WILLIAM SHAKESPEARE ANTONIO E CLEOPATRA |
Tragedia in 5 atti Traduzione e note di Goffredo Raponi Titolo originale: ANTONY AND CLEOPATRA NOTE PRELIMINARI 1) Il testo inglese adottato per la traduzione è quello delledizione dellopera completa di Shakespeare curata dal prof. Peter Alexander (William Shakespeare The Complete Works, Collins, London & Glasgow, 1960, pagg. XXXII - 1370), con qualche variante suggerita da altri testi, specialmente quello della più recente edizione dellOxford Shakespeare curata da G. Welles & G. Taylor per la Clarendon Press, New York, U.S.A., 1988-94, pagg. XLIX - 1274; questultima contiene anche I due nobili cugini (The Two Noble Kinsmen) che manca nellAlexander. 2) Alcune didascalie (stage instructions) sono state aggiunte dal traduttore di sua iniziativa, per la migliore comprensione dellazione scenica alla lettura, cui questa traduzione è espressamente ordinata e intesa, il traduttore essendo convinto della irrappresentabilità del teatro di Shakespeare sulle moderne ribalte.( ) Si è conservata comunque la rituale indicazione Entra/ Entrano (Enter) e Esce/ Escono (Exit/Exeunt) avvertendo peraltro che non sempre essa indica entrata/uscita dei personaggi, potendosi dare che questi si trovino già sulla scena allapertura o vi rimangano alla chiusura della stessa. 3) Il metro è lendecasillabo sciolto, intercalato da settenari, come labbia richiesto al traduttore lo scorrere della verseggiatura. Altro metro si è usato per citazioni, proverbi, canzoni, ecc., quando in accordo col testo, sia stato richiesto uno stacco di stile. 4) Trattandosi della Roma di Cesare, la forma del tu (i Romani non ne conoscevano altra) è sembrata imperativa, ad onta del dialogante alternarsi dello you e del thou dellinglese. 5) Il traduttore riconosce di essersi avvalso - ed anche largamente in certi casi - di traduzioni precedenti dalle quali ha preso in prestito, oltre alla interpretazione di passi controversi, intere frasi e costrutti, dandone opportuno credito in nota. PERSONAGGI ANTONIO OTTAVIO CESARE Triumviri LEPIDO SESTO POMPEO DOMIZIO ENOBARBO VENTIDIO EROS SCARO seguaci di Antonio DERCETE DEMETRIO FILONE MECENATE AGRIPPA DOLABELLA seguaci di Cesare Ottavio PROCULEIO TIREO GALLO MENAS MENECRATE seguaci di Sesto Pompeo VARRIO TAURO Luogotenente di Cesare CANIDIO Luogotenente di Antonio SILIO Ufficiale dellesercito di Ventidio EUFRONIO Ambasciatore di Antonio e Cesare ALESSA del seguito di Cleopatra MARDIANO, Eunuco SELEUCO, Tesoriere DIOMEDE CLEOPATRA regina dEgitto OTTAVIA sorella di Ottavio Cesare e moglie di Antonio CARMINIA, IRAS Ancelle di Cleopatra UN INDOVINO, UN CONTADINO, ufficiali, soldati, messaggeri, e altri del seguito SCENA: Roma - Vicino a Sardi - Vicino a Filippi ATTO PRIMO SCENA I - Alessandria. Stanza nella reggia di Cleopatra Entrano DEMETRIO e FILONE FILONE - Bah, mi pare che il nostro generale con questa sua amorosa infatuazione stia davvero passando la misura: quegli occhi che hanno sempre folgorato come quelli di un Marte corazzato, su guerresche falangi, ora dimessi, in atto di servile devozione abbassano lo sguardo su una fronte del colore del bronzo.( ) Quel suo cuore di grande condottiero che nel cozzo dasprissime battaglie gli ha schiantato le fibule sul petto,( ) rinnegato ogni senso di ritegno, sè ridotto ad un mantice, a un ventaglio per raffreddar gli ardori duna zingara. Trombe.( ) Entrano ANTONIO e CLEOPATRA con le sue ancelle e con degli eunuchi che le fanno vento agitando grandi ventagli Eccoli. Osserva bene Marcantonio, e vedrai uno dei tre gran pilastri su cui si regge il mondo( ) trasformato nel giullare duna baldracca. Osservalo, e mi darai ragione. CLEOPATRA - (Ad Antonio) Se è vero amore, dimmi quantè grande. ANTONIO - Lamore che si può quantificare è da elemosinanti. CLEOPATRA - I confini entro i quali essere amata voglio fissarli io. ANTONIO - Allora occorrerà che tu ti trovi un nuovo cielo ed una nuova terra. Entra un MESSO di Antonio MESSO - Mio buon signore, notizie da Roma. ANTONIO - Mannoiano. Avanti, solo il succo. CLEOPATRA - Ma no, Antonio, ascoltale: è forse Fulvia che ti fa un