1914

All'inizio di gennaio Busoni è a Bologna. Bologna was under snow and colder than Berlin. He looked at the Marsigli villa again and liked it less. After two or three busy days of administrative work he left for Strassburg, Paris, Nantes, and Bordeaux.
In questo periodo è impegnato nella composizione della Fantasia indiana. «
Il lavoro procede faticosamente, perché i temi da trattare sono di scarso rendimento musicale e spesso di corto respiro. Occorre «lavorarli» e manipolarli liberamente, sia pure togliendo ad essi una parte del loro sapore esotico. Ma intanto la partitura cresce limpida e tersa, quasi sempre trattata a strumenti puri, cioè escludendo impasti ed amalgami. Musica, in somma, fine a sé stessa. Le pesantezze della partitura wagneriana, allora modello al novanta per cento dei musicisti, gli fanno orrore. Levigatezza, trasparenza, eleganza sono base della sua nuova maniera. La sua mente si rivolge, come abbiamo detto, alla melodia anziché al contrappunto, ma «la melodia» è già intesa da lui in modo nuovo e moderno.» [Guerrini]

[...] avevo già terminato ben cinque volte il tempo lento dei Pellirosse; quattro volte ho dovuto scotennarli, e oggi spero di aver trovato la soluzione. Miracolo!! Se nel frattempo si deve studiare un Trio di Pfitzner [in fa maggiore op. 8, eseguito il 12 gennaio a Strasburgo], viaggiare, memorizzare; e il compositore, scaraventato in qua e in là da tutti questi cambiamenti di scena, non riesce a concentrarsi. [A Egon Petri, 18.1.1914]

Trascorre il mese di marzo a Berlino, dove tiene due recital. Scrive al suo futuro biografo, Hugo Leichtentritt, a cui invia la partitura della Suite della Sposa Sorteggiata.

In April went back to his duties at Bologna. The spring made him feel more hopeful. His plans for a permanent orchestra were taking shape; another plan of his, to convert the abandoned church of Santa Lucia into a concert-hall, met with approval, and the sanitary arrangements of the Liceo were positively under active reconstruction. For the present concerts had to be given in the opera-house, where the stage was ingeniously converted into a site for the orchestra by means of scenery which continued the architectural design of Bibbiena's superb auditorium.
Gerda followed in a few days, and as they could not obtain possession of the Villa Marsigli until the autumn, they took rooms in another house. It was a large villa outside the town, and to reach their own part of it they had to pass through several unoccupied apartments, furnished as bedrooms, but with truly Italian parsimony. As long as his wife was there to look after him, Busoni was happy enough, but after she left Bologna at the beginning of June, he could bear it no longer. The evenings were unendurable, and every night when he came home he felt a horror of walking through the long series of great empty rooms, dark and draughty — like hospital wards', he described them. One day he suddenly made up his mind and went to live at the Hotel Baglioni. Hotel life gave him a new sense of comfort: not merely the comfort of a well-managed hotel, but the sense of being on his travels again. It was a chilly summer. A general strike broke out; even the old porter at the Liceo struck, though he could not tell Busoni what was the reason of it all. There were no newspapers and no trams; Bologna was just duller than ever. Busoni suddenly realized
with delight that by moving to the Baglioni he had 'disappeared'. Dr. Augusto Anzoletti came to Bologna, but he too managed somehow to 'disappear'; no one knew where he slept. Bologna seemed to have become mysterious, like Berlin or London. One could 'disappear' even in Bologna; there was even said to be a criminal quarter in the town.

L'8 aprile, da Heidelberg, scrive una interessante lettera a Gerda incentrata sul tema del possesso materiale. Il 13 aprile, a Bologna, riceve la notizia della morte di Henri Petri. Scrive a Egon:

Caro Egon, ho scritto or ora alla signora Kathi, tua madre e mia amica, ma a te non sono capace di dire nulla, eppure ho il cuore gonfio per il dolore che ti colpisce. Forse sarò in grado di farlo quando ti vedrò. - - - Alla fin fine ti farebbe bene fare subito le valigie e venire qui; la stagione è incantevole, l'ambiente nuovo per te, e troveresti amici e stimoli. Vieni! Aspetto te o il tuo telegramma. Per il momento ti saluto con la signora Mitta di tutto cuore.

