LORD GEORGE GORDON BYRON STANZE AD AUGUSTA - PROMETEO - IL SOGNO - L'OSCURITÀ - NON VAGHEREMO PIÙ COSÌ |
STANZA A [AUGUSTA] 1 Sebbene il giorno del mio destino fosse svanito, e tramontato l'astro del mio fato, il tuo cuore tenero rifiutò di accorgersi delle mancanze additate dalla moltitudine; sebbene la tua anima intendesse la mia pena, non rifuggì dal dividerla con me, e l'amore che il mio spirito ha ritratto non l'ha mai incontrato se non in te. l'ultimo sorriso che al mio risponde, non lo credo ingannevole poiché mi ricorda il tuo; e quando con l'oceano guerreggiano i venti, così come con me i cuori cui credetti, se i loro flutti mi suscitano un'emozione è perché mi allonçanano da te. e i suoi frammenti siano inabissati nell'onda, alla pena - non ne sarà schiava. Mi inseguono innumerevoli pene: potranno annientarmi, ma non spezzarmi; potranno torturarmi, ma non umiliarmi: è a te che penso, non a loro. sebbene donna, non mi abbandonasti, sebbene amata, non mi feristi, sebbene diffamata, non vacillasti, sebbene creduta, non mi tradisti, sebbene divisa, non fu per sfuggirmi, sebbene cauta, non mi diffamasti, né fosti muta, perché mi calunniasse il mondo. né la guerra di molti contro uno se l'anima mia non era atta ad apprezzarlo fu follia non sfuggirlo prima: e se quell'errore l'ho pagato caro, e più di quanto una volta potessi aspettarmi, seppure mi strappasse ogni cosa, ho imparato che non poteva di te privarmi. almeno questo lo posso richiamare, mi ha insegnato che quanto tenevo di più caro era degno di esserlo: nel deserto scaturisce una fonte, nella sconfinata distesa vi è ancora un albero, e il canto di un uccello nella solitudine parla al mio spirito di te. le sofferenze della mortalità, viste nella loro triste realtà, non erano come cose che gli dei disprezzano; quale fu la ricompensa della tua pietà? Un soffrire silenzioso e intenso; la rupe, il vùlture, e la catena, tutto ciò che gli orgogliosi riescono a sopportare, l'angoscia che non mostrano, il senso soffocante della sventura, che non parla se non in solitudine, e poi è geloso per tema che il cielo abbia chi l'ascolti, né emetterà un sospiro finché la sua voce non sia priva di eco. tra la sofferenza e la volontà che torturano quando non possono uccidere; e il Cielo inesorabile e la sorda tirannia del Fato, il dominante principio dell'Odio, che per il suo piacere crea le cose che può annientare, ti rifiutarono anche il favore di morire: il dono miserabile dell'eternità fu tuo - e tu l'hai ben sopportato. Tutto ciò che il Tonante ti estorse fu la minaccia che su di lui respinse i tormenti della tua tortura; il fato che prevedesti tanto bene ma che per non placano tacesti; e nel tuo Silenzio fu la sua Sentenza, e un terrore malvagio mascherato così male di rendere con i tuoi precetti la somma dell'umana infelicità minore, e di rafforzare la mente dell'Uomo; ma pure impedito come tu fosti dall'alto, nella tua energia paziente, nella resistenza, e rifiuto del tuo Spirito impenetrabile, che Terra e Cielo non poterono sconvolgere, ereditiamo una lezione imponente: sei un simbolo e un segno ai Mortali del loro fato e forza; come te, l'Uomo è in parte divino, una corrente intorbidita sgorgante da una fonte pura; e l'Uomo parzialmente può prevedere il proprio destino lugubre; la propria miseria e resistenza, e la propria triste esistenza senza alleati: a cui il suo Spirito può