata a uno strumento solista, scelto senza uno scopo preciso; le prime quattro battute dell'introduzione sono spesso altamente ispirate, ma il seguito non è che un susseguirsi di progressioni entro il circolo delle quinte. In questo modo il contenuto dell'intera aria è completamente esaurito già all'inizio. Ora entra la voce, per lo più con il carattere della voce mediana di una fuga per strumento a tastiera: la molteplicità delle varianti è sorprendente, ma, in fondo, esse mancano di proporzione e danno un senso di sviluppo ad infinitum. Secondo me una esecuzione integrale della Passione senza le arie dovrebbe fare una impressione travolgente, un epos drammatico di grande potenza espressiva e palpito teatrale. In una esecuzione del genere il coro che interviene nell'azione dovrebbe essere separato da quello che canta i corali, anche visivamente: il testo della Bibbia e la comunità. Che ne pensa?l
Il Suo apprezzamento senza riserve dei piccoli pezzi della mia Klavierübung mi ha confuso, ma Le sono grato per tanta simpatia. Ora continuerò di buon animo. Quanto mi riferisce sulle Sue sofferenze a Vitznau ha destato in me una dolorosa apprensione per il Suo stato di salute. Presumo che ora stia meglio; mi sembra che Ella abbia bisogno del Sud, sia fisicamente che moralmente. Se non fosse per gli italiani, o se fossero diversi, La inviterei a trasferirsi a Roma con me, per produrre in comune qualche cosa di buono e per godere insieme di tanta bellezza. Ma dato che ora l'uomo non propone e Dio non dispone (e se si dovesse credere che tutto ciò è proposto e disposto, sarebbe ancora più triste), non ci resta che ritirarci come lumache nel nostro guscio protettivo.
Con i miei più affettuosi, fedeli e distinti saluti,

Suo dev.mo
F.B.

* Nel 1921 Busoni pubblicò un «Progetto di una rappresentazione teatrale della «Passione 5econdo San Matteo» di J. S. Bach, ristampata nel volume dei suoi scritti «Von der Einheit der Musik» (Cfr. Lo sguardo lieto, cit., pp. 266-67).


LETTERE IN TEDESCO

Zurigo, 15.10.1915

Verehrtester Meister. Zum 100. Geburtstag Liszts (1911) gab in Berlin 6 Abende mit 80 Stücken dieses Komponisten, um einmal sein Klavierschaffen in Résumé darzulegen. Es wird mir schwer, aus dieser Fülle ein einziges Programm zu konzentrieren, wie es für unseren Zyklus geplant ist. Darum möchte ich, dass Sie mir in der Wahl durch die Äusserung Ihrer Wünsche beistünden. Mir schiene es, in Ihrem Lande, angebracht, die Serie La Suisse (welche 9 Stücke umfasst), vollständig zu bringen; aber sie liesse für alles andere wenig Raum übrig. Andererseits enthält dieses Werk einiges vom Schönsten: «Chapelle de Guillaume Tell», «Vallée d’Obermann», «Le mal du pays»... Wenn dazu die Sonate käme, so wäre das Mass beinahe voll und könnte mit den beiden Legenden schliessen. Wie vieles muss unberücksichtig bleiben! Die Etüden, die Rapsodien, die italienischen Transcriptionen, “Italie” und der wundersame dritte Band der Année de pèlerinage. Man könnte, mit ebensolchem Rechte, das nähmliche um Beethoven bedauern; aber hier gilt es nicht, ihn sozusagen erst bekannt zu machen, wie es bei Liszt noch immer eine imperative Aufgabe verblieben ist. Wer kennt die Rhapsodien 16-19, die «Valse oubliée», den Weinachtsbaum? Gewiss Sie, und einige regsamere Pianisten, nicht aber das Publikum, kaum die Musikalienhändler. Also erbitte ich Ihre Ansicht.
Es war mir eine Reine Freude, Sie wiederzusehen und zu sprechen, Ihre Anregungen zu lauschen. Dieser “Prometheus” Spitteler macht mir aber Grosse Mühe. Ich habe ihn noch nicht erfasst. Auf den ersten Blick hielt ich für den Schatten Zarathustras. Das Tempo ist immer andante sostenuto. Aber vielleicht bin ich noch nicht soweit. In herzlicher Verehrung Ihr sehr ergebener F.B.

