LA PEDAGOGIA

 

di EMANUELE KANT

 

 

 

PROEMIO E TRADUZIONE

DI

ANGELO VALDARNINI

PROEMIO DEL TRADUTTORE

I

 

Scienza filosofica e, secondo altri, scienza universale pu˜ dirsi la Pedagogia. Scienza filosofica, perch il soggetto della Pedagogia  lĠuomo considerato nella sua natura, nella sua destinazione e in tutte le sue attinenze principali. Scienza universale, perch il fine supremo della Pedagogia consiste nellĠarte di perfezionare lĠuomo. Ora questo perfezionamento, che  materiale o fisico, intellettivo, morale e politico o sociale, dimanda la conoscenza di molte e svariate discipline, ma segnatamente la conoscenza della Fisiologia ed Antropologia fisica, della Psicologia, della Logica, della Morale, della Storia, del Diritto, della Politica, delle sociali discipline in generale. Di qui i vari metodi educativi secondo i tempi, i luoghi, i sistemi filosofici, le istituzioni religiose, civili e politiche, e secondo il grado stesso dellĠumano sapere. Ma oggi, in cos“ notevole progresso di cognizioni e di civiltˆ, onde mai si disputa ancora su molti punti essenziali della scienza e dellĠarte educativa? Perch lĠarte di perfezionare lĠuomo  sommamente difficile e complessa per la natura stessa dellĠuomo, pel suo fine, per le sue molteplici e diverse relazioni. Quindi troppo ardito e non guari attuabile ci pare il detto famoso del Leibnitz: ÇChi ha in mano lĠeducazione della giovent pu˜ cambiare la faccia del mondo.È Il valentuomo forse dimenticava che allĠarte umana segna confini non valicabili la natura, e che il soggetto da educarsi  lĠuomo con i suoi pregi e difetti naturali, e fornito di volontˆ libera. Onde lĠautoritˆ, la forza morale unita pure alla fisica, e la stessa ragione non sempre riescono a piegare o a dirigere lĠaltrui volontˆ libera. Invece, noi diremo che lĠeducazione da s non pu˜ far tutto, ma pu˜ far molto, anche se incontri difficoltˆ non lievi e tenaci resistenze nellĠeducando. Non occorre, dĠaltra parte, spender molte parole per dimostrare come lĠeducazione fisica, intellettiva, morale e civile per lĠuomo sia una necessitˆ. Sta bene che lĠuomo, fornito di corpo e di animo, ha naturali disposizioni fisiche e intellettuali, come ha leggi sue proprie; chĠegli  un animale naturalmente ragionevole, sociabile e parlante, come lo definiva Aristotile. Ma senza lĠarte educativa, abbandonato a s stesso, lĠuomo non si distingue dagli animali bruti, non apprende il linguaggio, non dispiega debitamente le sue facoltˆ mentali e morali, e non pu˜ quindi conseguire il suo massimo perfezionamento e il vero suo fine.

Ora, se allĠuomo  necessaria lĠeducazione, se la natura umana in sostanza non cambia, perch tanta varietˆ di sistemi educativi in ogni tempo e luogo, perch non abbiamo ancora unitˆ e concordia dĠintelligenze rispetto ai princip” direttivi nellĠarte dellĠumana educazione? Ardua  la risposta. E giˆ. il Kant ebbe acutamente osservato, che di tutti i problemi, affacciatisi o dati a risolvere alla mente umana, il pi nobile ma insieme il pi difficile  il problema dellĠeducazione.

Criter” principali della scienza e dellĠarte educativa per noi sono glĠinfrascritti. Presa notizia della natura, della perfettibilitˆ e del fine vero e compiuto dellĠuomo, educar tutto lĠuomo e perfezionarlo non pure verso s stesso, ma. in relazione coi fini della societˆ civile ed umana. Con qual mezzo? Per via di ragionevole autoritˆ, intesa a porre lĠalunno in grado di far poi retto uso della libertˆ. Entro qual periodo di tempo? N troppo breve, n troppo lungo, ma quanto  necessario perch lĠeducazione sia graduata e piena, non torni a danno dello sviluppo e della salute del corpo, n affatichi di soverchio la mente e lo spirito. In quali modi? Partendo dallĠeducazione fisica e sensitiva, quindi per quella intellettuale ed estetica arrivando alla compiuta educazione morale: cio comprendere tutto lĠuomo, non disfarlo, ma perfezionarlo, addestrandone tutte le facoltˆ, distinte ma in armonia fra loro, e per˜ distinguere e comprendere lo studio delle varie discipline, a quel modo che distinti sono i fini e i doveri sociali dellĠuomo. Ma, intanto, una  la persona umana, uno lĠanimo nostro, uno il vero ed il bene, uno il dovere nostro supremo, cio lĠossequio costante, incondizionato alla legge morale e il perfezionamento umano.

Contro questa dottrina pedagogica vanno pertanto quei sistemi educativi, che o tutto concedono allĠautoritˆ dellĠeducatore e del maestro, a danno della spontaneitˆ dellĠalunno, e viceversa; che accelerano troppo, o che ritardano lĠeducazione intellettiva e morale; che insegnano ad un tempo cose e discipline soverchie, o in numero troppo scarso e superficialmente; che nellĠalunno altro non cercano che un puro spirito da coltivare, od un semplice animale con organi pi perfetti; che badano al solo fine dellĠindividuo umano, e punto o poco al fine sociale, e viceversa; che fondano lĠeducazione su meri principi a priori, o sulla nuda osservazione esteriore e su mezzi materiali, riducendo lĠarte educativa ad un gretto empirismo.

II

Nei tempi andati lĠautoritˆ dei genitori, degli educatori e dei maestri pesava troppo suĠ figli e sugli alunni; allĠetˆ nostra generalmente si eccede in fatto di libertˆ, in ogni educazione domestica, privata e pubblica. Una volta sĠinsegnava poco e tardi; oggi molti genitori e maestri ed alcuni Stati hanno la smania dĠistruire i fanciulli troppo presto e dĠinsegnar loro troppe cose. Nei secoli anteriori, e anco nella prima metˆ del secol nostro, lĠeducazione fisica era generalmente trascurata, o non tenevasi conto delle leggi fisiologiche nellĠeducazione mentale; oggi si tende, specie dai pi fervidi seguaci delle teorie Darwiniane e della Filosofia evoluzionista, ad imperniare sulla Fisiologia la Pedagogia intera, cio non pure lĠeducazione fisica e sensitiva dellĠuomo, s“ anche la intellettiva e la morale. Ma, fra gli altri, un valoroso propugnatore della nuova Pedagogia scientifica, il compianto Siciliani (Storia critica delle teorie pedagogiche), osservava giustamente che il Darwinismo non pu˜ dar ragione di tutta la scienza pedagogica, e ancor pi esso torna insufficiente quando allĠarte educativa si vogliano applicare le pure leggi meccaniche del trasformismo.

Anticamente lĠeducazione morale forse invadeva troppo il campo dellĠeducazione mentale; in oggi avviene il contrario: di qui la mancanza dĠuna soda morale pubblica, come lamentava non ha guari lo SchŠffle (Struttura e vita del corpo sociale). Alcuni pedagogisti racchiudono tutta la scienza e lĠarte educativa in una metodica generale ed astratta, dimenticando cos“ lĠaurea sentenza di Seneca: Longum est iter per praecepta, breve et eff“cax per exempla. Altri, invece, non sanno mai elevarsi ai princip” ed a certe regole supreme, a qualche concetto nobile e peregrino intorno allĠarte e al fine dellĠeducazione, ma tutto riducono a tritumi, ad esempi, e a norme le pi viete e comuni.

III.

Alla pi parte di questi difetti rimedia un breve trattato di Pedagogia, uscito dalla mente di un gran pensatore e filosofo, di Emanuele Kant, e fiorito appunto in Germania, detta a ragione terra classica della Pedagogia.

Veritˆ essenziali, feconde e peregrine, elevati e ardui problemi accennati o risoluti dal Kant, formano il pregio massimo del libro pedagogico tedesco. Vediamolo brevemente.

1. Secondo il Kant, la sola creatura capace di educazione sulla terra  lĠuomo, il quale non pu˜ diventare vero uomo che per educazione.

2. Il genere umano deve a poco a poco trarre da s stesso tutte le qualitˆ e le disposizioni naturali che spettano allĠumanitˆ.

3. Una generazione educa lĠaltra; e cos“ il progresso dellĠeducazione va necessariamente unito alla perfezione della natura umana.

4. LĠabbozzo dĠuna dottrina pedagogica  un ideale stupendo e nobile, quandĠanche non possa effettuarsi; dacch lĠarte educativa richiegga molte generazioni per essere perfezionata.

5. Fra le scoperte ed arti umane due sono le pi difficili: lĠarte di educare gli uomini e lĠarte di governarli.

6. Non devesi educare i fanciulli per la generazione presente, ma per un migliore stato sociale avvenire, fondando le norme educative sullĠidea dellĠumanitˆ e della sua vera e compiuta destinazione.

7. Un disegno di educazione dovrebbe, pertanto, essere cosmopolitico.

8. Il metodo dĠistruzione e dĠeducazione non vuol essere meccanico, ma fondato su princip” razionali. - E giˆ il Ratich aveva detto lieto e animoso: Vetustas cessit, ratio vicit.

9. In qual modo conciliare lĠautoritˆ dellĠeducatore con la volontˆ libera dellĠeducando e col fine ultimo dellĠeducazione? Servirsi dellĠautoritˆ per educare nellĠuomo la libertˆ. La stessa disciplina non sia dunque servile. - Aforismo provvido e sapiente che pi tardi cercarono dimostrare e inculcare agli Italiani il Lambruschini e il Rayneri.

10. LĠuomo  il solo animale che abbia necessitˆ di lavoro. Il lavoro fisico e il lavoro mentale, bench distinti, non vanno separati; e lĠuno e lĠaltro devĠessere fatto per dovere. Onde la stessa cultura dello spirito  doverosa, n va impartita ed appresa per mero divertimento.

11. Non una sola, n alcune, n separatamente, ma tutte le facoltˆ umane vogliono essere coltivate, ciascuna di esse in relazione con le altre e per le altre. La cultura fisica non sia quindi segregata da quella dello spirito. - La quale armonia delle potenze dellĠanimo e del corpo nel graduato loro svolgimento era stata accennata e raccomandata anche da Francesco Bacone nel De augmentis scientiarum, lˆ ove tratta della pedagogica.

12. Rispetto allĠeducazione mentale, bisogna apprender bene pi cose, con attivitˆ costante e intensa, ma nel debito tempo: festina lente.

13. NellĠeducazione progressiva si tenti di unire il sapere e il potere. - E giˆ Francesco Bacone aveva detto: ÇLĠuomo tanto pu˜ quanto sa.È Ma come dee procedere, secondo il Kant, la prima educazione intellettuale? Alle lezioni di cose (tal sarebbe la descrizione del Mondo figurato) e allĠesercizio della memoria si unisca quello dellĠintelletto e del giudizio, se non vogliamo formare degli alunni tanti lessici viventi. Nella cultura della ragione si preferisca pertanto il metodo socratico.

é chiaro che al metodo intuitivo ed oggettivo (come si domanda oggi) il Kant voleva si unisse anche il metodo razionale e soggettivo, per avvezzare lĠalunno a riflettere ed a pensare da s.

14. Prima delle Scuole normali si fondino Scuole sperimentali, dove si osservino diligentemente gli uomini e se ne venga a conoscere per esperienza la natura varia e moltiplice.

15. Gli Insegnanti abbiano ed usino libertˆ. di metodo, conforme si praticava nella scuola sperimentale di Dessau. - E cosi il Kant risolveva uno dei molteplici aspetti dellĠardua e complicata questione sulla libertˆ dellĠinsegnamento.

16. LĠarte perfetta, anche nella didattica e autodidattica, ritorna alla natura. - Onde mai? Perch lĠarte fondata sulla natura non pu˜ fallire a sicura meta. Quindi il Machiavelli voleva ritirare ai loro princip” quelle istituzioni, che fossero troppo inveterate o corrotte. E pi tardi il Vico usc“ in questĠaurea sentenza: ÇLe cose fuori del loro stato naturale nŽ vi si adagiano, nŽ vi durano.È

17. LĠeducazione morale ha per fine principale di formare il retto e vero carattere nellĠuomo, il quale deve anzitutto domare le sue passioni: sustine et abstine.

18. Nello stato presente intellettuale e sociale, bisogna inculcare per tempo ai fanciulli alcune idee religiose, ma con siffatto metodo che la nozione di Dio sia congiunta a quella del dovere e che la legge divina apparisca come legge di natura, legge che lĠuomo sente e ritrova nella propria coscienza. ImperocchŽ la Religione senza la moralitˆ si riduce a un mero culto superstizioso.

19. Si avvezzino i giovinetti alla tolleranza religiosa perch, nonostante la differenza delle religioni positive, vĠha una sola religione.

20. Il giovinetto, inoltre, sia educato alla socievolezza, cio allĠamore non solo della famiglia, degli amici e della patria, ma degli uomini tutti, prescindendo da ogni interesse proprio e da ogni disuguaglianza sociale, dacchŽ il bene sia amabile per s stesso e gli uomini siano tutti eguali per natura.

21. Il giovane, stimando s giusta il proprio valore intrinseco e non secondo il giudizio e il valore degli altri, dia poca importanza ai beni e aĠ piaceri della vita, e si apparecchi a non temere la morte.

22. Una buona educazione  proprio la sorgente dĠogni bene nel mondo.

Oltre questi punti essenziali, nella Pedagogia del Kant troverˆ il lettore osservazioni elevate, giudiziose, pratiche, argute, e quel senso profondamente morale che domina tutta la Filosofia pratica del grande pensatore tedesco.

IV.

Narrasi che appena il Kant ebbe gettato gli occhi sullĠEmilio del Rousseau, lo lesse tutto con tale ardore e attenzione da sospendere perfino la regolaritˆ delle sue passeggiate quotidiane. E di alcuni princip” di questo libro si giov˜ assai nelle sue lezioni di Pedagogia allĠUniversitˆ, per quello che si attiene alla morale disciplina e soprattutto allĠeducazione fisica, come pu˜ vedersi nel trattato pedagogico del Kant paragonato collĠEmilio. Ma nel resto, egli sapeva discernere benissimo gli errori e lĠesagerazioni del filosofo ginevrino anche in fatto dĠeducazione; e quindi se il Kant (come osserva il Barni)  per alcuni rispetti un discepolo di Rousseau, si mostra per˜ un discepolo indipendente, e che mira e va pi alto nel correggere il suo maestro.

Il gran segreto del perfezionamento del genero umano  riposto nel problema dellĠeducazione. Queste parole del Kant sono lĠespressione fedele del pensiero generale del secolo XVIII, detto a ragione il secolo dei lumi e del progresso. Allora fu meglio compreso che dallĠeducazione dipende lĠavvenire del genere umano, e che indi essa  il pi efficace strumento del civile progresso. Questa nuova idea, tanto profonda nellĠaspetto teorico quanto feconda di buoni risultamenti nellĠaspetto pratico, fu dal Kant, giˆ riformatore della filosofia speculativa e pratica, sviluppata sapientemente e bandita con ardore dĠapostolo nelle lezioni di Pedagogia. é da notarsi che in queste lezioni il Kant non segue il metodo ed i risultamenti teorici ai quali pervenne col suo criticismo filosofico nella Critica della Ragion pura e nella Critica del Giudizio; ma si attiene generalmente ai princip” stabiliti nella sua Filosofia pratica, conformando le massime dellĠeducazione morale alle sue dottrine morali, religiose, giuridiche e politiche. Basti confrontare parecchie sue massime di educazione morale e religiosa con i princip” stabiliti nella Critica della Ragion pratica, nella Metafisica dei costumi, nella Dottrina della Virt, nella Religione entro i limiti della pura ragione. Per esempio, tanto nella sua Filosofia pratica quanto nella Pedagogia, il Kant insegna e raccomanda una Morale pura e disinteressata, il bene per il bene, il dovere per il dovere, e sopra ogni altra cosa il dovere anche nel lavoro e nella istruzione! Bens“ nella Pedagogia il Kant mira alla vita pratica e sociale pi e meglio che non faccia nella stessa Filosofia pratica. Infine, per ci˜ che si attiene al progresso ed alla perfezione del genere umano in relazione con una sana e compiuta educazione, vogliono essere meditate non pure le massime inculcate nel suo trattato pedagogico, ma eziandio le infrascritte leggi stabilite nel breve scritto: Idea intorno alla Storia universale, al quale si rannoda lĠopuscolo Sulla pace perpetua.

1ğ Tutte le disposizioni naturali di un essere si debbono svolgere compiutamente.

2ğ NellĠindividuo umano tali disposizioni non si possono svolgere in modo compiuto; quindi esse debbono conseguire il loro massimo svolgimento nella specie.

3ğ Per i fini della natura era necessario che una specie animale fosse dotata di ragione, come appunto  la specie umana. La natura ha voluto che questa specie acquistasse tutto da s stessa, fuorchŽ quello che appartiene al meccanismo naturale, e che dovesse a s sola la propria felicitˆ e perfezione. Quindi tutto ci fa credere che la natura colle sue leggi non miri alla nostra felicitˆ, ma solamente alla nostra perfezione, cio al massimo svolgimento delle facoltˆ umane.

4ğ Il mezzo di cui la natura si serve per questo svolgimento  lĠantagonismo degli uomini, il quale consiste in due tendenze, associante una, e dissociante lĠaltra. La prima conduce gli uomini ad una societˆ regolata poi da leggi; la seconda  madre di molte passioni che rendono gli uomini attivi e intraprendenti, suscitando tra essi la gara del fare e del possedere. In tal modo sorge e fiorisce la civiltˆ.

5ğ Il pi grande problema dellĠUmanitˆ, alla cui soluzione la natura induce gli uomini,  quello di effettuare una Societˆ civile universale che regoli e governi i diritti di ciascuno.

6ğ Questo problema, il pi difficile e il pi tardo di tutti a sciogliersi, non potrˆ essere sciolto fino a tanto che non saranno regolate legalmente le relazioni dei vari Stati. Secondo il Kant, il diritto e la sociale tranquillitˆ non possono essere pienamente assicurati senza una confederazione generale degli Stati che ponga termine alle guerre.

7ğ Noi possiamo risguardare in grande la Storia dellĠUmanitˆ quale compimento dĠun disegno occulto della natura, inteso ad attuare una perfetta costituzione interna, e, per questo fine, anche esterna degli Stati, come vera e sola condizione in cui agli uomini sia dato di svolgere e perfezionare le loro facoltˆ. Quindi pel Kant, la perfetta costituzione politica  un semplice mezzo al perfezionamento delle facoltˆ umane; il qual perfezionamento mira, alla sua volta, al progresso morale dellĠUmanitˆ.

8ğ Noi dobbiamo risguardare come possibile il tentativo filosofico di trattare la Storia secondo lĠaccennato disegno della Natura. PoichŽ si presuppone, aggiunge il Kant, unĠunitˆ organica nella natura, non possiamo rifiutarci di ammetterla anche nella Storia, come una giustificazione della natura e della Provvidenza. A che varrebbero, infatti, le meraviglie del resto della natura, se ci˜ che vĠha di pi importante al mondo, vale a dire la Storia dellĠUmanitˆ, non fosse che disordine?

E cos“ la Filosofia della Storia, considerata dal Kant quasi una Teologia umana, rannodasi da una parte colla Filosofia speculativa, dallĠaltra colla Filosofia pratica e colla stessa Pedagogia, conforme appare dai sommi princip” pedagogici del filosofo tedesco.

V.

Dopo il Kant, che pu˜ dirsi novatore anco nella scienza dellĠumana educazione, molto si  scritto di Pedagogia nelle pi colte e civili nazioni dĠEuropa, come appunto in Germania, Francia, Inghilterra, Svizzera. ed Italia. Ma osiamo dire che nessun pedagogista ha superato il Kant nei principj fondamentali e nelle massime generali della scienza e dellĠarte educativa, se pure altri non abbia attinto a quella sorgente inesausta e pura. Onde i Tedeschi non senza ragione han chiamato libretto dĠoro il breve ma sostanzioso trattato pedagogico del Kant. Questo libro non ha certo il rigore, lĠordine e la perfezione delle opere principali del filosofo di Kšnisberga, perchŽ in fondo non  che una raccolta ordinata di principj, di massime, di note e di osservazioni, delle quali si giovava il Kant nel suo corso di lezioni popolari di Pedagogia, chĠegli era obbligato di fare per turno, come ogni altro professore di filosofia, allĠUniversitˆ durante un semestre. Ma, in compenso, questo trattatello pedagogico  pi chiaro e pi facile, e quindi accessibile alla mente dĠogni persona culta;  insomma quasi popolare e pratico, mentre neĠ suoi princip” fondamentali non si diparte, come abbiamo visto, dalla Filosofia pratica del Kant, cio dalle dottrine morali, giuridiche, politiche e religiose di lui.

