Capitolo quarto

Ove si parla di ritratti, visi verdi, topi
che saltano e maledizioni giudaiche.

Poco dopo aver fatto conoscenza con Edmondo al caffè Hofjäger, Albertina si accorse che il grande ritratto ad olio del padre, appeso in camera sua, era un insopportabile sgorbio e niente affatto rassomigliante, per giunta. La fanciulla dimostrò al consigliere che, pur essendo trascorsi parecchi anni da quando si era fatto ritrarre, egli aveva ancora un aspetto assai più piacente e giovanile di quello datogli dal pittore. Trovò a ridire soprattutto sul cipiglio fosco e imbronciato, sull'abito fuori moda, sull'innaturale mazzolino di rose stretto fra le dita abbondantemente inanellate.
Udito il lungo e compendioso discorso di Albertina, il consigliere commissoriale finí per convincersi che quel ritratto era effettivamente orribile e domandarsi come avesse potuto, quel pittore schiappino, trasformare la sua amabile persona in una cosí infame caricatura. Piú guardava il ritratto, piú s'indignava contro quell'insopportabile porcheria. E cosí decise di distaccare il quadro dalla parete e gettarlo in solaio.
Albertina approvò la decisione: l'orribile dipinto non meritava sorte migliore. Ma era talmente abituata, soggiunse, ad avere il ritratto del babbino in camera sua, che vedere la parete nuda l'avrebbe terribilmente turbata ad ogni ora del giorno. Il babbino - non c'era altra via - doveva farsi fare un altro ritratto, ma da un bravo pittore, capace di cogliere la somiglianza. Chi altri avrebbe potuto fare al caso meglio del giovane Lehsen?... Aveva già dipinto tanti ritratti cosí belli, cosí somiglianti...
- Figlia mia, - protestò il consigliere commissoriale, - figlia mia, che cosa mi stai chiedendo? ... I giovani artisti sono cosí terribilmente orgogliosi... pretensiosi ... Non sanno più che cosa chiedere per i loro lavoretti da nulla ... Non parlano che di marenghi d'oro ... non si accontentano piú neppure della miglior moneta corrente ... neppure dei talleri nuovi di zecca!...
Lehsen, - lo tranquillizzò Albertina, - dipingeva piú per passione che per bisogno; con lui sarebbe stato assai facile accordarsi su una cifra modesta. E insistette talmente, che il consigliere finí per decidersi ad andare da Lehsen e parlargli del quadro. È facile immaginare con quale gioia Edmondo si dichiarasse disposto a ritrarre il consigliere Vosswinkel; e la sua gioia divenne un autentico trasporto di entusiasmo quando egli apprese che era stata Albertina a indurre il padre a farsi ritrarre da lui, col secondo fine, trasparentissimo, di crearsi un pretesto per riavvicinarlo.
Quando il consigliere gli chiese, con qualche trepidazione, il prezzo del lavoro, egli naturalmente rispose che non avrebbe preteso alcun compenso, ritenendosi anche troppo felice ed onorato di potersi introdurre, grazie alla propria arte, nella casa di un personaggio cosí eminente come il consigliere commissoriale. - O Dio! - esclamò allora Vosswinkel stupefatto. - Che cosa sento?... Carissimo signor Lehsen... Niente denaro, ha detto?... Neppure un marengo d'oro per il suo disturbo?... Neppure un piccolo indennizzo per la tela e i colori?...
Questa era una spesa insignificante, lo rassicurò Edmondo sorridendo, non era neppure il caso di parlarne.
- Ma lei forse non sa, - insistette il consigliere facendosi piccino piccino, - che si tratta di una figura a grandezza naturale,... fino al ginocchio -. La cosa era indifferente, rispose Lehsen. A questo punto, Vosswinkel commosso fino alle lacrime lo abbracciò con effusione esclamando: - O Dio del cielo!... Esistono dunque ancora, in questo tristo mondo, creature cosí elette e disinteressate?... Prima i sigari, adesso il ritratto!... Lei è un uomo, o meglio, un ragazzo eccellente, carissimo signor Lehsen; in lei albergano ancora quella virtù, quell'onesta prettamente germaniche, oggigiorno scomparse, ma di cui si sono scritte tante belle cose. Ma mi creda: benché io sia un consigliere commissoriale e vesta alla moda francese, nutro anch'io tali sentimenti... so apprezzare la sua nobiltà d'animo e sono disinteressato e ospitale come pochi altri.
L'astuta Albertína aveva previsto in qual modo Edmondo si sarebbe comportato col padre. Il suo fine era raggiunto. Il consigliere commissoriale, dopo aver cantato ampie lodi dell'eccellente giovinotto, cosí alieno da ogni odiosa cupidigia, avanzò la seguente proposta: poiché i giovanotti in generale - e i pittori in particolare - tendevano sempre un po' al fantastico, al romantico, tenevano molto ai fiori appassiti, ai nastri portati da una fanciulla graziosa e andavano addirittura matti per qualsiasi oggettino lavorato da mani gentili, Albertina avrebbe potuto fare un bel borsellino all'uncinetto per Edmondo e, se la cosa non le dispiaceva troppo, metterci dentro, magari, una ciocca dei suoi bei capelli castani. Ciò li avrebbe totalmente disobbligati con Lehsen. Glielo permetteva formalmente, concluse, e se ne assumeva la responsabilità anche nei confronti del consigliere Tusmann.
