Lettere di Ferruccio Busoni alla moglie Gerda

su D'Annunzio e altro

(Parigi), 11 agosto 1912

Le mattinate a Parigi conferiscono vivacità al pulsare del sangue e stimolano il pensiero, e il “déjeuner” fornisce loro una piacevolissima conclusione. - Ma dove sono, la sera, le luci e i fiori di Berlino e la sua giovanile baldanza? La “piccola” parigina si veste di nero anche d'estate e scompare dal quadro della strada dopo la chiusura dei negozi. - La sostituisce allora l'eterna cocotte, che, in fondo, è altrettanto freddamente affaristica e positiva come tutte quelle Mademoiselles M... di cui consta la Francia femminile. In confronto a una serata d'estate a Berlino, una notte parigina fa quasi l'effetto di essere tetra. La “media” degli uomini ha, a dire il vero, un'espressione più sciocca che altrove; la donna è, in genere, più forte, più energica e più astuta; ma pone la sua meta solo pochi passi davanti a sè ed è continuamente sul “qui vive”. -
Già il giorno del mio arrivo (venerdì) ho fatto colazione da Foyot, perchè l'atmosfera di là dalla Senna mi si confà molto meglio. “Ici on lit des livres, de l'autre coté on lit les journaux” mi disse Widor, che ho incontrato a colazione. Quando gli raccontai quel che mi ha condotto qui, fece un'osservazione che caratterizza benissimo la Francia burocratica (la France fonctionnaire). “Quand vous serez propriétaire (!) on vous comptera parmi les nôtres”.
“Propriétaire” è qualche cosa di solido, di immutabile e che incute rispetto...
Ieri (domenica) decisi di farmi condurre alla Gare de l'Est, ma quando l'autista, a questa indicazione, mi rispose “pas plus loin que ca! je préférerais aller à la campagne” - mi venne in mente che avrei potuto fare la gita in automobile, cosa sulla quale ci accordammo subito. Si uscì di città passando per la Rue du faubourg St. Antoine e per il Parc de Vincennes. -... La strada passava per tre o quattro villaggi e per una campagna fiorente e curata ma non un gran che pittoresca...
La casa, che mi ha attirato qui sin da Berlino, è bella e a buon prezzo, ma bisognerehhe spendere un importo pari al prezzo d'acquisto per renderla abitabile...
Tornai verso sera, cenai bene (l'aria fresca aveva stimolato lo stomaco ma stancato la mente) e assai tutta la serata, interessante e solitaria, a Montmartre, fino a mezzanotte. - La sera precedente era trascorsa in modo diverso, e ti racconterò tutto per filo e per segno. Procediamo con ordine. Ancora prima, venerdì sera, avevo incontrato Vollmoeller sul Boulevard. Mi indirizzò la parola in italiano e mi disse che a Parigi constata continuamente la superiorità degli italiani sui francesi... Aveva avuto quello stesso giorno una lunga conversazione con D'Annunzio. Ci mettemmo d'accordo per il giorno seguente. 1º colazione insieme, 2º discussione approfondita del libretto. 3º incontro con D'Annunzio.
La colazione non ebbe luogo per un malinteso. La discussione si svolse all'ora del tè e diede le migliori prospettive per la mia opera futura. (Con una cosa simile in tasca, mi risento un uomo nuovo. Gli infiniti particolari che sono da soppesare; il continuo modellare e rimodellare: davvero fanno ringiovanire!) La sera andammo all'Hotel Meurice, rue de Rivoli 5 un albergo sontuoso.
D'Annunzio ci ricevette con cordialità mondana, in frack e scarpini da ballo, e in compagnia di due signore e di due signori de la haute société. C'era tra questi una bellissima italiana di una gentilezza innata, il cui nome dava una ebrietà quasi sensuale a Gabriele. Si chiama donna Beatrice di Toledo, marchesa di Casafuerte, e certo il suo nome suona come un intero lavoro teatrale di Calderon. I quattro si ritirarono subito, dopo l'usuale: “J'ai vous ai applaudi” e “quand vous reviendrez à Paris...” e restammo in tre con l'Olimpico. D'Annunzio è simpatico, pensa con rapidità e vivacità, narratore affascinante - un po' “profumato”, ricercato e, allo stesso tempo, ogni tanto timido e imbarazzato.
Ci raccontò del suo ultimissimo lavoro, che è scritto “sul corpo” (alla lettera) di M.lle Rubinstein [bio] e che, per la molta parte mimica e danzata, ha bisogno di tanta musica, quanto una pantomima. E raccontando ciò, sviluppò una tale pompa di immagini e di colori, che si restò incantati, anche se alla fine dovemmo confessarci che aveva fatto passare davanti ai nostri occhi soltanto una sfilza di quadri, di costumi e di cerimonie.
Fece capire che avrebbe gradito che io gli scrivessi la musica... Ma Vollmoeller mi disse in seguito che sarebbe una fatica senza risultato. Non crede a D'Annunzio come drammaturgo. (Egli [D'Annunzio] dipende molto dall'idea del successo, da ciò il suo smisurato rispetto per Wagner e... persino per Puccini!). D'Annunzio e io ci separammo molto cordialmente e con più di un progetto in germe, e sono stato molto contento di questo incontro.Così ho compiuto le mie piccole missioni e mi rivolgo senza fretta verso casa.
Sono tanto felice di ritrovarvi tutti riuniti! ...