Il trattato seguente, da noi recato in italiano, fu compilato da uno scolaro del Kant, dal prof. Teodoro Rinck, sopra il corso di lezioni pedagogiche fatto pi volte dal Kant stesso allĠUniversitˆ di Kšnisberga, e pubblicato, col consenso dellĠautore, nel 1803. Questo libro si compone di tre parti. La prima, o Introduzione, discorre i princip” e le idee generali dellĠeducazione; la seconda versa sullĠeducazione fisica, vale a dire sullĠeducazione del corpo e sulla cultura delle facoltˆ dello spirito; la terza parla dellĠeducazione pratica o morale.

Il nostro G. Capponi ebbe a lamentare, nellĠaureo Frammento sullĠeducazione, il tanto discorrere che aĠ tempi suoi facevasi dellĠeducazione, sentenziando che non avrebbe potuto incominciare lĠeducazione vera se non quando fosse cessato il tanto discorrerne. Che mai direbbe quel sobrio e valoroso pedagogista se oggi potesse alzare il capo dalla tomba?

Or bene, in mezzo a questa farragine di libri, di opuscoli e di riviste pedagogiche nostrane e forestiere onde siamo inondati; in mezzo a tendenze opposte anche in fatto dĠeducazione privata e pubblica, liberali le une, autoritarie le altre; in mezzo a sistemi disparati della vecchia scienza pedagogica e della nuova, questĠultima informata generalmente alle teorie darwiniane ed evoluzioniste; mi  parso utile ed opportuno di recar nuovamente in italiano (giovandomi assai della versione francese del Barni) le dottrine liberali, austere, elevate del Kant sullĠeducazione umana, e che in fondo tengono il giusto mezzo. Non voglio dire con questo che il trattato pedagogico del Kant, anche spiegato debitamente in relazione colle altre parti della sua Filosofia pratica, si debba oggi adottare come vero ed unico libro di testo nelle scuole nostre: quantunque, anche in Italia, non manchino esemp” in contrario rispetto ad altri libri moderni stranieri. Ma se noi dovessimo scegliere, puta caso, fra il libro assai pi recente di Erberto Spencer sullĠEducazione intellettuale, morale e fisica e il trattatello pedagogico del Kant, non esiteremmo a preferire questĠultimo. Per qual ragione? PerchŽ se il primo racchiude alcune giuste e pratiche osservazioni, e quindi se pu˜ tornare utile allĠeducazione fisica e mentale applicata; il secondo vince notabilmente lĠaltro, non solo per alti e sani princip” morali ondĠ informato, s“ anche per profonditˆ ed estensione di dottrina psicologica e pedagogica segnatamente riguardo allĠeducazione intellettuale e morale, mentre esso pure mira generalmente alla pratica, allĠarte vera educativa di tutto lĠuomo. Ad ogni modo,  fuori di dubbio che il trattato del Kant pu˜ servire come libro di lettura e di analisi comparativa nelle nostre Scuole di Pedagogia superiore, e in parte anche di guida tanto ai maestri quanto agli alunni nelle Scuole normali e secondarie. ImperocchŽ va sempre tenuto presente al pensiero un detto vero e profondo, che cio le moderne e civili nazioni che sono e vogliono restar libere, come appunto  lĠItalia, hanno bisogno dĠuna scienza pedagogica sana ed alta.

INTRODUZIONE

 

1. LĠuomo  la sola creatura capace di essere educata. Per educazione, in senso largo, sĠintende la cura (il trattamento, la conservazione) che richiede lĠinfanzia di lui, la disciplina che lo fa uomo, infine la istruzione con la cultura. Sotto questi tre rispetti, egli  infante, allievo e scolare.

Appena gli animali cominciano a sentire le proprie forze, le usano regolarmente, cio in maniera tale da non recar danno a s stessi. é curioso il vedere, per esempio, come le giovani rondinelle, appena uscite dal loro uovo e tuttora cieche, sappiano disporsi per modo da far cadere i loro escrementi fuori del nido. Gli animali non hanno dunque bisogno dĠessere curati, sviluppati, riscaldati e guidati, o protetti. Vero  che la pi parte di essi domandano nutrimento, ma non cure. Per cure bisogna intendere le precauzioni che prendono i genitori per impedire ai loro nati di far uso nocivo delle loro forze. Se, per esempio, un animale venendo al mondo gridasse come fanno i bambini, diverrebbe certamente preda dei lupi e di altre bestie selvagge attirate dalle sue grida.

La disciplina o educazione ci fa passare dallo stato di animale a quello dĠuomo. Un animale  pel suo istinto medesimo tutto ci˜ che pu˜ essere; una ragione a lui superiore ha preso anticipatamente per esso tutte le cure necessarie. Ma lĠuomo ha bisogno della sua propria ragione. Costui non ha istinto, e conviene che formi da se stesso il disegno della sua condotta. Ma, siccome non ne possiede la immediata capacitˆ e viene al mondo nello stato selvaggio, ha bisogno dellĠaiuto altrui.

La specie umana  obbligata a cavare a grado a grado da s stessa colle proprie sue forze tutte le qualitˆ naturali che appartengono allĠumanitˆ, una generazione educa lĠaltra. Se ne pu˜ cercare il primo principio in uno stato selvaggio o in uno stato perfetto di civiltˆ; ma nel secondo caso, bisogna pure, ammettere che lĠuomo sia poi ricaduto nello stato selvaggio e nella barbarie.

 

2. La. disciplina impedisce allĠuomo di lasciarsi deviare dal suo destino, dallĠumanitˆ, per le sue inclinazioni animali. Occorre, per esempio, chĠessa lo moderi, perchŽ egli non si getti nel pericolo come un animale feroce, o come uno stordito. Ma la disciplina  puramente negativa, perchŽ si restringe a spogliare lĠuomo della sua selvatichezza; lĠistruzione, al contrario,  la parte positiva dellĠeducazione.

La selvatichezza consiste nellĠindipendenza da tutte le leggi. La disciplina sottomette lĠuomo alle leggi dellĠumanitˆ, e comincia a fargli sentire la forza, lĠautoritˆ delle leggi stesse. Ma ci˜ devĠesser fatto per tempo. Cos“, mandansi per tempo i bambini alla scuola, non perch vi apprendano qualcosa, ma perchŽ vi si avvezzino a restare tranquillamente seduti e ad osservare puntualmente ci˜ che loro vien comandato, affinch in progresso di tempo sappiano cavar subito buon partito da tutte le idee che verranno loro in mente.

Ma lĠuomo  cos“ portato naturalmente alla libertˆ che, quando vi abbia preso una lunga consuetudine, le sacrifica tutto. Ora questa  la precisa ragione onde conviene per tempo ricorrere alla disciplina; chŽ altrimenti sarebbe troppo difficile di cambiar poi il suo carattere, ed egli seguirˆ allora tutti i suoi capricci. Parimente, si vede che i selvaggi non si abituano mai a vivere come gli Europei, quantunque restino per lungo tempo ai servigj loro. Il che non deriva giˆ in essi, come opinano il Rousseau ed altri, da una nobile tendenza alla libertˆ, ma da una certa rozzezza, perchŽ lĠuomo appo essi non si  ancora spogliato in qualche maniera della natura animale. E per˜ dobbiamo avvezzarci per tempo a sottometterci ai precetti della ragione. Quando allĠuomo si  lasciato seguire la piena sua volontˆ per tutta la giovent e non gli si  mai resistito in nulla, ei conserva una certa selvatichezza per tutta la vita. NŽ ai giovani reca alcuna utilitˆ un affetto materno esagerato, dacchŽ pi tardi si pareranno loro dinanzi ostacoli da tutte le parti, e troveranno dovunque contrarietˆ quando piglieranno parte agli affari del mondo.

Un vizio, nel quale ordinariamente si cade nellĠeducazione dei grandi,  quello di non opporre loro alcuna resistenza nella loro giovent, perchŽ sono destinati a comandare. NellĠuomo la tendenza alla libertˆ richiede chĠegli deponga la sua rozzezza: nellĠanimale bruto, al contrario, questo non  necessario per lĠistinto di lui.

LĠuomo ha bisogno di vigilanza e di cultura. La cultura abbraccia la disciplina e lĠistruzione. Nessun animale, che noi sappiamo, ha bisogno di questĠultima; imperciocch veruno di essi apprende alcun che daĠ suoi antenati, salvo quegli uccelli che imparano a cantare. Infatti, gli uccelli sono ammaestrati nel canto dai loro genitori; ed  mirabil cosa il vedere, come in una scuola, i genitori cantare con tutte le proprie forze davanti ai loro nati e questi adoperarsi a cavare gli stessi suoni dalle loro tenere gole. Se taluno volesse convincersi che gli uccelli non cantano per istinto, ma che imparano a cantare, basta ne faccia la prova ed  questa: levi ai canarini la metˆ delle uova loro e vi sostituisca uova di passero; ed ancora coi piccoli canarini mescoli insieme passeri giovanissimi. Li metta in una gabbia donde non possano udire i passeri di fuori; essi impareranno il canto dai canarini e cos“ avremo passeri cantanti. NŽ meno stupendo  il fatto che ogni specie dĠuccelli conserva in tutte le generazioni un certo canto principale; cos“ la tradizione del canto  la pi fedele nel mondo.

LĠuomo non pu˜ diventare vero uomo che per educazione; egli  ci˜ chĠessa lo fa. Vuolsi notare chĠegli pu˜ ricevere questa educazione soltanto da altri uomini che lĠabbiano egualmente ricevuta dagli altri. Quindi la mancanza di disciplina e dĠistruzione in certi uomini li rende assai cattivi maestri dei loro allievi. Se un essere di natura superiore si prendesse cura della nostra educazione, vedrebbesi allora ci˜ che noi possiamo divenire. Ma siccome lĠeducazione, da una parte insegna qualcosa agli uomini, e, dallĠaltra. non fa che svolgere in loro certe qualitˆ. non si pu˜ sapere fin dove portino le nostre disposizioni naturali. Se almeno si facesse una esperienza collĠaiuto dei grandi e col riunire le forze di molti, ci˜ ne illuminerebbe sulla quistione di sapere fin dove lĠuomo pu˜ arrivare per questa via. Ma una cosa tanto degna di osservazione per una mente speculativa quanto triste per un amico dellĠumanitˆ si  il vedere, che la pi parte dei grandi non pensano che a s stessi e non pigliano alcuna parte alle interessanti esperienze sulla educazione, per fare avanzare di qualche altro passo verso la perfezione la natura umana.

 

3. Non vi ha alcuno che, essendo stato trascurato nella sua giovent, sia incapace di ravvisare nellĠetˆ matura in che venne trascurato, vuoi nella disciplina, vuoi nella cultura (poichŽ si pu˜ chiamar cos“ la istruzione). Chi non possiede cultura di sorta  bruto; chi non ha disciplina o educazione  selvaggio. La mancanza di disciplina  un male peggiore della mancanza di cultura, perchŽ a questa si pu˜ ancora rimediare pi tardi, mentre non si pu˜ pi mandar via la selvatichezza e correggere un difetto di disciplina. Forse lĠeducazione diverrˆ sempre migliore, e ciascuna delle generazioni venture farˆ un passo di pi verso il perfezionamento dellĠumanitˆ, imperocchŽ il gran segreto della perfezione della natura. umana dimora nel problema stesso dellĠeducazione. Si pu˜ camminare oramai per questa via; difatti, oggid“ si principia a giudicare esattamente e a vedere in modo chiaro in che proprio consiste una buona educazione. E reca dolce conforto il pensare che la natura umana sarˆ sempre pi e meglio dispiegata e migliorata dallĠeducazione, e che si pu˜ arrivare a darle quella forma che veramente le conviene. In ci˜ consiste la prospettiva della felicitˆ avvenire della specie umana.

LĠabbozzo dĠuna teorica dellĠeducazione  un ideale nobilissimo e che non tornerebbe punto nocivo, quando anche non fossimo in grado di effettuarlo. Non bisogna considerare unĠidea come vana e ritenerla come un bel sogno, perchŽ certi ostacoli ne impediscono lĠeffettuazione.

Un ideale altro non  che il concetto dĠuna perfezione che non si  riscontrato ancora nellĠesperienza: tal sarebbe, per esempio, lĠidea dĠuna repubblica perfetta, governata secondo le regole della giustizia. Si dirˆ dunque impossibile? Basta, in primo luogo, che la nostra idea non sia falsa; in secondo luogo, che non sia impossibile assolutamente di vincere tutti gli ostacoli per tradurla in atto. Se, poniamo, ciascuno mentisse, la veracitˆ sarebbe per questo una chimera? LĠidea di una educazione che svolga nellĠuomo tutte le sue disposizioni naturali  vera assolutamente.

Con lĠeducazione presente lĠuomo non consegue appieno il fine della sua esistenza. ImperocchŽ quanta diversitˆ non corre tra gli uomini nel loro modo di vivere! NŽ tra loro pu˜ essere uniformitˆ di. vita se non in quanto essi operino secondo gli stessi principi e questi principi divengano per loro come una seconda natura. Noi possiamo almeno lavorare intorno al disegno dĠuna educazione conforme allĠintento che dobbiamo proporci, e lasciare istruzioni agli avvenire che potranno a grado a grado metterle in pratica. Osservate, per esempio, i fiori detti orecchi di orso: quando li tiriamo dalle radici, hanno tutti il medesimo colore; quando invece se ne pianta il seme, otteniamo colori tutti differenti e svariatissimi. La natura ha dunque riposto in loro certi germi del colore, e per isvilupparveli basta seminare e piantare convenientemente questi fiori. Il somigliante accade nellĠuomo!

Vi sono molti germi nellĠumanitˆ, e spetta a noi svolgere con debita proporzione le nostre disposizioni naturali, dare allĠumanitˆ tutto il suo dispiegamento, e adoperarci a conseguire la nostra destinazione. Gli animali compiono il loro destino spontaneamente e senza conoscerlo. LĠuomo, al contrario,  obbligato a cercar di conseguire il fine suo; il che non pu˜ egli fare se prima non ne ha unĠidea. LĠindividuo umano non pu˜ compiere da s questa destinazione. Se ammettiamo una prima coppia del genere umano realmente educata, bisogna sapere altres“ in qual modo essa educ˜ i suoi figli. I primi genitori danno ai loro figli un primo esempio; questi lo imitano, e cos“ dispiegansi alcune disposizioni naturali. Ma tutti non possono essere educati a questo modo, giacchŽ gli esempi si offrono ordinariamente ai bambini secondo lĠoccasione. In altri tempi gli uomini non avevano alcuna idea della perfezione onde la natura umana.  capace; noi stessi non lĠabbiamo ancora in tutta la sua purezza. é certo del pari che tutti gli sforzi individuali, che hanno per fine la cultura dei nostri allievi, non potranno mai far s“ che costoro giungano a conseguire la loro destinazione. Questo fine non pu˜ esser dunque conseguito dallĠuomo singolo, ma unicamente dalla specie umana.

 

4. LĠeducazione  unĠarte, la cui pratica ha bisogno dĠessere perfezionata da pi generazioni. Ciascuna generazione, provveduta dalle conoscenze delle precedenti generazioni,  sempre pi in grado di arrivare a una educazione che in giusta proporzione e in conformitˆ del loro fine svolga tutte le nostre disposizioni naturali e cos“ guidi tutta la specie umana alla sua destinazione. - La Provvidenza ha voluto che lĠuomo fosse obbligato a cavare da s stesso il bene, e in qualche modo gli dice: ÇEntra nel mondo. Io ho messo in te ogni specie di attitudini per il bene. Ora a te solo spetta svilupparle per il bene; e quindi la tua felicitˆ o la tua infelicitˆ dipende da te.È Cos“ il Creatore potrebbe parlare agli uomini!

 

5. LĠuomo deve innanzi tutto svolgere le sue attitudini per il bene; la Provvidenza non le ha messe in lui bellĠe formate, ma come semplici disposizioni, e per˜ non vi  ancora distinzione di moralitˆ. Render s stesso migliore, educare s medesimo, e, sĠegli  cattivo, svolgere in s la moralitˆ, ecco il dovere dellĠuomo. Quando vi si rifletta consideratamente, si vede quanto ci˜ sia difficile. LĠeducazione, pertanto,  il pi grande e il pi arduo problema che ci possa esser proposto. Difatti le cognizioni dipendono dallĠeducazione, e questa dipende alla sua volta da. quelle. Onde non potrebbe lĠeducazione progredire che di mano in mano; e noi possiamo arrivare a farcene unĠidea esatta solo in quanto ciascuna generazione trasmette le sue sperienze e le sue cognizioni alla generazione posteriore, che vi aggiunge qualcosa di suo e le tramanda cos“ aumentate a quella che le succede. Qual cultura e quale sperienza dunque non suppone questa idea? E per˜ essa non poteva sorgere che tardi, e noi stessi non lĠabbiamo ancora innalzata al suo pi alto grado di purezza. Si tratta di sapere se lĠeducazione nellĠuomo singolo debba imitare la cultura che lĠumanitˆ in generale riceve dalle sue diverse generazioni.

Tra le umane scoperte ve ne ha due difficilissime, e sono lĠarte di governare gli uomini e lĠarte di educarli; e per˜ si disputa ancora su queste idee.

Ora, donde principieremo a svolgere le naturali disposizioni dellĠuomo? Bisogna muovere dallo stato barbaro dellĠuomo, o da uno stato giˆ culto? Non  agevol cosa il concepire uno svolgimento partendo dalla barbarie (per la difficoltˆ somma di farci unĠidea del primo uomo); e noi vediamo che ogni qualvolta si sono prese le mosse da questo stato, lĠuomo  ricaduto nella selvatichezza, e che per˜ sono sempre stati necessari nuovi sforzi per uscirne. Anche nei popoli assai civili ritroviamo un avanzo di barbarie, attestato dai pi antichi monumenti scritti a noi tramandati: e qual grado di cultura non suppone giˆ la scrittura? E da questo punto, cio dalla invenzione della scrittura, si potrebbe anzi far cominciare il mondo rispetto alla civiltˆ.

PoichŽ le nostre disposizioni naturali non si svolgono da s stesse, ogni educazione  unĠarte. - La. natura non ci ha dato per questo fine alcun istinto. - LĠorigine, come il suo relativo progresso, dellĠarte educativa,  o meccanica, senza disegno, sottoposta a date circostanze, o ragionata. LĠarte di educare non risulta meccanicamente dalle condizioni in che apprendiamo per esperienza se una data cosa ci  dannosa od utile. Ogni arte di questo genere, che sarebbe puramente meccanica, conterrebbe molti errori e lacune, perch non seguirebbe alcuna norma. Occorre pertanto che lĠarte dellĠeducazione o la Pedagogia sia ragionata, affinch la natura umana possa svolgersi per modo da conseguire la sua destinazione. I genitori, che hanno ricevuto essi pure una certa educazione, sono giˆ esemplari suĠ quali si regolano i figli. Ma per rendere questi migliori,  necessario di fare uno studio nella Pedagogia; diversamente nulla se ne pu˜ sperare, e lĠeducazione viene affidata ad uomini educati non bene. Al meccanismo nellĠarte educativa bisogna sostituire la scienza, diversamente ella non sarˆ altro che uno sforzo continuo, ed una generazione potrebbe distruggere quanto unĠaltra avesse edificato.

 

6. Un principio di Pedagogia, al quale dovrebbero mirare segnatamente gli uomini che propongono norme di arte educativa,  questo: Che non devesi educare i fanciulli secondo lo stato presente nella specie umana, ma secondo uno stato migliore, possibile nellĠavvenire, cio secondo lĠidea dellĠumanitˆ e della sua intera. destinazione. Questo principio  dĠuna importanza tragrande. I genitori educano per lo pi i loro figli per la societˆ presente, sia pure corrotta. Dovrebbero, al contrario, dar loro una educazione migliore, perchŽ un migliore stato ne possa venir fuori nellĠavvenire. Ma qui si parano dinanzi due ostacoli: 1Ħ I genitori non si curano per ordinario che di una cosa sola, ed  che i loro figli facciano buona figura nel mondo; 2Ħ I principi risguardano i propri sudditi come strumenti nei loro disegni.