Per farsi perdonare dal Maestro le involontarie delusioni inflittegli nel campo materiale, Bologna gli affida il compito di riorganizzare la città musicale; lo si nomina membro del Comitato per il Teatro, gli si conferisce la Presidenza della Società del Quartetto, e gli si offre anche la direzione artistica di un ciclo di concerti sinfonici da tenere ogni anno al «Comunale».
È questo, per Busoni, il primo passo verso la realizzazione del suo progetto di orchestra stabile; e vi si getta anima e corpo. Nella primavera dél 1914, infatti, si hanno i primi concerti orchestrali, che il Maestro stesso dirige, e coi quali si compie poi un giro per varie città d'Italia.
Ma anche qui altro cozzo, e questa volta bicornuto. I programmi compilati da Busoni sono giudicati ostici e indigesti; e l'impressione che Busoni produce come direttore d'orchestra è poco meno che disastrosa.
Per quanto si riferisce al primo appunto, va detto che i bolognesi ebbero torto. È vero che i programmi erano formati di musiche poco note, e in parte anche moderne e modernissime. (L'Aroldo in Italia, di Berlioz, alcuni Poemi Sinfonici di Liszt, un Concerto per pianoforte e orchestra di Saint-Saens [pianista Egon Petri], e in più qualche composizione moderna fra cui la Suite della «Sposa sorteggiata»). Di consueto soltanto la VII di Beethoven.
Da ciò appare chiaro che Ferruccio Busoni, nel compilare i programmi, seguiva un suo piano ben preciso, logico e ponderato, che aveva per iscopo «una graduale preparazione» del suo pubblico, e presupponeva un ulteriore e razionale svolgimento, con cui condurre poco a poco gli ascoltatori alla comprensione e quindi alla passione della musica contemporanea. Per la verità, la musica moderna non era allora, come non lo è ora, né pei bolognesi, né per i pubblici di tutto il resto dell'universo, pietanza molto ricercata. Nessuna meraviglia dunque se la Suite della «Sposa sorteggiata» che rappresenta anche ora una delle più ardite concezioni della musica contemporanea, restò un po' indigesta al pubblico bolognese, che nondimeno l'accolse con deferenza, in un successo di stima.
Più arcigna fu l'ostilità a Busoni come direttole d'orchestra. Due cause e tutte e due apparenti, furono contro di lui: l'essere egli un famosissimo pianista, e il non possedere quella che si chiama l'estetica direttoriale.
Noi siamo certi che se Busoni fosse giunto al podio come uno sconosciuto qualunque, il pubblico, pur senza andare in delirio, lo avrebbe tollerato e forse anche apprezzato. Ma egli era quel Ferruccio Busoni che alla tastiera trascinava il mondo, era il pianista affascinante, il virtuoso-tipo. E un raffronto fra il risultato dei due mezzi d'espressione era inevitabile. Ascoltandone le interpretazioni orchestrali, il pubblico non poteva dissociare il pensiero da quelle pianistiche; vedendolo sul podio direttoriale, aveva l''impressione di essere defraudato di qualcosa che gli spettava. Era frequente il caso che, alla fine di una esecuzione sinfonica, varie voci del pubblico reclamassero il Maestro «al pianoforte!». E nessuna offesa era più atroce per Busoni, il quale ad essere buon direttore d'orchestra teneva molto di più che ad essere, com'era, il più grande pianista del mondo.
L'altra deficienza direttoriale era, come abbiamo detto, quella «estetica». Anche Busoni aveva il gesto parco, timido, schivo da ogni teatralità, quasi pudibondo, che hanno in genere tutti i compositori, da Strauss a Strawinsky, da Sibelius a Respighi, da Pizzetti a Zandonai. E questa è, per il pubblico, deficienza imperdonabile. Ben pochi riconoscevano in lui lo stilista e l'interprete di grandissima classe.


A Bologna si occupa anche dell'edizione di Bach:

Nel preparare l'edizione di Bach, mi hanno dato grande gioia quattro composizioni brevi che Bach intitola Duetti. Li suonerò in pubblico, perchè sono così maturi e su un piano così elevato, come le ultime 'Bagatelle' di Beethoven. - Si scoprono sempre cose nuove in Bach... Il mio metodo di preparare le 'edizioni di Bach' si è mutato e la seconda parte del 'Clavicembalo ben temperato' potrebbe essere notevole se mai arriverò a compierla. - Del resto, quanto più tardi la comincerò. tanto avrà maggior valore e tanto più esperienza potrà rispecchiare. - [A Gerda, 13.6.1914]

Ho 'scoperto' or ora, per la mia edizione di Bach, quattro duetti (per pianoforte) del grande Kantor! Queste sì che sono leccornie! - E nonostante tutto il lavoro di ricerca sull'argomento e i salamelecchi a Bach, questi duetti non sono mai stati eseguiti! Nemmeno da me. Ma, in fondo, io sono un buongustaio (e non un 'intenditore'), e devo scoprire da me il sapore delle cose. - [A Draber, stesso giorno]

