WILLIAM SHAKESPEARE

ENRICO IV - PARTE PRIMA

ATTO SECONDO
SCENA I - Londra, una strada a Eastcheap, nei pressi della taverna “Alla testa di cinghiale”

Entra l’Ostessa Quickly con il sergente Lenza seguito, a distanza, da Pania

Ostessa - Allora, Mastro Lenza,
avete dato corso alla querela ?
Lenza - Registrata e portata avanti al giudice.
Quickly - Dov’è il vostro gendarme? È uno forte?
Ce la farà?
Lenza - (Chiamando)
Ehi, Pania, dove sei?

(Pania viene avanti)
Quickly - Oh, Signore! Il mio bravo Mastro Pania!
Pania - Son qua, son qua, sergente.
Lenza - Allora, Pania,
s’ha da trarre in arresto Sir John Falstaff.
Quickly - Sì, Mastro Pania, ho denunciato lui
e tutto il resto della compagnia.
Pania - Potrebbe pure costarci la pelle,
a qualcuno di noi: tira di stocco.
Quickly - Oh, sì, statevi attenti,
ché a me n’ha suonate di stoccate,
in casa mia, nel modo più bestiale.
Quando sfodera l’arma, quello là
non pensa proprio al danno che farà:
ci dà dentro come un indemoniato,
senza riguardo per nessuno intorno,
uomo, donna, bambino.
Lenza - Me ne infischio.
Se arrivo a mettergli le mani addosso,
non ho paura delle sue stoccate.
Quickly - Ed io nemmeno. E vi darò man forte.
Lenza - Se solo mi riesce di acciuffarlo...
di farmelo venire tra le grinfie...
Quickly - Se vi sfuggisse, sarei rovinata ,
v’assicuro. Nel mio libro dei conti
ci ha una sfilza di buffi infinitiva .
Tenetelo ben forte, Mastro Pania,
per carità, non fatelo scappare!
So che sta per passare istantemente
al Cantone delle Friggitorie
(con rispetto parlando per voi uomini),
perché voleva comprarsi una sella;
e che è stato citato a colazione
da Mastro Faccialiscia , il setaiolo,
al ristorante “Al Ciocco” , in Lumbert Street.
Vi prego, adesso che il ribattimento
è davanti alla corte, ed il mio caso
è noto a tutti, ch’egli sia portato
davanti alla giustizia per risponderne.
Cento marchi, per me, povera donna,
è coda troppo lunga da tirare,
da sola; ho sopportato, ho sopportato,
e sempre ho rimandato, e rimandato,
e rimandato, un giorno dopo l’altro,
ch’è vergognoso solo a ripensarci.
Non c’è onestà ad agire in questo modo;
a meno di pensare che una donna
debba ridursi un asino, una bestia,
e sempre sopportare a cuor leggero
le angherie di qualsiasi farabutto.

Entra Falstaff con Bardolfo e il Paggio

Ma eccolo che arriva, giusto in punto,
con quell’ubriacone di Bardolfo.
Fate il vostro dovere, Mastro Lenza,
fatelo, Mastro Pania!
Oh, fatemelo, fatemelo, fatemelo!
Falstaff - Che succede? A chi è morta la giumenta?
Che c’è?
Lenza - Sir John, vi dichiaro in arresto,
sulla denuncia di Madama Quickly.
Falstaff - Via, gaglioffi! Bardolfo, snuda il ferro!
Tagliagli il capo a questo villanzone!
E butta nel canale quella strega!
Quickly - Buttar me nel canale?... Santo Cielo!
Ma sarò io a buttartici dentro!
(Zuffa)
Tu vuoi gettarmi nel canale, tu,
bastardo manigoldo? Ah, criminale!
Assassino! Furfante omicidiale !
Che vuoi fare con quella spada? Uccidere
i funzionari di Dio e del Re?
Omicidio, omicidio, ecco che sei!
Ammazza-uomini e ammazzadonne!
Falstaff - Bardolfo, toglimi questi dai piedi!

(Si affolla gente intorno)
Lenza - Aiuto, aiuto! Tenta di scappare!
Quickly - Su, brava gente, uno o due di voi,
date una mano...

(Il paggio di Falstaff l’attacca)

E tu che vuoi? Che vuoi?
Via, via, canaglia! Via, cappio di forca!

(Lo colpisce e fugge. Lenza arresta Falstaff)
Paggio - (Inseguendo Quickly)
Vecchia megera! Sguattera! Ruffiana!
Ti solletico io la tua catastrofe !

Entra il Lord Giudice Supremo coi suoi uomini
Giudice - Che succede? Che son questi disordini ?

(Cessa la zuffa. Rientra l’Ostessa)
Quickly - (Al Giudice)
Mio buon signore, siatemi benigno;
vi supplico, prendete le mie parti.
Giudice - Come, Sir John! Voi qui a far baruffa?
S’addice forse questo al vostro rango,
all’ora e all’incarico che avete?
Vi dovreste trovare già da un pezzo
sulla strada per York.
(A Lenza)
E tu, messere,
lascialo libero. Che cosa ha fatto
per tenergli così le mani addosso?
Quickly - Mio venerabilissimo signore,
io sono, così piaccia a Vostra Grazia,
una povera vedova di Eastcheap,
e lui viene arrestato a mia denuncia.
Giudice - Per che somma?
Quickly - Non c’è più da sommare,
mio signore, perché non c’è più nulla .
Mi si è mangiato tutto, casa e roba;
ha trangugiato tutti i miei averi
dentro quel suo pancione;
(A Sir John)
ma una parte di quel ch’è mio almeno
io la rivoglio; o ti vengo la notte
a cavalcare sopra
come fa la cavalla della notte .
Falstaff - (Tra sé)
Penso che sarò io a cavalcarla
la cavalla, se trovo sotto i piedi
la terra adatta per montarci sopra.
Giudice - Che vuol dire, Sir John, codesta storia?
Vergogna! Quale uomo costumato
tollererebbe di sentirsi piovere
tanti improperi addosso?...
Non avete davvero alcun ritegno
a costringer costei, povera vedova,
a far ricorso a mezzi sì violenti
per riavere quel che le appartiene?
Falstaff - (All’Ostessa)
Qual è poi tutta questa grande somma
della quale ti sono debitore?
Quickly - Se tu fossi sincero, per la Vergine,
ti sentiresti debitore a me
non solo del denaro che mi devi
ma di te stesso. Se ben ti ricordi,
m’hai giurato su un calice d’argento
(eri da me alla sala del Delfino
seduto avanti a un tavolo rotondo
e ti scaldavi al fuoco del carbone
venuto per via mare da Newcastle:
era quel mercoledì di Pentecoste
che il Principe ti fracassò la testa
perché gli avevi assomigliato il padre
a uno della cantoria di Windsor ...
ed io ti medicavo la ferita)
che m’avresti sposata - puoi negarlo? -
e avresti fatto di me la tua lady...
E non fu forse proprio in quel momento
ch’entrò la Lia, la moglie del beccaio,
e la Lia mi chiamò “Comare Quickly”
(era venuta per un po’ d’aceto
che doveva condirci, così disse,
un bel piatto di gamberetti in salsa,
e a te venne la voglia di mangiarne,
e io ti dissi ch’erano nocivi
a quella tua ferita ancora fresca);
e tu, quand’ella poi se ne fu andata,
mi dicesti che non t’andava a genio
ch’io mi tenessi in tanta confidenza
con gentuccia da poco come quella:
perché, dicesti, fra non molto tempo
m’avrebbero dovuto chiamar “lady”...
E non è vero che proprio in qual punto
mi desti un bacio, mentre mi chiedevi
d’andarti a prendere trenta scellini?...
Negalo, avanti, negalo, se puoi,
le mani sulla Bibbia. Avanti, negalo!
Falstaff - Monsignore, è una povera demente.
Pensate, se ne va per la città
dicendo in giro che il suo primo figlio
somiglia tutto a Vostra signoria.
Ha conosciuto tempi più leggiadri,
ma ora, a dir la santa verità,
la miseria l’ha fatta uscir di senno.
Quanto a questi maldestri funzionari,
ch’io possa aver da voi, ve ne scongiuro,
piena soddisfazione su di loro...
Giudice - Eh, Sir John, io conosco troppo bene
la vostra consumata abilità
di volgere una causa giusta in falsa.
Non sarà né la vostra faccia tosta
né la grande profluvie di parole
che sapete versare dalla bocca
con la vostra sfrenata improntitudine
ad impedirmi di vedere giusto.
Voi, per come appar chiaro alla mia mente,
avete, con ignobili artifizi,
affatturato l’anima cedevole
di questa donna per approfittare
della sua borsa e della sua persona.
Quickly - Proprio così, monsignore, in coscienza!
Giudice - Tu, zitta, prego.

