1912

Tornato a Berlino, «quel centro importante che costringe a creare, che aiutandoti a progredire ti isola, ma che con la sua gioia di vivere ti fa diventare socievole», il 22 maggio comunica a Petri di aver portato 75 pagine di partitura della Brautwahl all'incisore. Da una parte è molto appagato del lavoro compiuto e che sta continuando, e della quiete ritrovata («è il periodo più bello della mia vita: è primavera, sono libero e sano e profondamente grato al destino, con una certa emozione», scrive a Irma Bekh, dall'altra è molto rattristato per la morte di Mahler («Un artista vero e un caatere meraviglioso. Che purezza in quell'animo!», avvenuta quattro giorni prima. Certamente è questo, per Busoni, un momento di intensa attività creativa, o per lo meno di fervidissimo travaglio d'arte.

Il 17 luglio scrive a Gerda:

Ho letto le lettere di Balzac e la «Speranza nel Buddismo».
Io, per me, sono arrivato al punto di considerare dottrine, filosofie e religioni come opere d'arte, e mi metto dalla parte del predicatore più abile. Non posso credere che il singolo, preso nella massa del popolo, ne diventi più felice e più saggio. Trovo che il ciabattino della Bibbia, delle «Mille e una notte» o di Roma antica, è sempre lo stesso ciabattino. E son sempre gli stessi gli artisti, i sacerdoti, i soldati, le cortigiane. Il lanzichenecco che mena colpi furiosi brandendo la Bibbia nella mano sinistra, equi-vale al Saraceno che taglia teste invocando Maometto.

Il giorno dopo:

Ti prego di accogliere con pazienza questo piccolo saggio:
In complesso ho avuto una opinione molto alta del nostro tempo e l'ho considerato anche artisticamente interessante. (Ma le impressioni penetrano nella nostra anima così intrecciate con la disposizione personale del momento, che si possono distinguere solo più tardi, quando la disposizione momentanea ha perso la sua forza). Ma ora vedo nel nostro tempo una vera strapotenza dei suoi 'tre granai', cioe: del danaro - dell'industria - dello sport.
Inoltre c'è la minaccia del lavorio giudaico: che vuole estrarre dalla massa singoli individui e schiacciare tutti gli individui nella massa. Danaro e socialismo tenteranno di divorarsi a vicenda come «Siegfried e Fafner, Fafner e Siegfried» - l'industria con i suoi nobili scopi di buon mercato, rapidità, produzione in serie, è una Donchisciottata...

E il 28 luglio a Petri:

[...] è con un gran sospiro di sollievo che oggi ho potuto scrivere sulla partitura: fine della prima parte del secondo atto. E stato un lavoro massacrante; ho riscritto molto. Ho lavorato un'ora intera alle due ultime battute, ne sono proprio orgoglioso. Che cosa sarebbe il talento senza il senso critico? È davvero talento?

Il 15 agosto Stock gli comunica di aver concluso la strumentazione della Fantasia contrappuntistica e gli presenta un giovane intellettuale ebreo che sarà un punto di riferimento culturale durante l'esilio a Zurigo: Ludwig Rubiner. I progetti, i dubbi, le indecisioni, si alternavano e si agitavano nell'animo suo, come sempre avviene nel vero artista alla vigilia di grandi creazioni.

Il 9 settembre si trova a Varese e scrive a Petri:

Stasera si dà qui (per laprima volta) Madama Butterfly, e io ci vado: «in tempo di carestia il diavolo mangia mosche» (in francese: faute de mieux on couche avec sa femme ). (Ahimé, io non ho nemmeno mosche da mangiare: sono loro che mangiano me!). - Oltretutto ho bisogno di ascoltare musica e da una cattiva orchestra si impara molto: da suono nasce suono e spero che mi faccia superare la stasi nella Sposa sorteggiata. Mancano 50 pagine e non vado avanti!!

Alla fine di dicembre, dopo un invito a un concerto sinfonico, esprime le sue amare considerazioni a Petri: «Quella forma di ammannire la musica che chiamiano concerto, mai mi aveva tanto ripugnato!»