June came to an end, and with it Busoni's patience. The bad weather continued and he had a slight attack of illness, though Dr. Anzoletti told him that he might safely leave his cure to nature and his own constitution. Bologna had become intolerable. Life there was a perpetual series of misunderstandings with everybody -'it is as if one had married the housemaid'.
Busoni found himself in an embarrassing state of indecision, and few things tormented him more than being forced into a situation where he could not see a clear course before him. Bologna must be given up; that was clear enough. There was an offer from America, but Busoni knew only too well what a tour in America meant. His private inclination drew him to Berlin, or at any rate to his own house in Berlin. But he felt that he could not reconcile it with his artistic conscience to go back to Berlin unless he could accomplish there what he had failed to accomplish in his own country. He consulted Isidor Philipp, the famous pianoforte teacher, with whom he had become very friendly during his recent visits to Paris. Philipp was only too anxious to bring him to Paris, but Philipp knew Paris well enough to understand that Busoni's career in Paris must be that of a pianist, and Busoni was quite clear in his own mind that he had finished with the life of a virtuoso. He knew himself inwardly to be a composer and perhaps something more; it is not too much to say that he knew himself to be a philosopher and a prophet. It was not mere personal vanity or ambition that dominated his thoughts; any weakness of that kind he had shaken off years ago. What made it impossible for the world to understand him was that he felt himself to be a man with a mission. The ordinary artistic world can understand easily enough a man whose motives are purely commercial; it can even extend a certain tolerance to mere vanity; but a man who regards his art as if it were a religion which he has been called by Heaven both to preach and to practise, regardless of worldly conventions and understandings, finds himself in an impossible position. He is like a stranger speaking a language which no one understands and offering riches in a currency which the local money market does not acknowledge.

Il 21 giugno incontra Volmoeller. Ne riferisce a Gerda:

Ieri è stato da me Vollmoeller per una mezz'ora, fra due treni. In quella mezz'ora sono stato un altr'uomo. Si poteva parlare delle cose, senza dover prima spiegare quel che sono queste cose. Si vedeva sotto di sé la prospettiva a volo d'uccello, senza dover prima risalire il monte.
Qui, per esempio, il teatro è una faccenda importante per tutti. Eppure non ho trovato ancora nessuno che abbia saputo, né capito - che cos'è un teatro stabile in Germania. Ho tentato di spiegarlo due o tre volte, ma ho visto di fronte a me solo bocche spalancate e occhi fuor dell'orbita, ma nessuna comprensione. E neppure il desiderio di penetrare meglio il problema. (E questo è solo un esempio). Restano troppo chiusi nel paese. Si indeboliscono vicendevolmente discutendo sulla loro propria situazione. Tutto diviene personale e va a finire in 'relazioni personali'. Vollmoeller è stato tre mesi in America e ne è tornato fresco e vivificato. (Non vi ha suonato il pianoforte!). - Sai che anch'io vorrei provare l'America senza tournée...

By the end of June 1914 Busoni was back in Berlin, and spent July preparing the collected edition of Bach's clavier works, about which he was in perpetual correspondence with his collaborator Egon Petri.

Non fu subito impressionato dalla notizia dello scoppio della guerra: soltanto nelle settimane successive si rese conto dell’ampiezza e della gravità di un evento che avrebbe sconvolto la sua vita sul piano umano e, in parte, su quello artistico. Convinto antimilitarista, Busoni considerava le guerre accadimenti immorali e nefandi, massacri insensati, «orrori organizzati». La vita individuale aveva ai suoi occhi un tale valore che né lo Stato né le ideologie potevano esigerla e abbreviarla. Ripugnanza, sdegno e ribellione furono i sentimenti che a poco a poco si insinuarono nel suo animo, lacerandolo: «Dovunque volgo lo sguardo» — scrisse nel breve diario berlinese [Appunto del 29.9.1914, n. 181, p. 267] — «vedo le stesse cose. In alto avidità, in basso stoltezza, in mezzo tanta sete di sangue - bestialità scatenata.» La fede incrollabile nella missione universale della cultura e dell’arte acuì il suo sconforto: egli dovette prendere atto con dolore che esse non solo erano impotenti di fronte alla barbarie bellica, ma che intellettuali e artisti europei di primo piano erano scesi in campo per sostenere il diritto dei loro governi di schiacciare gli avversari. «In questo momento» — continua Busoni nell’appunto citato — «non mi sento più la forza di costruire altari; di essere architetto, sacerdote e comunità solo per me stesso e in una persona.» A questo proposito scrisse P. G. Langevin:

«Il se sent de plus en plus l'âme d'un philosophe et d'un prophète, mais sa parole se perd dans le désert. Cela n'a rien pour surprendre: un artiste qui fait de son art une religion d'où les considérations d'intérêt matériel sont absentes n'est qu'un illuminé s'il ne dispose d'aucun moyen de sa faire entendre, mais devient un véritable danger quand il possède l'audience et le talent d'un Busoni. Le compositeur s'abstient scrupuleusement d'aucune prise de position politique, mais refuse de jouer en public dans un pays belligérant.»