(A Falstaff)
Pagatele il debito
e riparate alla cattiva azione:
ad una voi potete provvedere
con moneta sonante; quanto all’altra
con un atto di piena contrizione.
Falstaff - Non posso far passar questo rimprovero,
signore, senza darvi una risposta.
Voi chiamate “sfrenata improntitudine”
ciò ch’è solo onorevole ardimento.
Uno al mio posto che, senza dir nulla,
si profondasse a farvi un bell’inchino,
per voi sarebbe un essere virtuoso.
No, monsignore, con tutto il rispetto,
mi rifiuto di farvi il cortigiano.
Vi chiedo solo d’esser liberato
dalle grinfie di questi poliziotti,
perché debbo eseguire con urgenza
un compito affidatomi dal re.
Giudice - Parlate come se aveste il potere
d’agire contro legge;
comportatevi come si conviene
alla tutela del vostro decoro,
e soddisfate questa poveretta.
Falstaff - Ebbene, Ostessa, vieni, vieni qua.

(La trae in disparte, allontanandosi alquanto)

Entra Gower con una lettera in mano, che porge al Giudice
Giudice - Oh, Mastro Gower, che nuove recate?
Gower - Signore, il Re ed il Principe di Galles
son qui da presso. Il resto è nella lettera.

(Il Giudice legge la lettera)
Falstaff - (In disparte, a Quickly)
Com’è vero che sono un gentiluomo...
Quickly - Eh, sì, l’avete detto già altre volte...
Falstaff - Com’è vero che sono un gentiluomo...
Beh, basta adesso, via, con le parole...
Quickly - Per questa sacra terra che mi regge,
dovrò dunque impegnar l’argenteria
e la tappezzeria delle pareti
delle mie sale?
Falstaff - Bicchieri, bicchieri,
son tutto quello che serve per bere;
e quanto alle pareti delle sale,
una bella scenetta leggerotta
o la parabola del Figliol prodigo,
o una caccia tedesca tinta a tempera
valgono certamente mille volte
tutti quei tuoi cortinaggi da letto
o quegli arazzi rosi dalle tarme...
Facciamo dieci sterline... se puoi.
Va là, che se non fosse per le bizze
non c’è ragazza più brava di te
in Inghilterra. Va’, lavati il viso ,
e poi va’ a ritirare la denuncia.
Su, su, non devi star di questo umore
con me. Non mi conosci? Andiamo, andiamo!
Son sicuro che t’hanno messa su
per farti fare tutto questo strepito.
Quickly - Facciamo venti nobili , Sir John,
accontentatevi, vi prego; in fede,
mi ripugna impegnar l’argenteria,
che Dio mi salvi, ecco!
Falstaff - Basta, basta,
lasciamo stare. Troverò altro modo.
Sarai sempre la solita scioccona.
Quickly - E va bene, li avrete, via, li avrete...
a costo d’impegnarmi la sottana.
Spero accettiate di venire a cena.
Mi restituirete tutto insieme?
Falstaff - Ma sì, finché c’è vita c’è speranza !
(A Bardolfo)
Va’ con lei. Stalle dietro, stalle dietro!
Quickly - (Andandosene)
Che ne diresti d’invitare a cena
Pupa Strappalenzuola ?
Falstaff - E perché no?
Nemmeno a chiederlo. Falla venire.

(Escono l’Ostessa, Bardolfo e i due sbirri)
Giudice - Ho notizie migliori delle vostre.
Gower - Quali, mio buon signore?
Giudice - Dove ha dormito il re la scorsa notte?
Gower - A Basingstoke, signore.
Falstaff - (Avvicinandosi al Giudice)
Spero, signore, che sia tutto in ordine.
Che novità ci sono, monsignore?
Giudice - (A Gower, senza badare a Falstaff)
Rientrano anche tutte le sue forze?
Gower - Non tutte. Millecinquecento fanti
e cinquecento uomini a cavallo
sono attualmente in marcia
per raggiungere il principe Giovanni
contro Northumberland e l’Arcivescovo.
Falstaff - (Al Giudice)
Il re torna dal Galles, mio signore?
Giudice - (A Gower, sempre senza badare a Falstaff)
Vi preparo senz’altro una mia lettera
da recare. Venite, Mastro Gower.

(Si avviano per uscire)
Falstaff - (A Gower)
Monsignore...
Giudice - (A Falstaff, bruscamente)
Che c’è?
Falstaff - (Non curandosi del Giudice)
Monsignor Gower,
posso pregarvi di restare a pranzo
con me?
Gower - Oh, vi ringrazio, buon Sir John,
ma devo attender qui il mio buon signore .
Giudice - Sir John, piuttosto vi attardate troppo
da queste parti, essendo incaricato
di procedere a reclutar soldati
nelle contee per cui transiterete.
Falstaff - (A Gower, senza badare al Giudice)
Verrete a cena, allora, Mastro Gower?
Giudice - Sir John, da quale idiota di maestro
avete appreso simili maniere?
Falstaff - Mastro Gower, se non mi si convengono,
fu certo idiota chi me le insegnò.
(Al Giudice)
Signore, questo è il bello della scherma:
colpo a colpo, ed amici come prima.
Giudice - Che Dio v’illumini. Siete un gran matto!

