I filosofi scrivono per i professori; i pensatori, per gli scrittori.

The Anatomy of Melancholy. - Il più bel titolo mai trovato. Che cosa importa poi che il libro sia più o meno indigesto!

Forse si dovrebbe pubblicare soltanto il primo getto, prima dunque di sapere noi stessi dove si vuole arrivare.

Soltanto le opere incompiute, perché non compibili, ci sollecitano a divagare sull'essenza dell'arte.

Ciò che non si può tradurre in termini di mistica non merita di essere vissuto.

Incontro con un sotto-uomo. Tre ore che si sarebbero potute convertire in un supplizio, se non mi fossi ripetuto continuamente che non perdevo il mio tempo, che avevo pur sempre la ventura di contemplare un modello di quello che sarà l'umanità fra qualche generazione...

Non ho conosciuto nessuno che amasse il decadimento quanto lei. Eppure si è uccisa per sottrarvisi.

Un libro deve frugare nelle ferite, anzi deve provocarle. Un libro deve essere un pericolo.

Ogni concessione che si fa, si accompagna a uno sminuimento interiore di cui non si è coscienti sul momento.

A quest'amico che mi dice di annoiarsi perché non può lavorare, rispondo che la noia è una condizione superiore e che metterla in rapporto con l'idea di lavoro significa svalutarla.

Esistere è un fenomeno colossale - che non ha nessun senso. È così che definirei lo sbalordimento nel quale vivo giorno dopo giorno.

Mi lasciavi intendere che non valevo nulla quando affermavo, che ero superiore a me stesso soltanto quando dubitavo.
Ma io non sono un dubitatore, io sono un idolatra del dubbio, un dubitatore in ebollizione, un dubitatore in trance, un fanatico senza credo, un eroe dell'ondeggiamento.

La ricerca di Edipo, il perseguimento senza cautele, anzi senza scrupoli, della verità, l'accanimento nella propria rovina, richiamano il procedimento e il meccanismo della Conoscenza, attività eminentemente incompatibile con l'istinto di conservazione.

Essere persuaso di una cosa qualsiasi è un'impresa inaudita, quasi miracolosa.

Ciò che si può rimproverare all'ultimo Nietzsche è l'eccesso trafelato della scrittura, è l'assenza di tempi morti.

Hanno effetto, sono contagiose soltanto le parole uscite dall'illuminazione o dalla frenesia, due stati in cui si è irriconoscibili.

Il Cristo, si è sostenuto, non fu un saggio, ne fanno testimonianza le parole che ha pronunciato durante la Cena: «Fate questo in memoria di me». Ora, il saggio non parla mai in nome proprio: il saggio è impersonale.
Ammettiamolo. Soltanto che il Cristo non ha preteso di essere tale. Egli si considerava un dio e ciò esigeva un linguaggio meno modesto, un linguaggio per l'appunto personale.

Si pena, ci si dà da fare, ci si sacrifica, in apparenza per sé, in realtà per una persona qualunque, per un nemico futuro, per un nemico sconosciuto. E questo è ancora più vero per i popoli che per gli individui. Eraclito si è sbagliato: non è il fulmine, è l'ironia che governa l'universo. È essa la legge del mondo.

Anche quando non accade niente, tutto sembra di troppo. Che dire allora in presenza di un avvenimento, di ogni avvenimento?

Offerta musicale, Arte della fuga, Variazioni Goldberg: mi piace in musica, come in filosofia e in tutto, ciò che fa male per l'insistenza, per la ricorrenza, per quell'interminabile ritorno che tocca le profondità ultime dell'essere e vi provoca un diletto appena sostenibile.

Che peccato che il «nulla» sia stato svalutato dall'abuso che ne hanno fatto filosofi indegni di esso!

Quando ci si è arrogati il monopolio della delusione, ci si deve fare violenza per riconoscere a qualcun altro il diritto di essere deluso.

Niente rende modesti, neppure la vista di un cadavere.

Ogni atto di coraggio è l'impresa di uno squilibrato. Le bestie, normali per definizione, sono sempre vili, salvo quando si sanno più forti, il che è la viltà stessa.