Busoni trascorse invece i primi due mesi del 1912 nella «sua» Berlino, immerso nella frenetica attività musicale della metropoli prussiana. Il 19 gennaio la Gesellschaft der Musikfreunde dedicò un concerto esclusivamente a sue composizioni: un evento artistico importante per il musicista italiano che, felice e onorato, si sentiva sempre più legato alla sua patria d’adozione. Tra il pubblico «attento e pronto al riconoscimento» c’era anche Arnold Schönberg, con cui Busoni era in quel periodo in stretti rapporti. Qualche settimana dopo ricambiò la cortesia partecipando, con una ristretta e qualificata cerchia di persone
(Anton Webern tre pianisti allievi di Busoni: Louis T. Grünberg, Eduard Steuermann e Louis Closson), a un concerto di musiche da camera schönberghiane, organizzato dal compositore stesso, al Choralionsaal. Alla fine di febbraio, ebbe anche l’occasione di ascoltare una conferenza del musicista viennese su temi stimolanti per le sue ricerche in ambito musicale ed estetico. Subito dopo scrisse un articolo in cui, riferendosi al concerto con musiche sue e alla conferenza di Schönberg, proclamava l’indipendenza dai modelli e dai dettami delle scuole e manifestava, come Boccioni nella lettera sopra citata ma con toni più pacati e meno sofferti, una completa devozione all’arte:

Il creatore tende, in fondo, solo alla perfezione. E mentre cerca di armonizzarla con la propria individualità, una nuova legge involontariamente sorge. Nel concetto del «creare» è contenuto quello del «nuovo»; per questo la creazione differisce dall’imitazione. Si segue un grande modello con la massima fedeltà se non lo si segue: giacché il modello è grande in quanto si allontana da ciò che l’ha preceduto. In questo senso Arnold Schön-berg ha parlato a una piccola cerchia di persone quando ha dimostrato di quanto poco aiuto sia la teoria della composizione. Questa insegna ciò che è già noto. Ma il creatore vuole l’ignoto. [...] Per me l’opera d’arte è lo scopo supremo di ogni aspirazione umana.

All’inizio di marzo lascia Berlino per recarsi a Londra, dove, oltre che esibirsi come pianista, visita (il 18) la mostra dei futuristi. Molto impressionato dalla pittura di Boccioni, ne acquista l’enorme dipinto La città che sale.


Sono stato a vedere i Futuristi e ho avuto una forte impressione da alcune cose. Per quanto non mi sentissi perfettamente bene e fossi un po' nervoso, ero molto ricettivo. Boccioni mi sembra il più forte; ha un quadro: La ville qui monte che è veramente grande. - Eccellente è anche Uscita dal teatro di Carrà. E infine il Ballo del Pan-pan al Monico di Severini, pittore che mi sembra molto disuguale... Ti ho voluto dire qualche cosa su questo argomento, finchè l'impressione ne è ancora viva in me. (Purtroppo vedo diventare già antiquati anche questi pittori). Ad ogni modo mi ha rinfrescato e rallegrato...

Qualche giorno dopo si trasferisce ad Amburgo per sovrintendere alle prove del suo primo, imponente lavoro teatrale (Die Brautwahl), di cui ha scritto anche il libretto. Quest’opera «comico-fantastica» in tre atti e un epilogo nacque sotto il potente influsso del Falstaff di Verdi, delle opere di Mozart, dell’opera comica italiana settecentesca, e tenne occupato il maestro per ben sei anni, dal 1906 al 1911.

Il 28 marzo scrive a Egon Petri:

[...] se un'opera, che (fino al suo completamento) stava interamente in una testa, viene poi spartita tra 100 e più teste, è naturale che nel travaso qualcosa del suo contenuto vada versato. Comunque ci si potrà fare un'idea della Sposa sorteggiata. L'orchestra rimane sempre il più forte avversario del compositore non intendo parlare personalmente, ma di come l'artista la impiega). È una favola (che passa da una bocca all'altra e ognuno ripete senza pensarci) che oggigiorno tutti sappiano strumentare bene. Non appena si tratta di espressione personale e di un nuovo compito, i problemi continuano a presentarsi a ogni passo. Strauss e Mahier me l'hanno confermato. Invece di fronte al palcoscenico - dove pure sono un novellino mi sento assolutamente disinvolto. Dipende certo dal mio sangue italiano. Qui sono quasi di casa e ho il controllo della situazione. - L'esperienza e la 'routine' di un regista mi fanno ridere. Tutto ha un che di infantile: si danno tante arie ma non impressionano nessuno.
Credo - se non è già troppo tardi - che vi potrò apportare ancora qualche miglioramento.