(Escono, il Giudice Supremo da una parte, Falstaff da un’altra)
SCENA II - Londra, una sala nel palazzo del Principe di Galles

Entrano il Principe e Poins

Principe - Giuro davanti a Dio, sono sfinito.
Poins - Eh, che diamine! Siamo a questo punto?
Pensavo che a così nobile sangue
non ardisse attaccarsi mai stanchezza.
Principe - E invece sì; se pure il confessarlo
sbiadisca l’incarnato del mio rango.
Sarebbe bassa voglia adesso in me
desiderare una buona birretta?
Poins - Non è proprio da principe
lasciarsi andare a certe frivolezze,
al punto da rivolgere la mente
a così vil mistura.
Principe - Probabilmente allora la mia voglia
non nasce da radice principesca;
perché, in coscienza, ce l’ho proprio in mente
quella volgar bevanda.
È pur vero, però, come tu dici,
che queste basse mie predilezioni
disamoran da me la mia grandezza.
Qual disdoro non è per essa, infatti,
ch’io mi ricordi come tu ti chiami!
O ch’io possa domani, rivedendoti,
riconoscerti. O ch’io mi prenda nota
di quante calze di seta possiedi
tra il paio che hai addosso
e quell’altro che avevi color pesca;
o ch’io tenga aggiornato nella mente
un inventario delle tue camicie,
una indosso e un’altra per il cambio!
Ma questo lo saprà meglio di me
il custode del tuo campo da tennis,
ché quando quello non ti vede là
con la racchetta, è segno che da te
c’è la bassa marea in biancheria:
come dev’essere da un pezzo in qua,
perché tutta la tua tela d’Olanda
l’han consumata i tuoi paesi bassi ,
e Dio sa se quei poveri marmocchi
che vagiscono in mezzo alle rovine
desolate della tua biancheria
saran degni d’entrare nel Suo regno;
le levatrici dicono che loro,
le povere creature, non ne han colpa
il mondo deve crescere,
e occorre incrementar le figliolanze.
Poins - Che brutta conclusione,
uscirvene in sì frivoli discorsi,
dopo aver tanto spremuto il cervello .
Quanti giovani principi
farebbero così, se il loro padre
stesse tanto malato come il vostro?
Principe - Posso dirti una cosa, Poins?
Poins - Ma certo.
purché si tratti di cosa eccellente.
Principe - Una cosa comunque alla portata
di cervelli del tuo stesso elevaggio.
Poins - Avanti, sono pronto a regger l’urto
di questa vostra cosa straordinaria.
Principe - Ti voglio dir, per Dio, che di proposito
non voglio io ostentare tristezza
per mio padre malato;
anche se posso ad uno come te
che, in mancanza di meglio,
mi piace di considerare amico,
confessare che triste sono, e molto.
Poins - Stento a crederlo, per un tal motivo .
Principe - Per questa mano! Tu mi credi allora
iscritto nel registro del demonio
per bieca ostinazione nel peccato
come te e Sir John? Ma sia la fine
il momento di giudicare l’uomo .
Io ti dico che il cuore mi fa sangue
per mio padre sì gravemente infermo;
ma il frequentare compagnie sì vili
come la tua m’ha tolto, e con ragione,
qualsiasi ostentazione del dolore.
Poins - “Con ragione”, perché?
Principe - Perché? Che penseresti tu di me
se vedessi ch’io mi mettessi a piangere?
Poins - Che siete un grande ipocrita di principe.
Principe - È quanto penserebbe chiunque altro,
e tu puoi dirti un uomo fortunato
a pensar come tutti: in questo caso
mai mente umana al mondo
seguì, come la tua, la via maestra.
Chiunque penserebbe infatti a me
come a un ipocrita.
Ma che cos’è che induce te a pensare
questo nel rispettabil tuo cervello?
Poins - Diamine, il fatto che voi fino a oggi
siete stato talmente dissoluto
e legato sì fortemente a Falstaff.
Principe - E a te.
Poins - Di me però si parla bene,
per questa sacra luce che c’illumina:
l’ho sentito con queste stesse orecchie.
Il peggio che di me possono dire
è che sono in sott’ordine con te,
e che son facile a menar le mani;
e a questi due difetti, lo confesso,
sento di non saper trovar rimedio.
Ecco Bardolfo...

Entrano Bardolfo e il Paggio di Falstaff
Principe - ... insieme a quel ragazzo
che gli ho donato come servitore...
Quando l’ebbe da me, era un cristiano;
guarda adesso se quel grasso furfante
non ha fatto di lui uno scimmiotto.
Bardolfo - Dio salvi Vostra Grazia.
Principe - E la tua, nobilissimo Bardolfo.
Poins - (A Bardolfo)
Insomma, dico, virtuoso somaro,
rimbecillito signor verecondia,
non puoi far proprio a meno di arrossire ?
C’è bisogno che mi diventi rosso?
Che razza di soldato-femminuccia
sei diventato! Via, ci vuole tanto
a sverginare un boccale di birra?
Paggio - Poco fa, monsignore,
mi son sentito chiamare da lui
dietro la grata rossa d’una bettola,
ed io da fuori, attraverso la grata,
non potevo veder della sua faccia
nessuna parte; alfine ho visto gli occhi
ed era come s’egli mi sbirciasse
attraverso due fori che lui stesso
avesse fatto nel corpetto rosso
della padrona della birreria.
Principe - (A Poins)
S’è scafato il ragazzo, non ti pare?
Bardolfo - (Al Paggio)
Fuori dai piedi, conigliuzzo bipede!
Via, figlio di puttana!
Paggio - Via tu, esecrabile sogno d’Altea !
Principe - Quale sogno, ragazzo? Facci edotti.
Quale sogno?
Paggio - Perbacco, monsignore!
Altea sognò d’avere partorito
un tizzone che ardeva; ed io Bardolfo
lo paragono proprio a quel tizzone .
Principe - La spiegazione vale una corona.
Tieni, ragazzo.
(Gli dà una moneta)
Poins - Ah, se questo boccio
si potesse serbar salvo dai bruchi!
Beh, quel mezzo scellino
potrà bastare a mantenerti immune .
Bardolfo - Se, seguitando a stare con voi due,
non finirà per essere impiccato,
la forca subirà certo un affronto.
Principe - Bardolfo, come sta il tuo principale ?
Bardolfo - Sta bene, mio signore. Ha giusto appreso
del ritorno di Vostra grazia a Londra,
ed ecco una sua lettera per voi.