Zurigo, 18.10.1915

Carissimo Maestrone, a festa finita, post festum erfuhr ich von dem Schweizerische Kammermusikabend des hiesigen Streichquartettes, den ich - zu meinem gelinden Ärger - nun versäumt hatte. Gerne hätte ich von dem bedächtigen Weber, dem philosophischen Suter und dem naturfreudigen Jüngsten dieser Meister, H.H. näheres durch das Gehör erfahren. Ça reviendra, erhoffen’s wir’s. Dank für den wetvollen Brief, und lassen wir dem Liszt-Abend die vorläufig vereinbarte Form. Für den Bachvortrag kann ich Ihnen was Gutes versprechen. Ausser den Goldberg-Variationen (die ja Ihr Publikum hoffentlich nicht ganz so vertraulich inne hat, als dass es nicht meine diskrete Bearbeitung hinnähme oder gar überhörte) schlage ich noch die Übertragung eines grösseren Orgelwerkes, ferner einiges aus dem Wohltemperiertes Klavier, die Abreise (capriccio in B), Choralvorspiele und noch anderes vor. Sollte die Chaconne oder die Chromatische Fantasie am Platze sein? (Einem befreundeten Cellisten habe ich, strange to say, die Chrom. Fantasie für Violoncell gesetzt. Brechen Sie über diese Vermessenheit nicht den Stab, bis Sie es gehört haben. Es klingt («tönt») nämlich überraschend gut.
Vom Homer meint Lessing, wenn ihm etwas an jenem nicht gefiele, es läge, soviel habe er gelernt, nicht am Homer. Wenn ich auch kein Lessig bin, ist deswegen Spitteler ein Homer? Liegt es an meinem Mangel an Jugendlichkeit oder am seinem?
Von Multatuli [Pseudonym für Douwes Dekker, 1820-1867, Verfasser des Romans Max havelaar, 6 Bänden «Ideen» usw.] weiss ich wahrlich nichts. Ich schaute in einige Bände dieses Mannes, dessen Pseudonym mir schon nicht ganz geschmackvoll vorkam, und fand sie nicht einladend. Ich liess sie, mich dem Instinkt anvertrauend, der mich durch die Literatur seit meiner Kindheit begleitete, liegen. Ich bin an gewissen grossen Erfolgen selbst in der empfänglichten Zeit der ersten Jugend teilnahmlos vorübergegangen. Dazu gab, Gott sei’s geklagt, die Zeit, in die meine Jugend fällt, Veranlassung genug (Felix Dahn, G. Ebers, Scheffel und Gefährten). Diese Erfahrungen schliessen auch den Schrifteller R. Wagner ein. Im Mannesalter wurde mein Instinkt, durch Kritik, weniger verlässig; jetzt fühle ich, wie in vielen andern Dingen, dass ich auch darin das Wesen meiner Kindheit zurückgewinne. Diese Selbstbekentnisse sind, fürchte ich, Ihnen, der Sie mich im Grunde nicht kennen, wenig interessant. Verzeihen Sie also, dass ich mich gehen liess, und halten Sie’s meiner - Jugendlichkeit zu Gute.
Zu den Programmen zurückkehrend, bitte ich Sie, noch Ihre Wünsche und Vorscläge weiter zu äussern. Die letzten Hefte Bagatellen Beethovens, möchte ich in den Plan aufnehmen. Vielleicht ein Variationenwerk? Opus 106? Von Chopin spiele ich ziemlich alles, die Mazurken und Walzer ausgenommen, sehr gern die vierte Ballade und mit Vorliebe die Etüden. Ist Ihnen das kraftgenialische Jugendwerf Listzs “Fantaisie romantique sur deux motifs suisses” bekannt (Trois morceaux de salon op. 5)? Darin kommt die Weise vom Heimweh [Année de pélerinage, I Nr. 8. Liszt dürfte die Melodie aus Weigls Oper «Die Schweizerfamilie» gekannt haben, wo sie übrigens, wie seitdem immer, in Moll statt in Dur notiert ist (zuletzt in Hubers 7. Sinfonie).] zuerst vor. - Ich habe Heimweh allerwärts, Amerika ausgenommen; warum sollte ich es nicht einst nach diesem feinen Lande empfinden? Vorläufig empfinde ich heimliches Behagen, zu dem sie und andere treffliche Confrères sehr vieles beitragen. Haben Sie dafür innigen Dank und seien Sie verehrungsvoll gegrüsst von Ihrem herzlich ergebenen F.B.