opporsi, all'altezza di tutti i dolori, e una volontà ferma, e un profondo sentire che persino nella tortura sa scorgere la propria segreta ricompensa; trionfando là dove osa gettare la sfida, e della Morte facendo una Vittoria. un confine tra le cose chiamate impropriamente morte e esistenza: il Sonno ha il proprio mondo, e un vasto reame di sfrenata realtà; e nel loro svolgersi i sogni hanno respiro, e lacrime e tormenti e sfiorano la gioia; lasciano un peso sui nostri pensieri da svegli, tolgono un peso dalle nostre fatiche da svegli, dividono il nostro essere; diventano parte di noi stessi e del nostro tempo, e sembrano gli araldi dell'eternità; passano come fantasmi del passato, parlano come Sibille dell'avvenire; hanno potere - la tirannia del piacere e del dolore; ci rendono ciò che non fummo, secondo il loro volere, e ci scuotono con dissolte visioni, col terrore di svanite ombre. Ma sono veramente così? Non è forse tutto un'ombra il passato? Cosa sono? Creazioni della mente? La mente sa creare sostanza, e popolare pianeti, di sua fattura, di esseri più splendenti di quelli mai esistiti, e dare respiro e forma che sopravvivono alla carne. Vorrei richiamare una visione che ho sognato forse nel sonno, poiché in sé un pensiero, un pensiero assopito, racchiude anni, e in un'ora condensa una lunga vita. stare su una collina, una collina gentile," verde e di pendenza lieve, l'ultima come se fosse il promontorio di una lunga catena, salvo che non vi era mare a bagnarne la base, di boschi e di campi di granoturco, e le umane dimore sparpagliate a intervalli, e il fumo innalzantesi in spire dai tetti rustici, incoronata era la collina da un insolito diadema di alberi, in ordine circolare, così disposti non dall'arbitrio della natura, ma dall'uomo: i due, una fanciulla e un ragazzo, stavano là in contemplazione - l'una di ciò che si stendeva in basso, armonioso come lei, ma il ragazzo la fissava; ed entrambi erano giovani, e una era bella ed erano giovani entrambi, ma non per gioventù pari. Come soave luna sul limite dell'orizzonte, la fanciulla era alla vigilia della propria maturità; il ragazzo contava meno estati, ma il suo cuore aveva di molto superato i suoi anni, e al suo sguardo vi era un solo volto amato sulla terra, e ora splendeva su di lui: l'aveva guardato finché non gli si impresse per sempre nella mente; non aveva respiro, essere, se non nel suo; lei era la sua voce; non le parlava, ma tremava alle sue parole; era la sua vista, poiché i suoi occhi seguivano quelli di lei, e con essi vedevano colorando per lui tutti gli oggetti: aveva cessato di vivere in se stesso; lei era la sua vita, l'oceano per il fiume dei suoi pensieri, in cui tutto terminava: a un cambiamento di tono, a un tocco di lei, il suo sangue fluiva e rifluiva, e il suo colorito cambiava tempestosamente: il suo cuore ignorando la causa dello spasimo. Ma lei a questi sentimenti non prendeva parte: non erano per luci suoi sospiri; per lei lui era simile a un fratello, ma non di più; era molto, poiché non aveva fratelli, se non in nome dell'amicizia giovanile che gli aveva concesso; era la solitaria discendente superstite che gli piaceva, e che gli spiaceva tuttavia, e perché? Il tempo gli insegnò una risposta profonda quando ella amò e dalla cima di quel colle stava mirando lontano se ancora il destriero dell'amato tenesse il passo della sua attesa, e volasse.