I genitori pensano alla casa, i principi allo Stato. Gli uni e gli altri non si propongono per fine ultimo il bene generale e la perfezione a cui  destinata lĠumanitˆ. Le basi fondamentali dĠun disegno dĠeducazione fa dĠuopo che abbiano un carattere mondiale. Ma il bene generale  unĠidea che possa tornar dannosa al nostro bene particolare? Niente affatto! ImperocchŽ, quantunque sembri che gli si debba sacrificare qualcosa, veniamo cos“ a lavorar meglio pel bene del nostro stato presente. E allora quante nobili conseguenze! Una buona educazione  proprio la sorgente dĠogni bene nel mondo. I germi che sono riposti nellĠuomo debbono svilupparsi ognor di vantaggio; imperocchŽ nelle disposizioni naturali dellĠuomo non vĠha principio di male. La sola causa del male sta nel sottoporre a norme la natura. NellĠuomo non vi sono che i germi per il bene.

Da chi dee provenire il miglioramento dello stato sociale? Dai principi o dai sudditi? Conviene che questi si migliorino prima da s stessi, e facciano la metˆ di strada per andare incontro a governi buoni? Se, invece, deve partire dai principi questo miglioramento, si cominci dunque a riformare la loro educazione; poichŽ si  commesso per lungo tempo questo grave sbaglio, di non resistere mai agli stessi principi nella loro giovent. Un albero che resta isolato in mezzo ad un campo perde la sua dirittura nel crescere e stende lungi i suoi rami; al contrario, quello che cresce nel mezzo di una foresta si mantiene diritto, per la resistenza che gli oppongono gli alberi vicini, e cerca al disopra lĠaria ed il sole. Avviene lo stesso nei principi. Ma vale ancor meglio siano educati da qualcuno dei loro sudditi che dai loro pari. Non si pu˜ attendere il bene dallĠalto se prima non vi sarˆ migliorata lĠeducazione! Qui bisogna dunque contare pi sugli sforzi dei privati che sul concorso dei principi, come hanno giudicato Basedow ed altri; dacch lĠesperienza cĠinsegna che i principi nellĠeducazione badano meno al bene del mondo che a quello dello Stato, e vi scorgono solo un mezzo per giungere ai loro fini. Se col denaro soccorrono la educazione, si riservano il diritto di stabilire le norme che loro convengono. Lo stesso va detto per tutto ci˜ che risguarda la cultura dello spirito umano e lĠincremento delle umane conoscenze. Questi due risultamenti non sono procurati dal potere e dal denaro, ma solo facilitati; bens“ potrebbero procurarli ove lo Stato non prelevasse le imposte unicamente nellĠinteresse del suo erario. Neppur le Accademie li hanno dati finora, ed oggi pi che mai non si scorge alcun segno chĠesse comincino a darli.

 

7. La direzione delle scuole dovrebbe pertanto dipendere dal senno di persone competenti ed illustri. Ogni cultura comincia dai privati e da questi poi si diffonde. La natura umana pu˜ avvicinarsi di mano in mano al suo fine solamente per gli sforzi di persone dotate di generosi e grandi sentimenti, le quali sĠinteressano al bene del mondo sociale e sono in grado di concepire uno stato migliore, come possibile, nellĠavvenire. Intanto alcuni potenti risguardano il loro popolo come, in certa guisa, una parte del regno animale, e mirano solamente alla propagazione. Al pi desiderano chĠesso abbia una certa abilitˆ, ma solo a fine di potersi giovare dei proprii sudditi come di strumenti pi acconci ai loro disegni. I privati devono certamente badare al fine della natura fisica, ma devono soprattutto curare lo svolgimento della umanitˆ, e far si chĠella diventi non solo pi abile, ma ancora pi morale, da ultimo, cosa molto pi difficile, adoperarsi a che i posteri arrivino ad un pi alto grado di perfezione.

 

8. LĠeducazione, pertanto, deve:

Disciplinare gli uomini. Disciplinarli vuol dire cercar dĠimpedire che la parte animale non soffochi la parte veramente umana, cos“ nellĠumano individuo come nella societˆ. Dunque la disciplina consiste semplicemente nello spogliar lĠuomo della sua selvatichezza.

2Ħ Deve coltivarli. La. cultura abbraccia la istruzione ed i var” insegnamenti. Essa fornisce lĠabilitˆ: e questa  il possesso dĠunĠattitudine sufficiente a tutti i fini che possiamo proporci. Essa dunque non determina da s alcun fine, ma lascia questa cura alle circostanze. Alcune arti sono utili in ogni tempo e in ogni occasione, come sarebbero le arti di leggere e di scrivere; altre sono buone solo in rispetto a certi fini, come lĠarte della musica, che rende amabile colui che la possiede. LĠabilitˆ  in certo modo infinita, in grazia dei molti fini che possiamo proporci.

3Ħ LĠeducazione deve altres“ curare che lĠuomo divenga prudente, che sappia vivere in societˆ coi suoi simili, farvisi amare ed avervi autoritˆ. Questa sorta di cultura dicesi propriamente civiltˆ. Essa richiede certi modi cortesi, gentilezza e quella prudenza onde possiamo giovarci degli altri uomini pei nostri fini; e si regola secondo il gusto mutabile di ogni secolo. Cos“ amiamo ancora, dopo alcuni anni, le cerimonie in societˆ.

4Ħ Deve, finalmente, curare nellĠuomo la moralitˆ. Ed invero, non basta che lĠuomo sia capace di ogni sorta di fini; occorre altres“ chĠei sappia farsi una massima di scegliere tra quelli soltanto i buoni. Diconsi buoni queĠ fini che sono necessariamente approvati da ognuno e che ponno essere al tempo stesso i fini di ciascuno.

 

9. LĠuomo pu˜ essere guidato, disciplinato, istruito in modo affatto meccanico, ed illuminato veramente. Si guidano i cavalli, i cani, e si pu˜ guidare anche gli uomini.

Ma non basta guidare i fanciulli; preme massimamente chĠessi imparino a pensare. Occorre badare ai principii dai quali derivano tutte le azioni. é dunque manifesto quante cose richiede una vera educazione! Ma nellĠeducazione privata la quarta condizione, che  la pi importante, viene per lo pi assai trascurata; poichŽ insegnasi ai fanciulli ci˜ che stimiamo essenziale, e intanto si lascia la morale al predicatore. Ma non  forse importante dĠinsegnare ai fanciulli a odiare il vizio, non per la semplice ragione che Dio lĠha proibito, ma perchŽ di natura sua  spregevole! Altrimenti eĠ si lasciano indurre nel vizio, pensando che il male potrebbe esser lecito se Dio non lĠavesse vietato, e che si pu˜ far benissimo una eccezione a favor loro. Dio, chĠ lĠessere sovranamente santo, non vuole se non ci˜ chĠ buono. Egli vuole che noi pratichiamo la virt per il suo valore intrinseco e non perchŽ Ei lo comandi.

Noi viviamo in unĠepoca di disciplina, di cultura e di civiltˆ, ma che non  ancora quella della moralitˆ vera. Nelle presenti condizioni si pu˜ dire che la felicitˆ degli Stati cresce di pari grado colla infelicitˆ degli uomini. E non si tratta ancora di sapere se noi saremmo pi felici nello stato di barbarie, dove non esiste tutta questa nostra cultura, che nello stato presente. Come si pu˜, difatti, render felici gli uomini, se non li rendiamo morali e savi? La quantitˆ del male appo essi non verrˆ cosi diminuita.

Bisogna fondare scuole sperimentali prima di poter creare quelle normali. LĠeducazione e lĠistruzione non debbono essere puramente meccaniche, ma devono riposare su princip”. Tuttavia non hanno da fondarsi sul puro ragionamento, ma in un certo senso anche sul meccanismo. LĠAustria non ha guari che scuole normali, istituite giusta un disegno contro il quale si sono a buon diritto sollevate molte obbiezioni, ed al quale si poteva rimproverare un cieco meccanismo. Tutte le altre scuole dovevano regolarsi su quelle e si negava altres“ un ufficio pubblico a chi non avesse frequentato quelle scuole! Tali prescrizioni dimostrano quale e quanta parte abbia in certe cose il Governo; e non  possibile di arrivare a qualcosa di buono con siffatti ordinamenti.

Si crede daĠ pi che non sia necessario di fare sperienze in materia di educazione, e che si possa giudicare con la sola ragione se una cosa sarˆ buona o cattiva. Ma qui sta un grave errore, e lĠesperienza ne insegna che i nostri tentativi spesso han dato risultamenti opposti affatto a quelli che ci attendevamo. é dunque chiaro che, sendo qui necessaria lĠesperienza, nessuna generazione dĠuomini pu˜ fare un disegno compiuto dĠeducazione. La sola scuola sperimentale che abbia finora incominciato in qualche modo a battere questa via  stata lĠIstituto di Dessau. Nonostante parecchi difetti che gli potremmo rimproverare, ma che del rimanente si riscontrano in tutti i primi sperimenti, bisogna concedergli questa gloria, chĠesso non ha cessato di spronare a nuovi tentativi. In un certo modo esso  stato lĠunica scuola dove i maestri avessero libertˆ di lavorare secondo i propri metodi e disegni, e dove fossero uniti fra loro e si mantenessero in relazione con tutti i dotti della. Germania.

 

10. LĠeducazione comprende le cure necessarie ai bambini e la cultura.

La cultura : 1Ħ negativa, come disciplina che si restringe ad impedire le colpe; 2Ħ  positiva, come istruzione e direzione (AnfŸhrung), e sotto questo rispetto merita il nome di cultura. La direzione serve di guida nella pratica di ci˜ che si vuole apprendere. Di qui la differenza tra il precettore, che  semplicemente un maestro, e il governatore (Hofmeister), che  un direttore. Il primo dˆ soltanto lĠeducazione della scuola; il secondo, quella della vita.

Il primo periodo dellĠeducazione  quello in cui lĠallievo deve mostrare soggezione ed obbedienza passiva; il secondo, quello in cui gli si permette far uso della sua riflessione e della sua libertˆ, ma purchŽ sottometta lĠuna e lĠaltra a certe leggi. Nel primo periodo il costringimento  meccanico, nel secondo  morale.

 

11. LĠeducazione  privata o pubblica. QuestĠultima si riferisce allĠinsegnamento che pu˜ sempre rimaner pubblico. La pratica dei precetti si lascia allĠeducazione privata. UnĠeducazione pubblica compiuta  quella che riunisce ad un tempo lĠistruzione e la cultura morale. Il suo fine consiste nel promuovere una buona educazione privata. Una scuola dove si pratichi questo si chiama un Istituto di educazione. Di somiglianti Istituti non pu˜ esservi gran copia, nŽ potrebbero essi ammettere un gran numero di allievi; imperocchŽ sono costosissimi, e la semplice istituzione di questi Collegi richiede molte spese. Lo stesso va detto degli ospedali. Gli edifizi loro necessari, il trattamento dei direttori, delle guardie o dei domestici assorbiscono la metˆ dellĠentrate: ed  oramai provato che se si distribuisse questo denaro ai poveri nelle rispettive loro case, eĠ sarebbero curati assai meglio. - é difficile ancora di ottenere che i ricchi mandino i loro figliuoli aglĠIstituti educativi.

Fine di questi Istituti pubblici  il perfezionamento dellĠeducazione domestica. Se i genitori o quelli che li assistono nellĠeducare i loro figli avessero ricevuto una buona educazione, la spesa degli Istituti pubblici potrebbe non esser pi necessaria. Quindi bisogna farvi certe prove e formarvi persone adatte, affinchŽ ci possano dare in progresso una buona educazione domestica.

LĠeducazione privata  data dai genitori stessi, o, se per caso non ne abbiano il tempo, la capacitˆ o il gusto, da altre persone che li aiutano in ci˜, mediante una ricompensa. Ma questa educazione data cos“ da persone ausiliarie ha il gravissimo difetto di dividere lĠautoritˆ fra i genitori ed il precettore. Il fanciullo deve regolarsi secondo i precetti dei suoi maestri, e deve in pari tempo seguire i capricci dei suoi genitori. é necessario che in questo genere di educazione i genitori depongano tutta la loro autoritˆ in mano dei maestri.

Ma fin dove lĠeducazione privata  preferibile alla educazione pubblica, o questa a quella? LĠeducazione pubblica, in generale, sembra pi vantaggiosa dellĠeducazione domestica, non solamente in rispetto alla abilitˆ, s“ anche in rispetto al vero carattere di cittadino. LĠeducazione domestica, oltre non correggere i difetti appresi in famiglia, li aumenta.

 

12. Quanto tempo deve durare lĠeducazione? Fino a che la natura ha voluto che lĠuomo si governi da s stesso, fino a che si sviluppi in lui lĠistinto del sesso, fino a che egli pu˜ divenire padre ed esser tenuto di educare alla sua volta, ossia fino allĠetˆ di circa sedici anni. Decorsa questĠetˆ, si pu˜ ricorrere a maestri che proseguano a coltivarlo, a sottoporlo ad una celata disciplina; ma la sua educazione regolare  finita.

 

13. La soggezione dellĠallievo  positiva o negativa. Positiva, in quanto ei deve fare ci˜ che gli viene comandato, non potendo ancora giudicare da s e non avendo ancora appreso lĠarte dĠimitare. Negativa, in quanto lĠallievo dee fare ci˜ che desiderano gli altri, se vuole chĠessi dal canto loro facciano qualcosa che gli torni piacevole. Nel primo caso egli  esposto ad essere punito; nel secondo, a non ottenere ci˜ che desidera: e qui, benchŽ possa oramai riflettere, ei dipende dal suo piacere.

 

14. Uno dei pi grandi problemi dellĠeducazione si  di poter conciliare la sommissione allĠautoritˆ legittima collĠuso della libertˆ. ImperocchŽ lĠautoritˆ  necessaria! Ma in qual modo coltivare la libertˆ per mezzo dellĠautoritˆ? Bisogna che io avvezzi il mio allievo a soffrire che la sua libertˆ venga sottoposta allĠautoritˆ altrui, e che in pari tempo io glĠinsegni a far retto uso della sua libertˆ. Senza questa condizione, in lui non vi sarebbe altro che puro meccanismo; lĠuomo sfornito di vera educazione non sa far uso della sua libertˆ. Fa dĠuopo chĠegli senta per tempo la resistenza inevitabile della societˆ, perchŽ impari a conoscere quanto  difficile di bastare a s stesso, di tollerare le privazioni e di acquistare quanto basti a rendersi indipendente.

Qui devesi por mente alle infrascritte regole. 1Ħ Bisogna lasciar libero il fanciullo fino dalla sua prima etˆ e in tutti i suoi movimenti (salvo in quelle occasioni in cui pu˜ farsi del male come, per esempio, se prendesse in mano uno strumento tagliente), a patto bens“ di non impedire la libertˆ altrui, come quando grida, o manifesta il suo brio in modo troppo rumoroso e da recar disturbo agli altri. 2Ħ Gli si deve mostrare chĠei pu˜ conseguire i suoi fini, a patto bens“ chĠegli permetta agli altri di conseguire i loro propri; ad esempio, non si farˆ niente di piacevole per lui sĠei non fa ci˜ che desideriamo, come dĠimparare ci˜ che gli viene insegnato, e via dicendo. 3Ħ Bisogna provargli che lĠautoritˆ, il costringimento a cui si sottopone, ha per fine dĠinsegnargli ad usar bene della sua libertˆ, che lo educhiamo ed istruiamo affinchŽ possa un giorno esser libero, cio fare a meno del soccorso altrui. Questo pensiero sorge assai tardi nella mente dei fanciulli, poich non riflettono nei primi anni che dovranno un giorno provvedere da s stessi al loro mantenimento. Credono che la cosa andrˆ sempre come nella casa paterna, cio chĠessi avranno da mangiare e da bere senza darsene alcun pensiero. Ora senza questa idea, i fanciulli, segnatamente quelli dei ricchi ed i figli dei principi, restano per tutta la vita come gli abitanti di Otahiti. LĠeducazione pubblica ha qui manifestamente i pi grandi vantaggi: vi sĠimpara a conoscere la misura delle proprie forze ed i limiti che cĠimpone il diritto altrui. Non vi si gode alcun privilegio, poichŽ vi sentiamo dovunque la resistenza, e ci eleviamo sopra gli altri solo per merito proprio. Questa educazione pubblica  la migliore immagine della vita del cittadino.

Resta ancora una difficoltˆ che non vuol essere qui dimenticata, e risguarda la cognizione anticipata del sesso, a fine di preservare i giovinetti dal vizio prima dellĠetˆ matura. Vi ritorneremo sopra pi innanzi.

 

TRATTATO

 

15. La Pedagogia o scienza dellĠeducazione, si divide in fisica e in pratica. LĠeducazione fisica  quella che lĠuomo ha comune con gli animali, e risguarda le cure della vita corporea. LĠeducazione pratica o morale (si chiama pratico tutto quello che si riferisce alla libertˆ)  quella che risguarda la cultura dellĠuomo, perch costui possa vivere come ente libero. QuestĠultima  lĠeducazione della persona, lĠeducazione dĠun ente libero, che pu˜ bastare a s stesso e tenere il suo vero posto in societˆ, ma che altres“  capace dĠavere per s un valore intrinseco.

Quindi lĠeducazione consiste: 1Ħ nella cultura. scolastica o meccanica, che risguarda lĠabilitˆ; essa. pertanto  didattica (e sta nellĠopera del maestro); 2Ħ nella cultura prammatica, che si riferisce alla prudenza (e sta nellĠopera del governatore); 3Ħ nella cultura morale, e si riferisce alla moralitˆ.

LĠuomo ha bisogno della cultura scolastica o della istruzione, per mettersi in grado di conseguire tutti i suoi fini. Essa gli dˆ un valore come individuo umano. La cultura della prudenza lo prepara a diventare cittadino vero, dacchŽ gli conferisce un valore pubblico. In questo modo egli impara a trar partito pei suoi fini della societˆ civile e a conformare s stesso a quelli sociali. Finalmente, la cultura morale gli dˆ un valore che risguarda tutta la specie umana.

Prima viene la cultura scolastica. Difatti, la prudenza presuppone sempre lĠabilitˆ. La prudenza  la facoltˆ di usar bene e con profitto lĠabilitˆ propria. Per ultimo viene la morale, in quanto si fonda su principi che lĠuomo stesso deve riconoscere; ma finchŽ riposa unicamente sul senso comune, devĠessere praticata fin da principio, anche nellĠeducazione fisica, ch altrimenti parecchi difetti si radicherebbero a segno da render poi vani tutti gli sforzi e tutta lĠarte dellĠeducazione. Rispetto allĠabilitˆ e alla prudenza, tutto dee venire a suo tempo con gli anni. Mostrarsi nellĠinfanzia abile, prudente, paziente, senza malizia, come un uomo adulto, sarebbe lo stesso che voler conservare nellĠetˆ matura la sensibilitˆ di un fanciullo.

 

A.

 

DellĠeducazione fisica.

 

16. Chi intraprende unĠeducazione come precettore, sebbene non tolga a dirigere cos“ presto i fanciulli per occuparsi anche della loro educazione fisica, giova per altro chĠegli sappia tutto quello che si richiede nella, educazione da principio alla fine. Quantunque un precettore non debbasi occupare che di fanciulli adulti, pu˜ accadere chĠei veda nascere altri figli nella stessa famiglia, e che, sĠegli ha meritato per la sua condotta di essere il confidente dei genitori, questi non manchino di consultarlo sullĠeducazione fisica dei loro figli; poichŽ si dˆ spesso il caso che il precettore sia lĠunica persona dotta della casa. Occorre adunque che il precettore abbia cognizioni su questa materia.