Il 4 aprile disquisisce sulla scrittura letteraria in una lettera a Petri. In questo periodo, tra una prova e l'altra della Brautwahl, legge avidamente l'Ève future di Villiers de l'Isle-Adam, restandone molto colpito:

Il libro L'Ève future esce molto dall'ordinario; nel suo miscuglio di sottigliezza di pensiero e di barocchismo di dubbio gusto; di originalità sbalorditiva e di frequenti reminiscenze; inoltre notevole per me, perchè contiene una serie di considerazioni che io stesso avevo fatto in precedenza.
La derivazione da Poe (Ligeia), Hoffmann (L'uomo di sabbia) e Wagner (evocazione di Kundry da parte di Klingsor) è evidente.
[L'Eve future] è di una originalità unica e di un indirizzo di pensiero che va molto in fondo.
[A Gerda, 2.4.1912]

Di queste sue letture non può non informare il suo alter ego, Egon Petri, in termini ben più espliciti (5.4.1912):

[...] leggo in questi giorni un libro - un libro! - (si intitola - L’Eva futura) che mi mette completamente a terra. È il libro più crudele che sia mai stato scritto, e se non fosse a tratti tanto straordinariamente brillante e 'ben scritto', meriterebbe l'anatema di un censore. È del mio ammiratissimo Villiers de l'Isle Adam. In questo libro, in cui un Edison 'idealizzato' parla ininterrottamente per 300 pagine... vengono dimostrati i vantaggi di una donna 'artificiale' in confronto a una donna viva. Le teorie sgomentevoli esposte via via nel discorso, sono scoraggianti fino a indurre alla rinuncia. La cosa tragica per me è che in quest'opera diabolica trovo sviluppate le mie proprie opinioni fino all'ultima - insospettata - conseguenza e io stesso ne sono inorridito.
Forse a molti, alla maggior parte, fa un effetto umoristico. Ma la vita è breve e insignificante: perché prenderla sul serio?

E il giorno dopo:

Ho finito di leggere quel libro diabolico. Mi ha spossato più delle prove! Un mitico inventore costruisce una donna artificiale e dirnostra che è da preferire a qualsiasi donna viva. Ogni obiezione è prevista e rintuzzata fino in fondo: alla fine entra in azione anche il misticismo e confonde completamente la ragione già scossa. Ci si mette le mani nei capelli e non si ha più nulla a cui appoggiarsi e a cui credere. Un libro abominevole, e di una tale illusoria forza di persuasione, che il lettore rinuncia alla sua propria opinione. Eppure devo dire: così vorrei poter comporre! Nonostante evidenti reminiscenze (da Poe, Hoffmann e R. Wagner) è di un'originalità unica. È strano che un'opera del genere rimanga quasi sconosciuta!

Durante il periodo delle prove Busoni rilasciò una breve intervista al Piccolo di Trieste, in cui, oltre che parlare della sua nuova opera, manifestava generiche simpatie per il futurismo e annunciava il recentissimo acquisto de La città che sale. Probabilmente quest’ultima notizia era già di pubblico dominio in Italia poiché Boccioni e Marinetti alla fine di marzo avevano fatto pervenire ai direttori dei principali giornali italiani un volantino propagandistico in cui, tra l’altro, si elencavano anche i nomi degli acquirenti di quadri futuristi a Parigi e a Londra.
Il 7 aprile Gerda arriva ad Amburgo.
La prima mondiale della Brautwahl ebbe luogo allo Stadttheater di Amburgo il 13 aprile 1912, il giorno dopo l’arrivo di Boccioni a Berlino:

Berlino 12 Aprile 1912

Illustre Maestro,
Appena giunto per la Nostra Esposizione futurista, mi sono reca-to a casa Sua per avere l’onore e il piacere di fare la Sua conoscenza e ringraziarla della compera da Lei fatta del mio quadro «La ville qui monte» [La città che sale].
Ho avuto il dispiacere di saperla ad Amburgo fino al 18 corrente.
Non so se io sarò qui per quel giorno, perché desidero tornare a Milano per lavorare. Con grande rincrescimento, Illustre Maestro, sono costretto a inviarle tutta la mia affettuosa riconoscenza per la spinta che Lei ha generosamente data al mio avvenire!
Nella speranza che la mia opera avvenire possa fare onore alla nostra cara Italia, a Lei che così gloriosamente la rappresenta invio il mio fervido e riverente saluto!
Umberto Boccioni