C'era un palagio antico, e davanti alle sue mura un bardato destriero: in un Oratorio antico stava il Ragazzo di cui parlai; era solo e pallido, passeggiava su e giù; all'improvviso si sedette, e prese una penna, e tracciò parole che non potrei indovinare; poi appoggiò la testa chinata sulle mani, e come colto da una convulsione fremette, si alzò di nuovo, e poi, con i denti e le mani tremanti strappò ciò che aveva scritto, ma lacrime non versò, calmandosi, e s'impose un'espressione di pace sul volto: durante questa pausa la Signora del suo amore rientrò; era serena e sorridente allora, eppure sapeva di essere amata da lui; sapeva, poiché ci vuole poco per intuire, che il io cuore era oscurato dalla sua ombra, e vide che era infelice, ma non vide tutto. Si alzò, e in una fredda stretta gentile le chiusi la mano; per un istante sul suo volto una lapide di pensieri indicibili fu incisa, e poi si cancellò, così, com'era apparsa; lasciò cadere la mano che teneva, e a passi lenti e montando sul suo destriero andò per la sua via; e quella veneranda soglia mai più riattraversò. Il ragazzo proruppe nell'età virile: nei deserti di climi ardenti si elesse la dimora, e la sua anima ne bevve i raggi solari: fu attorniato da gente di strane e oscure sembianze: egli stesso non era e sul litorale era un errante: una moltitudine d'immagini s'affollarono su di me come onde, pure egli era parte di tutte; e nell'ultima giaceva riposandosi dall'afa del meriggio, us adagiato tra colonne cadute, all'ombra di mura crollate che avevano perpetuato i nomi immerso nel sonno, stavano cammelli pascolanti e qualche splendido di un costume fluente abbigliato stava di guardia, così sereno, chiaro e assolutamente bello, che Dio unicamente poteva essere visto nel cielo. La Signora dèl suo amore fu unita ín matrimonio' con un uomo che non l'amava meglio; nella sua casa a mille leghe da qui - nella sua casa natia dimorava, circondata dall'Infanzia crescente, 130 figli e figlie della Beltà, ma osserva Sul suo volto c'era la sfumatura del dolore, e un inquieto abbassarsi degli occhi, come se le palpebre fossero appesantite da lacrime non versate. Quale poteva essere la sua pena? Aveva tutto ciò che amava, e colui che tanto l'aveva amata non era là, con afflizioni mal represse, i suoi candidi pensieri. Quale poteva essere la pena? non l'aveva amato, né poteva essere parte di ciò che devastava la sua mente: uno spettro del passato.
Un cambiamento subentrò nello spirito del mio sogno. L'Errante era tornato. Lo vidi in piedi davanti all'altare - con una sposa gentile;` il volto di lei era amabile, ma non era stato quello a formare proprio davanti all'altare, sul suo volto apparve la medesima espressione, e quella violenta emozione che nell'Oratorio antico il seno gli scosse in solitudine; e allora, per un momento sul suo volto, come in quell'ora, la lapide di pensieri indicibili fu incisa, e si cancellò così com'era apparsa, e se ne stette calmo e quieto, e pronunciò gli opportuni voti, ma non sentì le proprie parole, e tutte le cose a lui attorno rotarono; non poté vedere né ciò che era, né ciò che avrebbe dovuto essere, ma l'antico palagio, e la sala consueta, e le dimenticate stanzi, e il luogo, il giorno, l'ora, la luce del sole, l'ombra, tutte le cose appartenenti a quel luogo e ora, e lei che era il suo destino - ritornarono e si frapposero tra lui e la luce; che facevano là in tale momento? La Signora del suo amore... Oh! era mutata come dalla malattia d'amore; la sua mente si era separata dalla sua dimora, e i suoi occhi non avevano il proprio splendore, ma uno sguardo che non è di questa terra; era diventata la regina di uno strano reame; i suoi pensieri erano combinazioni di disgiunte cose; e forme impalpabii e non avvertite dalla vista degli altri erano alla sua familiari. E questo il mondo lo chiama delirio; ma i saggi soffrono di una pazzia ben più profonda, e lo sguardo della melanconia è uno spaventoso dono; che cos'è se non il telescopio della verità? Esso denuda la distanza delle proprie illusioni, e avvicina la vita nella sua completa nudità, rendendo la realtà gelida troppo reale! L'Errante era come prima solo, gli esseri che lo circondavano se n'erano andati, o erano con lui in guerra; era bersaglio degli influssi maligni e della disperazione, accerchiato dall'Odio e dalla Polemica; la pena era commista a tutto ciò che gli veniva servito, finché, come nell'antichità il monarca del Ponto, si nutrì di veleni, e non ebbero più effetto, ma divennero una specie di dieta; sopravvisse a esperienzeche la morte diedero a molti, e divenne amico dei monti: con le stelle e con lo Spirito vitale dell'Universo soleva dialogare; ed essi gli insegnarono la magia dei loro misteri; per lui il libro della Notte era spalancato, una meraviglia e un segreto. E così sia.