(Gli consegna una lettera, che il Principe apre e legge)
Poins - Recapitata con ogni rispetto.
Allora, come sta quel San Martino
del tuo padrone?
Bardolfo - Di corpo, sta bene.
Poins - Di corpo, sì, ma è la parte immortale
che ha bisogno del medico: ma quella
lui non la cura certo più di tanto;
sa che se pur s’ammala, essa non muore.
Principe - (Porgendo a Poins la lettera
di Falstaff che ha finito di leggere)
Questa cisti sebacea tumorale
cui permetto di prendersi con me
la stessa confidenza del mio cane,
tiene bene il suo ruolo,
ed ecco, senti quello che mi scrive.
Poins - (Legge la soprascritta del foglio)
“John Falstaff, cavaliere”... Cavaliere!
L’han da sapere tutti, cani e porci,
non si lascia sfuggire l’occasione,
ogni volta ch’ha da parlar di sé:
simile a certi parenti del re
i quali basta si pungano un dito
non possono tenersi dal gridare:
“Ecco versato del sangue reale!”.
E a chi, fingendo non aver capito,
chieda: “Come sarebbe?”, quelli, pronti
come il cappello di chi vuole un prestito :
“Sono un parente povero del re”.
Principe - Già, pretendono di esserci parenti,
magari risalendo fino a Jafet.
Ma torniamo alla lettera.
(Riprende la lettera di Falstaff dalle mani di Poins e legge)
“John Falstaff, cavaliere,
“al figliolo del re
“più prossimo a suo padre,
“principe Enrico di Galles, salute!”.
Poins - Ma questo è un attestato notarile!
Principe - Zitto!
(Seguita a leggere)
“Voglio imitare in brevità
“i nobili romani”.
Poins - Ha il fiato corto,
intende certo brevità di fiato.
Principe - (Legge)
“Mi raccomando a te, e te al cielo,
“e ti lascio per raccomandazione:
“non dare troppa confidenza a Poins
“perch’egli abusa dei favori tuoi
“fino al punto d’andar giurando in giro
“c’hai da sposare sua sorella Nelly.
“Pèntiti come puoi, quando n’hai tempo,
“e così ti saluto. Sempre tuo
“per il sì e per il no,
“ch’è come dire come vuoi trattarmi,
“John Falstaff (Giovannino per gli amici,
“Giovanni pei fratelli e le sorelle,
“e Sir John per il resto d’Europa)”.
Poins - Questa lettera, io, monsignore,
la immergo in vin di Spagna
e gliela faccio ingoiare di forza...
Principe - Sarebbe come rimandargli in gola
una ventina delle sue parole.
Ma veramente, Ned ,
vai dicendo di me che avrei intenzione
di sposar tua sorella?
Poins - Non sia mai!
Dio non voglia mandar alla ragazza
sorte peggiore!... Ma non l’ho mai detto.
Principe - Bah, noi sprechiamo il tempo a far gli stupidi,
mentre gli spiriti della saggezza
siedono sulle nuvole e ci beffano.
(A Bardolfo)
Il tuo padrone è a Londra?
Bardolfo - Sì, signore.
Principe - E dove va a mangiare il vecchio porco:
va a grufolare al solito porcile?
Bardolfo - Sempre al solito, monsignore: a Eastcheap.
Principe - In compagnia di chi?
Paggio - Degli efesini
della vecchia parrocchia, monsignore.
Principe - Ci sono donne a cenare con lui?
Paggio - Come donne nessuna, monsignore,
salvo la stagionata Donna Quickly
e Donna Bambola Strappalenzuola.
Principe - Che dolce amore sarà mai costei?
Paggio - Oh, signore, una vera gentildonna,
ed è parente al mio signor padrone.
Principe - Sì, come son parenti
al toro del villaggio le giovenche
della parrocchia. Vogliamo andar da loro,
Ned, di sorpresa, mentre stanno a cena?
Poins - Son con voi, mio signore,
risoluto a seguirvi come un’ombra.
Principe - Allora, tu, ragazzo, e tu, Bardolfo,
acqua in bocca col vostro principale
sul fatto ch’io sia già tornato a Londra.
Ecco, tenete, pel vostro silenzio.
(Dà loro del denaro)
Bardolfo - Mi cascasse la lingua, monsignore.
Paggio - Ed io terrò la mia ben bene a freno.
Principe - Ottimamente. Allora andate pure.

(Escono Bardolfo e il Paggio)

Questa tal Bambola Strappalenzuola
dev’esser proprio robetta da strada.
Poins - Garantito, e da strada assai battuta,
come quella tra Londra e Sant’Albano.
Principe - Come fare, però, noialtri due,
a vedere, non visti, il nostro Falstaff
stanotte al suo colore naturale?
Poins - Ci metteremo addosso, monsignore,
un corsetto di cuoio ed un grembiule ,
e lo serviamo a tavola
come fossimo addetti all’osteria.
Principe - Da principe a garzone d’osteria?
Da Dio a toro? Una bella caduta!
Capitò anche a Giove.
Vil metamorfosi! Ma mi ci adeguo;
in ogni cosa il fine da raggiungere
deve adeguarsi, Ned,
alla follia del fare per raggiungerlo.
Andiamo, andiamo, seguimi.

(Escono)
SCENA III - Warkworth, davanti al castello di Northumberland

Entrano il Conte di Northumberland, la Contessa sua moglie e Lady Percy, vedova di Harry Hotspur

Northumberland - Diletta sposa, e tu, gentile nuora,
fate forza a voi stesse, vi scongiuro,
al fine di non rendere più difficile
il corso delle mie vicissitudini,
già troppo fortunose per se stesse;
cercate di non darvi pure voi
il volto contristato degli eventi,
non siate, come questi,
ulteriore cagion di sofferenza
all’anima di Percy.
Contessa - Ho rinunciato;
non parlo più. Fa’ pure come vuoi.
Ti guidi solo il tuo discernimento.
Northumberland - Ahimé, mia cara, è in gioco qui il mio onore,
e nulla lo potrebbe riscattare
se non vado.
Lady percy - No, per l’amor di Dio,
a questa guerra non prendete parte!
Venuto meno siete già altra volta
alla vostra parola,
e in un momento in cui sarebbe stato
ben più caro per voi tenervi fede,
ed è stato allorquando il vostro Percy,
il carissimo Harry del mio cuore,
volse più volte gli occhi a settentrione
nell’ansia di veder giunger suo padre
coi rinforzi. Ed attese a lungo e invano.
Chi vi convinse a rimanere a casa,
allora? Ed eran due gli onori in gioco:
il vostro e quello di Harry vostro figlio.
Al vostro possa Dio dar lustro e luce.
Il suo rifulse in lui simile al sole
sotto la grigia galleria del cielo,
e sotto quella luce
si mossero a fornir gloriose gesta
i miglior cavalieri d’Inghilterra.
Perch’egli era lo specchio
alla cui luce ogni giovane inglese
mirandosi, anelava di vestirsi
dell’armi della gloria.
Dimostrava di non avere gambe
chi non sapesse adeguarsi al suo passo;
e il suo parlare stretto, cincischiato,
ch’era in lui un difetto di natura,
divenne la parlata del valore:
sì che chi pur sapesse colloquiare
grave e lento desiderò cambiare
tale sua naturale perfezione,
per sempre meglio assomigliare a lui,
così che per il modo di parlare,
di muoversi, di vivere la vita,
per le predilezioni degli svaghi,
come per la sua pratica dell’armi,
per tutti egli era il modello e lo specchio,
l’esempio e il testo al quale tutti gli altri
si modellavano e prendevan forma.
E voi, quell’essere meraviglioso,
quel miracolo d’uomo, impareggiabile,
lasciaste solo là, privo d’aiuto,
in condizioni d’inferiorità,
in faccia all’orrido dio della guerra,
a sostenere una battaglia in campo
dov’egli non aveva altra difesa
che il risuonar del suo nome glorioso:
“Sperone Ardente”!... E così lo lasciaste!
Ah, no, voi fareste adesso oltraggio
alla sua anima, tenendo fede
a un impegno d’onore verso gli altri,
con più scrupolo e puntualità
che non ne aveste allor verso di lui!
Che se la vedano pure da soli!
Sia l’Arcivescovo che il Lord Maresciallo
hanno forze bastanti per l’impresa.
Avesse avuto, il mio diletto Percy,
metà soltanto delle loro forze,
io potrei oggi, come parlo a voi,
parlar d’Enrico Monmouth nella tomba,
avviticchiata al collo del mio Percy.
Northumberland - Figlia mia bella, Dio ti benedica,
tu riesci a smontar d’ogni coraggio
l’animo mio col ricordar così
e rinfacciarmi i miei passati errori.
Ma debbo andare incontro a quel pericolo,
o sarà esso che verrà a cercarmi
in altro luogo dove, certamente,
mi troverebbe assai men preparato.
Contessa - Oh, fuggi allora a riparare in Scozia,
finché nobili e popolani in armi
non abbian dato almeno un qualche segno
della forza di cui sono capaci.
Lady percy - S’essi avanzando avranno il sopravvento
sul re, allora vi unirete a loro
come nerbo d’acciaio
che aggiunge forza a forza. Ma non prima.
Prima lasciate, per amore nostro,
che si cimentino loro da soli.
Non fate come fece vostro figlio,
e come voi lasciaste che facesse;
ed io proprio per questo sono vedova,
e non mi basterà tutta la vita
per bagnare di pianto il suo ricordo
perché germogli e cresca fino al cielo
la memoria del mio nobile sposo.
Northumberland - Su, su, venite dentro.
Il mio spirito è come una marea
che giunta al culmine del suo montare
sta incerta tra il fluire e il rifluire.
Vorrei andare ad unirmi all’Arcivescovo,
ma mi trattengono mille ragioni.
Mi risolverò forse per la Scozia.
Resterò là fintanto che il momento
e il mio personale tornaconto
non reclamino qui la mia presenza.