(Parigi), 23 giugno 1913

Ho trovato D'Annunzio a casa, rue Bassano 11, in una veste da camera giapponese da donna, pallidissimo, con un'espressione approfondita e invecchiato. Sembrava Mefistofele quando riceve lo scolaro.
“Sto appunto scrivendo un libro: 'L'homme qui a volé la Gioconda', perchè la Gioconda è in casa mia e la restituirò al Louvre non appena il libro sarà pubblicato.” Quel che mi ha raccontato in seguito è tutta una bugia cosciente, oppure ci crede egli stesso, o ancora - e questo entrerebbe nel regno dell'inspiegabile - potrebbe infine esser vero; ad ogni modo è tanto singolare che merita di venir fissato per iscritto.
“L'uomo che ha rubato la Gioconda proviene da una famiglia di pitttori mistici che risale a 600 anni fa. Egli me la portò (è stato stabilito infatti dalla polizia che ha preso il treno Parigi-Bordeaux) ad Arcachon.
Sulla figura della Gioconda si erano accumulati tanti secoli di adorazione e di amore, che il sentimento di tante migliaia di uomini aveva, in fine, fatto partecipe il quadro della sua propria vita. Però era necessario uccidere un uomo perchè la Gioconda si appropriasse direttamente di un certo elemento del sangue proveniente dal cuore; l'azione mistica riuscì e io ho vissuto quattro giorni con la Gioconda. Il mio potere non durò più a lungo ed essa si dissolse. Sul quadro è rimasto solo il paesaggio e nel paesaggio solo il suo sorriso; nel paesaggio è rimasto impresso il gesto del suo sorriso (ha ripetuto questa frase con molto compiacimento) ma la figura è scomparsa. Al Louvre il quadro verrà restituito in questo stato.”
Poe ha una novella simile, ma vi avvene il processo opposto. Là, un artista dipinge tanto a lungo un ritratto di donna, finchè non è raggiunta la massima vitalità e realtà dell'espressione; in quel medesimo istante il modello muore, la vita è passata nel quadro. - Dapprincipio la presenza di Leonardo sulla scena non gli pareva possibile. “Ho timore di farlo parlare, come non metterei le mie parole in bocca a Cristo o a Napoleone.”
Poi: la mancanza di passionalità e di sentimento di Leonardo gli sembrava contraria al teatro.
“Un cervello portato da uno scheletro, come la fiaccola dal candelabro.”
Quando però pronunciai, a guisa di formula, il concetto di 'Faust italiano' cominciò a vedere delle possibilità. ”Non un Leonardo storico, ma un Leonardo simbolico.” “Vi si dovrebbe aggiungere l'elemento mistico. ” “Una sequela di quadri senza collegamento drammatico”. Era arrivato dove lo volevo.
Parlò poi di lavoro in comune ad Arcachon, dove il paesaggio non ha una forma decisa. ”Le nubi sono le onde, e le onde la foresta, ed essa è inafferrabile.”
È stato estremamente interessante, ma a volte mi scappava un sorriso.- Ci rivediamo domani. - Invece una conferenza tenuta ieri da Marinetti è stata molto più reale e materiale. Avevo appena imbucata la lettera per te, che lo incontrai all'albergo (con Boccioni). Boccioni ha esposto della “scultura futurista “.
L'idea è di ridare in una sola forma parecchi movimenti di un corpo, ottenendo un effetto architettonico. Così, per esempio, vedi una gamba che si alza e si muove allo stesso tempo avanti e indietro, i muscoli vengono rappresentati, in corrispondenza, in parecchi modi. V'è molto studio, ma il risultato è brutto e incomprensibile, specialmente se l'uomo, al posto della testa, porta una casetta-balocco, per ragioni che Boccioni mi ha spiegato con gran sfoggio di teorie. La conferenza è finita in una battaglia. In confronto a questa arte e alla incarnazione di Monna Lisa in amante di Gabriele, il «Pierrot lunaire» di Schönberg diventa una limonata tiepida!
Molte impressioni! Questa sera vado a vedere “La Pisanella “