rabbuffo, o magari è lo sbarbatello Cesare,( ) che ti manda un suo ordine reciso: Fa questo, o questo! Conquista quel regno, affranca questo! Esegui, o guai a te!. ANTONIO - Ma che dici, amor mio? CLEOPATRA - Ho detto forse? No, è sicurissimo: non devi trattenerti qui più a lungo, devi partire, ordine di Cesare; perciò obbedisci, Antonio. Dovè lordine di comparizione di Fulvia? O di Cesare? O di entrambi? Fate venire avanti i messaggeri! Antonio, comè vero chio regina sono dEgitto, tu arrossisci tutto, e il sangue che timporpora le guance offre un omaggio a Cesare, o se no è il tributo di vergogna che avvampa le tue guance quando la stridula voce di Fulvia ti sgrida. Avanti i messaggeri, ho detto! ANTONIO - Si dissolva pur Roma nel suo Tevere e crolli pure dalle fondamenta larco immenso dellordinato impero! Qui è il mio mondo. I regni sono creta, e questa nostra terra di pattume nutre tutti egualmente, uomini e bestie. Vivere nobilmente è far così (Labbraccia) Quando una coppia è sì bene assortita e due come noi possono farlo, io sfido il mondo, a pena di castigo, a dir che cè una coppia eguale a noi!( ) CLEOPATRA - Eccellente menzogna! Perché ha sposato Fulvia, se non lamava? Io non sono la sciocca che sembro, e Antonio sarà sempre Antonio. ANTONIO - Salvo quando è istigato da Cleopatra Oh, via, mia cara, in nome dellAmore e dellore sue dolci, Cleopatra, non sciupiamo altro tempo a bisticciarci. Non un minuto delle nostre vite trascorra più senza un qualche piacere! Quali spassi stanotte? CLEOPATRA - Senti gli ambasciatori. ANTONIO - Alla malora! Andiamo, su, regina attaccabrighe, a cui sta bene tutto quel che fa: ridere, piangere, rimproverare! Come ogni moto di passione in te gareggia a farsi bello ed ammirato! Stasera nessun messo, eccetto te, e ce ne andremo in giro per le strade, soli soli, a guardar che fa la gente. Andiamo, mia regina, che ieri sera lo desideravi. (Al Messo) Il tuo messaggio, tienilo per te. (Escono Antonio e Cleopatra con il seguito) DEMETRIO - Hai visto in quale conto Ottavio Cesare è tenuto da Antonio? FILONE - A volte, quando Antonio non è lui, perde troppo di quella sua grandezza che sempre lo dovrebbe accompagnare. DEMETRIO - Mi dispiace, perché così avvalora le linguacce che corrono per Roma sopra di lui. Cè solo da sperare che domani sia meglio. Buon riposo. (Escono) SCENA II - Altra stanza nella reggia di Cleopatra Entrano CARMIANA, IRAS, ALESSA e un INDOVINO CARMIANA - Alessa, dolce Alessa, superlativo, quasi assolutissimo Alessa, dove sta quellindovino che hai tanto lodato alla regina? Oh, potessi conoscere da lui quel marito che, dici, è destinato a fregiarsi le corna di ghirlande!( ) ALESSA - Indovino! INDOVINO - Che vuoi da me? CARMIANA - Ah, è lui. Sei tu, amico, che sai predir le cose? INDOVINO - Diciamo che so leggere qualcosa nel libro degli infiniti segreti della natura. ALESSA - (A Carmiana) Mostragli la mano. Entra ENOBARBO ENOBARBO - Presto, presto, apprestate pel rinfresco, e soprattutto vino a volontà, per bere alla salute di Cleopatra! CARMIANA - (AllIndovino, stendendogli la mano) Da bravo, dammi la buona fortuna. INDOVINO - Io la predico solo: non la fabbrico. CARMIANA - Bene; allora predicimene una. INDOVINO - Sarai ancor più florida di adesso. CARMIANA - (A Iras) In carne, vuole intendere. IRAS - No, ti dipingerai quando sei vecchia. CARMIANA - Accidenti alle rughe! ALESSA - Non irritate il suo pronosticare; state attente! CARMIANA - Silenzio! INDOVINO - Amerai più che non sarai amata. CARMIANA - Meglio scaldarmi il fegato col bere. ALESSA - Ma non così, ascoltalo! CARMIANA - Su, da bravo, predicimi una qualche fortuna straordinaria: che so, chio mi mariti con tre re in una mattinata, e resti vedova di tutti e tre; che partorisca un figlio a cinquantanni, al quale renda omaggio Erode di Giudea; o chio mi sposi con Ottavio Cesare, e faccia il paio con la mia padrona. INDOVINO - Vivrai più a lungo di colei che servi. CARMIANA - Oh, eccellente! La longevità mi piace più dei fichi!