(Escono tutti)
SCENA IV - Londra, una stanza nella taverna “Alla testa di cinghiale” a Eastcheap

Una tavola con sedie Cesco sta mettendo a tavola vino e frutta; entra un altro Garzone d’osteria con un piatto di mele stagionate .

Cesco - Che diavolo ci porti tu là dentro...
mele di San Giovanni?
Sai bene che Sir John non può soffrirle!
Garzone - Oh, hai ragione! Adesso mi ricordo
che il Principe gli presentò una volta
cinque di queste mele sopra un piatto
dicendogli: “Ecco, altri cinque Sir John”;
ed aggiunse, togliendosi il cappello:
“Ed ora voglio prendere commiato
da questi sei panciuti, rinsecchiti,
vecchi e ben stagionati cavalieri”.
E quello a rodersi il cuore di rabbia.
Ma ormai se lo sarà dimenticato.
Cesco - Bene, allora preparagli la tavola,
e togli dalla vista quelle mele;
poi vedi se riesci a rintracciare
i suonatori della banda Squassi .
Pupa Strappalenzuola avrà piacere
d’ascoltar della musica. Fa’ presto.
Nella stanza dove ora stan cenando
fa caldo, e si trasferiranno qui.
Inoltre arriveranno qui, tra poco,
il Principe con Edoardo Poins,
e porteranno addosso tutti e due
un corsetto di cuoio ed un grembiule.
Sir John non deve accorgersi di niente.
È venuto Bardolfo ad avvertirmi.
Garzone - Per la messa, che spasso! Che goduria!
Sarà una burla supereccellente!
Cesco - Vedrò io di trovar la banda Squassi.

(Escono)

Entrano Quickly e Pupa Strappalenzuola, ubriaca
Quickly - Ah, cuoricino mio,
mi sembri in ottima temperità ,
ti batte il polso straordinariamente
che meglio il cuore tuo non può volere;
il colorito, poi, ti garantisco,
è rosso, sì, come una rosa rossa,
in buona verità; ma in fede mia
hai tracannato un po’ troppa Canaria ,
e quello è un vino che ti fruga dentro
a meraviglia e t’imbalsama il sangue
avanti che riesci a dir: “Che è questo?”.
Come va adesso?...
Pupa - Meglio, meglio... Hic !
Quickly - Beh, meno male... un cuore come il tuo
vale proprio tutt’oro quanto pesa.
Ecco Sir John che arriva.

Entra Falstaff canticchiando
Falstaff - “Quando Re Arturo apparve
“la prima volta a corte... ”.

(Chiamando)
Cesco, ragazzo, vuotami il pitale.
(Seguitando a canticchiare)
“... ed era un degno re... ”.
Ebbene, come va, Madama Pupa?
Quickly - Ha il voltastomaco; non può star ferma .
Falstaff - Tutte così quelle del suo mestiere:
se si fermano, hanno il voltastomaco.
Pupa - Ti pigli un canchero, lurido porco!
Questo è tutto il conforto che mi dài?
Falstaff - I porci tu li fai ingrassare, bambola.
Pupa - Io, ingrassarli? È la loro ingordigia
e il mal francese , piuttosto; non io.
Falstaff - Alla ghiottoneria ci pensa il cuoco,
al mal francese ci pensate voi,
quello, Pupa, da voi ce l’attacchiamo,
lo prendiamo da voi, lo devi ammettere,
mia povera virtù, lo devi ammettere!
Pupa - Sì, sì, Gesù, da noi le catenine,
le nostre gioie, questo vi prendete.
Falstaff - (Canticchiando)
“... catenine, gioielli, braccialetti ... ”
... perché servire valorosamente
lo sai, significa tornare a casa
zoppicando; uscir fuori dalla breccia
con l’asta valorosamente alzata,
e guadagnare valorosamente
l’infermeria, e valorosamente
arrischiarsi su colubrine cariche.
Pupa - Vatti a impiccare, viscido anguillone,
ad impiccare, dico!
Quickly - Come al solito,
voi due non riuscite a stare insieme
senza beccarvi; siete due reumatici
come due tozzi di pane rifatto,
incapaci ambedue di sopportare
l’uno con l’altro le confermità.
(A Pupa)
Diavolo! Ci dev’esser tra voi due
uno che debba sopportare l’altro;
e quell’uno sei tu, vaso più fragile,
il vaso, come dicono, più vuoto .
Pupa - E come può un vaso vuoto e fragile
sopportare un barile grosso e pieno
come costui? Dentro quel suo pancione
c’è tutto il carico di un bastimento
di vino di Bordeaux. Non s’è mai visto
un barco con la stiva più stipata.
Suvvia, torniamo buoni amici, Jack.
Tu sei sul piede di partire in guerra,
e ch’io ti veda ritornare o no,
non interessa davvero a nessuno.

