IL DIRITTO DI LEGGERE OVUNQUE

Daniel Pennac

Châlons sur Marne, 1971, inverno.
Caserma della scuola di Applicazione di Artiglieria.
All’assegnazione mattutina delle corvé, il soldato di seconda classe Tizio (Matricola 14672/1, ben noto ai nostri reparti) si offre sistematicamente volontario per la corvé meno popolare, più ingrata, assegnata spesso a titolo di punizione, vero oltraggio agli onori più temprati: la leggendaria, infamante, innominabile corvé delle latrine.

Tutte le mattine.
Con lo stesso sorriso. (Interiore.)
“Corvé delle latrine?”
Fa un passo in avanti:
“Tizio!”

Con la gravità estrema che precede l’assalto, egli afferra lo spazzolone da cui pende lo strofinaccio come se si trattasse dell’insegna della compagnia, e scompare, con gran sollievo della truppa. È un coraggioso: nessuno lo segue. L’intera armata rimane trincerata al sicuro fra le corvé rispettabili.

Le ore passano. È dato per perso. È quasi dimenticato. È dimenticato. Ma a fine mattina riappare, battendo i tacchi per il rapporto al maresciallo della compagnia: “Latrine impeccabili, mio signor maresciallo!” Il maresciallo recupera spazzolone e straccio con negli occhi un interrogativo profondo che non formula mai. (Rispetto umano impedisce). Il soldato saluta, fa mezzo giro e si ritira, portando con sé il suo segreto.

Il segreto pesa un bel po’ nella tasca destra della tuta mimetica: 2900 pagine del volume che la Pléiade dedica alle opere complete di Nicolas Gogol’. Un quarto d’ora di strofinaccio per una mattinata di Gogol!... Ogni mattina da due mesi di inverno, comodamente seduto sul trono nella ritirata chiusa a doppia mandata, il soldato Tizio vola ben al di sopra delle contingenze militari. Tutto Gogol’! Dalle nostalgiche  Veglie, agli esilarianti Racconti di Pietroburgo, passando per il terribile Taras Bul’ba, e il riso nero delle Anime morte, senza dimenticare il teatro e la corrispondenza do Gogol’, quell’incredibile Tartufo.

Perché Gogol’ è come un Molière inventato da Tartufo – cosa che il soldato Tizio non avrebbe mai capito se avesse passato ad altri quella corvé.

L’esercito ama celebrare i fatti d’armi.
Di questo, non restano che due alessandrini, incisi molto in alto sulla ghisa di uno sciacquone e che sono da considerarsi fra i più eccelsi della poesia francese:

Non mento se dico, sedete, maestrine,
che tutto Gogol’ io lessi nelle latrine.

(Dal canto suo, il vecchio Clemenceau, “il Tigre”, famoso soldato anche lui, era grato a una cronica stitichezza senza la quale, affermava, non avrebbe mai avuto la fortuna di leggere le Memorie di Saint-Simon.)


(Tratto dal libro “Come un romanzo”, Universale Economica Feltrinelli, Milano, 2000)



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