Era stranamente attendibile che la sorte di queste due creature fosse delineata quasi come reale: che l'una dovesse giungere alla follia - all'infelicità entrambi.
Il sole radioso si era spento, e le stelle vagavano oscurandosi nello spazio eterno, disperse e prive di raggi, e la terra coperta di ghiacci intenebrandosi ruotava cieca nell'aria senza luce; il mattino venne e svanì, ritornò senza portare il giorno, e nel terrore di questa desolazione gli uomini obliarono le loro passioni; e ogni cuore gelò in un'egoista preghiera di luce: e vissero presso fuochi di campo e i troni, i palazzi di re incoronati; i tuguri, le abitazioni di tutti gli abitanti furono arsi come fuoco di segnalazione; si consumarono le città e gli uomini si radunarono attorno alle lro case divampanti felici coloro che dimoravano nello sguardo dei vulcani, e nei pressi della loro torcia montana: il mondo conteneva una sola timorosa speranza; le foreste furono incendiate, ma in poche ore crollarono distrutte, e i crepitanti tronchi si spegnevano in uno scroscio - e tutto tornava oscuro. prendevano un'espressione disumana, mentre a tratti le fiammate li rischiaravano di colpo; si stesero alcuni e piangendo si coprivano gli occhi; altri poggiavano il capo sulle mani serrate a pugno, ridacchiando; altri correvano avanti e indietro, tenendo vivo il proprio rogo funebre e fissavano con inquietudine folle il cielo ottenebrato, mortuario manto di un mondo passato; e poi ancora abbassavano lo sguardo nella polvere bestemmiando e i denti digrignavano urlando: stridevano gli uccelli selvatici divennero domi e tremanti; vipere strisciando s'attorcigliavano tra la moltitudine, innocue sibilando - furono trucidate per servire come nutrimento! col sangue, e ognuno in disparte sedeva tetro satollandosi nello sconforto: svanì l'amore; la terra intera aveva un sol pensiero - la morte ingloriosa e immediata; e i morsi della fame si nutrivano dei visceri, gli uomini si estinguevano, e le loro ossa rimanevano insepolte come la loro carne: esseri scarniti da altri scarniti venivano divorati, perfino i cani si scagliavano sui padroni, tutti, meno uno, fedele a un cadavere, teneva gli uccelli e le belve a distanza, e gli uomini famelici, e un guaito desolato improvviso, lambendo la mano che non rispose con una carezza, morì. La folla morì di fame lentamente; ma due di una città enorme, sopravvissero, ed erano nemici: s'incontravano presso dove un gran numero di oggetti sacri per un sacrilego uso rabbrividendo; con le loro fredde mani inscheletrite, sfregarono le ceneri estenuate, e il loro respiro fievole soffiò per un po' di vita, e ottennero una fiamma ch'era una beffa; e alzarono gli occhi mentre l'ansia si rischiarava, e scorsero A ucciderli fu il reciproco aspetto orrendo, senza che sapessero chi fosse colui sul cui volto la carestia l'aspetto del Demonio aveva dipinto. Deserto I fiumi, i laghi, l'oceano erano immoti, nulla si muoveva nelle loro profondità silenziose; dormivano nell'abisso privo di flutti. Morte erano le onde; le maree erano sepolte, la loro signora, la luna, era spirata prima; i venti nell'aria stagnante s'erano inariditi, e perirono le nubi; l'Oscurità non aveva bisogno del loro aiuto: Ella era l'Universo.
1 indugiando nella notte fonda, anche se il cuore è parimenti preso d'amore, e come allora luminosa risplende la luna. e il cuore esige una pausa per respirare, e l'amore stesso per il riposo sospira. e il giorno troppo presto ritorna, pure noi non vagheremo più così indugiando al chiaro di luna. |
|
![]() |