Se tutto convergesse verso il meglio, i vecchi, furiosi di non poterne godere, morirebbero tutti per il dispetto. Fortunatamente per loro, il corso che ha preso la storia fin dall'inizio li rassicura e così permette loro di crepare senza la minima traccia di gelosia.

Chiunque parla il linguaggio dell'utopia mi è più estraneo di un rettile di un'altra èra.

Si può essere contenti di sé solo quando si ricordano quegli istanti in cui, secondo un'espressione giapponese, si è percepito l'ah! delle cose.

L'illusione genera e sostiene il mondo; non la si distrugge senza distruggerlo. È quello che faccio ogni giorno. Operazione apparentemente inefficace, poiché mi tocca ricominciarla il giorno dopo.

Il tempo è roso dal di dentro, esattamente come un organismo, come tutto ciò che è intaccato dalla vita. Chi dice tempo dice lesione, e che lesione!

Ho capito che ero invecchiato quando ho incominciato a sentire che la parola Distruzione perdeva potenza, che essa non mi dava più quel brivido di trionfo e di pienezza, vicino alla preghiera, a una preghiera aggressiva...

Avevo appena terminato una serie di riflessioni piuttosto lugubri quando fui còlto da quell'amore morboso della vita, punizione o ricompensa solo di coloro che sono votati alla negazione.

Da una quarantina d'anni, diciamo, non un giorno in cui io non abbia avuto qualcosa come una crisi non dichiarata d'epilessia. È quello che mi ha permesso di essere in forma e di salvare le apparenze.
...Quali apparenze?

Le nature capaci di obiettività in ogni circostanza danno l'impressione di essere uscite dalla normalità. Che cosa si è frantumato o pervertito in esse? Impossibile saperlo ma si intuisce qualche squilibrio serio, qualche anomalia. L'imparzialità è incompatibile con la volontà di affermarsi o semplicemente di esistere. Riconoscere i meriti altrui è un sintomo allarmante, un atto contro natura.

«Né questo mondo, né l'altro, né la felicità sono per l'essere abbandonato al dubbio».
Questo luogo della Gita è la mia sentenza di morte.

Cerco di combattere l'interesse che ho per lei, mi figuro i suoi occhi, le sue guance, il suo naso, le sue labbra in piena putrefazione. Non serve a nulla: l'indefinibile che ella emana persiste. E in momenti come questi che si comprende perché la vita è riuscita a conservarsi, a dispetto della Conoscenza.

Una volta che si è capito, la cosa migliore sarebbe di crepare all'istante. Che cosa significa capire? Ciò che si è veramente intuito non si lascia esprimere in nessun modo e non si può trasmettere a nessuno, nemmeno a se stessi, di modo che si muore ignorando la natura esatta del proprio segreto.

Non concepire più se non cose che farebbe piacere rimuginare in una tomba.

Mi sono sempre infatuato di cause perdute edi personaggi senza avvenire, di cui ho sposato le follie al punto di soffrirne quasi altrettanto che loro.
Quando si è votati a tormentarsi, i propri tormenti, per quanto grandi siano, non bastano; ci gettiamo anche su quelli degli altri, ce li appropriamo, ci sentiamo al doppio, al triplo, che dico?, al centuplo infelici.

Avere il senso del perpetuo soltanto nel negativo, in ciò che fa male, in ciò che contraria l'essere. Perpetuità di minaccia, di fallimento, di estasi desiderata e mancata, di assoluto intravisto, raramente raggiunto; talvolta tuttavia superato, scavalcato, come quando ci si sottrae a Dio...

Peccato che non si possano fare progressi nella modestia! Io mi ci sono dedicato con non poco zelo ma non ci sono riuscito se non in momenti di grande prostrazione. Passata la prostrazione, i miei sforzi si rivelavano vani. Bisogna che la modestia sia una condizione assai poco naturale perché la si raggiunga soltanto in virtù dello sfinimento.

Quel naufrago che, sbattuto su un'isola e scorgendovi subito un patibolo, invece di esserne atterrito, fu all'opposto rassicurato. Si trovava fra selvaggi, è vero, ma in un luogo in cui regnava l'ordine.

