Commisi un solo peccato: non seppi
esser felice, mai, neppure un giorno,
neppure un’ora. Ebbi sempre terrore
della vita, del mondo, dell’amore.
Per me allucinazione era la vita,
e malattia e condanna; orrore e brama
della morte, miseria; estenuazione
efferata del corpo, atra tortura
dell’anima. E la creazione, gioia
dei poeti sofferenti e maledetti,
angoscia ferale era per me, non
redenzïone. Fui sempre sospeso
al confine di due regni: malvivo
fanciullo e spettro nostalgico. Dalle
tenebre sgomentato il fanciulino,
dalla luce lo spirito atterrito.
Peccato fu anche per me punizione:
questa la mia terrificante angustia.
Le da me scritte fantasie in quei
tormenti dettero a me fama, agli uomini
piaceri e brividi. Ma chiedo grazia
per quell’atroce e feroce destino
che di me fece lo schiavo straziato
di un genio demoniaco e spietato.