Rientra Cesco
Cesco - Signore, giù c’è l’alfiere Pistola
che vorrebbe parlarvi.
Pupa - No, alla forca,
quel turpe manigoldo attaccabrighe!
Non farlo entrare. Quello è la canaglia
più sboccata di tutta l’Inghilterra!
Quickly - Se viene qui per mettere subbuglio,
non farlo entrare, no, assolutamente!
Debbo vivere in pace coi vicini,
io, e non voglio attaccabrighe qui!
Io godo di buon nome e buona fama
presso la crema della miglior gente.
Chiudi la porta; non voglio spacconi
in casa mia; non son vissuta tanto
per aver qui sconquassi e spacca-tutto!
Falstaff - Ostessa, ascolta...
Quickly - No, Sir John, di grazia,
non dite niente. Qui niente spacconi!
Falstaff - Ma sentite, si tratta del mio alfiere.
Quickly - Fanfaluche, Sir John! Non ne parliamo.
In casa mia, alfieri attaccabrighe
non entrano. Sol pochi giorni fa,
non più tardi di mercoldì passato,
mi son trovata appunto faccia a faccia
con Mastro Tisico, il vice-ascensore
e lui mi fa - sono parole sue -
“Vicina Quickly” - c’era lì presente
anche il nostro vicario, Mastro Mutolo -
“vicina Quickly” - dice - “ricordatevi
d’ospitare soltanto gente ammodo,
perché non siete” - dice - “in buona fama”.
Eh, così ha detto, e posso dir perché:
“Perché” - disse - “voi siete reputata
onesta donna e ben considerata,
perciò badate a chi mettete in casa.
Non ospitate tipi fracassoni”.
Perciò qui gente simile non entra.
Anche voi vi sareste compiaciuto
a udir quel che mi disse. No, spacconi
attaccabrighe qui io non ne voglio!
Falstaff - Ma che spaccone, Ostessa!... Quello là
è un mariolo mansueto, t’assicuro;
e puoi lisciargli il pelo, gentilmente,
come ad un cucciolotto di levriero.
Non farebbe il gradasso
con una gallinella faraona
sol che quella arruffasse su le penne
per un minimo cenno di rivolta.
Garzone, vagli a dire di salire.

(Esce il garzone)
Quickly - “Mariolo” avete detto?... Se è così,
la mia casa non resterà mai chiusa
a persona per bene né a mariolo;
ma non mi piace la spavalderia,
e solo a udire da qualcuno “rissa”
mi vien male. Sentite già, signori,
come tremo, sentite, v’assicuro!
Pupa - Infatti, Ostessa.
Quickly - È vero? Ecco, sentite,
manco se fossi una foglia di pioppo.
Gli spacconi non li sopporto proprio.
Entrano Pistola, Bardolfo e il Paggio
Pistola - (A Falstaff)
Dio vi mantenga sano, cavaliere!
Falstaff - Salve, alfiere Pistola, benvenuto!
Qua, Pistola, ti voglio caricare
con un gotto di vin secco di Spagna.
(Gli porge da bere)
Tu scaricalo sulla mia ostessa.
Pistola - Sopra di lei, Sir John,
mi posso scaricar con due pallottole.
Falstaff - Quella, mio caro, è a prova di pistola:
difficilmente le potrai far male.
Quickly - Io non bevo né prove né pallottole,
io, bevo non più di quanto basta,
io, senza far piacere a nessun uomo .
Pistola - (Facendo il gesto di brindare verso Pupa)
Allora a voi, Madama Dorotea,
scaricherò su di voi.
Pupa - Sopra di me?
Mi fai schifo, rognoso fannullone,
miserabile, ignobile furfante,
imbroglione, straccione scamiciato!
Via dai piedi, ammuffito rimasuglio,
ch’io sono cibo per il tuo padrone!
Pistola - Ti conosco, Madama Dorotea!
Pupa - Via di qui, tagliaborse truffaldino!
Via, sudicione, lèvati dai piedi!
Quant’è vero che quel che bevi è vino,
t’infilzo il mio coltello
in quelle tue ganasce rammuffite,
se provi a fare il gradasso con me!
Va’ via, va’, scostumato trincabirra!
Via, vecchio impostore,
elsa di sciabola fatta a canestro!
Da quando in qua, di’ un po’, da quando in qua
ti sei deciso a far lo spadaccino?
E pure con sei gradi alle spalline,
luce di Dio!... Che grascia!
Pistola - Dio mi fulmini,
se non ti fo saltare la gorgiera
per quel ch’hai detto!
Falstaff - Basta, ora, Pistola!
Che tu non debba esplodere qua dentro .
Se devi scaricare qualche cosa,
scarica noi della tua compagnia.
Quickly - No, capitan Pistola, non qua dentro .
Non qua, buon capitano.
Pupa - Capitano?...
Ah, maledetto mistificatore!
Non hai proprio vergogna
a sentirti chiamare capitano?
Se quelli che son veri capitani
la pensassero tutti come me,
ti sbatterebbero fuori a legnate,
per esserti appropriato di quel titolo
senz’essertelo prima guadagnato!
Lui, capitano! Schiavo miserabile!
E perché? Per aver dilacerato
la gorgiera a una povera ragazza
in un bordello?... Capitano, lui!
Che t’impiccassero, gran farabutto!
Uno che vive sulle prugne cotte
e le focacce muffe e rinsecchite !
Capitano!... Per Dio e la Sua luce,
vuoi vedere che questi farabutti
renderanno aborrito questo titolo,
come han già fatto col verbo “coprire ”
ch’era vocabolo più che decente,
prima che fosse usato in senso equivoco?
I veri capitani faran bene
a badare che questo non succeda.
Bardolfo - Da bravo, alfiere, scendi giù, ti prego.
Falstaff - Madama Pupa, senti una parola.

(Si apparta con Pupa)
Pistola - Non scendo affatto, caporal Bardolfo!
Sai che ti dico? Che la sbranerei,
io, quella là. Ma saprò vendicarmi.
Paggio - Ti prego, scendi, via.
Pistola - Prima, per questa mano,
voglio vedere quella là dannata
nel maledetto lago di Plutone,
nel più profondo inferno,
con Erebo e le vili sue torture .
“Tieni amo e lenza!”, dico.
“Giù, giù, cani; giù Fati”.
“Non c’è forse qui Irene ?”
Quickly - Buon Capitan Pisello , state calmo!
S’è fatto tardi. In fede mia, vi supplico,
cercate di aggravar la vostra collera.
Pistola - Questi davvero son bei ghiribizzi!
“Dovran forse cavalli da fatica
“e rozze bolse e stravaccate d’Asia
“che non fan più di trenta miglia al giorno,
“compararsi con Cesari e Cannibali ?...
“O con Greci Troiani?... Ah, no, dannati
“siano tutti nel regno di Re Cerbero
“e ne ruggisca dal cielo la cupola” .
Ci vogliamo azzuffar per pinzellacchere?
Quickly - Queste sì, capitano, in fede mia,
son parole assai meglio amareggiate !
Bardolfo - Suvvia, da bravo, alfiere, fila via,
se no qui presto viene una baruffa.
Pistola - (Urlando)
“Muoian gli esseri umani come cani!
“Si donino corone come spilli!
“Non abbiamo qui Irene?”.
Quickly - Non c’è nessuna Irene in casa mia,
capitano. Ohibò! Credete forse
che se ci fosse ve lo negherei?
Statevi calmo, per l’amor di Dio.
Pistola - “E allora mangia e ingrassa,
“mia leggiadra Calipoli !”
Avanti, portaci del bianco secco.
“Se fortuna mi tormenta,
“speranza mi contenta ”...
Dovremo paventare le bordate?
No, fosse pure il diavolo a far fuoco!
Avanti, portami del bianco secco.
(Alla spada, slacciandosela)
E tu, diletta mia, rimani là.
(Si scioglie la spada e la posa)
E allor faremo punto e basta qui?
E gli eccetera son ridotti a niente?
Falstaff - Pistola, vorrei starmene tranquillo.
Pistola - Bacio la mano, dolce cavaliere.
Eh, le abbiam viste noi le Sette stelle !
Falstaff - Per l’amor di Dio, gente, vi prego,
scaraventatelo giù per le scale
questo tronfio e ridicolo pitocco!
Non lo sopporto più!
Pistola - “Scaraventatelo giù per le scale”?
Scaricarmi? Non conosciamo più
le puledre di Galloway , adesso?
Falstaff - Buttalo giù, Bardolfo,
come una monetina a rimbalzino !
Se non sa altro che parlar di nulla,
che lo si annulli.
Bardolfo - Andiamo, vieni giù.
Pistola - (Brandendo la spada)
Che! S’ha da salassar qualcuno qui?
Si vuol davvero che scorra del sangue?
“Cullami, allora, o Morte!
“Nel sonno eterno i giorni
“del mio dolore accorcia!
“E le tre Suore grame
“dipanino lo stame
“sulle ferite inferte,
“orride bocche aperte!
“Atropo, vieni!”.
Quickly - Qui finisce male!
Falstaff - (Al Paggio)
Ragazzo, la mia spada!