Rientrato a Berlino proprio il 18 aprile, Busoni si prepara per una nuova tournée in sei città italiane.
A Bologna assiste a uno spettacolo di marionette rappresentata dalla Compagnia di Armando De Rossi, che si proponeva di far rivivere il repertorio della Commedia dell'arte del '500 francese. La Compagnia si chiamava appunto «delle Maschere», e la commedia rappresentata aveva per titolo a L'«Inutile precauzione». La parte di Arlecchino era sostenuta dall'attore Emilio Picello, reputatissimo, la cui arte colpì Busoni:

L'Arlecchino era una figura di grande effetto; era impersonato da un attore che gli conferiva un carattere quasi monumentale. Mai la comicità terra terra dei tedeschi...

Nella stessa lettera Busoni esprime un profondo disagio intellettuale che spesso lo coglie nella sua patria:

I miei pensieri che si sforzano di spingersi in avanti, vengono respinti indietro di alcuni secoli a ogni cantonata. È difficile concentrarsi sul futuro in un paese che deve ancora raggiungere il presente. (Fra parentesi, l'espressione 'spingere verso il futu-ro' è errata e miope; sarebbe meglio dire: strappare dal passato).

Un disagio che gli impedisce addirittura di continuare le composizioni in cantiere («non trovo qui la concentrazione necessaria»). Sulla via del ritorno, a Basilea, scrive una lettera a Petri in cui fa un bilancio del soggiorno italiano:

La piccola tournée di concerti è stata animata e brillante. Anche se non ha aggiunto nulla all'immagine incompleta che la mia patria continua a farsi di me. Rimango l'eccellente «Concertista», professione che per inciso occupa il quarto e ultimo gradino nella scala di coloro che praticano la musica; l'ordine è: Compositore, Cantante, Direttore d'orchestra, Strumentista. [...] Si trova quest'Italia a un nuovo inizio o definitivamente alla fine? - Nella elite c'è intelligenza su-periore e cultura, ma la percentuale di stupidità (degli imbecilli [in italiano nel testo]), di leggerezza e di ignoranza è spaventevole. Aggiungi l'americani-smo nel mondo degli affari e dello sport, il quale, nelle aspettative degli ottimisti, dovrebbe infondere nuova forza. Un ideale confuso di 'smart business man' e 'lawn tennis parties' cancella il carattere tipicamente italiano... dov'è andata l'arte figurativa, questa figlia legittima del paese?

Il 20 maggio arriva a Berlino e sulla sua scrivania trova «tre bellissimi volumi del Marlowe [il Faust - testo e introduzione]», un regalo di Edward Dent : «Essi mi sproneranno - scrive al suo futuro biografo - ad occuparmi [...] del problema del Faust, che formerà probabilmente il mio lavoro principale.» Frattanto i miei pensieri stanno tornando intorno a un'altra opera, alla quale vorrei accingermi nella estate prossima.» Non è chiaro a quale opera alluda il Maestro? Si sa però che nel gennaio del '13 Busoni traccia appunti per un canovaccio di libretto, «Il segreto», tratto da Villiers de l'Isle-Adam. Ma, veramente mefistofelica, la tentazione di Faust si riaffaccia da un'altra finestra, sotto forma di un invito a comporre intermezzi musicali per la commedia di Frank Wedekind, Franziska, che è per l'appunto una parodia del Faust di Goethe. Dopo qualche dubbio l'offerta è dedinata, ma l'idea del «Faust» germina sempre e continuerà a germinare per molti anni ancora.