( ) INDOVINO - Hai visto e conosciuto miglior sorte di quella che si approssima. CARMIANA - Allora può accadere che i miei figli restino senza nome; ma, di grazia, tra maschi e femmine, quanti ne avrò? INDOVINO - Se ciascuna tua voglia avesse un grembo, e ognuna fosse fertile, un milione. CARMIANA - Evvia, sciocco buffone! Come mago-stregone ti ripudio!( ) ALESSA - Tu credi che a sapere le tue voglie siano le tue lenzuola e nessun altro. CARMIANA - Avanti, adesso, di la sua a Iris. ALESSA - Tutti vogliamo qui saper la nostra. ENOBARBO - La mia, stanotte, e di molti di noi, io già la so andare a letto sbronzi! IRAS - (Porgendo allIndovino il palmo della mano) Questa palma, se nessunaltra cosa, predice castità. CARMIANA - Sì, come il Nilo predice carestia quando straripa.( ) IRAS - Ma va, sfrenata femmina da letto! Tu, di pronostici, non te nintendi. CARMIANA - Beh, se una palma untuosa non presagisce la fertilità, vuol dire allora chio non son capace di grattarmi lorecchio con un dito. (AllIndovino) Predicile, ti prego, solo una fortuna da giorno feriale. INDOVINO - Le vostre due fortune sono eguali. IRAS - Come sarebbe? Puoi spiegarti meglio? INDOVINO - Ho detto così e basta. IRAS - Sicché io non avrei nemmeno un pollice di fortuna migliore della sua? CARMIANA - E se pur fosse? Se la tua fortuna fosse un pollice meglio della mia, dove lo metteresti tu quel pollice? IRAS - Oh, certo, non nel naso a mio marito. CARMIANA - Ci mandi il cielo pensieri migliori! Ora ad Alessa su, la sua fortuna! O Iside benigna, chegli sposi una donna che sia niente di buono, timploro, ed anche fa che questa muoia, e che ad una peggiore segua unaltra peggiore, finché lultima, la peggiore di tutte, laccompagni ridendo al cimitero, cinquanta volte becco! Esaudiscimi questa implorazione o Iside benigna, ti scongiuro!, a costo di negarmi maggior grazia! IRAS - Così sia, buona dea: ascolta questa preghiera del popolo, ché, come è roba da spezzare il cuore un belluomo che sia male ammogliato, è addirittura pena da morire veder restare non cornificato un fior di farabutto. Iside cara, bada perciò a mantenere il decoro, e dàgli la fortuna che si merita. CARMIANA - E così sia. ALESSA - Sentitele! Sentitele! Se stesse a loro di far me cornuto, si butterebbero a far le puttane, pur di ottenerlo. ENOBARBO - Silenzio! Ecco Antonio. Entra CLEOPATRA CARMIANA - Macché Antonio! Non vedi? È la regina. CLEOPATRA - (A Enobarbo) Hai visto il generale? ENOBARBO - No, signora. CLEOPATRA - Non era qui con voi? ENOBARBO - No, non cera, signora. CLEOPATRA - Era di buon umore, ma ad un tratto un pensiero romano lha colpito Enobarbo! ENOBARBO - Signora? CLEOPATRA - Va a cercarlo e conducilo qui. Dovè Alessa? ALESSA - Qui, regina, a servirti. Ma eccolo che viene il mio signore CLEOPATRA - Non voglio più vederlo. Andiamo via. (Escono tutti con Cleopatra) Entra ANTONIO con un MESSO e altri del seguito MESSO - Prima a scendere in campo è stata Fulvia, tua moglie. ANTONIO - Contro mio fratello Lucio? MESSO - Sì, ma la guerra sè conclusa subito; e poi il corso degli avvenimenti ha fatto che tornassero alleati, e unissero le forze contro Cesare, il cui successo in guerra, al primo scontro, li ha ributtati fuori dallItalia. ANTONIO - Bene, che cè di peggio? MESSO - Le cattive notizie son sempre perniciose a chi le reca. ANTONIO - Sì, se son destinate ad uno stolto o ad un vigliacco. Avanti, avanti, parla: per me quello che è fatto è ormai passato. È così: chi mi viene a dire il vero, pur se nel suo racconto cè la morte, lascolto, come segli madulasse. MESSO - Labieno - la notizia brutta è questa - a capo del suo esercito di Parti ha esteso la conquista oltre lEufrate, in Asia, e il suo vessillo vittorioso sventola ormai dalla Siria alla Lidia, e per tutta la Jonia, mentre che ANTONIO - mentre che Antonio, tu vorresti aggiungere MESSO - Oh, mio signore! ANTONIO - Parla, parla franco! Non ti preoccupar dattenuare quello che ormai è voce generale Chiama pure Cleopatra col nome che le danno tutti a Roma; insulta me con le frasi di Fulvia, e rinfacciami pure le mie colpe in piena libertà, con le parole che verità e livore hanno il potere di far uscir di bocca. Oh, quando il nostro fertile intelletto sintorpidisce,( ) siamo come un prato che non produce altra erba che gramigna; e il farci rinfacciare nostri errori è come se estirpassimo le erbacce. Va pure, adesso. MESSO - Ai tuoi nobili ordini. (Esce) ANTONIO - (A tutti i presenti) Da Sicione che nuove? Olà, parlate! 