(Il Paggio gli dà la spada)
Pupa - No, ti prego,
ti prego, Jack, non snudare la spada!
Falstaff - (Snudando la spada e spingendo fuori Pistola)
Vattene giù!
Quickly - Che bella baraonda!
Io rinuncio a tenere una locanda
piuttosto che trovarmi fra territi
e spaventosità di questo genere!
Qui va a finire che ci scappa il morto,
sicuramente. Oh, poveretta me!
Rinfoderate quelle spade nude!
Rinfoderate quelle spade nude!

(Esce Pistola, inseguito da Bardolfo)
Pupa - Ti prego, Jack, sta’ calmo;
quella canaglia adesso è andata via.
Ah, figlio di puttana del mio cuore,
mio caro fegatoso bricconcello!
(Lo coccola)
Quickly - Non ti sarai ferito mica all’inguine?
Perché m’è parso che quel miserabile
t’abbia inferto una botta sulla pancia.

Rientra Bardolfo
Falstaff - Beh, l’hai buttato fuori?
Bardolfo - Sissignore.
Era ubriaco ciucco, il disgraziato.
Però l’avete ferito, signore,
alla spalla.
Falstaff - Sfidare me, furfante!
Pupa - (Sempre coccolandolo)
Ah, la mia dolce piccola canaglia!
Oh, come sudi, povero scimmiotto!
Qua, ch’io t’asciughi il viso,
quel faccione da figlio di puttana!
Eh, briccone!... Però ti voglio bene,
parola mia. Sei un valoroso
non inferiore ad Ettore di Troia;
tu vali cinque volte un Agamennone
e dieci volte tutti i Nove Eroi.
Ah, briccone!
Falstaff - Carogna d’uno schiavo!
La farò rimbalzar su una coperta
quella canaglia!
Pupa - Sì, se quello sforzo
non ti fa male al cuore, tesoruccio.
Rimbalzare ti farò io, in cambio,
con me frammezzo a un paio di lenzuola.

Entrano i suonatori
Paggio - I musicanti sono qui, signore.
Falstaff - Che suonino.

(Ai suonatori)
Suonate, su, signori.
(Musica)
Pupella, siedi sulle mie ginocchia...
Carogna d’uno schiavo fanfarone!
S’è squagliato come l’argento vivo,
il manigoldo.
Pupa - E con te alle calcagna,
che parevi una chiesa che correva .
Ma quando, figlio d’una buona donna,
porcellone di San Bartolomeo,
la finirai di far la guerra il giorno
e la scherma la notte ,
e ti deciderai a rabberciare
questo tuo vecchio corpo, per il cielo?

Entrano il Principe di Galles e
Poins travestiti da garzoni d’osteria
Falstaff - Zitta, Pupa, non mi parlar così,
come se fossi una testa di morto,
non starmi a ricordare la mia fine...
Pupa - Birbante, il Principe che tipo è?
Falstaff - Un buon ragazzo, un po’ scavezzacollo.
Avrebbe fatto bene il dispensiere
e saprebbe affettare bene il pane.
Pupa - Quel Poins, invece, è testa fina, dicono.
Falstaff - Lui, testa fina?... Vada sulla forca,
scimmione! Quello è duro di cervice,
da superar la mostarda di Tewksbury ,
e comprendonio ce n’è meno in lui
che in una mazzapicchia da bottaio.
Pupa - Perché il Principe allora l’ha sì caro?
Falstaff - Perché ha le gambe grosse come lui,
e sa giocare bene a lanciadisco ,
si strafoga d’anguille col finocchio
e ingozza mozziconi di candela
affogati nell’acquavite in fiamma ,
sa fare all’altalena coi ragazzi,
sa saltare a piè pari due sgabelli,
sa bestemmiar con molta buona grazia,
porta stivali lustri e ben calzati
come quelli che appaiono dipinti
sulle insegne dei mastri calzolai;
e non si perita di raccontare
sottovoce storielle scollacciate;
ed ha tante altre qualità bislacche
che lo proclaman debole di mente
per quanto è nerboruto; e son queste
che gli valgon le simpatie del Principe.
Perché il Principe è del suo stesso stampo:
tanto che se dovessero pesarsi,
basterebbe un capello da una parte
per farvi tracollare la bilancia.
Principe - (A parte, a Poins)
Non si merita, questo barilotto ,
d’aver le orecchie mozze?
Poins - (A parte, al Principe)
Bastoniamolo
sotto gli occhi di questa sua bagascia.
Principe - (Come sopra)
Ma guarda tu, se questo vecchio grinzo
non si fa titillar la cuticagna
da quella, come fosse un pappagallo!
Poins - (Come sopra)
Non è strano che debba la libido
sopravviver nell’uomo per tanti anni
alla capacità della sua funzione?
Falstaff - (A Pupa)
Baciami, bambola.

(Si baciano, mentre Bardolfo cerca di far lo stesso con l’Ostessa)
Principe - (Come sopra)
Saturno e Venere
quest’anno in congiunzione! Che portento!
Che ne dice al riguardo l’almanacco ?
Poins - (Indicando Bardolfo)
E guarda quella infuocata Trigona
del suo servo se non va bisbigliando
all’orecchio galanti paroline
a quella vecchia tavola dei conti
del suo padrone, la depositaria
dei buffi e dei segreti dello stesso.
Falstaff - (A Pupa)
I tuoi son solo baci di blandizia.
Pupa - Ti bacio, credimi, con tutto il cuore.
Falstaff - Son vecchio, vecchio...
Pupa - Ed io ti amo, invece,
più di quanto non possa mai amare
uno di quei balordi ragazzotti.
Falstaff - Di che stoffa la vuoi una blusetta?
Giovedì dovrò avere dei quattrini;
e domani ti compro un cappellino.
(Ai musicanti)
Un motivetto allegro, per favore!

