«Nel 1888 Busoni aveva pubblicato presso l'editore Kahnt di Lipsia la sua prima opera per orchestra, quella "Symphonische Suite" op. 25 che tanta amarezza gli aveva procurato nel vano tentativo di ottenere un'esecuzione a Vienna. Dedicato ad Hans Richter (una captatio benevolentiae che si era rivelata del tutto inutile), questo lavoro è l'ulteriore riprova di un'ambizione non ancora sorretta dalla necessaria esperienza (Busoni stesso confessò di non sapere come certi effetti pensati sulla carta suonassero nella realtà), e riassume al massimo grado i pregi e i difetti di questa fase della creatività busoniana. Tutto, in questa "Suite", appare più trasposizione di idee dal pianoforte all'orchestra che invenzione puramente sinfonica (in altre parole Busoni strumenta più che pensare per orchestra: non è fuori luogo aggiungere che il secondo pezzo, "Gavotte", è in origine proprio un pezzo pianistico); disturba inoltre la incontrollata tendenza al formalismo, nell'ossessione per la costruzione contrappuntistica e la sua massima espressione, il fugato. L'unico dei cinque pezzi che si sottragga a questa tendenza è il quarto ("Langsames Intermezzo"), che con la sua rattenuta cantabilità brahmsiana viene a interrompere la teoria di danze ("Präludium", "Gavotte", "Gigue"); solo momentaneamente, dato che essa riprende subito dopo nell'Allegro fugato finale ("Alla breve", improntato a una vana e francamente insopportabile retorica accademica (non a caso l'esperto Richter propose energiche sforbiciate). E' d'obbligo però aggiungere che Busoni superò presto questa fase, che si potrebbe definire "neoclassica" in opposizione a quella successiva della "nuova classicità"; i suoi difetti principali sul piano compositivo vanno riscontrati nella non perfetta fusione di schemi formali desunti dal passato (la forma della Suite anzitutto) con un linguaggio misto di modernità e di antico, che si dipana in un'orgia di ritmi puntati, di domande e risposte in eco, di arguzie che non pungono: troppo bruschi sono gli scarti tonali, e opachi il timbro e il trattamento dell'orchestra, anche là dove si indulge ad effetti brillanti e virtuosistici.» [SABLICH, p. 151]