1° DEL SEGUITO - Il messaggero da Sicione è là? 2° DEL SEGUITO - Attende i tuoi comandi. ANTONIO - Fallo entrare. (Tra sé) Questi ceppi egiziani io debbo romperli, o mannullo nellimbecillimento. Entra un altro MESSO con una lettera Che rechi? MESSO - Fulvia, la tua sposa, è morta. ANTONIO - Morta! E dove? MESSO - A Sicione. Tutto il decorso della malattia e quantaltro di serio tinteressa sta scritto in questa lettera. (Gli porge la lettera) ANTONIO - Andate tutti. Lasciatemi solo. (Escono tutti) Ecco unanima grande che scompare! E pensare che lho desiderato! Ma ciò che rifiutammo con disprezzo ci viene poi di volerlo riprendere; mentre ciò che ci piace sul momento, scadendo con il volgere del tempo, finisce nel mutarsi nel suo opposto. Ora che se nè andata, ella mè cara, e la mano che un giorno la respinse vorrebbe ora riprenderla con sé. Bisogna ad ogni costo chio la rompa con questa incantatrice di regina: questa frollezza mi sta generando diecimila disgrazie, assai più grandi dei mali che conosco su me stesso. Entra ENOBARBO Ehi, là, Enobarbo! ENOBARBO - Agli ordini, signore. ANTONIO - Devo andarmene subito da qui. ENOBARBO - Sarà la morte delle nostre donne. Già il più piccolo sgarbo - lo vediamo - è per loro un mortale dispiacere; figuriamoci se sopporteranno lidea che noi dobbiamo abbandonarle. Morte sarà la lor parola dordine. ANTONIO - Eppure devo andarmene, Enobarbo. ENOBARBO - Se si tratta di unemergenza estrema, muoian pure le donne; ma sarebbe davvero un gran peccato starle a buttare via per un nonnulla, pur se di fronte ad una grande causa esse più nulla possono contare. Se nha Cleopatra il minimo sentore, lei sì ne morirà subitamente! Lho vista già morire mille volte per ragioni di assai minor momento. Ho limpressione anzi che la Morte abbia per lei qualche filtro amoroso, sì pronta è sempre lei nel procurarsela. ANTONIO - È furba, molto più che non si creda. ENOBARBO - Ahimè, signore, no, non è così: le sue passioni sono solo fatte dellessenza più fine dellamore; ché le sue lacrime, i suoi sospiri non si posson chiamare piogge e venti: son procelle e uragani, e più violenti di quanti ne registran gli almanacchi. Non è furbizia: perché se lo fosse, vorrebbe dire chella, come Giove, può provocare rovesci di pioggia. ANTONIO - Non lavessi mai vista e conosciuta! ENOBARBO - Ti saresti perduto loccasione dammirare una meraviglia rara; e aver mancato un tale privilegio tavrebbe svalutato tutto il viaggio. ANTONIO - È morta Fulvia. ENOBARBO - Come? ANTONIO - Morta! ENOBARBO - Fulvia? ANTONIO - Morta! ENOBARBO - Ebbene, signore, offri agli dèi un sacrifizio di ringraziamento: quando piace alle loro deità di privare qualcuno della moglie, si dimostrano i sarti della terra. È unidea consolante, per un uomo, chegli, una volta consumato un abito, trovi chi possa fargliene uno nuovo. Se al mondo non vi fossero altre donne allinfuori di Fulvia, allora sì potresti dir daver avuto un taglio, e il tuo caso sarebbe lamentevole. Ma cè un conforto a questo tuo dolore: ed è che la tua vecchia palandrana può partorirti una nuova gonnella. Sicché tutte le lacrime di che deve bagnarsi il tuo cordoglio stan tutte dentro a un bulbo di cipolla.( ) ANTONIO - Gli intrighi chella ha ordito nello Stato non consentono più chio resti assente. ENOBARBO - Ma anche quelli che hai imbastito qui hanno bisogno della tua presenza, e specialmente quello con Cleopatra che sta legato strettissimamente alla tua permanenza qui in Egitto. ANTONIO - Basta adesso con le risposte frivole. Che tutti i nostri capi militari siano informati dei nostri propositi. Alla regina spiegherò io stesso le ragioni di questa nostra urgenza, e ne otterrò licenza di partire; poiché a tanto ci spingono con forza non solamente la morte di Fulvia, e ragioni di questa ancor più urgenti, ma lettere di molti buoni amici che insistono