Il 5 agosto scrive a Gerda alcuni pensieri sulla religione:

Dov'è la domenica nel calendario della natura? - Ciò nonostante, ossia, sebbene questa istituzione umana sia in parte di origine religiosa, l'esser 'credenti' non è sempre dannoso... (Il male è: l'ipocrisia e l'intolleranza verso gli altri).
Infatti che danno porta 'credere' e a che cosa serve non credere? Quando - dopo molte lotte - riuscii a far penetrare in me la dottrina materialista, credevo di aver raggiunto chissà quali meraviglie, e non fui più felice, piuttosto meno! E come andò con la filosofia di Schopenhauer? - anche peggio. La religione è - così mi sembra - come il vestito; ognuno lo deve tagliare secondo il suo corpo e portarlo senza scandalizzare troppo il passante, anzi in modo che a questi esso sembri piacevole. -

Dopo aver concluso la Sonatina Seconda e altre opere minori, sempre nell’agosto del ‘12 Busoni lascia Berlino per recarsi a Parigi dove incontra per la prima volta Gabriele D’Annunzio, tramite lo scrittore Vollmöller. È il primo contatto tra i due grandi uomini costantemente attratti l'uno dall'altro, costantemente divisi da idealità artistiche in assoluta opposizione. Sull'incontro, lasciamo la parola al Maestro:

La sera andammo all'Hotel Meurice, rue de Rivoli 5 un albergo sontuoso. D'Annunzio ci ricevette con cordialità mondana, in frack e scarpini da ballo, e in compagnia di due signore e di due signori de la haute société. C'era tra questi una bellissima italiana di una gentilezza innata, il cui nome dava una ebrietà quasi sensuale a Gabriele. Si chiama donna Beatrice di Toledo, marchesa di Casafuerte, e certo il suo nome suona come un intero lavoro teatrale di Calderon. I quattro si ritirarono subito, dopo l'usuale: “J'ai vous ai applaudi” e “quand vous reviendrez à Paris...” e restammo in tre con l'Olimpico. D'Annunzio è simpatico, pensa con rapidità e vivacità, narratore affascinante - un po' “profumato”, ricercato e, allo stesso tempo, ogni tanto timido e imbarazzato.
Ci raccontò del suo ultimissimo lavoro, che è scritto “sul corpo” (alla lettera) di M.lle Rubinstein [bio] e che, per la molta parte

mimica e danzata, ha bisogno di tanta musica, quanto una pantomima. E raccontando ciò, sviluppò una tale pompa di immagini e di colori, che si restò incantati, anche se alla fine dovemmo confessarci che aveva fatto passare davanti ai nostri occhi soltanto una sfilza di quadri, di costumi e di cerimonie.
Fece capire che avrebbe gradito che io gli scrivessi la musica... Ma Vollmoeller mi disse in seguito che sarebbe una fatica senza risultato. Non crede a D'Annunzio come drammaturgo. (Egli [D'Annunzio] dipende molto dall'idea del successo, da ciò il suo smisurato rispetto per Wagner e... persino per Puccini!). D'Annunzio e io ci separammo molto cordialmente e con più di un progetto in germe, e sono stato molto contento di questo incontro. Così ho compiuto la mia piccola missione e posso ritornare senza fretta verso casa....

Il musicista è incantato dalla rapidità e vivacità di pensiero del poeta, dalla «pompa di immagini e di colori» che sviluppa nei suoi racconti. I due artisti si separano «molto affettuosamente, con più di un progetto in germe».
In un colloquio che D'Annunzio ebbe con Vittorio Gui nel 1937, il Poeta narrò che Busoni andava spesso a visitarlo a Marina di Pisa, durante il tempo in cui D'Annunzio scriveva «Le Laudi»; e che in una di tali visite il Maestro scoppiò in pianto sulla tastiera, perché si sentiva tragicamente solo e incompreso.
Tornato a Berlino, Busoni si prepara per le abituali, logoranti tournées autunnali e primaverili.

Ecco alcuni significativi stralci da lettere dell'autunno 1912 trascorso a Berlino, con puntate a Londra e in Russia:

L'uomo è costruito tutto proteso in avanti, per avanzare e guardare innanzi; indirizza (e deve indirizzare) lo sguardo verso i suoi figli e non verso i suoi genitori. Lo impariamo dai nostri figli. [A Hugo Leichtentritt, 4.9.1912]