Qualche mese prima dello scoppio della guerra Busoni aveva programmato un viaggio negli Stati Uniti. Per tutto l’autunno del ‘14 fu indeciso [1]: chiese dapprima al Liceo Musicale di Bologna, di cui era diventato direttore nell’ottobre del 1913, [2] un anno di aspettativa; [3] valutò poi i pro e i contro di un viaggio oltre oceano. L’America lo attirava sia perché era lontana dalla guerra, sia per i guadagni che la tournée gli avrebbe procurato. Ne era però respinto dalla pericolosità della traversata, dall’idea di lasciare a Berlino tutto [4] incustodito, siccome aveva deciso di partire con tutta la famiglia, ma soprattutto dal fatto che «nella grande stalla della libertà al di là dell'oceano» [5] non si era mai trovato a proprio agio. [6]
Prese infine la decisione di onorare il contratto stipulato con le istituzioni musicali americane e di intraprendere il viaggio, anche per avere il tempo di riflettere sulla sua delicata situazione di italiano che aveva scelto come patria d’elezione la Germania: [7]

Mi metterò in viaggio con sentimenti ben diversi da quelli che nutrivo quando firmai il contratto; prendo con me i miei ragazzi e rimane l'ansiosa domanda: in che stato ritroverò il paese che lascio? Chi mi mancherà? Quando potrò riprendere il filo della mia vita? E infine, come potrà riprendersi l'Europa e quanto tempo ci vorrà? Temo che noi non vedremo il nuovo culmine. [A Jella Oppenheimer, 11.9.1914]

E così il 3 gennaio 1915 partì improvvisamente e precipitosamente [8] con tutta la famiglia per Genova, nutrendo la speranza che la crisi venisse presto superata per poter condurre di nuovo, non appena fosse passata, «una vita più consona alle sue inclinazioni e al dovere verso se stesso.» [9] Fu costretto a far tappa a Zurigo. Questa sosta forzata [10] durante la quale mi è difficile immaginare che non abbia preso contatto con colui che diventerà la figura più importante del suo esilio, Volkmar Andreae, è come un segno del destino, un seme che germoglierà nell’autunno successivo, quando la scelta di un luogo dove stabilirsi, di «una piccola isola per salvarsi dal diluvio universale» [11] sarà urgente e improrogabile. NOTE

Caro amico Kurt [Sobernheim], argomenti in favore del mio viaggio in America (nelle mutate circostanze di questi 'tempi eroici') sono
primo: la pace che vi regna
secondo: l'interesse finanziario;
contro il mio viaggio in A. sono primo:
il pericolo della traversata
secondo: la circostanza che né orchestre né direttori sono ancora al completo!
terzo: che Hanson è scomparso.'
Che cosa mi consigli?
Sono molto indeciso. In A. trovo da fare e da guadagnare anche senza Hanson (ti ho detto spesso quanto costui sia inutile e indisponente!) — Quel che mi spaventa è il viaggio e l'idea di lasciare qui tutto incustodito; perché una cosa è sicura, che porterò con me tutti I mlen
Ma non serve nemmeno a nulla stare qui ad aspettare le edizioni straordinarie dei giornali, e la valorosa Germania non è il paese delI'imprudenza. Altrimenti avrei potuto utilizzare piacevolmente proprio questi tempi a fare piani per il futuro e per il tempo di pace con editori, architetti e altri imprenditori; ma tutto il coraggio si sfoga sul campo dell'onore.
Mi si rizzano i capelli al solo pensiero di avere realmente bisogno di mandare un ms. a un editore! Il famoso F.B., il "gran signore della musica", non potrebbe aspettarsi nemmeno 25 marchi. —
Nella "grande stalla della libertà" 2 al di là dell'oceano le condizioni so~no migliori — ma non per questo allettanti.
Perciò ancora una volta ti chiedo consiglio.
Grazie e saluti cordiali





IHanson non era "scomparso Anzi, il 23 novembre 1914 pubblicò una lettera nel "New York Musical courier~ spiegando che, sebbene le comunicazioni postali e telegrafiche con la Germania fossero quasi impossibili, non c era ragione di pensare che susoni avrebbe deluso il suo pubblico e non avrebbe onorato i suoi impegni americani .
2Orig. grosser Ereiheitsstall" (Heine) Vedi la nota alla lettera n 194 a F Stock, 8.6. 19 1 5.