perché torniamo a Roma. Sesto Pompeo ha ormai lanciato a Cesare la sua sfida, e mantiene indisturbato il controllo dei mari. Lincostante plebaglia, il cui favore non si dirige mai su chi lo merita finché i suoi meriti non sian passati, comincia a riversar il Gran Pompeo e tutte le sue glorie su suo figlio,( ) che eminente per fama e per potere, ma ancor più per forza e per coraggio, serge come soldato tra i soldati, e questa forza, se lasciata crescere, può minacciare lassetto del mondo. Molte cose si vanno maturando, le quali, come un crine di cavallo,( ) hanno già in sé la vita della serpe, pur non avendone ancora il veleno. Provvedi dunque a rendere informati i nostri subalterni cui compete, del nostro intendimento: partire subito da qui. ENOBARBO - Va bene. (Escono) SCENA III - La stessa. Unaltra stanza Entrano CLEOPATRA, CARMIANA, IRAS e ALESSA CLEOPATRA - Dovè? CARMIANA - Da allora non lho più veduto. CLEOPATRA - (Ad Alessa) Vedi dovè, con chi, che cosa fa. Ma non dire che tho mandato io. Se lo trovi daspetto rattristato, digli chio sto ballando; se giulivo, digli che ho avuto un subito malore. E fa presto a tornare. (Esce Alessa) CARMIANA - Se veramente lami, mia signora, penso che non sia proprio questo il modo di farti ricambiare questo amore. CLEOPATRA - Che cosa dovrei fare, che non faccio? CARMIANA - Dovresti secondarlo in ogni cosa, non contrariarlo in nulla. CLEOPATRA - Che sciocco insegnamento è questo tuo! Proprio la via per perderlo. CARMIANA - Non serve a nulla provocarlo tanto. Mauguro che tu possa trattenerti: col tempo si finisce per odiare ciò che spesso temiamo. Ma ecco Antonio. Entra ANTONIO CLEOPATRA - Son malata e depressa. ANTONIO - Mi dispiace annunciarti che ho deciso CLEOPATRA - Sostienimi, Carmiana, andiamo via, io non reggo. Così non può durare, la mia natura più non lo sostiene. ANTONIO - Regina mia dolcissima CLEOPATRA - No, no, ti prego, non tavvicinare. ANTONIO - Che cè? Che ti succede? CLEOPATRA - Lo so, lo so, ci son buone notizie: te lo leggo negli occhi Che ti dice la tua donna sposata? Che puoi tornar da lei? Va, vacci pure! Mai tavesse ella dato licenza di venire! E non ti dica che son io a trattenerti qui! Non ho nessun potere su di te. Sei suo, e suo rimani. ANTONIO - Sanno gli dèi CLEOPATRA - Oh, mai ci fu regina più tradita! Ma io lavevo visto, spuntare già allinizio il tradimento! ANTONIO - Cleopatra CLEOPATRA - Perché dovrei illudermi che tu sei mio e che mi sei fedele - anche se tu, coi grandi giuramenti, sai scuotere gli dèi dai loro troni - se sei stato infedele anche con Fulvia? È follia stravagante farsi sedurre da certe promesse fatte solo a parole, e già infrante al momento di giurarle! ANTONIO - Dolcissima regina CLEOPATRA - No, ti prego, non cercare pretesti per andartene; ma dimmi addio e vattene. Quando mi supplicavi per restare, allora sì, era tempo di parole! Non mi parlavi allora di partire: cera negli occhi nostri e sulle labbra leternità, e la beatitudine nellarco delle ciglia; nessun brandello di noi tanto misero, che non avesse sapor celestiale. Ed è ancora così; oppure tu, che sei il più grande soldato del mondo, sei diventato pure il più bugiardo. ANTONIO - Che dici? CLEOPATRA - Oh, avessi io la tua statura! Vedresti se lEgitto( ) ha un cuore un petto! ANTONIO - Ascoltami, regina: limpellente esigenza del momento chiede altrove per poco i miei servizi; ma il mio cuore rimane qui con te. La nostra Italia è tutto un corruscare darmi in lotta civile. Sesto Pompeo punta al porto di Roma; la parità delle due forze in campo alimenta mutevoli fazioni: chi era odiato, cresciuto di forza, ora è tornato in simpatia del popolo. Sesto Pompeo, già condannato al bando, carico della gloria di suo padre, si va rapidamente insinuando nel cuore di coloro - e sono tanti - che non hanno potuto prosperare con lattuale governo, e il cui numero si fa minaccia; cosicché la pace, stata malata per la lunga inerzia, cerca di risanarsi col ricorso ad ogni disperato cambiamento. Ma la ragione mia più personale, e che dovrebbe più rassicurarti su questa mia improvvisa partenza, è la morte di Fulvia. CLEOPATRA - Letà può non avermi liberata dalla follia, ma dallingenuità sì, certamente. Può Fulvia morire? ANTONIO - È morta, mia regina! Guarda qui, e puoi leggere, a tuo sovrano agio, tutti gli intrighi che mha suscitato; e per ultimo, il più grave di tutti, vedi in che circostanze e dove è morta. CLEOPATRA - O falsissimo amante! E dove sono le ampolle votive che dovresti colmare con le lacrime del tuo grande cordoglio? Oh, vedo già, nella morte di Fulvia, come accolta sarà da te la mia! ANTONIO - Smettiamola con questi battibecchi! Preparati piuttosto ad ascoltare quelli che sono i miei proponimenti, che saran tali o cesseranno desserlo, secondo il tuo consiglio. Pel fuoco che vivifica e feconda la fanghiglia del Nilo, io da qui parto, tuo soldato e servo, a fare guerra o pace, a tuo talento. CLEOPATRA - Carmiana, su, tagliami questo laccio No, no, lascialo stare dun tratto son malata, poi sto bene, così sa amare Antonio. ANTONIO - Mia preziosa regina, sii comprensiva e rendi il giusto credito al suo amore, che sta onorevolmente affrontando la prova. CLEOPATRA - Fulvia insegna. Ti prego, voltati e piangi per lei, poi dimmi addio, e di che le tue lacrime eran per questa regina dEgitto. Da bravo, recita una bella scena, facendola apparire, a tuo talento, un gesto di perfetta onoratezza ANTONIO - Basta, adesso! Mi fai bollire il sangue! CLEOPATRA - Bene! Bravo! Così! Però la scena ti potrebbe riuscire ancora meglio, anche se questa non è niente male ANTONIO - Ah, per questa mia spada CLEOPATRA - E pel tuo scudo! Sempre meglio; ma ancora non ci siamo. Ecco, Carmiana, vedi, come saddice ad un Romano erculeo( ) la parte del collerico. Caro, tu ed io ci siamo molto amati E tu lo sai. Ma non è questo il punto: perché cè unaltra cosa chio vorrei Ah, maledetta mia smemorataggine! È proprio come Antonio: mi fa dimenticare tutto e tutti!( ) ANTONIO - Se non fosse la tua regalità a far tua suddita la vanità, direi che sei la vanità in persona. CLEOPATRA - Fatica ingrata è trascinarsi dietro la propria vanità vicino al cuore, come succede a questa Cleopatra. Ma devi perdonarmi, mio signore, ché le mie stesse grazie mi riescono mortalmente odiose se non sono gradite agli occhi tuoi. Ora lonore ti reclama altrove; perciò rimani sordo, non badare a questa mia sconsolata follia, e parti, e taccompagnino gli dèi! In cima alla tua spada segga cinta di gloria la vittoria e faccia da tappeto al tuo passaggio un facile successo. ANTONIO - Andiamo; il separarci, tra noi due è un partire ed un rimanere insieme; ché tu, restando qui, vieni con me, ed io, partendo, resto qui con te. (Escono) SCENA IV - Roma. La casa di Cesare Entrano OTTAVIO CESARE, che legge una lettera, LEPIDO e seguito OTTAVIO - Ecco, Lepido, leggilo tu stesso; e sappi, dora innanzi, che non è nel carattere di Cesare portar rancore al nostro grande socio. Ma ho lultime notizie da Alessandria: non fa che andare a pesca e ubriacarsi, e consumare in crapula e bagordi le fiaccole notturne. È meno maschio lui che Cleopatra: è più femmina lui che la regina sposa a Tolomeo.( ) Ha dato a stento udienza ai nostri messi, e non lo sfiora il minimo pensiero che ha qui dei consociati nellimpero. Ecco, in questo rapporto vedi un uomo chè la sintesi più circostanziata dogni vizio della natura umana. LEPIDO - Mè difficile credere che in lui possan risiedere tante bassezze da offuscare le tante buone doti che pure egli possiede in abbondanza. I vizi sono in lui come le stelle, che meglio sfiammano luce nel cielo nel buio della notte: ereditari a lui più che acquisiti; qualcosa chegli, più che aver voluto, non è più in grado di sradicar da sé. OTTAVIO - Tu sei troppo indulgente a dir così. Concediamogli che non è anormale stare a capriolare giorno e notte nel talamo che fu di Tolomeo; dar via un regno in cambio dun trastullo; sedersi a sbavazzar con una schiava; andare barcollando per le strade avvinazzato in pieno mezzogiorno; mettersi a litigare con gentaccia che puzza di sudore da lontano. Concediamogli pure che tutto questo è consono al suo rango - anche se deve aver ben strani gusti per non farsi insozzar da