 

17. LĠeducazione fisica consiste propriamente nelle cure date ai bambini o dai genitori, o dalle nutrici, o dalle bambinaie. Il nutrimento destinato dalla. natura al bambino  il latte della sua propria madre. é un pregiudizio il credere che il bambino succhi in qualche modo col latte i sentimenti materni, bench sentiamo dire spesso: Tu hai succhiato ci˜ col latte di tua madre. Ma  di gran vantaggio pel bambino e per la madre che costei lo allatti da s stessa. Bisogna per˜ ammettere, in certi casi estremi, le debite eccezioni per motivi di salute o di malattia. Si credeva un tempo che il primo latte che viene alla madre dopo il parto e che rassomiglia al siero fosse nocivo al bambino, e che la madre dovesse subito liberarsene prima di allattare la sua creatura. Ma il Rousseau fu il primo a richiamare lĠattenzione dei medici sulle qualitˆ di questo primo latte; se cio potesse tornare utile al bambino, dacchŽ la natura non ha fatto niente invano [1]. E si  realmente trovato che questo latte non solo monda il corpo del neonato da quegli escrementi che contiene, detti meconio dai medici, ma che  altres“ buono e utile al bambino

 

18. é stata agitata la questione se si possa egualmente nutrire il bambino col latte di animali. Il latte degli animali erbivori, che cio si nutriscono di vegetabili, si rapprende prontamente quando vi si unisca qualche acido, per esempio lĠacido tartarico o lĠacido nitrico, o particolarmente il caglio animale (Lab o Laff). Ci˜ posto, quando la madre o la balia si  per qualche tempo nutrita di vegetabili esclusivamente, il suo latte si rapprende come quello di vacca e di altri animali. Ma sĠella si rimette a mangiare per qualche tempo la carne, il latte le ritorna buono come prima. Onde si  concluso esser pi confacente al bambino che la madre o la balia si nutriscano di carne fino a che allattano. Quando i bambini rigettano il latte che hanno succhiato, vuol dire chĠesso  rappreso. LĠacido contenuto nel loro stomaco deve pertanto far cagliare il latte meglio di tutti gli altri acidi, ch diversamente il latte della donna non avrebbe affatto la proprietˆ di rappigliarsi. Quanto non sarebbe dunque contrario alla salute dei bambini porgere loro del latte che si accagliasse giˆ da s medesimo! Ma non tutto dipende da questo presso altre nazioni. Per esempio, i Tongos campano quasi unicamente di carne, e son gente sana e robusta. Ma tutti i popoli di questa sorta hanno vita breve, e senza molto sforzo si pu˜ sollevare da terra un giovane alto che a prima giunta non si credeva leggero. Gli Svedesi, al contrario, ma segnatamente i popoli dellĠIndia non mangiano quasi mai carne, e tuttavia i figli loro son bene allevati e crescono forti. Pare adunque che tutto dipenda dalla salute della madre o della balia, e che il cibo pi confacente alla nutrice sia quello che la fa star meglio di salute.

 

19. Ora si tratta di sapere quale alimento convenga scegliere pel bambino quanto sia stato divezzato o gli sia cessato il latte materno. Da qualche tempo si  tentato di surrogarvi ogni sorta di pappe; ma non  bene di somministrare fin da principio al bambino questo genere di alimenti. Si badi soprattutto di non dargli alcun che di piccante, come vino, spezie, sale. DĠaltra parte non deve far meraviglia che i bambini palesino tanto gusto per queste cose; imperocchŽ esse danno ai loro sensi ancora ottusi un eccitamento ed unĠanimazione piacevole. In Russia i bambini certamente ereditano questo genere di gusti dalle madri loro, le quali amano di bere lĠacquavite; e si nota che i Russi sono forti e sani. Per fermo coloro che sopportano questa maniera di vita debbono essere dĠuna buona costituzione fisica; ma  vero altres“ che ne muoiono parecchi, mentre con diverso tenore di vita avrebbero potuto vivere. Difatti, un eccitamento prematuro di nervi genera molti disordini nella vita. Si guardi parimente di non dare ai bambini bevande e cibi troppo caldi, perchŽ tutto ci˜ li rende deboli.

 

20. Conviene altres“ aver cura di non tener troppo caldi i bambini, perchŽ il sangue loro  per sua natura assai pi caldo di quello degli adulti. Il calore del sangue dei bambini ascende a 110 gradi del termometro Farenheit, mentre il sangue degli adulti non oltrepassa i 90 gradi. Il bambino soffoca in unĠatmosfera in cui gli adulti possono trovarsi bene. Le abitazioni fresche generalmente rendono forti gli uomini. Non conferisce neppure alla salute degli adulti il vestire troppo caldamente, il coprirsi e lĠavvezzarsi a bevande troppo calde. E per˜ il letto dei fanciulli devĠessere fresco e duro: anche i bagni freddi giovano ai medesimi. Non si deve usare alcun eccitante per far nascere lĠappetito nel fanciullo; al contrario, bisogna che lĠappetito sia sempre generato dallĠattivitˆ e dallĠoccupazione. Ai fanciulli non si lascino contrarre abiti che poi si convertano in bisogni. Anche in quello che  buono, non usate la vostra arte per far loro di tutto una consuetudine.

 

21. I popoli barbari non fanno uso di fasce pei bambini. I selvaggi dellĠAmerica, per esempio, scavano piccole fosse nella terra pei loro bambini; e ne guarniscono il fondo con polvere di vecchi alberi affinchŽ lĠorina e le immondezze vi sĠinfiltrino ed i bambini possano cos“ restarvi asciutti; e poi le cuoprono di foglie. Ma, del resto, lasciano ad essi affatto libero lĠuso delle membra. Se noi fasciamo i bambini come mummie si fa unicamente per nostro comodo, cio per toglierci la noia di vegliare perchŽ non divengano storpi. E ci˜ tuttavia accade spesso per lĠuso delle fasce! Le quali, dĠaltra parte, riescono dolorose ai bambini stessi, e li gettano in una specie di disperazione impedendo loro lĠuso delle proprie membra. Si crede allora poterne acquetare i pianti rivolgendo loro alcune parole. Ma si tenti di fasciare stretto stretto a quel modo un uomo adulto, e allora vedremo chĠegli pure si mette a gridare e cade nellĠangoscia e nella disperazione.

 

22. In generale va osservato che la prima educazione sia puramente negativa, cio che nulla debbasi aggiungere alle precauzioni prese dalla natura, ma ristringersi a non distruggerne lĠopera. Se vĠha unĠarte permessa nellĠeducazione  quella di avvezzare i fanciulli. Bisogna dunque non far uso di fasce pei bambini. Ma se si vuol prendere qualche precauzione, la miglior cosa  una certa specie di scatola guarnita di corregge nella parte superiore. GlĠItaliani lĠadoperano e la chiamano arcuccio. Il bambino resta sempre in questa scatola anche quando si allatta. In tal maniera si evita che la madre soffochi il bambino, ove ella si addormenti allattandolo di notte. Per questo motivo da noi muoiono parecchi bambini. Questa precauzione  dunque preferibile alle fasce perchŽ il bambino si muove in tal modo pi liberamente e si evitano le deformitˆ, che avvengono spesso per la fasciatura.

 

23. UnĠaltra consuetudine nella prima educazione  di cullare i bambini. Il mezzo pi semplice  quello che adoprano certi contadini. Sospendono la culla alle travi per mezzo dĠuna corda e non fanno che spingerla; la culla si dondola da s. Ma in generale il cullamento non serve a nulla. Si vede anche colle persone adulte, che quel dondol“o produce lo stordimento e lĠalterazione di stomaco. Si vuole in tal modo stordire i bambini, per impedire loro di piangere. Ma il pianto  loro salutare. Appena usciti dal seno materno, ove son privi dĠaria, cominciano a respirare, e cos“ il corso del sangue, essendo in tal modo alterato, fa loro provare una sensazione dolorosa. Per˜ col pianto essi facilitano lo sviluppo delle parti interne e dei vasi del corpo. é dunque pernicioso ai bambini cercare di quietarli appena cominciano a piangere, cantando loro qualcosa come sogliono fare le balie. E cos“ cominciasi ad avvezzar male il bambino, poichŽ vedendo che tutto cede ai suoi pianti, li ripete pi spesso.

 

24. Veramente possiamo dire che i bambini del popolo sono pi avvezzati male di quelli dei signori, perchŽ il popolo scherza con loro come le scimmie. Cantano, li abbracciano, li accarezzano, ballano con loro. Credono dunque di fare cosa buona ed utile al bambino, accorrendo subito appena comincia a piangere e giuocando con lui; ma egli non farˆ che piangere sempre pi. Se al contrario non ci occupiamo deĠ suoi pianti, egli finisce per non piangere pi; dacchŽ nessuna creatura si procaccia volentieri una pena inutile. Se avvezziamo i bambini a veder tutti i loro capricci soddisfatti, invano tenteremo pi tardi di piegare la loro volontˆ. Lasciamo dunque che piangano a loro talento, e presto ne saranno stanchi e annoiati essi stessi. Ma se cediamo ai loro capricci nella prima etˆ, si corrompe in tal modo il loro cuore ed i loro costumi.

Certamente il bambino non ha ancora nessuna idea dei costumi, ma si guastano le sue disposizioni naturali in questo senso, che per rimediare al male bisogna poi infliggergli durissime punizioni. E allorquando vogliamo divezzare i bambini dal veder subito soddisfatti i loro capricci, essi piangono con tale inquietezza e rabbia, che parrebbe non fosse possibile altro che negli adulti, e la quale non produce alcuno effetto solo perchŽ mancano loro le forze. Finche non hanno da far altro che piangere per ottenere quello che vogliono, essi dominano da veri padroni; e quando questo dominio cessa, ne sono naturalmente indispettiti. Ed invero, non  per gli stessi adulti una cosa affliggente lĠessere costretti a perdere in un istante quel certo dominio, che hanno per lungo tempo esercitato?

 

20. Nei primi tre mesi circa della loro vita, i bambini non hanno ancora la vista bene sviluppata. Essi ricevono la impressione della luce, ma non possono distinguere un oggetto dallĠaltro: ne possiamo avere una prova, presentando loro qualcosa splendente; essi non la seguono cogli occhi. Colla vista si dispiega pure la facoltˆ del riso e del pianto; giunto a questo periodo di vita, il bambino piange con una certa riflessione, sebbene oscura e indistinta. Egli crede sempre che gli si voglia far del male. Il Rousseau nota che se picchiamo sulle mani un bambino di sei mesi, egli piange come se un tizzone ardente fossegli caduto sulle mani stesse, giacchŽ pensa che lĠabbiamo voluto offendere. I genitori, per ordinario, parlano troppo di piegare la volontˆ dei loro teneri figli; ma ci˜ non sarebbe necessario, se non fossero avvezzati male fin da principio. La prima origine del male sta appunto nel rendersi schiavi della loro volontˆ, e nel far loro credere che tutto possano ottenere col pianto. E pi tardi  sommamente difficile di rimediare a questo male, dato pure che vi si possa rimediare. Possiamo,  vero, ottenere che il bambino si quieti; ma egli consuma entro di s il dolore e non fa che alimentare la sua collera. Si avvezza per tal modo alla dissimulazione ed alle passioni interne. Per citare un esempio,  cosa molto strana che alcuni genitori, dopo aver picchiato colla bacchetta i loro fanciulli, esigano che questi bacino poi loro le mani:  proprio un volerli avvezzare alla dissimulazione ed alla menzogna. Le nerbate poi non sono un bel dono di cui il fanciullo possa mostrarsi grato; e figuriamoci con che cuore bacerˆ allora la mano che lĠha percosso!

 

26. Si adoprano in generale le dande e il carruccio per insegnare a camminare ai bambini. Ma  proprio curioso di voler insegnare a camminare ad un bambino; come se un uomo non potesse camminare senza che gli sĠinsegni. Le dande specialmente sono dannosissime. Uno scrittore si lamentava della strettezza del petto, attribuendolo alle dande: infatti, siccome il bambino prende e raccatta ogni cosa, appoggia naturalmente il petto alle dande, e questo non essendo ancora sviluppato, sĠincassa e rimane cos“ per tutta la vita. Con tutti questi espedienti, il bambino non impara di certo a camminare con sicurezza pi di quello che non avrebbe imparato da s. La miglior cosa  di lasciarlo andar carponi, finchŽ a poĠ per volta non incominci a camminare; si pu˜ in tal caso aver la precauzione di tappezzare la stanza con coperte di lana per evitare contusioni e brutte cadute.

 

27. Si dice in generale che i bambini cascano con molta forza: ma questo non avviene spesso, e del resto non  poi un male che avvenga qualche volta. PoichŽ ci˜ non fa altro che insegnar loro a stare in equilibrio ed a trovare il modo di rendere la caduta meno pericolosa. Si mette in generale ai bambini una sorta di ciambelle di cencio imbottite, per impedire di battere la testa e il viso per terra. Ma questa  una educazione negativa che consiste nellĠusare mezzi artificiali, mentre il bambino ha quelli naturali. Nel caso nostro, gli strumenti naturali sono le mani, che il bambino mette avanti quando casca. Quanto pi si fa uso di mezzi artificiali, tanto pi  difficile che in progresso lĠuomo possa farne a meno. Sarebbe meglio usare fin da principio ben pochi strumenti, e lasciare che il bambino impari molte cose da s; le imparerebbe cos“ in modo incancellabile. Sarebbe, ad esempio, possibilissimo che egli imparasse a scrivere da s, perchŽ qualcuno deve avere inventato per il primo la scrittura, e questa invenzione non  poi tanto difficile. Basterebbe dire al bambino che vuole il pane: me lo puoi raffigurare? Egli disegnerebbe una figura ovale. Potremmo allora fargli notare, che non si distingue sĠegli ha voluto disegnare un pane o una pietra. Cos“ egli si proverˆ a fare un P, e di seguito formerˆ da s stesso il suo A B C, che potrˆ quindi surrogare con altri segni.

 

28. Vi sono alcuni bambini che nascono con certe imperfezioni nel corpo: si possono allora correggere queste deformitˆ? Le ricerche dei pi dotti scrittori hanno dimostrato, che le fascette di balena non possono recare nessun giovamento, ma non fanno altro che aggravare il male, impedendo la circolazione del sangue e degli umori, e lo sviluppo tanto necessario delle parti interne ed esterne del corpo. Se il bambino resta libero pu˜ ancora esercitare le membra; ma un individuo umano che porti il busto di balena, quando arriva a cavarselo  molto pi debole di altri che non ne abbia mai portato. Invece faremmo cosa vantaggiosa, a chi  nato deforme, di mettere un peso maggiore da quella parte in cui i muscoli sono pi rilevati. Ma anche questo rimedio ha i suoi inconvenienti; poichŽ, qual  lĠuomo che pu˜ illudersi di ristabilire lĠequilibrio? La miglior cosa  che il fanciullo si eserciti da s stesso e prenda una posizione per quanto incomoda gli sia, perchŽ tutte le macchine non giovano a nulla.

 

29. Questi apparecchi artificiali sono tanto pi funesti, inquantoch contraddicono direttamente il fine che si propone la natura negli esseri organizzati e ragionevoli, che  quello di lasciar loro piena libertˆ dĠimparare a servirsi delle proprie forze. Tutto quello che pu˜ fare lĠeducazione,  dĠimpedire che i fanciulli crescano troppo delicati. La fortezza  lĠopposto della mollezza;  quindi un pretendere troppo il volere avvezzare a tutto i bambini. In questo eccedono i Russi, presso i quali muore un numero grandissimo di fanciulli. LĠabito  un piacere o unĠazione convertita in necessitˆ, per la continua ripetizione di questo piacere e di questĠazione. Non vi  cosa a cui pi facilmente si abituino i fanciulli quanto alle sostanze eccitanti, come per esempio al tabacco, allĠacquavite, alle bevande calde; e quindi preme sommamente di non abituarveli perchŽ resta poi difficilissimo il divezzarli, e cagiona loro una sofferenza perchŽ quel gusto ripetuto altera le funzioni del corpo.

 

30. Quanto pi lĠuomo si rende schiavo delle consuetudini, tanto meno  libero e indipendente. Accade allĠuomo come agli altri animali; egli conserva sempre una certa inclinazione per i primi abiti: quindi preme sommamente dĠimpedire che il fanciullo ne contragga qualcuno.

Molti genitori vogliono che i loro figliuoli si avvezzino a tutto. Ma questa  unĠopera inutile, perchŽ la natura umana in generale, e quella dei diversi uomini in particolare, non si presta ad ogni cosa, e molti figliuoli rimangono alle semplici regole. Cos“ vogliono, per esempio, che i fanciulli dormano e si alzino a qualunque ora, o che mangino quando loro meglio talenta. Ma per sopportare questo,  necessario un tenore di vita particolare, che fortifichi il corpo e ripari al male che produce questo sistema. Del resto, anche nella natura troviamo molti esempi di periodicitˆ; cos“ gli animali hanno il loro tempo determinato per il sonno. LĠuomo pure dovrebbe abituarsi a dormire in certe date ore, per non disturbare il corpo nelle sue funzioni. Quanto al mangiare a tutte le ore, non possiamo citare qui lĠesempio degli animali; cos“, mangiando gli erbivori cose poco nutritive, il mangiare  per loro unĠoccupazione ordinaria. Ma per lĠuomo  molto salutare cibarsi ad ore stabilite.

Alcuni genitori vogliono altres“ che i fanciulli possano sopportare freddi intensi, cattivi odori, qualunque romore, ed altre somiglianti cose. Ma ci˜ non  per nulla necessario; lĠimportante si  che non contraggano abito alcuno, ed a tal uopo  bene che i fanciulli si trovino in condizioni diverse.

Un letto duro  molto pi sano che un letto morbido. In generale unĠeducazione rigida fortifica il corpo; per educazione rigida intendo semplicemente quella che non ci rende schiavi di tutti i nostri comodi. Non mancano esempi notevoli per confermare questa nostra asserzione, ma disgraziatamente non si osservano, o meglio non si vogliono osservare.

 

31. In quanto allĠeducazione dello spirito, che si pu˜ in certo modo chiamare fisica, bisogna soprattutto curare che la disciplina non tratti i fanciulli come schiavi, e far si chĠeĠ sentano sempre la loro libertˆ, ma in guisa tale da non ledere quella degli altri: ne segue pertanto che conviene abituarli alla resistenza. Parecchi genitori ricusano tutto aĠ loro figliuoli per esercitare cos“ la loro pazienza, esigendo da questi pi che da s stessi. Ma  una crudeltˆ. Date al bambino quanto gli abbisogna, e poi ditegli: Tu ne hai abbastanza. Ma  assolutamente necessario che questa sentenza sia irrevocabile. Non fate alcuna attenzione alle grida dei bambini e non credete loro, quando credano di ottenere qualcosa per questa via; ma se lo dimandano con dolcezza, date ai medesimi ci˜ che loro torna utile. Si avvezzeranno cos“ ad essere sinceri; e, come non importuneranno alcuno colle grida, ciascuno sarˆ, in compenso, benevolo con essi. La Provvidenza pare veramente abbia dato ai fanciulli un aspetto piacevole per incantare le persone adulte. Nulla vĠha di pi funesto per essi che una disciplina ostinata e servile, intesa a piegare la loro volontˆ.

Per ordinario si grida ai medesimi: Eh via! Non ti vergogni, questa cosa  indecente! e somiglianti espressioni le quali non dovrebbero mai adoperarsi nella prima educazione. Il bambino non ha ancora idea alcuna di vergogna e di convenienza; non ha di che arrossire, non deve arrossire; e diventerˆ solamente pi timido. Si troverˆ impacciato dinanzi agli altri, e fuggirˆ volentieri la loro presenza. Quindi nasce in lui una riservatezza male intesa ed una molesta dissimulazione. Non osa pi dimandar nulla, mentre dovrebbe poter dimandar tutto; nasconde i proprii sentimenti e si mostra sempre diverso da quello che , mentre dovrebbe poter dire tutto francamente. Invece di star sempre appo i suoi genitori li evita e si getta nelle braccia dei domestici pi compiacenti.

N meglio di questa educazione irritante giovano la burla e le continue carezze. Tutto ci˜ rende tenace il fanciullo nella sua volontˆ, lo rende finto e, manifestandogli una debolezza. neĠ suoi genitori, gli toglie il rispetto dovuto ai medesimi. Ma se viene educato in modo che nulla. possa ottenere con le grida, egli diverrˆ libero senza essere sfacciato, e modesto senza essere timido. Non si pu˜ tollerare un insolente. Certi uomini hanno un aspetto cos“ insolente da far sempre temere qualche villania; ve nĠha degli altri, allĠopposto, che al solo vederli si giudica siano incapaci di dire una villania a qualcuno. Possiamo sempre mostrarci aperti e franchi, purchŽ vi si unisca una certa bontˆ. Si sente dire spesso che i grandi hanno un aspetto veramente regale; ma questo in essi altro non  che un certo sguardo insolente, a cui si abituarono da giovani non avendo trovato alcuna resistenza.