Segue un periodo di intenso lavoro creativo e meditativo. Come tutti i veri artisti, Busoni sente, negli anni della piena maturità, che soltanto l'essenzialità ha un autentico valore e che ogni inutile ciarpame, formale o interiore che sia, appesantisce e immiserisce l'opera d'arte. L'aver dedicato tanta parte della propria attività spirituale allo studio di Bach non lo ha fuorviato. Egli anzi si allontana gradualmente da ogni forma contrappuntistica o polivoca per immergersi sempre più a fondo nell'armonia, intesa come sostegno di una grande melodia. Anche in questi anni, pur lavorando al II volume del «Clavicembalo ben temperato» (del quale darà infine una interpretazione quasi diremmo «divinatoria», indicando allo studioso ciò che dell'opera vi è «al di là» della nota scritta), si allontana ancor più dallo stile bachiano. Attraverso la «Berceuse» e il «Notturno sinfornico», già ci offre la visione della sua nuova maniera. Ora poi, con la «Fantasia indiana», questa nuova estetica si afferma e si fa più palese. L'italiano, con la sua necessità di esprimersi orizzontalmente e non verticalmente, con nel sangue la tradizione della melodia armonica, urge in lui sempre più imperioso. La «Fantasia indiana» non si serve, è vero, di melodie all'italiana, ma di temi indiani; pure se ne serve alla maniera nostra: voce che canta, sopra un sostegno puramente armonico.

Sto di nuovo fissando qualche pensiero sulla melodia... Melodia assoluta: una sequenza di intervalli ascendenti o discendenti, che siano organizzati e muovano ritmicamente. Essa contiene in sé un'armonia latente, riflette una maniera di sentire. E tutto ciò può esistere senza dipendere da un testo a cui chiedere espressione e senza accompagnamento di voci. All'atto della realizzazione, la scelta del tono e dell'istrumento non porta alterazione alcuna alla natura del suo essere. La melodia, da prima indipendente, si unì successivamente all'armonia accompagnante e più tardi si mescolò con essa inseparabilmente. Recentemente lo scopo della musica polifonica (che è sempre in progresso), fu quello di liberarsi da questa unità. In contradizione alle convinzioni profondamente radicate, deve esser mantenuta nella polifonia quella melodia che si espande continuamente, che cresce in vastità e capacità d'espressione e che alla fine deve divenire il più potente elemento della composizione.

Questa concezione, fissata nel 1912, quando cioè una parte dei più raffinati musicisti conducevano una vera crociata contro la melodia, in esclusivo favore del sinfonismo e dell'espressionismo, ci conferma sulla precocissima visione busoniana di quello che, a distanza di trent'anni, doveva divenire canone fondamentale dell'estetica musicale. In una parola, Busoni seppe prevedere, predire e realizzare, anticipandole di sei lustri almeno, le basi della musica a noi contemporanea.
Il 13 maggio 1913 a Milano esegue per la prima volta la Sonatina seconda (tra il pubblico vi è anche Boccioni). Dopo la metà di giugno si reca a Parigi dove incontra di nuovo il pittore e D’Annunzio. A Busoni non sarebbe dispiaciuto collaborare con il poeta. Aveva in mente di scrivere un’opera con Leonardo come protagonista. Ma questo progetto non fu condotto in porto, anche per l’enorme diversità di temperamento e di culture dei due artisti. Di ritorno a Berlino, Busoni riprende e conclude la partitura del Nocturne Symphonique per orchestra, secondo «studio» per il Doktor Faust, dopo la Sonatina seconda.

BUSONI A BOLOGNA

IL LIBRETTO DEL «DOTTOR FAUST»
(24-31 Gennaio 1914)
Prima di salpare, però, e proprio in quegli otto giorni fra Natale e Capo d'Anno del 1914, l'idea originale, quella che doveva essere «tutt'altra cosa» da quella di Goethe, sorse d'un tratto nella mente del Maestro, e il libretto del «Dottor Faust» fu scritto di getto. Egli poteva partire per il Nuovo Mondo con un'opera di più sul telaio, l'opera che dové essere la sua ultima e la sua maggiore.
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