certe cose -; ma Antonio non può aver nessuna scusa per queste sue magagne, ben sapendo che su di noi ricade tutto il peso della sua leggerezza. Se vuol riempire le sue ore in orge, faccia pure, e ne paghi lui lo scotto con attacchi di nausea e col mal dossa;( ) ma far strame dunora come questa, che lo richiama a rullo di tamburo dai suoi piaceri, e gli parla a gran voce del suo stato e del nostro, questo merita tutto il nostro biasimo: al modo che si sgridan quei ragazzi, che, essendo già maturi di giudizio, immolano al capriccio dun momento lesperienza acquisita, ribelli a ciò che detta la ragione. Entra un MESSO LEPIDO - Altre notizie. MESSO - Cesare magnanimo, i tuoi ordini furono eseguiti, e dora in ora giungeranno a te rapporti sulla situazione fuori. Pompeo domina i mari, e, a quanto pare, sè accaparrato già le simpatie di quanti si dicevan tuoi amici finora solo perché ti temevano. Gli scontenti affluiscono nei porti, e la pubblica voce va dicendo che a Pompeo furon fatti molti torti. OTTAVIO - Non maspettavo nulla di diverso. Ci hanno insegnato, da che mondo è mondo, che chi sta in auge viene ricercato fino a che resta in quella posizione; mentre chi sta in declino, mai amato finché fu meritevole daffetto, si loda e apprezza quando non cè più. Questa gentaglia, simile ad un giunco che galleggia in balia della marea, ondeggia sempre, ora avanti, ora indietro, col moto alterno del flusso dellacqua, fino a marcire del suo stesso moto. Entra un altro MESSO MESSO - Cesare, sono qui per annunciarti che Menecrate e Mena, i due pirati, vanno spadroneggiando per i mari, solcandoli con chiglie dogni stazza. Fanno ardite, violente scorrerie sulle coste dItalia; al sol pensiero, le genti rivierasche si fan pallide, la gioventù più fiera sta in subbuglio. Non cè nave che può affacciarsi al largo senza essere abbordata appena vista. E di Pompeo fa più paura il nome che lidea di resistergli in battaglia. OTTAVIO - Oh, Antonio, Antonio, lascia finalmente i tuoi lascivi egiziani bagordi! Quando fosti scacciato via da Modena, dove uccidesti i consoli Irzio e Pansa, tincalzava la fame, eppure tu, benché allevato in mezzo alle mollezze, la combattesti con più resistenza di quella dun selvaggio della giungla. Ti dissetò lurina dei cavalli e il fango rosseggiante dei pantani( ) che perfino le bestie schiferebbero.( ) Il tuo palato allora non sprezzò lacre bacca della più rozza siepe; ti divorasti la scorza degli alberi, come fa il cervo quando, al crudo inverno, la neve copre tutte le pasture; e sulle Alpi ti furon nutrimento, a quanto si racconta, strane carni, che qualcuno morì solo a vederle. Tutto questo sapesti sopportare (è unonta pel tuo onore chio ne parli) talmente in modo degno dun soldato, che la tua guancia non ti si smagrì. LEPIDO - Peccato, per un uomo come lui! OTTAVIO - Che almen le sue vergogne in terra egizia possano ricondurlo presto a Roma; perché è giunto il momento che noi due ci mostriamo sul campo, saldi e uniti. Anzi, riuniamo subito il Consiglio, perché Sesto Pompeo non può che trarre il massimo vantaggio da questo nostro stato dimpotenza. LEPIDO - Quanto a me, Cesare, domani stesso, sarò in grado di precisarti in tutto con quali forze di terra e di mare saprò far fronte allattuale emergenza. OTTAVIO - Ed a questo porrò pur io la mente fino ad allora. Addio. LEPIDO - Addio, signore. Di ciò che nel frattempo apprenderai di movimenti in giro, vorrai, ti prego, tenermi informato. OTTAVIO - Senzaltro. Lo ritengo mio dovere. (Escono) SCENA V - Alessandria dEgitto. La reggia di Cleopatra Entrano CLEOPATRA, CARMIANA, IRAS e MARDIANO CLEOPATRA - Carmiana! CARMIANA - Sì, signora? CLEOPATRA - Ahi, ahi, ahi! Portami una pozione di mandragola. CARMIANA - Per che scopo, signora? CLEOPATRA - Per lo scopo chio possa addormentarmi per tutto questo gran vuoto di tempo nel quale Antonio mi starà lontano. CARMIANA - Ci pensi troppo. CLEOPATRA - Ah, che tradimento! CARMIANA - No, signora, non è, sono sicura. CLEOPATRA - Ehi, eunuco Mardiano! MARDIANO - Sono qua. La tua Altezza desidera qualcosa? CLEOPATRA - Non di sentirti cantare, Mardiano. Da tutto ciò che può darmi un eunuco non traggo francamente alcun piacere. Beato te, che, essendo aseminato, non libri i tuoi più liberi pensieri fuori dEgitto. Provi tu passioni? MARDIANO - Sì, graziosa signora. CLEOPATRA - Per davvero? MARDIANO - Per davvero, non proprio:( ) per davvero io posso fare solo cose caste; e tuttavia conosco la violenza della passione, e vado col pensiero a quel che fece Marte insieme a Venere.