Tutto ci˜ risguarda solamente lĠeducazione negativa. Difatti, molte debolezze dellĠuomo non provengono da quanto non gli sĠinsegna, ma da quel tanto che gli comunicano le false impressioni. Cos“ a moĠ dĠesempio, le nutrici spaventano i bambini, parlando dei ragni, dei rospi, e via dicendo. I bambini potrebbero certamente prendere i ragni, come pigliano le altre cose. Ma siccome le nutrici, veduto un ragno, palesano nella faccia il loro spavento, questo si comunica al bambino con una certa simpatia. Molti lo conservano per tutta la vita e, sotto questo rispetto, rimangono sempre fanciulli. ImperocchŽ i ragni sono certamente dannosi alle mosche, e il loro morso  per esse velenoso, ma lĠuomo non ha di che temerne. In quanto al rospo,  questo un animale innocuo al pari di una rana verde o di qualunque altro animale.

 

32. La parte positiva dellĠeducazione fisica  la cultura; per questa lĠuomo si distingue dal bruto. La cultura consiste principalmente nellĠesercizio delle facoltˆ dello spirito. Quindi i genitori debbono porgerne ai figli occasioni favorevoli. La prima ed essenziale regola  di fare a meno, per quanto  possibile, dĠogni strumento. Bisogna dunque abolire lĠuso delle dande e delle girelle, lasciando che il bambino si trascini per terra finchŽ impari a camminare da s, giacchŽ a questo modo camminerˆ pi sicuramente. Gli strumenti riescono dannosi alla abilitˆ naturale. Cos“, ci serviamo dĠuna corda per misurare una certa estensione, ma si pu˜ fare ugualmente colla semplice vista; ricorriamo ad un oriolo per determinare il tempo, ma basterebbe guardare la posizione del sole; ci serviamo dĠun compasso per conoscere in qual regione  situata una foresta, ma si pu˜ anche sapere osservando il sole se di giorno e le stelle se di notte. Aggiungiamo che invece di servirci di una barca per passare nellĠacqua, si pu˜ nuotare. Il celebre Franklin si maravigliava che lĠesercizio del nuoto, cos“ piacevole ed utile, non fosse appreso da ognuno: e ne indicava cos“ il modo facile per apprenderlo. Si lasci cadere un uovo in un fiume dove, stando tu ritto e toccando coĠ piedi il fondo, la testa almeno ti rimanga fuori dellĠacqua. Cerca allora quellĠuovo. NellĠabbassarti, fa risalire i piedi in alto, e, perchŽ lĠacqua non ti entri in bocca, solleva la testa sulla nuca, ed avrai cos“ la giusta posizione necessaria a nuotare. Allora basta mettere in moto le mani, e si nuota. - LĠessenziale sta nel coltivare lĠabilitˆ naturale. Il pi delle volte basta una semplice indicazione; spesso il fanciullo stesso  fecondo dĠinvenzioni, e si crea da s gli strumenti.

 

33. Ci˜ che bisogna osservare nellĠeducazione fisica, e per˜ in quella del corpo, si riferisce o allĠuso del moto volontario, o allĠuso degli organi del senso. Nel primo caso il fanciullo deve sempre aiutarsi da s: quindi ha bisogno di forza, di abilitˆ, di celeritˆ, di sicurezza. Egli deve, per esempio, poter traversare luoghi stretti, salire su altezze a picco, donde si scorge lĠabisso dinanzi a noi, camminare su palchi vacillanti. Se un uomo non pu˜ far tutto questo, egli non  veramente quello che potrebbe essere. Da che lĠIstituto filantropico di Dessau ne ha dato lĠesempio, molti sperimenti di questo genere sono stati fatti coi fanciulli negli altri Istituti. Restiamo assai meravigliati in leggendo come gli Svizzeri sino dallĠinfanzia si avvezzino a salire sulle montagne e fin dove li spinga la propria agilitˆ, con quanta sicurezza traversino i luoghi pi stretti e saltino al di lˆ dei precipizi, dopo aver giudicato con unĠocchiata di potervi riuscire senza pericolo. Ma la pi parte degli uomini han paura dĠuna caduta presentata loro dalla immaginazione; e questa paura ne paralizza talmente le membra che per essi ci sarebbe davvero pericolo di saltare oltre. Questa paura cresce ordinariamente collĠetˆ, e si riscontra in specie negli uomini che hanno molte occupazioni mentali.

Simili sperimenti nei fanciulli in realtˆ non sono i pi pericolosi. Per lĠetˆ loro, il corpo  meno pesante del nostro, e non cadono tanto gravemente. Di pi, non hanno le ossa nŽ cos“ fragili, nŽ cos“ dure come sono quelle degli adulti. I fanciulli sperimentano da s stessi le loro forze. Ad esempio, li vediamo spesso arrampicarsi senza un fine determinato. La corsa  un moto salutare e che fortifica il corpo. Saltare, alzar pesi, tirare, lanciare, gettar sassi verso una mira, lottare, correre, e tutti gli esercizi di questo genere son loro adattati e utili. La danza regolare non pare convenga ancora ai fanciulli.

Il tiro a segno, vuoi per la distanza, vuoi per colpire il bersaglio, esercita pure i sensi e particolarmente la vista. Il giuoco della palla  uno dei migliori pei fanciulli, perchŽ richiede una corsa salutare. In generale i migliori giuochi sono quelli che, oltre sviluppare lĠabilitˆ, sono ancora esercitazioni pei sensi; ad esempio, quelli che esercitano la vista nel giudicare esattamente la distanza, la grandezza e la proporzione, nel trovare la posizione dei luoghi secondo le regioni, il che si pu˜ fare collĠaiuto del sole, e via dicendo. Tutti questi esercizi sono utilissimi e convenienti. Assai vantaggiosa  pure la immaginazione locale, ossia lĠabilitˆ di rappresentarci tutte le cose nei rispettivi luoghi dove si sono vedute; essa dˆ, per esempio, la soddisfazione di ritrovarci in una foresta, osservando gli alberi vicino ai quali siamo prima passati. Dicasi lo stesso della memoria locale, onde sappiamo non solamente in qual libro si  letta una cosa, ma altres“ in qual parte del libro stesso. Cos“, il musico ha il tasto in mente, onde non ha pi bisogno di cercarlo. é del pari utilissimo di coltivare lĠorecchio dei fanciulli, e dĠinsegnar loro a discernere se una cosa  lontana o vicina ed in qual direzione.

Il giuoco dei fanciulli alla mosca cieca era giˆ noto appo i Greci. In generale, i giuochi dei fanciulli sono pressochŽ universali. Quelli noti e praticati in Germania ritrovansi anche in Inghilterra, in Francia. ed altrove. Hanno la propria origine da una certa naturale inclinazione dei fanciulli: il giuoco alla mosca cieca, per esempio, nasce in essi dal desiderio di sapere come potrebbero aiutarsi se fossero privi dĠun senso. La trottola  un giuoco particolare. Ma queste sorte di giuochi da bambini forniscono agli uomini argomento di riflessioni ulteriori e sono talvolta occasione dĠimportanti scoperte. Il Segner, per esempio, scrisse una dissertazione sulla trottola, e questa poi forn“ ad un capitano di vascello inglese lĠoccasione dĠinventare uno specchio, col quale si pu˜ misurare sopra un vascello lĠaltezza delle stelle.

I fanciulli amano gli strumenti rumorosi, come le piccole trombette, i piccoli tamburi, e cose simili. Ma questi strumenti non hanno alcun valore, perchŽ i bambini stessi li rendono disadatti. Meglio sarebbe che imparassero da s medesimi a tagliare una canna, dove potrebbero soffiare.

Anche lĠaltalena  un buon esercizio; pu˜ giovare alla salute dei fanciulli e anco delle persone adulte; ma i fanciulli han qui bisogno dĠessere invigilati, perch il moto che vi cercano pu˜ essere molto rapido. LĠaquilone  un giuoco innocentissimo; serve a coltivare la destrezza del corpo, stantech il sollevarsi in aria dellĠaquilone dipende da una certa posizione riguardo al vento.

Pigliando interesse a questi giuochi, il fanciullo rinunzia ad altri bisogni, e cos“ a grado a grado si avvezza a privarsi di altre cose di maggiore importanza. Di pi, egli acquista lĠabito a star sempre occupato, ma i suoi giuochi debbono avere anche un fine. ImperocchŽ pi il suo corpo si fortifica e sĠindurisce in questa guisa, e pi eĠ divien sicuro contro le conseguenze corruttive della mollezza. La ginnastica stessa deve ristringersi a guidar la natura; non deve procurare grazie forzate. Alla disciplina, e non alla istruzione, spetta il primo passo. Educando il corpo dei fanciulli, non va per˜ dimenticato che li formiamo per la societˆ. Il Rousseau dice: Ç Non arriverete mai a formare uomini savi, se prima non fate dei monelli.È Ma da un fanciullo svegliato si caverˆ piuttosto un uomo dabbene, che da un impertinente un cameriere discreto. Il fanciullo non ha da essere importuno in societˆ, ma non deve mostrarsi neppure insinuante. Verso quanti lo chiamano a s, deve mostrarsi famigliare, senza importunitˆ; franco, senza impertinenza. Per ottenere questo da lui, bisogna non guastarlo in niente, non ispirargli idee di decoro, che varranno solo a renderlo timido e selvaggio, o che dĠaltra parte gli suggeriranno il desiderio di farsi valere. In un fanciullo niente vĠha di pi ridicolo che una prudenza senile, od una sciocca presunzione.

Nel secondo caso  nostro dovere di far maggiormente sentire al fanciullo i suoi difetti, ma procurando insieme di non fargli troppo sentire la nostra superioritˆ ed autoritˆ, perchŽ egli si formi da s stesso, come un uomo che dee vivere in societˆ; perocch se il mondo  abbastanza grande per lui, devĠessere non meno grande anche per gli altri.

Toby, nel Tristram Sandy, dice a una mosca che lĠaveva molestato per lungo tempo e che lascia scappare dalla finestra: ÇVaĠ, cattivo animale, il mondo  abbastanza grande per me e per te!È Ciascuno potrebbe pigliare questo detto per divisa. Non dobbiamo renderci importuni gli uni agli altri; il mondo  abbastanza grande per tutti.

 

34. Siamo cos“ arrivati alla cultura dellĠanima, che in certa maniera pu˜ dirsi anche fisica. Si deve ben distinguere la Natura dalla Libertˆ. Altra cosa  dar leggi alla libertˆ, ed altra coltivar la natura. La natura del corpo e quella dellĠanima si accordano in questo: coltivandole devesi cercare dĠimpedir loro che si guastino, e lĠarte aggiunge ancora qualcosa alla natura del corpo ed a quella dellĠanima. Si pu˜ dunque, in un certo senso, dimandar fisica la cultura dellĠanima quanto quella del corpo.

                                                               Ma questa cultura fisica dellĠanima si distingue dalla cultura morale, poich lĠuna si riferisce alla Natura, lĠaltra alla Libertˆ. Un uomo pu˜ essere coltissimo fisicamente; pu˜ avere ornatissimo lo spirito, ma esser privo di cultura morale, ed essere un cattivo uomo.

Bisogna distinguere la cultura fisica dalla cultura pratica, che  prammatica o morale. QuestĠultima si propone di render lĠuomo pi morale che colto.

Divideremo la cultura fisica dello spirito in cultura libera e in scolastica. La cultura libera si riduce, sto per dire, ad uno svago; mentre la cultura scolastica  cosa seria. La prima  quella che ha luogo naturalmente nellĠallievo; nella seconda, egli pu˜ essere considerato come soggetto ad un obbligo. Anche nel giuoco possiamo essere occupati, il che si chiama occupare i nostri ozi; ma possiamo essere obbligati ad occuparci, e questo dicesi lavorare. La cultura scolastica sarˆ dunque un lavoro pel fanciullo, e la cultura libera uno svago.

 

35. Sono stati proposti vari sistemi di educazione per cercare, cosa davvero lodevolissima, il miglior metodo educativo. Si  pensato, fra gli altri, di lasciare che i fanciulli apprendano tutto come un divertimento. Il Lichtenberg, in una puntata del Magazzino di Gottinga, deride lĠopinione di quanti vogliono che si tenti di lasciar fare ogni cosa ai fanciulli come un divertimento, mentre dovrebbero essere abituati per tempo a serie occupazioni, dovendo essi entrare un giorno nella vita seria del mondo. Quel metodo produce un effetto detestabile. Il fanciullo deve giuocare, aver le sue ore di ricreazione, ma deve anche apprendere a lavorare. é bene certamente di esercitare la sua abilitˆ e di coltivare il suo spirito; ma a queste due sorte di cultura vogliono esser dedicate ore diverse. La tendenza alla infingardaggine costituisce per lĠuomo una grande infelicitˆ; e pi egli si abbandona a questa tendenza, pi gli torna poi difficile di mettersi al lavoro.

Nel lavoro lĠoccupazione non  piacevole per s stessa, ma sĠintraprende per un altro fine. LĠoccupazione nello svago  piacevole in s, n quindi fa mestieri di proporsi alcun fine. Se vogliamo passeggiare, la passeggiata stessa  fine; e quindi pi lunga  la strada fatta, pi ci torna piacevole. Ma se ci occorre andare in qualche luogo, fine del nostro cammino  la societˆ che si trova in quel luogo, od unĠaltra cosa; e allora scegliamo volentieri la strada pi corta. Dicasi il somigliante del giuoco delle carte. é cosa proprio singolare vedere come uomini ragionevoli rimangano seduti per ore intere ed occupati a scozzar carte. Il che dimostra che gli uomini non cessano cosi facilmente dĠesser fanciulli. Ed invero, in che questo giuoco  superiore al giuoco della palla dei fanciulli? Vero  che le persone adulte non vanno a cavallo sopra un bastone, ma hanno altri cavalli da bambini.

Avvezzare i fanciulli a lavorare  di somma importanza. LĠuomo  il solo animale dedito al lavoro. Prima di arrivare a goder le cose necessarie alla sua vita, lĠuomo dee fare molti lavori diretti a quel fine. La questione, se il cielo non sarebbesi mostrato assai pi benigno verso di noi, offrendoci ogni cosa bella e preparata, onde non avremmo avuto pi bisogno di lavorare, deve essere certamente risoluta in modo negativo; imperocch lĠuomo ha bisogno di occupazioni, anco di quelle che suppongono un certo costringimento. é parimente falso lĠimmaginare che se Adamo ed Eva fossero rimasti nel paradiso terrestre, non avrebbero fatto altro che star seduti insieme, cantare canzoni pastorali e contemplar la bellezza della natura. LĠozio li avrebbe tormentati, come tormenta gli altri uomini.

LĠuomo devĠessere occupato in modo che, tutto compreso del fine a cui mira, non senta pi s stesso, e che il miglior riposo per lui sia quello che succede al lavoro. Vuolsi pertanto avvezzare il fanciullo a lavorare. E dove la tendenza al lavoro pu˜ esser meglio coltivata che nella scuola? La scuola  una cultura obbligatoria. Si renderebbe al fanciullo un cattivo servigio se lĠavvezzassimo a considerar tutto come uno svago. Egli deve certamente avere i suoi momenti di ricreazione, ma anco le sue ore di lavoro. Se non comprende subito lĠutilitˆ di questĠobbligo, la comprenderˆ pi tardi. Voler sempre rispondere alle dimande dei fanciulli: Perch ci˜? A qual fine? sarebbe lo stesso, in generale, che procurar loro abiti di curiositˆ indiscreta. LĠeducazione dovĠessere obbligatoria; il che per altro non vuol dire che i fanciulli si abbiano a trattare come schiavi.

 

36. In quanto alla libera cultura delle facoltˆ dello spirito, vuolsi notare chĠella progredisce di continuo. Essa deve particolarmente esser rivolta alle facoltˆ superiori. Si coltiverˆ ad un tempo le inferiori, ma solo in ordine alle superiori, lo spirito (Witz), a moĠ dĠesempio, in ordine alla intelligenza. Regola principale si  questa: non coltivare separatamente alcuna facoltˆ per s stessa, ma coltivare ciascuna di esse in ordine alle altre, come la immaginazione a profitto della intelligenza.

Le facoltˆ inferiori non hanno per s stesse alcun valore. A che giova, per esempio, che un uomo abbia molta memoria, ma poco discernimento? Egli non  che un dizionario vivente. Questa specie di asini del Parnaso sono, dĠaltra parte, assai utili; imperocchŽ, se non possono da s stessi produrre niente di ragionevole, almeno recano deĠ materiali onde altri pu˜ far qualcosa di buono. - Lo spirito non fa che sciocchezze, quando non sia accompagnato dal giudizio. LĠintelletto  destinato a conoscere il generale. Il giudizio applica il generale al particolare. La ragione  la facoltˆ di scorgere il nesso tra il generale e il particolare. Questa libera cultura prosegue il suo corso dallĠinfanzia dellĠuomo fino a che cessa per lui ogni educazione. Per esempio, quando un giovane parla dĠuna regola generale, gli si pu˜ far citare dei casi tratti dalla Storia o dalla favola dove quella  nascosta, squarci di poeti dove si trova espressa, e cos“ fornirgli occasione dĠesercitare il suo ingegno, la sua memoria, e va dicendo.

La massima tantum scimus quantum memoria tenemus (tanto sappiamo quanto riteniamo a memoria) ha certo la sua veritˆ, e quindi la cultura della memoria  necessarissima. Le cose han natura siffatta che lĠintelletto segue prima le impressioni sensibili e la memoria deve conservarle. Lo stesso avviene, per esempio, nelle Lingue. Possiamo impararle con un metodo formale, cio mediante la memoria, o praticamente nel conversare, e questo secondo metodo  da preferirsi nelle Lingue viventi. Per fermo lo studio dei vocaboli  necessario, ma i fanciulli assai meglio li imparano quando li ritrovano nellĠautore che hanno sotto gli occhi. Bisogna che la giovent abbia uno scopo fisso e determinato. Specialmente la Geografia sĠinsegna con un certo meccanismo. La memoria ha una certa predilezione per questo meccanismo, che in molti casi torna utilissimo. Finora non si  trovato alcun meccanismo proprio a facilitare lo studio della Storia; si  tentato lĠuso di certi specchi e cataloghi, ma non pare abbia dato buoni risultamenti. La Storia  un mezzo eccellente per esercitare lĠintelletto a ben giudicare. La memoria  molto necessaria, ma non conviene farne un puro esercizio pei fanciulli, tal sarebbe quello di far loro imparare a mente i discorsi. Il che serve a renderli pi arditi; mentre la declamazione si conviene solo agli uomini. Va detto lo stesso di tutte quelle cose che sĠimparano per sostenere un futuro esame, o per dimenticarle in progresso (in futuram oblivionem). La memoria va occupata in cognizioni che ci preme di conservare e che hanno attinenza colla vita reale. Funestissima pei fanciulli  la lettura dei romanzi, perchŽ riesce soltanto a divertirli fino a che li leggono: essa indebolisce la memoria. Sarebbe infatti ridicolo di volerli tenere a mente e raccontarli agli altri. Bisogna dunque ritirare tutti i romanzi dalle mani dei fanciulli. Leggendoli, nel romanzo eĠ fanno a s stessi un nuovo romanzo, poichŽ ne ordinano altrimenti le circostanze e, lasciando cosi vagare la loro fantasia, si nutrono di chimere.

Le distrazioni non devono esser mai tollerate, almeno nella scuola, perchŽ finiscono per degenerare in una certa tendenza, in un certo abito. Anche le pi belle doti dellĠingegno si perdono in un uomo soggetto alla distrazione. Quantunque i fanciulli si distraggano nelle ricreazioni loro, non tardano a raccogliersi di nuovo; ma vediamo che sono maggiormente distratti quando eĠ meditano qualche cattivo tiro, giacchŽ pensano come potranno nasconderlo o come rimediarvi. Allora essi non intendono le cose che a metˆ, rispondono in senso contrario, non sanno quello che leggono, e somiglianti.