Per quel che riguarda il vedere fantasmi, non è un fenomeno di cui si possa senz'altro negare l'esistenza. Posta l'onnipresenza del tempo (che è più difficile negare che ammettere), una persona particolarmente dotata potrebbe percepire, in un momento di speciale chiaroveggenza, un individuo di un 'altro' tempo; naturalmente non come fantasma, ma come è in quel dato momento. Se ciò ti sembra dilettantismo, vorrei ricordarti che in questo campo ne sappiamo tutti altrettanto poco.
Uno dei pochi articoli molto ben scritti del Meyer[s Konversationslexikon] tratta l'occultismo con grande serietà: vale la pena di leggerlo. Capisco benissimo il tuo metodo scientifico-empirico, ma si può seguire un'ipotesi aprioristica. - I due metodi sono sempre esistiti.
[A Egon Petri, 7.9.1912]

Sono arrivato in questo momento [a Londra]. Questo ingresso è sempre emozionante. La differenza tra la città in cui si abita e quella in cui si torna ripetutamente è simile a quella tra 'matrimonio' e 'relazione extra-coniugale'. Specialmente in un luogo che non si finisce mai di esplorare, come questa Londra, quel che è sempre eccitante è l'aspettativa di nuove sorprese nel bel mezzo di ciò che ci è già noto... Rifletta un momento: neanche il più diligente degli scrittori potrebbe finir di raccontare in tutta la sua vita quel che avviene qui contemporaneamente in un minuto! Ci vorrebbero almeno sette milioni di frasi. [A Edith Andreae, 30.9.1912]

Questa settimana [a Londra] è stata molto faticosa; (se potessi almeno liberarmi del senso di 'vergogna' quando suono in pubblico!). Mi sembra di aver nuovamente cambiato modo di suonare. La prima sera mi sono osservato e ho fatto una collezione di critiche. Manca sempre qualche cosa! - La mia Sonata per violino comincia a piacere (per es. a Kreisler); a me piace sempre meno. Vi sono alcuni buoni momenti, sentiti - per il resto un lavoro pulito.
La vita sempre più breve, la meta sempre più lontana - compito inumano! Enfin, purché ci se ne si renda conto!
[A Petri, Londra, 6.10.1912]

Nella stessa lettera riferisce a Petri di aver letto la Danza macabra di Strindberg «che mi ha fatto grande impressione». Ne ha scritto più a lungo a Gerda. A Helsingfors [Helsinki] rievoca il periodo giovanile vissuto in questa città:

Donne invecchiate prendono persino quel coraggio che non avevano avuto in gioventù, fanno rivivere inclinazioni soffocate sul nascere; esprimono quel che avevano sulla punta della lingua 20 anni fa, danno il bacio per il quale avevano fatto boccuccia 20 anni prima! E dire che io non amo guardare indietro! Che vorrei vedere in ogni giorno un nuovo inizio!
Fortunatamente il pubblico mi considera un 'debuttante', per certi versi può essere piacevole.
[A Petri, 8.11.1912]

Il viaggio in Russia, compiuto nel novembre, gli procurò nuove sensazioni e nuovi trionfi. Dopo vari anni di assenza, fu accolto laggiù 'come un principe'. Mosca lo affascinava ancora una volta con le sue italianissime architetture, Riga risvegliò in lui antichi ricordi di Helsinki. «Qualche volta mi piacciono queste piccole città coi loro quieti sagrati, i sentieri contorti e i vecchi fabbricati. Ma poi vengo a una strana conclusione: tutte queste cose le preferisco nel ricordo. La memoria è una grande artista, per la sua facoltà di trascurare i meschini dettagli...»
Nel suo giro incontrò ovunque vecchi amici, ne fece di nuovi. Un gruppo di ammiratori lo seguiva, lo circondava, lo importunava. Era ossequiato da musicisti d'ogni calibro e dai maggiori salutato da pari a pari. Cesare Cui, vecchio di 78 anni, lo ascoltò e si congratulò con lui. Il grande critico Robert Freund scrisse con entusiasmo sulle composizioni busoniane. Con Hermann Wetzler (il direttore d'orchestra) parlava di Toscanini e della sua memoria. Wetzler pensava che si trattasse di memoria visiva. Toscanini cioè riteneva la fotografia della partitura, come essa era stampata. Un fotografo nel cervello.
Glazunov, Nikisch, Bloch, Hofmann, Rachmaninof, Scriabin lo andarono a visitare. Il numero dei concerti aumentava per via. Dovette suonare persino per gli allievi del Conservatorio di Pietroburgo. [Guerrini]

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