Albertina, ancor sempre all'oscuro dei progetti paterni, non comprese bene che cosa c'entrasse Tusmann; tuttavia non fece altre domande. La sera stessa Edmondo fece portare in casa del consigliere commissoriale tutti i suoi attrezzi per pittura e il mattino seguente si presentò per la prima seduta.
Prima di mettersi al lavoro pregò il signor Vosswinkel di riportarsi con lo spirito al momento piú lieto, piú felice della propria vita, per esempio al momento in cui la sua compianta moglie gli aveva per la prima volta confessato di amarlo... o al giorno in cui era nata Albertina, o a quando aveva inaspettatamente ritrovato un amico creduto morto...
- Alt! - gridò il commissario. - Alto là, signor Lehsen: circa tre mesi fa mi venne notificata da Amburgo una cospicua vincita alla lotteria di quella città. Corsi da mia figlia con la lettera aperta in mano... Non avevo mai vissuto in tutta la mia vita un momento piú felice: scegliamo quello, dunque. Per dargliene meglio l'idea voglio andare a prendere la lettera e tenerla in mano aperta, come allora.
Edmondo, dovette ritrarre il consigliere esattamente in quella posa, inserendo nel dipinto la lettera col seguente testo ben leggibile:
“Ho l'onore di comunicare alla signoria vostra illustrissima, ecc. ”.
Non solo. Ma Vosswinkel pretese che, su un tavolino li accanto, si vedesse la busta con l'indirizzo:
“All'illustrissimo signor consigliere commissoriale, delegato municipale e intendente alla vigilanza anti incendio, Melchiorre Vosswinkel. Berlino ”.
E il timbro postale di Amburgo, ben leggibile anche quello. Edmondo dipinse un bell'uomo distinto, dall'aspetto cordiale e vagamente rassomigliante, nei tratti del viso, al consigliere commissoriale Vosswinkel. Comunque, la busta con tanto di indirizzo rendeva impossibile ogni equivoco circa l'identità del soggetto.
Il consigliere commissoriale rimase entusiasta del ritratto: finalmente si vedeva - disse - come un pittore di vaglia sapesse cogliere la fisionomia di un bell'uomo, anche se già un po' avanti negli anni... soltanto adesso capiva che cosa avesse inteso dire un certo professore il quale, parlando alla Società Umanitaria, aveva asserito che un buon ritratto doveva essere al tempo stesso un buon quadro storico. Infatti, guardando il proprio ritratto subito gli ritornava alla mente la piacevole storia della vincita alla lotteria, e capiva l'amabile sorriso aleggiante sulle labbra di quel secondo “se stesso”.
Prima ancor che Albertina mettesse in atto la seconda parte del piano, il consigliere la precedette pregando Edmondo di voler ritrarre anche lei.
Edmondo si mise subito all'opera. Ma il ritratto di Albertina non parve voler riuscire altrettanto felicemente quanto quello del consigliere commissoriale.
Edmondo disegnava, cancellava, tornava a disegnare, incominciava a dipingere, disfaceva tutto, ricominciava da capo cambiando posa, luci ecc. Ora la camera era troppo chiara, ora troppo scura e via di questo passo. Il consigliere Vosswinkel, dopo aver assistito a un'infinità di sedute, perse la pazienza e lasciò che i due se la sbrogliassero da soli.
Ora Edmondo veniva di mattina e di pomeriggio: e se il quadro sul cavalletto non pareva far eccessivi progressi, la tenera intesa amorosa fra il pittore e Albertina ne faceva assai. Certamente, lettore mio benevolo, lo avrai già sperimentato tu stesso: quando si è innamorati e si vuol dare alle dolci parolette languide, alle dichiarazioni, alle suppliche appassionate, la forza necessaria per penetrare irresistibilmente nel cuore della persona amata, spesso si rende necessario prendere la mano della persona medesima, e stringerla, e baciarla, per quindi - quasi in virtù d'una attrazione elettrica - passare inavvertitamente dalle carezze a un contatto di labbra: allora tutta l'elettricità si scarica nel torrente infocato d'un dolcissimo bacio. Per tali motivi Edmondo non soltanto doveva sovente smettere di dipingere ma altrettanto sovente era costretto ad allontanarsi dal cavalletto.
Avvenne cosí che, un bel mattino, egli si trovasse presso la finestra (... le candide tendine erano sollevate ... ) stringendo Albertina fra le braccia e premendosi ripetutamente alle labbra la mano della fanciulla, per dare alle proprie dichiarazioni quella maggior forza di cui si e detto.
Alla stessa ora, nello stesso istante, il consigliere segreto di cancelleria Tusmann passava davanti alla casa di Vosswinkel, munito - onde conciliare l'utile col dilettevole - della Saggezza politica e di altri volumi rilegati in pergamena. Benché procedesse a grandi balzi, essendo l'orologio sul punto di batter l'ora in cui egli soleva entrare in ufficio, si fermò per un istante e lanciò un'occhiata sorridente alla finestra della presunta fidanzata.