La memoria devesi coltivare per tempo, procurando bens“ di coltivare insieme anche la intelligenza.

Si coltiva la memoria: 1Ħ facendole ritenere i nomi che trovansi nelle narrazioni; 2Ħ merc la lettura e la scrittura, esercitando i fanciulli a leggere attentamente e senza. bisogno di compitare; 3Ħ con lo studio delle Lingue, che i fanciulli debbono capire avanti di passare a leggerne qualcosa. Il cos“ detto Mondo figurato (orbis pictus)[2], quando sia descritto convenientemente, rende i pi grandi servig”, e possiamo incominciarlo dalla Botanica, dalla Mineralogia e dalla Fisica generale. Per descriverne gli obbietti, fa mestieri dĠimparare a disegnare e a modellare, e quindi vi abbisognano le Matematiche. Le prime cognizioni scientifiche devono specialmente avere per obbietto la Geografia cos“ matematica come fisica. I racconti di viaggi, spiegati per via dĠincisioni e di carte, condurranno poi alla Geografia politica. Dallo stato presente della superficie della terra si risalirˆ al suo stato primitivo, e si arriverˆ alla Geografia antica, alla Storia antica, e via dicendo.

NellĠistruzione del fanciullo bisogna cercare di unire a grado a grado il sapere e il potere. Fra tutte le scienze la Matematica pare sia la pi adatta a far conseguire questo fine. Inoltre, bisogna unire la scienza e la parola (la facilitˆ del dire, lĠeleganza, lĠeloquenza). Ma occorre altres“ che il fanciullo impari a distinguere perfettamente la scienza dalla semplice opinione e dalla credenza. A questo modo si formerˆ in lui una mente retta, e un gusto giusto se non fine o delicato. Il gusto da coltivarsi sarˆ prima quello dei sensi, degli occhi specialmente, e infine quello delle idee.

Vi debbono essere norme per tutto ci˜ che pu˜ coltivare lĠintelletto. é anche utilissimo di astrarle, affinchŽ lĠintelletto non proceda in modo puramente meccanico, ma abbia coscienza della regola che segue.

Riesce ancora di grande utilitˆ lĠesprimere le norme con una certa formula e tramandarle cos“ alla memoria. Se abbiamo in mente la regola e ne dimentichiamo lĠuso, non si pena molto a ritrovarla. E qui si domanda: Conviene principiare dallo studio delle regole astratte, e le si devono apprendere dopo averne fatto uso, oppure conviene far procedere di pari passo le regole e il loro rispettivo uso? QuestĠultimo  il solo partito conveniente: nellĠaltro caso lĠuso rimane incertissimo finchŽ non siamo arrivati alle regole. Occorre altres“, ove si presenti lĠoccasione, ordinare per classi le regole;  necessario che siano unite fra loro. Dunque, sotto questo rispetto, la Grammatica precederˆ sempre lo studio delle Lingue.

 

37. Dobbiamo dare ancora unĠidea sistematica del fine intiero dellĠeducazione e del modo in che conseguirlo.

Cultura generale delle facoltˆ dello spirito, diversa dalla cultura particolare. Quella ha per fine lĠabilitˆ e il perfezionamento; non insegna alcun che di particolare allĠalunno, ma fortifica le potenze dello spirito. Essa  fisica o morale.

a) Nella cultura fisica tutto dipende dalla pratica e dalla disciplina, e il fanciullo non ha bisogno di conoscere alcuna massima. é cultura passiva pel discepolo, che deve seguire lĠaltrui direzione. Altri pensano per lui.

b) La cultura morale si fonda sulle massime, e non sulla disciplina. Tutto  perduto quando la si voglia fondare sullĠesempio, sulle minacce, sulla punizione, e via dicendo. Sarebbe allora una pura disciplina. Bisogna fare in modo che lĠallievo operi bene secondo le proprie sue massime e non per mero abito, e che non faccia solamente il bene, ma che lo faccia perchŽ  bene in s. ImperocchŽ tutto il valore morale delle azioni risiede nelle massime del bene. Tra lĠeducazione fisica e lĠeducazione morale corre questo divario: la prima  passiva per lĠallievo, mentre la seconda  attiva. Fa duopo chĠegli veda sempre il principio fondamentale dellĠazione e il vincolo che la rannoda allĠidea del dovere.

Cultura particolare delle facoltˆ dello spirito. Questa cultura risguarda lĠintelligenza, i sensi, la immaginazione, la memoria, lĠattenzione e lo spirito (Witz) come qualitˆ peculiare. Abbiamo giˆ parlato della cultura dei sensi, per esempio della vista. In quanto alla immaginazione, devesi notare una cosa ed , che i fanciulli son dotati di una immaginazione potentissima, e per˜ questa non ha bisogno dĠessere sviluppata ed estesa con favole e novelle. Piuttosto devĠessere frenata e sottoposta a regole, senza lasciarla per˜ disoccupata del tutto.

Le carte geografiche sono una grande attrattiva per tutti i fanciulli, anche pei bambini: BenchŽ stanchi dĠogni altro studio, essi imparano ancora qualcosa per mezzo delle carte. Questa pei fanciulli  una distrazione conveniente, dove la immaginazione, senza divagar troppo, trova da fermarsi su certe figure. Onde si potrebbe far loro incominciare gli studi dalla Geografia, cui sarebbero unite figure di animali, di piante, eccetera, destinate a vivificare la Geografia stessa. La Storia dovrebbe venire pi tardi.

Riguardo allĠattenzione, vuolsi notare chĠessa ha bisogno dĠessere fortificata in generale. Unire fortemente i nostri pensieri ad un oggetto non  una prerogativa ma una debolezza del nostro senso interiore, il quale si mostra indocile in questo caso e non si lascia applicare dove noi vogliamo. Nemica dĠogni educazione si  appunto la distrazione. La memoria suppone lĠattenzione.

 

38. Ora passiamo alla cultura delle facoltˆ superiori dello spirito, che sono lĠintelletto, il giudizio e la ragione. Si pu˜ cominciare dal formare in qualche modo passivamente lĠintelletto, chiedendogli esempj che si applichino alla regola, o al contrario la regola che si applichi agli esempj particolari. Il giudizio mostra lĠuso che dee farsi dellĠintelletto. é necessario di capir bene quello che sĠimpara o si dice, e di non ripetere alcuna cosa senza averla giˆ compresa. Quanti leggono ed ascoltano certe cose che poi ammettono senza capirle! E qui fa mestieri di ricordare la differenze tra la immagini e le cose stesse.

La ragione ci fa conoscere i princip”. Ma bisogna por mente che qui si tratta dĠuna ragione non ancora diretta o educata. Essa pertanto non deve sempre voler ragionare, ma badare di non ragionar troppo su quanto  superiore alle nostre idee. Qui non si parla ancora della ragione speculativa, ma della riflessione su ci˜ che avviene secondo la legge degli effetti e delle cause. VĠha una ragione pratica sottoposta al suo impero ed alla sua direzione.

Il miglior modo di coltivare le facoltˆ dello spirito consiste nel far da s tutto quello che si vuol fare; per esempio, mettere in pratica la regola grammaticale che abbiamo imparata. Si capisce segnatamente una carta geografica, quando possiamo eseguirla da noi. Il miglior mezzo di comprendere  quello di fare. Quello che sĠimpara e si ritiene pi stabilmente e meglio  appunto ci˜ che sĠimpara in qualche maniera da noi stessi. Ma pochi sono gli uomini che siano in grado di far da maestri a s medesimi. Questi chiamansi grecamente autodidascali (autodidactoi).

Nella cultura della ragione bisogna praticare il metodo di Socrate. Costui, infatti, che chiamava s stesso lĠostetricante della intelligenza deĠ suoi uditori, neĠ suoi dialoghi, conservatici in qualche maniera da Platone, ci dˆ esempi del come si pu˜ guidare anco le persone dĠetˆ matura a tirar fuori certe idee dalla loro propria ragione. Su molti punti non  necessario che i fanciulli esercitino la mente loro. Non devono ragionare su tutto. Non hanno bisogno di conoscere le ragioni di quanto pu˜ conferire alla loro educazione; ma quando si tratta del dovere, necessita farne loro conoscere i principi. Tuttavia si deve generalmente fare in modo che cavino da loro stessi le cognizioni razionali, piuttosto che introdurvele. Il metodo socratico dovrebbe servir di norma al metodo catechetico. Esso  certamente un poĠ lungo; e torna difficile condurlo in maniera tale da fare imparare agli altri qualcosa, mentre si cavano le cognizioni dalla mente dĠuno. Il metodo meccanicamente catechetico giova pure in molte scienze, come nellĠinsegnamento della religione rivelata. Nella religione universale, al contrario, devesi praticare il metodo socratico. Ma per tutto ci˜ che devĠessere insegnato storicamente, si raccomanda il metodo meccanicamente catechetico.

 

39. Dobbiamo qui trattare anche la cultura del sentimento del piacere o del castigo. DevĠessere negativa; il sentimento non devĠessere effeminato. La inclinazione alla effeminatezza  per lĠuomo il pi funesto di tutti i mali della vita. Dunque preme sommamente dĠavvezzare per tempo i giovani al lavoro. Quando non sono giˆ effeminati, amano in realtˆ i divertimenti misti di fatica e le occupazioni che richiedono un certo uso di forze. Non dobbiamo renderli incontentabili nei loro piaceri e lasciarne loro la scelta. Qui le madri guastano per ordinario i loro figli e li rendono troppo delicati. E tuttavia si osserva che i figli, specie i giovinetti, amano pi il loro padre che la madre; forse perchŽ la madre non permette loro di saltare, di correre da un punto allĠaltro, per timore che non accada loro qualcosa di sinistro. Il padre, invece, che li sgrida, che li picchia quando non sieno stati buoni, li conduce talvolta in campagna, e quivi li lascia correre, giuocare e divertirsi a loro posta, conforme alla loro etˆ.

Si crede di esercitare la pazienza deĠ giovinetti facendo loro attendere una cosa per lungo tempo. Il che non dovrebbe essere punto necessario. Ma essi han bisogno di pazienza nelle malattie e in altre contingenze della vita. Di due sorta  la pazienza: consiste o nel rinunziare ad ogni speranza, o nel prendere nuovo coraggio. La prima non  necessaria, quando si desideri unicamente il possibile; e si pu˜ aver sempre la seconda, quando non altro si desideri che il giusto. Ma tanto funesto  il perdere la speranza nelle malattie, quanto  favorevole il coraggio al ristabilirsi della salute. Chi  capace di mostrarne ancora nel suo stato fisico o morale, non rinuncia alla speranza.

Non bisogna render pi timidi i fanciulli. Questo accade principalmente quando ci rivolgiamo ad essi con parole ingiuriose e quando si umiliano spesso. Conviene pertanto biasimare quelle parole che molti genitori indirizzano ai loro figli: Eh, non ti vergogni! Non vedesi di che i fanciulli potrebbero vergognarsi quando, per esempio, mettono in bocca il loro dito. Si pu˜ dir loro che ci˜ non sta bene, questo non essendo lĠuso: ma dobbiamo dir loro che si vergognino solamente quando mentiscono. La natura ha dato allĠuomo il rossore della vergogna, perchŽ si palesi quandĠegli mentisce. Se dunque i genitori parlassero di vergogna ai loro figli solamente quando mentiscono, essi conserverebbero fino alla morte questo rossore per la menzogna. Ma se li facciamo arrossire di continuo, si darˆ loro una timidezza che non li abbandonerˆ pi.

Come abbiamo detto qua sopra, non devesi piegare la volontˆ dei fanciulli, ma dirigerla per modo che ella sappia cedere agli ostacoli naturali. Sulle prime il fanciullo deve obbedire ciecamente. Non  conforme a natura chĠegli comandi con le sue grida, e che il forte obbedisca al debole. Dunque non va mai ceduto alle grida dei fanciulli e dei bambini stessi, perchŽ ottengano cos“ ci˜ che vogliono. Qui i genitori per lo pi sĠingannano, e credono di poter rimediare al male pi tardi ricusando ai loro figli quanto dimandano. Ma  assurdo il negar loro senza ragione quello che essi attendono dalla bontˆ dei genitori, collĠunico intento di far loro sentire che sono pi deboli.

Guasta i fanciulli chi lascia far loro quello che vogliono, e li educa malissimo chi va sempre contro la loro volontˆ ed i loro desiderii. Il che avviene ordinariamente sino a che i figli sono un trastullo pei genitori, segnatamente nel periodo in cui cominciano a parlare. Ma questa indulgenza reca loro un gran danno per tutta la vita. LĠopposizione ai voleri loro certamente impedisce chĠessi manifestino il proprio cattivo umore; ma ci˜ non fa che renderli pi adirosi. Non hanno ancora imparato a conoscere come debbono governarsi. - Impertanto la regola da praticarsi coi bambini  questa: andare a soccorrerli quando gridano e si teme che non accada loro qualche male, ma lasciarli gridare quando lo fanno per cattivo umore. E una somigliante condotta bisogna costantemente tenere pi tardi. La resistenza che in questo caso trova il bambino  affatto naturale e propriamente negativa, poichŽ rifiuta semplicemente di cedere a lui. Molti figliuoli, invece, ottengono dai loro genitori quello che desiderano, mercŽ le preghiere. Ove si lasci ottenere loro ogni cosa con le grida, essi divengono cattivi; ma se ottengono tutto con le preghiere, diventano dolci. Bisogna dunque cedere alla preghiera del fanciullo, salvo che non ci sia qualche potente ragione in contrario. Ma quando ci siano queste ragioni per non cedere, non bisogna lasciarsi pi commuovere da molte preghiere. Ogni rifiuto devĠessere irrevocabile. Ecco un mezzo certo per non ripetere cos“ di frequente il rifiuto.

Supponete che vi sia nel fanciullo (cosa da potersi ammettere assai di rado) una tendenza naturale alla indocilitˆ: il miglior partito si , quando egli non faccia niente per rendersi a noi piacevole, di non far niente per lui. Piegando la sua volontˆ, glĠispiriamo sentimenti servili; la resistenza naturale, al contrario, genera la docilitˆ.

 

40. La cultura morale vuolsi fondare su certe massime, non sulla disciplina. Questa impedisce i difetti; quelle formano la maniera di pensare. Bisogna fare in modo che il fanciullo si avvezzi ad operare secondo le massime, e non secondo certi motivi. La disciplina non genera altro che gli abiti, i quali svaniscono con gli anni. Necessita che il fanciullo impari ad operare secondo certe massime, di cui veda egli stesso la convenienza. Non occorre dimostrare come sia difficile di ottenere questo dai bambini, e come la cultura morale richieda molte cognizioni da parte dei genitori e dei maestri.

Quando un fanciullo mentisce, per esempio, non si deve punire, ma. si deve trattare con disprezzo, dirgli che in avvenire non gli crederemo pi, e somiglianti. Ma se lo castighiamo quando fa male, e lo ricompensiamo quando fa bene, egli allora fa il bene per essere ben trattato; e quando pi tardi entrerˆ nel mondo dove le cose procedono altrimenti, dove cio egli pu˜ fare il bene ed il male senza riceverne ricompensa o castigo, non penserˆ che ai mezzi per conseguire il suo fine, e sarˆ buono o cattivo secondo lĠutile proprio.

Le massime della. condotta umana vanno desunte dallĠuomo stesso. Devesi cercare per tempo dĠinculcare ai fanciulli, mediante la cultura morale, lĠidea di ci˜ che  bene o male. Se vogliamo fondare la moralitˆ, non bisogna punire. La moralitˆ  qualcosa di cos“ santo e sublime che non si deve abbassare a questo punto, n metterla al pari colla disciplina. I primi sforzi della cultura morale devono tendere a formare il carattere, il quale consiste nellĠabito dĠoperare secondo certe massime. Queste dapprima sono le massime della scuola e poi quelle dellĠumanitˆ. Sul principio il fanciullo obbedisce a certe leggi. Anche le massime sono leggi, ma personali o soggettive, perchŽ derivano dallĠintelligenza stessa dellĠuomo. Niuna trasgressione alla legge della scuola deve restare impunita, ma la pena vuol essere sempre proporzionata alla colpa.

Quando si vuol formare il carattere dei fanciulli preme assai di mostrar loro in tutte le cose un certo disegno, certe leggi, che essi ponno seguire fedelmente. Quindi, a moĠ dĠesempio, si stabilisce loro un tempo per dormire, per lavorare, per ricrearsi; questo tempo, stabilito che sia, non devesi pi nŽ allungare nŽ abbreviare. Nelle cose indifferenti si pu˜ lasciare lĠelezione ai fanciulli, a patto bens“ che poi osservino sempre la legge che han fatto a s stessi. Non bisogna tentare, per altro, di dare a un fanciullo il carattere di un cittadino, ma quello di un fanciullo.

Gli uomini che non si sono proposti certe regole non potrebbero inspirare molta fiducia; spesso ci accade di non poterli comprendere, nŽ mai sappiamo da qual verso conviene pigliarli. Vero  che non di rado si biasima la gente che opera sempre secondo certe regole, come un tale che ha sempre unĠora ed un tempo stabilito per ogni azione; ma sovente questo biasimo  ingiusto, e quella regolaritˆ  una favorevole disposizione al carattere, benchŽ sembri una tortura.

Elemento essenziale del carattere dĠun fanciullo, e segnatamente dĠuno scolare,  soprattutto lĠobbedienza. Questa  di due sorte: prima, unĠobbedienza alla volontˆ assoluta di chi dirige; seconda, unĠobbedienza ad una volontˆ risguardata come ragionevole e buona. LĠobbedienza pu˜ venire dal costringimento, dallĠautoritˆ, e allora  assoluta; o dalla fiducia, e in questo caso  volontaria. Importantissima  la seconda; ma anche la prima  assolutamente necessaria, perchŽ questa prepara il fanciullo al rispetto delle leggi che dovrˆ pi tardi osservare come cittadino, quandĠanche non gli andassero a genio.

Si deve dunque sottoporre i fanciulli ad una certa legge di necessitˆ. Ma questa legge devĠessere universale, e bisogna averla sempre dinanzi alla mente nelle scuole. Il maestro non deve mostrare alcuna predilezione, alcuna preferenza per uno scolare tra molti: ch diversamente la legge cesserebbe dĠessere universale. Quando il fanciullo vede che tutti gli altri non sono sottoposti alla medesima legge come lui, diviene ostinato.

Si dice sempre che ogni cosa va presentata in modo tale ai fanciulli che la facciano per inclinazione. Il che in molti casi  certamente bene, ma parecchie cose vogliono esser loro prescritte come doveri. E ci˜ in progresso tornerˆ loro utilissimo per tutta la vita. ImperocchŽ nei servizii pubblici, nelle funzioni unite alle cariche, ed in molti altri casi il dovere solo pu˜ guidarci e non la inclinazione. Ove supponessimo che il fanciullo non comprendesse il dovere, sarebbe sempre meglio di fornirgliene lĠidea; e dĠaltra parte egli sa che ha doveri come fanciullo, quantunque veda pi difficilmente dĠaverne come uomo. Se comprendesse ancor questo, il che solo con gli anni  possibile, lĠobbedienza sarebbe ancor pi perfetta.

Ogni violazione dĠun ordine pel fanciullo  un mancare di obbedienza, che porta seco una punizione. Ma non  inutile di punire anche una semplice negligenza. La pena  fisica o morale.

La pena  morale quando si attutisce la nostra inclinazione ad essere onorati ed amati, due aiuti della moralitˆ, come quando si umilia, o si accoglie freddamente il fanciullo. Tale inclinazione devĠessere, finchŽ si pu˜, conservata. Ora questa sorta di pena  la migliore, perchŽ aiuta la moralitˆ; per esempio, se un fanciullo mentisce, castigo sufficiente ed il migliore per lui  unĠocchiata di disprezzo.

La pena fisica consiste o nel ricusare al fanciullo ci˜ che desidera, o nellĠinfliggergli una certa punizione. La prima sorta di pena si avvicina a quella morale, ed  negativa. Le altre pene vanno adoperate con precauzione, affinchŽ non generino disposizioni servili (indoles servilis). Non conviene dar ricompense ai fanciulli, perchŽ ci˜ li rende interessati e genera in essi disposizioni mercenarie (indoles mercenaria).