(La musica suona di nuovo)

Si fa tardi; tra poco andiamo a letto.
Mi scorderai, appena sarò andato.
Pupa - Tu mi fai piangere se dici questo,
parola mia. Ti sfido a dimostrarmi
che mi sarò agghindata a farmi bella
fin che tu torni... Aspetta, e lo vedrai!
Falstaff - (Chiamando)
Cesco, del vino.
Principe e poins - (Insieme, facendosi avanti)
Subito, signore!
Falstaff - (Riconoscendoli, ma fingendo di no)
Oh! Un bastardo del re da queste parti?
(A Poins)
E tu non sei un gemello di Poins?
Principe - (A Falstaff, vedendosi riconosciuto)
E tu che vita vai menando qui,
globo di continenti di peccato?
Falstaff - Migliore certamente della tua:
non foss’altro ch’io sono un gentiluomo
e tu uno spillabotti.
Principe - Questo è vero,
e sono qui a spillare te di fuori,
tirandoti magari per le orecchie.
Quickly - (Riconoscendo anch’essa il Principe)
Oh, che Dio vi conservi, Vostra Grazia!
E ben tornato a Londra!
Dio benedica il vostro bel sembiante!
O Gesummio! Arrivate dal Galles?
Falstaff - (Al Principe)
Lascivo impasto di maestà e follia,
su questo frivolo... tocco di carne
(Posa le mani su Pupa)
e sul sangue corrotto di costei,
ti giuro che tu sei il benvenuto!
Pupa - Grasso babbeo, che dici? Mi fai schifo!
Poins - (Al Principe, a parte)
Adesso, mio signore, questo qui,
se non battete il ferro finché è caldo,
tenterà certamente di sviarvi
volgendo tutto a scherzo.
Principe - (A Falstaff)
Lussuriosa miniera di grassume,
quali infamie dicevi su di me
poc’anzi avanti a questa incensurata,
civile ed illibata gentildonna?
(Indica Quickly)
Quickly - Che cuore d’oro, Dio vi benedica!
Mi dipingete proprio come sono!
Falstaff - (Al Principe)
M’hai udito?
Principe - E tu m’hai riconosciuto
come quando te ne scappasti a Gadshill .
Sapevi ch’io ero alle tue spalle,
e dicesti quel che dicesti apposta,
per saggiare la mia sopportazione .
Falstaff - No, no, non è così; io non pensavo
che tu potessi udir quel che dicevo.
Principe - Allora adesso ti costringerò
a confessare che intenzionalmente
hai voluto parlar male di me,
e poi saprò in che modo cucinarti.
Falstaff - Parlar male di te?... Che dici, Hal?
Me ne guarderei bene, sul mio onore!
Principe - Ah, non è parlar male
chiamarmi affetta-pane da dispensa,
e non so che cos’altro d’ingiurioso?
Falstaff - Nessuna ingiuria, Hal.
Poins - Nessuna ingiuria?
Falstaff - Nessuna, onesto Ned, nessuna al mondo!
L’ho solo disprezzato di proposito
davanti a gente reproba,
per evitar che se ne innamorassero;
e ho fatto, così agendo, la mia parte
di amico vigile e fedele suddito;
(Al Principe)
e tuo padre dovrebbe essermi grato.
Nessuna ingiuria, Ned, nessuna ingiuria,
no, in coscienza, ragazzi miei, nessuna.
Principe - Ecco, vedi ora se non è la tua
vera paura e somma codardia
ad indurti ad offendere l’onore
di questa onesta e virtuosa signora,
pur di ricompattarti con noi due.
Gente reproba, lei?
(Indica Pupa)
Gente reproba, qui, la tua Ostessa?
O il tuo ragazzo? Reprobo anche lui?
E l’onesto Bardolfo,
il cui zelo gli sfiamma per il naso,
lo metti tu nel novero dei reprobi?
Poins - Rispondi, dunque, tronco d’olmo fradicio!
Falstaff - Bardolfo l’ha già designato il diavolo
fra gli irrecuperabili: il suo volto
è il fornello privato di Lucifero
dove questi arrostisce solamente
i grandi ubriaconi come lui .
Quanto al ragazzo, c’è un angelo buono
accanto a lui, però c’è pure il diavolo,
che gli offre più di quello.
Principe - (Indicando Quickly e Pupa)
E queste donne?
Falstaff - Una all’inferno ci si trova già,
e brucia di per sé, povera anima .
Quanto all’altra, le devo del denaro,
e non so se anche lei sarà dannata
per questo fatto.
Quickly - No, puoi star sicuro!
Falstaff - Lo penso anch’io. Tu non sarai dannata
per questo. Credo che sarai assolta.
Ma sul tuo capo pende un’altra accusa:
tu permetti che nella tua locanda
si mangi carne, e questo è contro legge ,
per la qual colpa presto gemerai.
Quickly - Ma tutti i locandieri fanno questo.
Che cosa sono in tutta una Quaresima
un paio di cosciotti di montone ?
Principe - (A Quickly)
Gentildonna...
Quickly - Che dice Vostra Grazia?
Falstaff - Sua Grazia ti vuol dire qualche cosa
contro cui la sua carne si ribella.

(Forti colpi alla porta)
Quickly - Chi bussa così forte a quella porta?
Va’ un po’ a vedere, Cesco, per favore.

Entra Peto
Principe - Ebbene, Peto, quali novità?
Peto - Queste, signore: che il re vostro padre
è a Westminster, e son giunti dal nord,
stanchi sfiniti venti messaggeri;
ed io nel venir qua, lungo la strada,
ho incontrato, raggiunto e sorpassato,
una buona dozzina di ufficiali
che bussavano a tutte le taverne
domandando se c’era Sir John Falstaff.
Principe - Perdio, Poins, mi sento molto in colpa
a sprecare così indolentemente
tempo prezioso, mentre intorno a noi
il temporale della ribellione,
qual tempestoso vento di scirocco
carico di vapori tenebrosi
comincia a sciogliersi ed a scrosciare
sulle nude e indifese nostre teste...
Qua spada e tocco... Falstaff, buona notte!

(Escono il Principe, Peto e Bardolfo)
Falstaff - Ed io dovrei partire
proprio adesso che sta per arrivare
il più succoso boccone del pranzo,
e lasciarlo intoccato?

(Colpi alla porta)

E dài, ancora!...

Rientra Bardolfo
Bardolfo - Vi dovete recare a corte, subito,
signore, una dozzina di ufficiali
son fermi giù alla porta ad aspettarvi.
Falstaff - (Al Paggio)
Ragazzo, pensa tu a pagare i musici.
Addio, Ostessa! Addio, Pupa!... Vedete,
mie buone donne, come è ricercato
chi vale, mentre quelli senza merito
posson dormire in pace i loro sonni,
quando l’uomo d’azione è convocato.
Arrivederci, mie care ragazze.
Se non mi spediranno in fretta e furia,
torno a vedervi prima di partire.
Pupa - (Piangendo)
Non posso dir parola. Ho il cuore in gola
ed è quasi sul punto di spezzarsi...
Bene, mio dolce Jack, abbiti cura...
Falstaff - Addio, mie care, addio!
Quickly - Addio, addio!
La voce di bardolfo da dentro - (Chiamando)
Madama Strappalenzuola!
Ostessa - Che c’è?
Bardolfo - (Da dentro)
Ditele di venir dal mio padrone.
Quickly - Va’, corri, Pupa! Corri, corri, corri!
Bardolfo - (Da dentro)
Allora?
Quickly - Viene. Ha il viso tutto in lacrime.

(Le asciuga il viso)
Bardolfo - (Affacciandosi alla porta)
Ebbene, Pupa, ti decidi o no?

(La conduce via. L’Ostessa esce dalla parte opposta)