Grande maestro del «verso lungo» introdotto da Stadler è in alcuni suoi inni ampi ed impetuosi Ludwig Rubiner (1882-1920), che tentò di unire in una sola visione sociale e cosmica l'ala attivista e quella eternista dell'espressionismo. In Whitman il verso lungo si adegua alle 'prairies' sterminate, ma anche ad una visione totalitaria della vita, in cui il poeta s'identifica con la natura intera e nello stesso tempo con l'intera umanità, di cui comprende i genuini valori spirituali ed i duri problemi sociali. Nell'espressionismo tale coerente evoluzione non sussiste affatto. Accanto alla poesia cosmica, che per più d'un verso s'ispira a Whitman, vi è un programma umanitario, che s'ispira pure a Whitman, senza che la duplice corrente si unisca in un alveo solo. Quella che può sembrare, ed in varie poesie veramente è, la conciliazione di Rubiner, si avvale di immagini mitiche e mistiche derivanti in primo luogo dal chassidismo di Buber e trasferite arditamente nella realtà sociale ed anche in quella tecnica del primo Novecento, nella realtà degli ardenti rivoluzionari ed in quella dell'uomo magico dominatore delle proprie macchine. Ma sotto la magia della tecnica si nasconde l'attesa di un miracolo mistico, che frustra la volontà di lotta imponendo la legge umanitaria, e in sostanza mistica, della resistenza passiva. Comunque sia, in alcune grandi visioni liriche di Rubiner, che sono anche efficacissime, travolgenti orazioni, il «Wir», [1] che sempre sfugge a Stramm, è realtà cosmica e sociale ad un tempo.

L'oratore che trascina i compagni rendendoli consapevoli di ciò che potranno essere, di ciò che già sono, è un Lichtmensch, Uomo-Luce, significativo potenziamento dell'Uomo nudo; è un Uomo cosmico e nello stesso tempo un attivista. Il suo corpo è mistica colonna di luce, ma i suoi occhi sono fari della ragione che illuminano il volto e la mente dei compagni: «feste strahlende Säule des Lichts, glühende Kugeln» [Salda, radiosa colonna del corpo, sfere incandescenti]; il suo pensiero crea una realtà cosmica lanciando triangoli scintillanti verso le stelle, ma anche seminando sulla terra «die hellen Zahlen, o sprühende Streìfen wie geschmolznes Metall» [I numeri scintillanti, oh nastri che, simili a fuso metallo, sprizzano faville. (Der Mensch)]. Anche piú efficace è in «Denke!» [Pensa!] la rappresentazione del rivoluzionario che l'indomani sarà fucilato e pure dorme tranquillo nella sua cella, perché il suo pensiero e la sua volontà si sono già trasmessi a tutti i suoi compagni di prigionia, ai compagni di tutto il mondo, si sono anzi trasmessi anche all'enorme, tetro edificio di pietra che vibra dalla sua appassionata e lucida volontà: «Führer, schlafe heute noch nicht. Nur diese Nacht denke noch» [Capo, non dormire ancora stanotte! Soltanto in questa notte ancora pensa!]. Il «Geist» non dovrebbe dunque mai ricadete nel «ventre oscuro dell'inerzia»: anche in questa situazione estrema della vita dovrebbe pensare. Gli occhi «tondi» del Lichtmensch vedono la luce, la sua bocca «tonda» l'annuncia, [2] e questa luce, pur essendo «celestiale», ha una sua realtà vivissima e sempre diversa. Essa nasce guizzando dalle gocce di sangue del camerata ucciso, e rinascerà dal «ventre gigantesco» dell'inerzia, anche se un «muco simile a grosse anguille» comprime talora il grido e minaccia d'inghiottirlo [«Sieg der Trägheit» (Trionfo dell'inerzia)]. Tale posizione mistico-attivistica non poté essere sostenuta a lungo. Compagno di Pfemfert, Rubiner caldeggiò con passione nell'«Aktion» del 1912 un attivismo, secondo cui l'uomo deve impiegare tutte le sue forze per cambiare il mondo e cambiarlo subito, in qualsiasi modo, pur a costo di provocare una catastrofe completa; di lí a poco predicò nella tragedia Die Gewaltlosen, (1917-18) soltanto il diritto dello sciopero, limitandolo per giunta al periodo in cui si svolgono le trattative fra operai ed industriali. Egli era oramai ben convinto che la consapevolezza della propria libertà e l'intransigente risolutezza di scegliere sempre liberamente il bene bastassero a rendere veramente liberi tutti gli uomini: «Volete la libertà? Voi siete la libertà». Ed infatti i suoi rivoluzionari non solo persuadono subito con la loro parola infiammata i carcerieri ed i giudici a lasciarli liberi e ad abbracciare la loro causa, ma riescono con la sola forza dello spirito ad evitare il contagio, mentre curano i compagni appestati, e per giunta compiono un miracolo di levitazione, uscendo dalla prigione senza doverne forzate le porte. L'Uomo nudo in questa scena si trasforma in danzatore cosmico. Alla fine gli operai assediati accettano le proposte dei borghesi e desistono dalla resistenza, volendo oramai soltanto «cuocere pane e vivere del proprio lavoro»; quattro dei Non-Violenti si lasciano trucidare dagli operai; due giovani Non-Violenti partono per altri paesi, onde mettersi a capo di rivoluzioni che vi sono già scoppiate: «La nostra via passa per molti paesi». La battuta finale indica chiaramente quella posizione rivoluzionaria in cui l'intellettuale ha la funzione d'insegnare ai compagni la necessità della non violenza per combattere la violenza.


[1] Per meglio convincerlo, Rubiner si rivolge talora col borghese «Lei» al camerata sconosciuto; e riconosce poi in lui quel Tu che è dappertutto, è lontano e vicino ad un tempo ed è quindi un Noi, il Noi dei «sacro mob». SU


[2] Nei saggi e discorsi (Der Mensch in der Mitte, 1917) Rubiner annuncia l'avvento del suo Uomo che è l'«uomo del pittore» (espressionista). Agli occhi tondi dell'oratore che emanano luce (diversissimi dagli occhi tondi di Trakl, che hanno contemplato orrori indescrivibili) corrispondono quelli degli uditori, «buchi» che accolgono la luce. L'universo di Rubiner è un incrociarsi di linee di forza e di curve di forza corrispondenti ad una composizione da pittore astrattista già quasi funzionale e pur sempre esplicitamente eternista. Il carattere angelico del letterato-oratore è ancora piú evidente nella visione finale del «Mensch in der Mitte»: la sua bocca è arco piegato in cerchio, la sfera luminosa del capo è intessuta di esseri angelici, i suoi occhi lanciano nello spazio ali rilucenti.