( ) CLEOPATRA - Oh, Carmiana, che pensi, dove si trova Antonio in questo istante? Starà in piedi, o seduto? Andrà a passeggio, oppure andrà a cavallo? Fortunato cavallo, che ti porti il suo peso! Siigli docile: se tu sapessi chi ti porti in groppa! Il semi-Atlante dellintero mondo!( ) Braccio e cimiero della specie umana!( ) Ora starà dicendo, o mormorando: Dove sarà, a questora, il serpentello mio del vecchio Nilo? Perché così mi chiama, ed io mi nutro del veleno più dolce e delizioso: il pensiero chei pensi sempre a me, cui gli amorosi pizzichi di Febo hanno reso la pelle tanto scura e ormai solcata in profondo dal tempo. Cesare fronte-larga, al tempo tuo, quando eri ancor coi piedi sulla terra, io ero, sì, un boccone da re;( ) ed il grande Pompeo mi sgranava sul viso tanto docchi, quasi volesse là ancorar lo sguardo, e là morir nella contemplazione di tutta la sua vita! Entra ALESSA ALESSA - Salute a te, imperatrice dEgitto! CLEOPATRA - Quanto diverso, tu, da Marcantonio! E tuttavia, poiché vieni da lui, come quella possente medicina tha tinto tutto doro!( ) E come sta il mio prode Marcantonio? ALESSA - Lultimo gesto, prima di partire, è stato, mia regina, un lungo bacio - lultimo dei moltissimi già dati - a questa splendida perla doriente, e quel che ha detto ce lho ancora in cuore. CLEOPATRA - E dal tuo cuore versalo al mio orecchio. ALESSA - Buon amico - mi dice - al grande Egitto( ) riferisci che il fido suo Romano le manda questo tesoro dunostrica; ma a compensar la pochezza del dono, dille che vorrà stendere ai suoi piedi un variopinto tappeto di regni, per far più bello il suo trono opulento, sì che tutto lOriente, devi dirle, dovrà chiamarla signora e padrona. Indi mi fece appena un breve cenno e tutto serio in volto balzò in sella a un cavallo inguantato darmatura( ) che levò alto in aria un tal nitrito, da soffocare bestialmente in me tutto quello che avrei voluto dirgli. CLEOPATRA - E dumore comera, triste o allegro? ALESSA - Era lesatta immagine, signora, della stagion dellanno che sta in mezzo tra la grande calura e il grande gelo: non era triste, ma nemmeno allegro. CLEOPATRA - O perfetto equilibrio di carattere! Senti, senti, Carmiana; quello è un uomo! Ecco, rifletti un po: non era triste, perché voleva apparire sereno a quelli che volevano atteggiare al suo il proprio volto; né era lieto, quasi a dire che tutto il suo ricordo e il suo gaudio restavano in Egitto: stava tra luno e laltro stato danimo. Miscuglio celestiale! La violenza di questi sentimenti si addice a te come a nessun altruomo Incontrasti per strada i miei corrieri? ALESSA - Sì, una ventina, luno dopo laltro. Perché tanti, signora? CLEOPATRA - Finirà la sua vita da pezzente chi sarà nato il giorno che Cleopatra si scorderà dinviar suoi corrieri ad Antonio Carmiana, carta e inchiostro! Buon Alessa, va pure. Ti ringrazio. (Esce Alessa) Carmiana, dimmi, ho mai amato Cesare in questo modo? Dillo, su Carmiana CARMIANA - Quel prode Giulio Cesare! CLEOPATRA - Che possa rimanerti nella strozza unaltra esclamazione come questa! Di piuttosto: Quel prode Marcantonio!. CARMIANA - Quel valoroso Cesare CLEOPATRA - Per Iside! Ti faccio sanguinare tutti i denti se seguiti a paragonare Cesare al mio uomo, chè il principe degli uomini! CARMIANA - Con tua licenza, graziosa regina, io non canto che la tua vecchia solfa. CLEOPATRA - Ah, teneri miei giorni di fanciulla!( ) Quandero ancora verde di giudizio e tiepida di sangue, per esprimermi come mesprimevo! Ma via, procurami carta ed inchiostro: deve avere da me, giorno per giorno, messaggi di saluto, un dopo laltro, dovessi spopolar tutto lEgitto. (Escono) |
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