Inoltre, lĠobbedienza risguarda ora il fanciullo, ora il giovinetto. Il mancare dĠobbedienza deve sempre avere la sua pena. Questa punizione, che si merita lĠuomo per la sua condotta, o  affatto naturale, come sarebbe la malattia che si procura il fanciullo quando mangia troppo; e questa specie di pena  la migliore, perchŽ lĠuomo la subisce non solamente nella infanzia, ma per tutta la vita. O la pena  artificiale. Il bisogno di essere stimati ed amati  un espediente sicuro per rendere i castighi durabili. Le pene fisiche vanno adoperate solo come rimedio alla insufficienza delle pene morali. Quando il castigo morale non ha pi efficacia e si ricorre alla pena fisica, bisogna rinunziare per sempre a formare con questo mezzo un buon carattere. Ma sulle prime la pena fisica serve a riparare la mancanza di riflessione nel fanciullo.

Non approdano i castighi inflitti con segni manifesti di collera. Allora i fanciulli ci vedono solamente gli effetti della passione altrui, e considerano s stessi come vittime di questa passione. In generale, bisogna fare in modo che i fanciulli stessi vedano come il fine vero e ultimo delle pene inflitte sia il loro miglioramento. é assurdo pretendere che il fanciullo da voi punito vi renda grazie, vi baci le mani, e via dicendo; sarebbe un volerne fare uno schiavo. Quando le pene fisiche sono di frequente ripetute, formano caratteri ostinati e intrattabili, e quando i genitori puniscono i figliuoli per lĠegoismo loro, non fanno altro che renderli ancora pi egoisti. Non sono sempre i pi cattivi quegli uomini che si dicono intrattabili, ma questi spesso arrendonsi facilmente con le buone maniere.

LĠobbedienza del giovinetto  diversa da quella del fanciullo, e sta nel sottomettersi alle regole del dovere. Fare una cosa per dovere equivale ad obbedire la ragione. Parlar di dovere ai fanciulli  fiato sprecato; essi alla fin fine concepiscono il dovere come una cosa da farsi sotto pena di essere frustati. Unicamente dai suoi istinti potrebbe esser guidato il fanciullo; ma, quando cresce, gli necessita lĠidea del dovere. Parimente, non devesi cercare di mettere innanzi ai fanciulli il sentimento della vergogna, ma riserbarlo alla etˆ giovanile. Difatti non pu˜ aversi tal sentimento se prima non siasi radicata la nozione dellĠonore.

Una seconda dote, a cui bisogna soprattutto mirare nella formazione del carattere del fanciullo,  la veracitˆ. Questo infatti  il tratto principale e lĠattributo essenziale del carattere. Un uomo che mentisce non ha carattere, e se vĠha in lui qualcosa di buono lo deve al suo temperamento. Molti fanciulli hanno una disposizione alla menzogna, che spesso deriva unicamente da una tal quale vivacitˆ dĠimmaginazione. é dovere dei padri segnatamente di badare che i figli non contraggano questo abito, poichŽ le madri non vi annettono per ordinario che niuna o poca importanza; se pure esse non vi trovino una prova lusinghiera delle attitudini e delle capacitˆ superiori dei loro figli. Qui torna opportuno di ricorrere al sentimento della vergogna, poichŽ il fanciullo in questo caso lo comprende benissimo. In noi si manifesta il rossore della vergogna quando mentiamo, ma questa non  sempre una prova di aver mentito o di mentire. Sovente arrossiamo della impudenza onde altri ci accusa dĠuna colpa. Non devesi cercare a verun costo di trar di bocca ai fanciulli la veritˆ per via di punizioni, avesse pure a cagionare qualche danno la loro menzogna: eĠ saranno allora puniti per questo danno. La sola pena che ai mendaci convenga  la perdita della stima.

Possiamo dividere le pene ancora in negative e in positive. Le negative si applicherebbero alla infingardia, o alla mancanza di moralitˆ o almeno di gentilezza, come la menzogna, il difetto di cortesia, la insocialitˆ. Le pene positive sono riservate alla malvagitˆ. Preme sommamente di non tener rancore verso i fanciulli.

Una terza dote del carattere del fanciullo  la socialitˆ. Egli deve pur conservare con gli altri relazioni di amicizia, e non vivere sempre e tutto per s. Parecchi maestri,  vero, sono contrari a questa idea: ma  ingiustissimo. I fanciulli debbono cos“ prepararsi al pi dolce di tutti i piaceri della vita. Dal canto loro, i maestri non hanno da preferire alcuno di essi per le sue doti intellettuali, ma pel carattere; diversamente ne risulterebbe una gelosia contraria allĠamicizia.

I fanciulli debbono essere anche ingenui, aperti, e nello sguardo sereni come il sole. Un animo contento  solo capace di trovar piacere nel bene. Ogni religione che renda cupo lĠuomo  falsa, poich egli deve servire Dio con piacere e non per forza. Non bisogna sempre comprimere lĠallegria sotto la dura soggezione della scuola, chŽ allora sarebbe presto annientata: la libertˆ la conserva. Di qui la utilitˆ di certi giuochi, dove il cuore si manifesta e si allarga, e dove il fanciullo si studia di superare i compagni. LĠanima ritorna allora serena. Molte persone risguardano il tempo della loro giovent come il pi felice e piacevole della vita. Ma in realtˆ non  cos“. Gli anni giovanili sono i pi penosi, perchŽ allora siamo sotto il giogo, di rado possiamo avere un amico vero e pi di rado ancora godere la libertˆ. Orazio aveva giˆ detto:

Multa tulit fecitque puer sudavit et alsit.

 

41. I fanciulli hanno da essere istruiti solo in quelle cose che si addicono allĠetˆ loro. Molti genitori si rallegrano tutti vedendo i loro figli parlare col senno proprio deĠ vecchi. Ma da figliuoli di questa sorta per lo pi non si ricava niente. Un fanciullo non pu˜ avere che la prudenza di fanciullo: eĠ non devĠessere un cieco imitatore. Ora, un fanciullo che vi pone davanti le massime del senno proprio degli uomini, va fuori della via tracciata alla sua etˆ, e non fa che imitare servilmente. Egli dee avere solamente lĠintelligenza dĠun fanciullo, e non deve mettersi in evidenza cos“ presto. Un fanciullo cosiffatto non diventerˆ mai un uomo illustre e dĠuna mente serena. Non si pu˜ egualmente tollerare un fanciullo che voglia giˆ eseguire tutte le mode, per esempio, farsi radere, portare anelli ed anche una tabacchiera. EĠ diviene cos“ un individuo affettato, che non rassomiglia punto ad un fanciullo. Una vera societˆ civile per lui  un peso, e finisce per mancargli del tutto il vero coraggio dellĠuomo. Bisogna dunque combattere per tempo la sua vanitˆ, o, meglio ancora, non fornirgli occasione di diventar vano. Il che appunto avviene quando non facciamo che ripetere ai fanciulli che sono belli, che questa o quella acconciatura di capelli torna loro a meraviglia, o che si promette o dˆ loro quella parrucca come un premio. Essi devono risguardare i propri abiti come belli o brutti solo in quanto sono necessari al corpo. Ma i genitori stessi non spendano molte cure pei loro abiti, ed evitino di specchiarsi a lungo alla presenza deĠ figli; dacchŽ qui, come per tutto, lĠesempio ha grandissima efficacia e fortifica o distrugge le buone dottrine.

 

B.

 

DellĠeducazione pratica.

 

42. LĠeducazione pratica abbraccia: 1Ħ lĠabilitˆ; 2Ħ la prudenza; 3Ħ la moralitˆ. Riguardo allĠabilitˆ, si richiede che sia fondata, soda e non fuggitiva. Non si deve aver lĠaria di conoscere quello che non possiamo poi tradurre in atto. LĠabilitˆ deve anzitutto essere ben fondata, soda e convertirsi a poco a poco in abito della mente. Qui sta lĠelemento essenziale del carattere dĠun uomo. LĠabilitˆ  necessaria allĠingegno.

La prudenza consiste nellĠarte di applicare allĠuomo la nostra abilitˆ, ossia di giovarci degli uomini per i nostri fini. Molte condizioni son necessarie ad acquistare la prudenza; la quale  propriamente lĠultima virt dellĠuomo, ma pel suo pregio tiene il secondo posto.

Se un giovane deve abbandonarsi alla prudenza,  necessario chĠei si renda chiuso dĠanimo e impenetrabile, e sappia bene indagare lĠanimo altrui. Rispetto al carattere segnatamente egli devĠessere chiuso dĠanimo. LĠarte di apparire esteriormente  la convenienza, e bisogna possedere questĠarte. Difficil cosa  indagare lĠanimo altrui, ma devesi necessariamente comprendere lĠarte di render s stesso impenetrabile. Bisogna pertanto dissimulare, cio nascondere i propri difetti. Dissimulare non  sempre fingere e pu˜ talvolta esser lecito, ma si avvicina, oltre che allĠastuzia, alla immoralitˆ. La dissimulazione  un mezzo disperato. La prudenza richiede che lĠuomo non dimostri troppa furia, ma neppure che sia indolente. Non dobbiamo pertanto essere furiosi, ma energici; il che non  la stessa cosa. Uomo energico (strenuus)  colui che prova diletto nel volere. Qui si tratta. di moderare lĠaffetto. La prudenza ha relazione col temperamento.

La moralitˆ risguarda il carattere. Sustine et abstine, questo  il modo di prepararsi ad una savia moderazione. Se vogliamo formare un buon carattere, bisogna prima domar le passioni. Riguardo alle sue tendenze, lĠuomo deve acquistar lĠabito di non lasciarle degenerare in passioni e di fare a meno di quanto gli  negato. Sustine vuol dire: sopporta ed avvezzati a sopportare.

Per avvezzarsi a fare a meno dĠuna cosa ci vuole coraggio ed una certa disposizione di animo. Fa dĠuopo avvezzarsi ai rifiuti, alla resistenza, e va dicendo.

Al temperamento appartiene la simpatia. Convien preservare i fanciulli da una simpatia troppo viva o troppo languida. La simpatia si addice realmente alla sensibilitˆ; conviene solo ad un carattere sensibile. Si distingue pure dalla compassione, e forma un male che consiste nel rimpiangere semplicemente una cosa. Ai fanciulli dovrebbesi regalare un poĠ di denaro, perchŽ possano aiutare i bisognosi: a questo modo si vedrebbe se hanno, o meno, compassione per gli altri; quando i figli sono generosi coi quattrini dei genitori, perdono questa dote dellĠanimo.

La. massima: festina lente significa unĠoperositˆ costante. Dobbiamo affrettarci ad imparar molte cose, festina; ma bisogna anche saperle profondamente, e per˜ in ogni cosa spendervi il tempo necessario, lente. Alla dimanda, se ad una gran somma di cognizioni sia o no preferibile una minor somma di conoscenze ma pi soda, si risponde: Val meglio saper poco ma saperlo bene, che saper molto ma superficialmente; perchŽ in questo caso uno finirˆ sempre per accorgersi della imperfezione delle sue conoscenze. Ma il fanciullo ignora altres“ in quali circostanze avrˆ bisogno di queste o di quelle cognizioni, e quindi  meglio chĠei sappia di tutto qualcosa profondamente: se no egli ingannerebbe ed abbaglierebbe gli altri con imperfette cognizioni.

La cosa pi importante si  di fondare il carattere; il quale consiste nella ferma risoluzione di voler fare una cosa e di metterla realmente in pratica. Vir propositi tenax, dice Orazio; ed ecco il buon carattere. Se, a moĠ dĠesempio, ho promesso una cosa, io devo attenere la mia promessa, qualunque danno possa derivarmene. Difatti, un uomo che prende una certa risoluzione e che non la eseguisce, non pu˜ aver pi fiducia in s stesso. Se, puta caso, avendo risoluto di alzarmi tutti i giorni di buonĠora per studiare, o per fare questa o quella cosa, o per passeggiare, poi non ne fo niente, scusandomi, in primavera perchŽ di mattina fa troppo freddo e mi potrebbe far male, in estate perchŽ  bene dormire ed il sonno mi  particolarmente piacevole; e se rimando di giorno in giorno dĠeseguire la mia risoluzione, finisco col perdere ogni fiducia in me stesso.

 Tutto quello che si oppone alla morale devĠessere escluso dalle nostre risoluzioni. Il carattere in un uomo cattivo  cattivissimo, e giˆ si chiama un uomo caparbio; ma si ama sempre di vedere che uno eseguisca le sue risoluzioni e vi si mostri costante, benchŽ si preferisca di vederlo costante nel bene.

Non cĠ molto da sperare da colui che procrastina sempre dĠeseguire i suoi intendimenti, come la sua. futura conversione. Difatti, un uomo che ha sempre vissuto nel vizio e che vuol essere convertito in un attimo, non pu˜ riescirvi: si richiederebbe un miracolo perchŽ egli divenisse, in un batter dĠocchio, eguale a colui che ha vissuto onestamente tutta la vita. Impertanto nulla possiamo riprometterci dai pellegrinaggi, dalle mortificazioni e dai digiuni, perchŽ non si vede in che possano questi pellegrinaggi ed altre pratiche somiglianti cooperare a far dĠun vizioso un uomo onesto. Qual profitto possono lĠonestˆ e il miglioramento dei costumi ricavare dal digiunare il giorno, salvo a mangiar di pi la notte, o dallĠinfliggere al corpo una pena che in nulla potrebbe conferire alla conversione dellĠanima?

Se vogliamo fondare un carattere morale nei fanciulli preme di seguire le infrascritte norme.

Bisogna indicar loro, meglio che si pu˜, con esempi e regolamenti, i doveri da compiere. Questi doveri sono quelli stessi ordinari che i fanciulli hanno verso s medesimi e verso gli altri, e per˜ vanno desunti dalla natura delle cose. Vediamo pi di proposito in che consistono.

a) Doveri verso s stesso. Questi non consistono giˆ nel procurarsi un abito magnifico, nel darsi lauti desinari, quantunque nelle vesti e nei desinari convenga ricercare la decenza. E neppure consistono nel cercar di soddisfare i nostri desideri e le nostre inclinazioni, poichŽ dobbiamo anzi mostrarci temperanti e riservati; ma consistono nel conservare nella personalitˆ interiore una certa dignitˆ, che fa dellĠuomo una creatura pi nobile di tutte le altre. Difatti, allĠuomo corre obbligo di non disconoscere nella sua propria persona la dignitˆ della natura umana.

Ora noi dimentichiamo questa dignitˆ quando, per esempio, ci diamo allĠebbrezza e a viz” contro natura, ad ogni sorta dĠintemperanza: cose tutte che pongono lĠuomo pi basso ancora dellĠanimale. N meno contrario alla dignitˆ umana  lĠavvilirsi dinanzi agli altri, o ricoprirli di complimenti, sperando di cattivarsi lĠanimo loro con una condotta s“ indegna.

Dovrebbesi far sentire la dignitˆ umana al fanciullo nella sua propria persona, nel caso (per esempio) di laidezza, che almeno disdice allĠumanitˆ. Ma  soprattutto colla menzogna che il fanciullo si rende inferiore alla natura umana, giacchŽ suppone oramai dispiegata in lui la facoltˆ di. pensare e quella di comunicare agli altri i suoi pensieri. La menzogna fa dellĠuomo un essere degno di generale disprezzo, e lo rende a s stesso indegno di quella stima e fiducia che ognuno dovrebbe portare a s medesimo.

b) Doveri verso gli altri. Si deve per tempo inculcare al fanciullo il rispetto dei diritti dellĠuomo, e procurare che lo metta in pratica. Se un fanciullo, poniamo, incontra un altro fanciullo povero e lo respinge fieramente dalla sua via, o se gli dˆ un colpo, non dobbiamo dirgli: ÇNon far cos“, ci˜ fa male a questo fanciullo, e somiglianti espressioni:È ma alla sua volta bisogna trattarlo con la stessa fierezza, e vivamente fargli sentire quanto la sua condotta  contraria al diritto dellĠumanitˆ. La generositˆ i fanciulli non la posseggono affatto. A persuadersi di ci˜, basta che i genitori impongano al loro figlio di dare a un altro la metˆ dĠuna fetta di pane coperta di burro senza promettergliene unĠaltra; o il figlio non obbedisce, o se per caso obbedisce, lo fa mal volentieri. DĠaltra parte, come parlare di generositˆ ai fanciulli, se ancora non ne hanno affatto?

Parecchi autori hanno pienamente omessa o mal compresa, come il Crugott, la sezione della morale che comprende la dottrina dei doveri verso s stesso. Il dovere verso s stesso consiste, come si  detto, nel conservare la dignitˆ della natura umana nella propria persona. LĠuomo, fermandosi colla mente sullĠidea dellĠumanitˆ, biasima e corregge s stesso. In questa idea trova un originale, un modello a cui paragona s medesimo. Quando gli anni crescono e la inclinazione pel sesso incomincia a farsi sentire, quello  il momento difficile; e lĠidea della dignitˆ umana  sola capace di frenare il giovane. Bisogna avvertirlo in tempo a diffidare di questo o di quello.

Nelle nostre scuole manca. quasi interamente una cosa che tuttavia sarebbe cos“ utile per educare allĠonestˆ i fanciulli, manca cio un catechismo morale del diritto (Katechismus des Rechts)[3]. Esso dovrebbe contenere, sotto forma popolare, casi risguardanti la condotta da tenersi nella vita ordinaria, e che naturalmente implicherebbe sempre questa questione: Ci˜  giusto od ingiusto? Se qualcuno, che dovesse oggi pagare il suo creditore, si lasciasse commuovere alla vista dĠun infelice e gli desse la somma che ha da pagare al suo creditore, farebbe cosa giusta? Ingiusta, perchŽ chi vuol praticare la beneficenza occorre sia libero da ogni debito verso gli altri. Soccorrendo un povero, fo una cosa meritoria; ma pagando il mio debito, fo il dover mio. Si domanderebbe, inoltre, se la necessitˆ pu˜ giustificare la menzogna. No di certo! non si potrebbe concepire un solo caso in cui potesse ci˜ scusarsi, almeno davanti ai fanciulli; chŽ altrimenti essi piglierebbero la pi lieve cosa per una necessitˆ e si permetterebbero spesso di mentire. Se ci fosse un libro di questo genere, vi si potrebbe spendere con grande utilitˆ unĠora ogni d“, per insegnare ai fanciulli a conoscere ed a pigliare a cuore i diritti degli uomini, che sono eccitamento posto da Dio sulla terra.

In rispetto allĠobbligo di essere benefici, questo  un dovere imperfetto. Occorre meno affievolire che eccitare lĠanimo dei fanciulli per renderlo sensibile alle sventure altrui. Che il fanciullo sia tutto penetrato non dal sentimento, ma dallĠidea del dovere! Molte persone son divenute realmente dure di cuore perch altre volte essendosi mostrate compassionevoli, furono di sovente tratte in inganno. é inutile di voler far sentire a un fanciullo il lato meritorio delle azioni. I preti commettono assai volte lĠerrore di presentare gli atti di beneficenza come qualcosa di meritorio. Anche senza riflettere che, agli occhi di Dio, non possiamo far mai che il nostro dovere, si pu˜ dire che adempiamo semplicemente lĠobbligo nostro beneficando i poveri. Difatti, la disuguaglianza del benessere tra gli uomini deriva da mere condizioni accidentali. Dunque, se io posseggo beni di fortuna li debbo a quelle circostanze che han favorito me o chi mi ha preceduto, e per˜ devo pensare anco alla societˆ di cui sono membro.

Si eccita lĠinvidia in un fanciullo avvezzandolo a stimare s stesso giusta il valore degli altri. Egli deve, al contrario, stimar s giusta le idee della sua ragione. Cosi lĠumiltˆ vera e propria  un confronto del nostro valore colla perfezione morale. La religione cristiana, per esempio, comandando agli uomini di paragonar s medesimi al modello sovrano della perfezione, li rende umili piuttosto che insegnar loro la umiltˆ. Far consistere lĠumiltˆ nello stimar s meno degli altri  assurdo. - Vedi come questo o quel fanciullo si porta bene! e somiglianti espressioni. Parlar cos“ ai fanciulli non  certo il modo dĠinspirar loro nobili sentimenti. Quando lĠuomo stima s, giusta il valore degli altri, cerca o di elevarsi sopra loro, o di abbassarli. Il secondo caso  proprio dellĠinvidia. Allora non si pensa che a trovar difetti negli altri; solo a questa condizione si regge al confronto, e si riesce superiori. Lo spirito di emulazione applicato non bene produce lĠinvidia. Quando volessimo persuadere alcuno che una cosa  fattibile, qui lĠemulazione potrebbe giovare: come, puta caso, quando esigo da un fanciullo un certo c˜mpito e gli mostro che altri han potuto farlo.