Zurigo, 27.10.1915

Hochvehrerter Maestro. Ich kann nicht gut mich dazu verstehen, in einem Klavierzyklus Beethoven zu eliminieren, wenn ich sowohl von den Höhepunkten der Klavierliteratur als auch von meinem eigenen Pianismus ein Beispiel auffstelle. Finden Sie im Grunde nicht auch? Dann: welche Gelegenheit bietet ein Symphonieabend dem Klavierspieler, Beethoven zu entfalten? Man kann, hoch gegriffen, das Es-Dur Konzert vortragen, bei dem die schönsten Stellen dem Orchester zufallen. Sollte der Zyklus, und davon der Liszt-Abend, besonderen Anklang finden, so würde viellleicht ein nachträglicher zweiter Liszt-Abend nicht angebracht sein. Für Ihre wohlwollende Kritik meiner Handhabung der deutschen Sprache bin ich Ihnen dankbar. Ich habe mir selber letzthin ein Textbuch geschrieben, worauf ich etwas halte. Kennen Sie übrigens jenes zu meiner Oper “Die Brautwahl”? Wenn Sie sich wieder um eine Antwort bemühen wollen, dann nehmen Sie sich Zeit, ohne Gewissensbisse zu empfinden. Die Bücher beglücken mich, ich erwarte sie mit freudiger Spannung. Bei dieser Verschiebung meiner Existenz ist die Trennung von meiner Bibliothek eines des härtesten Momente. Vieles, vieles ist schwer, und ich kann nicht umhin zu wiederholen, wie tief ich es empfinde, dass die Schweizer es mir erleichtern! Arrivederci. Ihr sehr ergebener F.B.

31.10.1915
Maestro dilettissimo, Hiemit unterbreite ich Ihnen einen Entwurf zu vier Klavier-Abenden und erbitte Ihre etwaigen Vorschläge, andersfall Ihre Zustimmung:

Bach
I. Vorspiel und Fuge Es-Dur
3 Choralvorspiele
II. 2 Präl. Und Fugen (W.Kl.)
Capriccio “Abreise”
Chromatische Fantasie
III. Goldberg Variationen

Chopin
I. 12 Etüden (op. 10 oder 25)
II. 24 Préludes
Scherzo cis-Moll
Polonaise As-Dur

Beethoven
I. Eroica-Variationen
II. Sonate op. 109
6 Bagatellen op. 126
III. Sonate op. 106

Listz
Sonate oder
La Suisse (1-9)
III. 2 Legenden, oder
Paganini-Etüden, oder
Norma-Fantasie

Ich teile alle meine Programme in drei Absätze ein; beim vierten Herauskommen habe ich ein Gefühl, als ob das Publikum sagte: “Ist schon wieder da?” - Zu welcher Zeit, am frühesten, könnten wir Abende stattfinden? In welchem Abstand voneinander? Und in welchem Saale? Mit hochachtung und Unhänglichkeit Ihr ergebenster F.B.


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