All'inizio di marzo lascia Berlino per recarsi a Londra, dove, oltre che esibirsi come pianista, visita (il 18) la mostra dei futuristi. Molto impressionato dalla pittura di Boccioni, ne acquista l'enorme dipinto La città che sale. [1] Qualche giorno dopo si trasferisce ad Amburgo per seguire le prove del suo primo, imponente lavoro teatrale (Die Brautwahl), di cui ha scritto anche il libretto. [2] Quest'opera «comico-fantastica» [3] in tre atti e un epilogo nacque sotto il potente influsso del Falstaff di Verdi, delle opere di Mozart, dell'opera comica italiana settecentesca, e tenne occupato il maestro per ben sei anni, dal 1906 al 1911. [4] La prima mondiale ebbe luogo allo Stadttheater di Amburgo il 13 aprile 1912, il giorno dopo l'arrivo di Boccioni a Berlino.

Durante il periodo delle prove Busoni rilasciò una breve intervista al Piccolo di Trieste [cfr. nota 8], in cui, oltre che parlare della sua nuova opera, manifestava generiche simpatie per il futurismo [5] e annunciava il recentissimo acquisto de La città che sale. Probabilmente quest'ultima notizia era già di pubblico dominio in Italia poiché Boccioni e Marinetti alla fine di marzo avevano fatto pervenire ai direttori dei principali giornali italiani un volantino propagandistico in cui, tra l'altro, si elencavano anche i nomi degli acquirenti di quadri futuristi a Parigi e a Londra. [6]

N.B. I due testi che si riferiscono alla lettera scritta a Lipsia sono collegati e tratti da un mio libro di recente pubblicazione:

L. RODONI, Tra futurismo e cultura mitteleuropea. L'incontro di Boccioni e Busoni, Alberti Editore, Intra-Pallanza, 1998.

[1] Cfr. il mio articolo Caro e terribile amico!, pubblicato anche su questo sito.

[2] Tratto dal racconto omonimo di E.T.H. Hoffmann, uno dei suoi autori preferiti. In un'intervista al Piccolo di Trieste dell'11 aprile 1912 (edizione serale), intitolata «Ferruccio Busoni sulla sua nuova opera» ['La sposa sorteggiata'] Busoni affermò di avere scritto il libretto non perché ci teneva a comporre versi, ma perché nel musicare un libretto voleva «essere libero di tagliare, allungare, cambiare cose che con un poeta accanto, non si possono fare facilmente».

[3] Così definita nell'intervista citata.

[4] «La prima metà della composizione è stata scritta ancor prima delle Elegie [1907], e tutto il resto prima della Berceuse élégiaque [1909; cfr. no. 7]. Da allora ho imparato molto e ho subìto una trasformazione» (lettera a R. Freund, 22 aprile 1912, n. 133). Benché avesse ottenuto soltanto un succès d'estime alle prime rappresentazioni amburghesi, Busoni la considerava un tassello importante della sua attività di compositore: «Non credo che dopo Wagner e Verdi - scrisse nella lettera appena citata - sia mai stata raggiunta una così perfetta interazione di carattere, timbro, forma e canto, senza che manchi una relativa originalità: confesso tuttavia che ne ho tratto io stesso una lezione, di cui, spero, un prossimo lavoro mostrerà i frutti - e ammetto che non esiste nulla di perfetto.» Al giornalista del Piccolo che lo intervistava, disse: «Vi ho lavorato sei estati. Purtroppo non posso comporre che l'estate: l'inverno lavoro al piano per il pubblico.» Su questo aspetto della biografia busoniana, cfr. SABLICH, Busoni, EDT, Torino, 1982, p. 44.

[5]In una lettera a Boccioni del 14 aprile 1912 (recentemente pubblicata in Boccioni 1912..., p. 270) Carrà, a proposito dell'intervista rilasciata da Busoni al Piccolo, scrive: «[Il maestro] disse cose semplicemente magnifiche per noi. Dovrà venire a Milano per dei concerti ai primi di maggio. Noi lo lavoreremo duramente, non è vero? A proposito dovresti, sul cartello di vendita mettere, se delle volte non l'avessi fatto, la qualifica di celebre musicista e illustre maestro... non pianista. Poiché so ch'egli ci tiene moltissimo essere preso come creatore non come pianista... » In realtà Busoni si era limitato a parlare genericamente di simpatie per il futurismo: «Pel futurismo ho molta simpatia. A Londra ho visitato recentemente la mostra del futurismo ed ho anche comprato un quadro del Boccioni, 'La Città che sale'.» Il giornalista (Fabiani) spiega poi efficacemente che cosa significa per il musicista il termine «simpatia»: «Questa simpatia pel futurismo non significa nel Busoni adesione al movimento futurista: egli è individualità troppo rigida ed indipendente, per poter aderire ad un indirizzo, ad una scuola sia pure... futurista; ma egli appunto pel suo temperamento ribelle a regole e scuole, è portato a guardare con simpatia quanti sentano d'affermarsi e svilupparsi svincolandosi da regole o da scuole.» E' indubbio che, dopo l'acquisto de La Città che sale, i pittori futuristi contassero molto sul facoltoso pianista come acquirente dei loro quadri. Cfr. la lettera di Severini a Walden: «Il 1º e il 2 luglio verrà a Berlino il celebre pianista Busoni che è un grande ammiratore del Futurismo. L'ho visto qui a Parigi e mi ha detto che verrà a vedere la mia esposizione [aperta allora a Berlino]. Cerchi di parlarci e di condurlo all'acquisto di un quadro. L'anno scorso comprò la grande tela di Boccioni, se lei userà molta diplomazia spero che comprerà qualche cosa anche a me» (Parigi, 29 giugno 1913, in DRUDI GAMBILLO-FIORI, Archivi del Futurismo, Roma, De Luca, vol. I, p. 277). Su questo periodo della biografia busoniana, cfr. BUSONI, Lettere..., pp. 211-216 e 553-554. Inoltre E. DENT, Ferruccio Busoni. A Biography, London, Oxford University Press, 1933, 183-185 e 195-196. In queste pagine Dent non parla dei rapporti con Schönberg.

[6] Allegato da Boccioni alla prima lettera indirizzata al musicista (cfr. nota seguente). Busoni pagò il prezzo più alto (4000 marchi) per La città che sale. Max Rothschild acquistò Le Boulevard di Severini e Train en vitesse di Russolo per rispettivamente 1800 e 1900 lire, la Sackville Galerie di Londra La Sortie du Théâtre di Carrà per 1000 lire, un anonimo Comte de B. La Rafle di Boccioni (1500), infine un'anonima Madame de C.-M. Souvenirs de Voyage di Severini (1300). Il rapporto marco-lira era di 1:1,20