A un fanciullo non va permesso di umiliare gli altri in qualsiasi modo. Conviene adoprarsi a soffocare ogni superbia fondata sui vantaggi della fortuna. Ma bisogna fondare in pari tempo la franchezza, cio una modesta fiducia in s medesimo. Essa mette lĠuomo in grado di mostrare e far valere convenientemente tutte le sue belle qualitˆ. La franchezza va distinta dallĠarroganza, che sta nel non curarsi affatto dei giudizi altrui.

Tutti i desider” umani sono o formali (libertˆ e potere), o materiali (relativi ad un oggetto), cio desider” dĠopinione o di piacere; o, finalmente, risguardano la semplice durata di queste due cose, come elementi della felicitˆ.

Sono desider” della prima specie quelli degli onori, del potere e delle ricchezze. Appartengono alla seconda specie i desideri del piacere sessuale (voluttˆ), delle cose (benessere materiale) e della societˆ (conversazione). Sono, infine, desideri della terza specie lĠamore della vita, della salute, delle comoditˆ (il desiderio dĠessere scevro di cure nellĠavvenire).

I viz” sono quelli o di malignitˆ, o di bassezza, o di grettezza dĠanimo. Alla prima specie appartengono la invidia, la ingratitudine e la gioia per la sventura altrui; alla seconda, la ingiustizia, la infedeltˆ (falsitˆ), il disordine vuoi nel dissipare le proprie sostanze, vuoi nel rovinarsi la salute (intemperanza) e la propria reputazione; alla terza specie, la durezza di cuore, lĠavarizia e la infingardia (effeminatezza).

Le virt sono o di puro merito, o di obbligazione stretta, o dĠinnocenza. La prima classe comprende la magnanimitˆ (che consiste nel domare s stesso vuoi nella collera, vuoi nellĠamore del benessere materiale e delle ricchezze), la beneficenza, il dominio sopra s stesso. Spettano alla seconda classe lĠonestˆ, la decenza e la dolcezza; alla terza infine, la buona fede, la modestia e la temperanza.

Si domanda: lĠuomo  moralmente buono o cattivo per sua natura? lo rispondo: egli non  moralmente buono n cattivo, perchŽ non  un essere morale per natura; eĠ diviene morale quando innalza la sua ragione fino alle idee del dovere e della legge. Si pu˜ dir tuttavia che lĠuomo racchiude in s tendenze originarie per tutti i viz”, avendo inclinazioni ed istinti che lo spingono da una parte, mentre la sua ragione lĠattira dalla parte opposta. Egli dunque potrebbe divenire moralmente buono solo in grazia della virt, ossia dĠuna forza esercitata sopra s stesso, quantunque possa rimanere innocente finchŽ non s“ destano le sue passioni.

La maggior parte dei vizi derivano da quello stato di moralitˆ che fa violenza alla natura; e ci˜ nondimeno la nostra destinazione come uomini  di uscire dal puro stato di natura dove non corre differenza tra noi e gli animali bruti. LĠarte perfetta ritorna alla natura.

Nella educazione tutto dipende da una cosa ed : si stabiliscano dovunque buoni principi e si facciano comprender bene ed accettare dagli alunni. Questi devono imparare a sostituire allĠodio lĠorrore di tutto ci˜ che ripugna allĠanimo od  assurdo; il timore della propria coscienza a quello degli uomini e dei castighi divini; la stima di s medesimi e la dignitˆ interiore allĠopinione altrui; il pregio intrinseco delle parole e la condotta ai moti del cuore; lĠintelligenza al sentimento; una pietˆ serena e di animo lieto a una devozione mesta, cupa e selvaggia.

Ma bisogna anzitutto preservare i giovani dal pericolo di stimar troppo i meriti della fortuna (merita fortunae).

 

43. Se togliamo ad esame lĠeducazione dei fanciulli nella sua attinenza colla Religione, la prima questione da risolvere  questa: Si pu˜ inculcare per tempo ai fanciulli idee religiose? Ecco un punto di Pedagogia sul quale si  molto disputato. Le idee religiose suppongono sempre qualche Teologia. Ora, come insegnare una Teologia alla prima giovent, che non conosce ancora il mondo e neppure s stessa? I fanciulli, che non hanno ancora la nozione del dovere, come potrebbero capire un dovere immediato verso Dio? Ci˜ che vĠha di certo si , che se potesse avvenire che i fanciulli non fossero mai presenti ad alcun atto di venerazione verso lĠEnte supremo, e non udissero mai pronunziare il nome di Dio, sarebbe allora conforme allĠordine delle cose dĠattirare prima la loro attenzione sulle cause finali e su quanto si addice allĠuomo, di esercitarvi il loro giudizio, dĠistruirli sullĠordine e sulla bellezza deĠ fini della natura, di aggiungervi poi una cognizione pi estesa e perfetta del sistema dellĠuniverso, e di venir cosi alla idea dĠun Ente supremo, di un Legislatore. Ma siccome tutto ci˜ non  possibile nello stato presente della societˆ, come non pu˜ vietarsi che i fanciulli non odano pronunziare il nome di Dio e non siano presenti ad atti di devozione verso di Lui, se volessimo attendere per insegnar loro qualcosa intorno a Dio, ne deriverebbe nel loro animo una grande indifferenza per la Divinitˆ, o unĠidea falsa di essa, come il timore della potenza divina. Ora, poichŽ bisogna evitare che questa idea metta radice nella immaginazione dei fanciulli, devesi cercare per tempo di inculcar loro idee religiose. Il che, per altro, non vuol essere un mero esercizio di memoria, n una pura imitazione affettata, ma devesi al contrario seguir sempre la via naturale. I fanciulli, pur non avendo ancora lĠidea astratta del dovere, dellĠobbligazione, della condotta buona o cattiva, capiranno esservi una legge del dovere e chĠessa non consiste nel piacere, nellĠutile, o in altre simili considerazioni che la determinano, ma in qualcosa di generale che non si fonda sui capricci umani. Bens“ il maestro medesimo deve farsi questa idea.

Prima si deve tutto riferire a Dio nella natura, e attribuire ancor questa a Lui. Per esempio. si dimostrerˆ in primo luogo che tutto  disposto per la conservazione delle specie e per lĠequilibrio loro, ma indirettamente anche per lĠuomo affinchŽ possa rendersi felice.

La miglior via per dare fin da principio unĠidea chiara di Dio sarebbe questa: paragonare per analogia il concetto di Dio con quello dĠun padre che abbia cura di noi tutti; si arriva cosi felicemente a concepire lĠunitˆ del genere umano come una sola famiglia.

In che adunque consiste la Religione? La Religione  la legge che risiede in noi stessi, in quanto riceve da un legislatore e da un giudice lĠautoritˆ che ha su noi;  la morale applicata alla cognizione di Dio. Se la religione non si unisce alla morale, essa altro non  che una maniera di sollecitare il favore celeste. I cantici, le preghiere, il frequentare le chiese, tutto ci˜ deve servire unicamente a dare allĠuomo nuove forze ed un nuovo coraggio per diventare migliore; altro non deve essere che la pura espressione di un cuore animato dallĠidea del dovere; tutto ci˜  preparazione al bene, ma non costituisce il bene in s. Non possiamo piacere allĠEnte supremo se non diventando migliori.

Ai fanciulli conviene anzitutto insegnare la legge che hanno entro di loro. LĠuomo  dispregevole agli stessi occhi suoi quando cade nel vizio. Questo disprezzo ha la sua ragione in s, e non giˆ nella considerazione che Dio ha proibito il male; imperocchŽ non  necessario che ogni legislatore sia nel tempo stesso autore della legge. Cos“ un principe pu˜ vietare il furto nei suoi Stati, e nondimeno egli potrebbe non essere lĠautore della proibizione del furto. Quindi lĠuomo riconosce che la sua buona condotta pu˜ solo renderlo degno della felicitˆ. La legge divina deve nel tempo stesso apparire come una legge naturale, poichŽ non  arbitraria. La Religione rientra dunque nella moralitˆ.

Ma non bisogna cominciare dalla Teologia. La religione che sia fondata semplicemente sulla Teologia, non pu˜ contenere alcun che di morale. Essa non ispirerˆ altri sentimenti che il timore da una parte e la speranza del premio dallĠaltra; e quindi produrrˆ un culto superstizioso. La Morale deve pertanto venir prima della Teologia. E cos“ abbiamo la Religione.

Dimandasi coscienza la legge considerata in noi. La coscienza  veramente lĠapplicazione delle nostre azioni a questa legge. I rimorsi della coscienza resteranno inefficaci, ove non li consideriamo come rappresentanti di Dio, il cui trono sublime  fuori e sopra di noi, ma che ha pure stabilito in noi un tribunale. DĠaltra parte, quando la Religione non  accompagnata dalla coscienza morale resta inefficace. La religione senza la coscienza morale, come abbiamo detto,  un culto superstizioso. Si pretende servire Dio con lodarlo, per esempio, col celebrarne la potenza e la sapienza, senza curarsi di osservare le leggi divine, senza neppur conoscere e studiare la sapienza e potenza di Lui. Taluni cercano in quelle lodi una sorta di narcotico per la loro coscienza, o una sorta di cuscino sul quale sperano riposare tranquillamente.

I fanciulli non sono in grado di capire tutte le idee religiose, ma possiamo tuttavia inculcarne loro alcune; queste bens“ debbono essere piuttosto negative che positive. é inutile di far recitare formole ai fanciulli; questo non pu˜ dar loro che unĠidea falsa della pietˆ. La vera maniera dĠonorare Dio sta nellĠoperare secondo la volontˆ di Lui: ecco la massima che si deve inculcare ai fanciulli. NellĠinteresse loro e nellĠinteresse nostro, si badi che il nome di Dio non sia profanato cos“ spesso. Invocarlo nei desider” e negli augur”, sia pure con intendimento pietoso,  una vera profanazione. Ogni qualvolta gli uomini pronunziano il nome Dio, eĠ dovrebbero essere tutti compresi di rispetto; dovrebbero pertanto farne uso di rado e mai leggermente. Il fanciullo deve imparare a riverire Dio, prima come signore della sua vita e dellĠuniverso, poi come protettore o provvidente dellĠuomo, e finalmente come suo giudice. Dicesi che Newton si raccogliesse un momento ogni qualvolta pronunziava il nome di Dio.

Unendo e rendendo chiare nella mente del fanciullo ad un tempo le nozioni di Dio e del dovere, glĠinsegniamo a rispettar meglio le cure provvidenziali di Dio verso le sue creature, e lo preserviamo dalla tendenza alla distruzione ed alla crudeltˆ, che in tanti modi si compiace di tormentare i piccoli animali. Si dovrebbe nello stesso tempo istruire la giovent a scoprire il bene nel male, mostrandole, per esempio, modelli di nettezza e di operositˆ negli animali di rapina e negli insetti. Essi fan ricordare agli nomini cattivi il rispetto della legge. Gli uccelli che danno la caccia ai vermi, sono i difensori deĠ giardini; e cos“ prosegui.

Bisogna pertanto inculcare ai fanciulli certe nozioni intorno allĠEnte supremo, affinchŽ quandĠessi vedono gli altri pregare, sappiano a chi e perchŽ si fanno quelle preghiere. Ma poche hanno da essere tali nozioni e, come dicemmo qui sopra, puramente negative. Devesi cominciare ad imprimerle fin dalla. prima etˆ nellĠanimo dei fanciulli, ma insieme badare chĠessi non istimino gli uomini secondo la pratica della rispettiva religione; imperocchŽ, nonostante la diversitˆ dei culti religiosi, trovasi dovunque unitˆ di Religione.

 

44. Aggiungeremo, per concludere, alcune osservazioni, rivolte particolarmente ai fanciulli che entrano nella giovinezza. A questĠetˆ il giovinetto principia a fare certe distinzioni che non faceva prima. Viene in primo luogo la differenza dei sessi. La natura ha in qualche modo gettato lˆ sopra il velo del segreto, come se lˆ ci fosse qualcosa di meno decente per lĠuomo e che per lui fosse un mero bisogno della vita animale. Essa ha cercato dĠunirlo con ogni sorta di moralitˆ possibile. Gli stessi popoli selvaggi conservano su questo punto una specie di pudore e di ritegno. I fanciulli curiosi fanno talvolta certe dimande su questa materia alle persone adulte, per esempio: Donde nascono i bambini? Ma possiamo contentarli facilmente o dando risposte insignificanti, o dicendo loro che la dimanda  proprio da bambini.

Meccanico  lo svolgimento di queste tendenze nel giovinetto; e, come in tutti glĠistinti che si dispiegano in lui, non ha bisogno di conoscerne prima lĠoggetto. é dunque impossibile di mantener qui il giovinetto nella ignoranza e nella innocenza che lĠaccompagna. Il silenzio non fa che aggravare il male. Una prova ci  fornita dallĠeducazione dei nostri antenati. Secondo lĠeducazione dellĠetˆ nostra, si ammette giustamente che di queste cose bisogna parlare al giovinetto senzĠambagi, in modo chiaro e preciso. Per fermo si tocca un tasto delicato, poichŽ non se ne fa volentieri soggetto di conversazione pubblica. Ma tutto sarˆ ben fatto se gli parliamo di ci˜ in modo serio e conveniente, e se penetriamo nelle sue inclinazioni.

LĠetˆ dei tredici o dei quattordici anni  quella ordinariamente in cui la tendenza per il sesso dispiegasi neĠ giovinetti (se avviene prima, vuol dire che i fanciulli sono stati corrotti e perduti da cattivi esempi). A quellĠetˆ il giudizio loro si  giˆ formato, e la natura lĠha provvidamente preparato affinchŽ possiamo allora discorrere di tal oggetto con essi.

Non vĠ cosa che tanto fiacchi lo spirito e il corpo quanto la specie di voluttˆ che lĠuomo consuma sopra s stesso; non occorre dire chĠessa  contraria alla natura umana. E quindi non si deve pi tener celata al giovinetto. Bisogna mostrargliela in tutto lĠorrore suo, e dirgli che si rende cos“ disadatto alla propagazione della specie, che rovina le sue forze fisiche, che si prepara una vecchiaia prematura, che consuma il suo spirito, e va dicendo.

Per fuggire le tentazioni di questo genere bisogna stare occupati sempre, e non concedere al letto ed al sonno altre ore che le necessarie. A questo modo il giovinetto caccerˆ via dalla mente i pensieri cattivi; poichŽ, sebbene lĠoggetto esista nella pura immaginazione, egli usa ancora la forza vitale. Quando la inclinazione si porta sullĠaltro sesso, almeno sĠincontra sempre qualche resistenza; ma quando  rivolta sopra lo stesso individuo, pu˜ ad ogni momento essere appagata. Rovinoso  lĠeffetto fisico; ma le conseguenze morali sono ancor pi funeste. Qui si varcano i confini della natura, e la tendenza non  mai sazia, perchŽ non trova mai alcuna soddisfazione reale. Rispetto ai giovani, alcuni precettori han posto la quistione: Pu˜ ad un giovane permettersi di formare unione con una persona di sesso diverso? Se bisognasse scegliere uno di questi due partiti, il secondo sarebbe certamente migliore. Nel primo caso il giovane opererebbe contro natura; ma nel secondo, no. La natura lĠha destinato a diventare uomo, e quindi anche a propagare la specie umana, appena  in grado di proteggere s stesso; ma i bisogni, ai quali deve necessariamente sottostare lĠuomo nella societˆ civile, non gli consentono di poter ancora allevare i suoi figli. Qui pertanto egli va contro lĠordine civile. Il miglior partito pel giovane, e questo  per lui anche un dovere, sta nellĠattendere che sia in grado di unirsi regolarmente in matrimonio. Operando cos“, egli si mostrerˆ non solo uomo dabbene, s“ anche buon cittadino.

Il giovine apprenda per tempo a dimostrare alla donna tutto il rispetto che le si deve, a meritarne la stima con lodevole operositˆ, ed a prepararsi cos“ allĠonore dĠuna felice unione.

La seconda differenza che il giovinetto, vicino oramai ad entrare nel mondo, comincia a porre  quella che risguarda la distinzione dei ceti e la disuguaglianza degli uomini. FinchŽ resta fanciullo, non bisogna fargli notare questa differenza. Non gli si deve permettere di comandare ai domestici. SĠegli osserva che i suoi genitori comandano ai domestici, gli si pu˜ sempre dire: Noi li manteniamo, e per˜ essi ci obbediscono. I fanciulli ignorano del tutto questa differenza, se i genitori non ne porgono loro lĠidea. Convien dimostrare al giovinetto come la disuguaglianza degli uomini sia un ordine di cose derivato dai vantaggi onde certi uomini hanno cercato di distinguersi dagli altri. La coscienza dellĠeguaglianza degli uomini, nonostante la disuguaglianza civile, pu˜ essergli inspirata a poco a poco.

 

45. Fa mestieri di avvezzare il giovine a stimar s giusta il proprio valore, e non secondo il valore altrui. La stima degli altri, in tutto ci˜ che non costituisce affatto il valore dellĠuomo,  vanitˆ. Bisogna, inoltre, insegnare al giovine a fare ogni cosa coscenziosamente, ed a porre ogni cura non tanto di parere, quanto di essere. Gli si faccia comprendere che se prima non ha ben riflettuto, non deve pigliare una risoluzione; meglio sarebbe di non venire in alcuna deliberazione, e di lasciar sospesa la cosa. Insegnategli la moderazione neĠ suoi rapporti col mondo e la pazienza nel lavoro: Sustine. Raccomandategli la temperanza neĠ piaceri: Abstine. Quando lĠuomo non desidera unicamente i piaceri, ma sa ancora essere paziente nel lavoro, diviene un membro utile alla societˆ e si preserva dalla noia.

Conviene pure istruire il giovine a mostrarsi festevole e di buon umore. La serenitˆ dellĠanimo deriva naturalmente dalla coscienza tranquilla. Raccomandategli pertanto di conservare lo stesso temperamento. Con lĠesercizio egli pu˜ arrivare a mostrarsi sempre di buon umore in societˆ.

Abituatelo a considerare molte cose come doveri. UnĠazione devĠessere pregevole non perchŽ si accorda colla mia inclinazione, ma perchŽ nel farla io compio il mio dovere.

Bisogna educare il giovine allĠamore verso gli altri e poi a tutti i sentimenti verso lĠumanitˆ. NellĠanimo nostro vĠha qualcosa che vuole cĠinteressiamo di noi stessi, di coloro coi quali siamo cresciuti non che educati, e del bene universale. Va reso familiare questo interesse ai fanciulli perch riscaldi le anime loro. Essi devono gioire del bene universale, anche quando non torni a vantaggio della patria o di loro stessi.

Conviene abituarli ad accordare una mediocre stima al godimento deĠ piaceri nella vita. Cos“ svanirˆ il timore puerile della morte. Occorre dimostrare ai giovani che il piacere non fa conseguire ci˜ che promette.

Bisogna, per ultimo, fermare la loro attenzione sulla necessitˆ di rendersi conto ogni giorno della propria condotta, perch al termine della vita possano stimare debitamente il valore acquistato.



[1] Il Kant segue in parte, nellĠeducazione fisica e nella disciplina morale, le dottrine pedagogiche del Rousseau esposte nellĠEmilio

 (Nota del Traduttore).

[2] é noto che il Comenius (1592-1671) pubblic˜ nel 1658 unĠopera col titolo: Orbis sensualium pictus, a fine di rappresentare ai fanciulli, per via dĠimmagini, le cose sensibili delle quali si parla loro di mano in mano. LĠOrbis pictus del Comenius (come osserva il CompayrŽ nella sua bella Storia della Pedagogia) fu la prima applicazione del metodo intuitivo, divenne assai popolare, e serv“ di modello ai molti libri con figure, diffusi da oltre due secoli nelle scuole infantili ed elementari.

(Nota del Traduttore).

 

[3] LĠElvetius (1715-1771) ebbe lĠidea dĠun Catechismo di probitˆ. E pi tardi, nel 1798 il Saint-Lambert pubblic˜ un Catechislno universale.

(Nota del Traduttore).