Penso più di quanto sarebbe ragionevole alle emozioni di un pagano dopo il voltafaccia di Costantino. La mia vita: perpetuo terrore davanti ai dogmi, davanti ai dogmi nascenti.
In cambio mi seducono i dogmi barcollanti, giacché hanno perduto la loro aggressività. Tuttavia, sapendoli minacciati, non posso dimenticare che proprio la loro dissoluzione prepara l'avvento di urn mondo che temo. È la simpatia che mi ispirano finisce per alimentare il mio sgomento...

Il successo, gli onori e tutto il resto sono scusabili soltanto se chi li conosce sente che finirà male. Egli li accetterà dunque soltanto per godere pienamente, quando sarà il momento, del proprio crollo.

Fondare una famiglia. Credo che mi sarebbe stato più facile fondare un impero.

Il vero scrittore scrive sugli esseri, le cose e gli avvenimenti, non scrive sullo scrivere, si serve di parole ma non indugia sulle parole, non ne fa l'oggetto delle proprie rimuginazioni. Egli sarà tutto, salvo che un anatomista del Verbo. La dissezione del linguaggio è la mania di quelli che, non avendo nulla da dire, si relegano nel dire.

Dopo una malattia grave, in certi Paesi asiatici, nel Laos ad esempio, succede che si cambia nome. Che visione all'origine di un tale costume! In realtà, si dovrebbe cambiare nome dopo ogni esperienza importante.

Solo un fiore che cade è un fiore completo, ha detto un giapponese.
Si è tentati di dire altrettanto di una civiltà.

La base della società, di ogni società, è un certo orgoglio d'obbedire. Quando questo orgoglio non esiste più, la società crolla.

L'amicizia è un patto, una convenzione. Due esseri si impegnano tacitamente a non strombazzare quello che in realtà ciascuno pensa dell'altro. Una specie di alleanza a base di riguardi. Quando uno dei due manifesta pubblicamente i difetti dell'altro, il patto è denunciato, l'alleanza rotta. Nessuna amicizia dura se uno dei partner cessa di stare al gioco. In altri termini, nessuna amicizia tollera una dose esagerata di franchezza.

Avevo poco più di vent'anni, il filosofo col quale parlavo, poco più di sessanta. Non so come giungemmo ad affrontare un tema così ingrato come quello della malattia. «L'ultima volta che sono stato malato» mi confessò «dovevo avere undici anni. Poi, più niente».
Cinquant'anni di salute! Non avevo un'ammirazione sconfinata per il mio filosofo ma questa confessione me lo fece disprezzare immediatamente.

Siamo tutti nell'errore, eccetto gli umoristi. Essi soltanto hanno scoperto come per gioco l'inanità di tutto ciò che è serio e anche di tutto ciò che è frivolo.

Mi sarei riconciliato con me stesso soltanto il giorno in cui accettassi la morte come si accetta un invito a cena: con un disgusto divertito.

Si dovrebbe importunare qualcuno soltanto per annunciargli un cataclisma o per fargli un complimento che gli desse le vertigini.

Bisogna essere matti per lamentarsi della sparizione dell'uomo, invece di intonare un: «Buono sgombero!»

Un'eccezione inutile, un modello di cui nessuno si cura - questo è il rango al quale si deve aspirare se si vuole elevarsi ai propri occhi.

Se lo scettico ammette a rigore che la verità esiste, egli lascerà agli innocenti l'illusione di credere di possederla un giorno. Quanto a me, dichiara, mi fermo alle apparenze, le constato e non vi aderisco se non nella misura in cui, in quanto essere vivente, non posso fare altrimenti. Agisco come gli altri, compio gli stessi atti ma non mi identifico né con le mie parole né con i miei atti, mi inchino davanti ai costumi e alle leggi, faccio finta di condividere le convinzioni, cioè le manie, dei miei concittadini, pur sapendo che in ultima analisi sono tanto poco reale quanto loro.

Che cos'è dunque lo scettico? - Un fantasma... conformista.

Bisognerebbe vivere, dicevi, come se non si dovesse mai morire. - Non sapevi dunque che tutti vivono così, compresi gli ossessionati dalla Morte?