Egli scorse come in una nebbia Albertina con Edmondo; non riuscí a riconoscerli con sicurezza eppure, chissà perché, il cuore prese a battergli forte forte; e uno strano timore lo spinse a commettere un atto inaudito: salire ad un'ora cosí insolita e introdursi direttamente nella camera di Albertina.
Quando egli entrò, la fanciulla stava dicendo molto chiaramente: - Sí, Edmondo: in eterno ti amerò, in eterno!... - Edmondo se la strinse al petto e le scariche elettriche sopra descritte presero a crepitare, a scoppiettare come un intero gioco pirotecnico. Involontariamente il consigliere segreto avanzò di qualche passo e quindi si arrestò al centro della camera impietrito, senza parola, come colpito da catalessi.
Nell'ebbrezza della delizia suprema, i due innamorati non avevano inteso il pur massiccio rimbombo dei suoi stivali, non lo avevano udito aprire la porta né avanzare fino al centro della camera.
- Ma insomma... madamigella Albertina Vosswinkel!... - pigolò Tusmann all'improvviso in quel suo falsetto sopracuto.
Gli innamorati trasalirono e si separarono, Edmondo per correre al cavalletto. Albertina per ritornare alla sedia su cui doveva posare.
- Insomma!.... - ripeté il consigliere segreto dopo aver ripreso un po' di fiato. - Che cosa sta facendo, madamigella Vosswinkel?... Che cos'è questo?... Prima va a ballare in municipio, in piena notte, con un giovanotto che non ho l'onore, di conoscere, e io, povero consigliere segreto di cancelleria e fidanzato infelice, devo rimaner sbalordito a guardarla dai vetri... e adesso, in pieno giorno, qui alla finestra... dietro le tende... Giusto Iddio!... Le pare questo il modo di comportarsi conveniente per una signorina fidanzata?... - E chi sarebbe la fidanzata?... - saltò su Albertina. - Chi è la fidanzata?... Di chi sta parlando, signor consigliere?... Su, dica!
- O Dio Creatore, assiso sul trono celeste!.... - gemette Tusmann. - E lei ancora me lo domanda?... E di chi altri potrei parlare se non di lei?... Non è forse lei la fidanzata ch'io venero e adoro in silenzio?... Il suo egregio signor papa non mi ha forse promesso da tanto tempo quella sua cara manina bianca, fatta per essere baciata?...
- Signor consigliere segreto, - strillò Albertina fuori di se. - O lei già prima di mezzogiorno e stato all'osteria dove, sí, lo so da mio padre... ha preso l'abitudine di andare sempre più spesso, oppure le ha dato di volta il cervello!... Mio padre non ha... non può aver pensato a prometterle la mia mano!...
- Carissima signorina Vosswinkel, - insistette il consigliere se
greto. ~ Rifletta, la prego!... Lei mi conosce da tanti anni: non ' sono sempre stato un uomo morigerato, ragionevole?... E adesso, tutt'a un tratto, dovrei essermi data all'abominevole vizio dei bere... o aver perso la ragione? ... Signorina carissima, per questa volta chiuderò un occhio... non dirò una parola di quanto è accaduto qui dentro... Tutto perdonato, tutto dimenticato!..,. Ma ricordi, sposa adorata, che lei mi ha già detto il suo “sí” dalla finestra della torre municipale, a mezzanotte... E anche se poi, vestita da sposa, ha ballato cosí sfrenatamente il valzer con questo giovanotto, io...
- Lo, vede, - lo interruppe Albertina, - lo vede che sta dicendo insensatezze, una dietro l'altra, come un matto scappato dal manicomio?... Se ne vada!... Lei mi fa paura. Se ne vada, le dico!
Al povero Tusmann venne da piangere: - Essere trattato cosí... in questo modo infame dalla mia sposa adorata!... No, non me ne vado! Rimarrò fino a quando lei, egregia signorina Vosswinkel, non si sarà fatta una migliore opinione della mia modesta persona.
- Se ne vada! - ripeté Albertina con voce soffocata, premendosi il fazzoletto sugli occhi e correndo a rifugiarsi in un angolo della camera.
- No, - insistette il consigliere segreto. - No, egregia fidanzata. Per seguire il saggio consiglio politico di Thomasius devo rimanere... Non posso assolutamente andarmene prima di... - e fece l'atto di inseguirla.
Edmondo, ribollente di collera, aveva continuato a spennellare lo sfondo verde scuro del ritratto, ma a questo punto non si trattenne piú: - Pazzo, seccatore. dannato! - gridò, fuor della grazia di Dio; e avventandosi contro Tusmann gli passò tre o quattro volte sulla faccia il grosso pennello intriso di color verde scuro. Poi spalancò la porta e gli diede uno spintone tale da catapultarlo fuori come un proiettile.
Dalla porta dirimpetto stava uscendo proprio in quell'istante il consigliere commissoriale: il verde condiscepolo gli piombò fra le braccia.
- Consigliere! - gridò Vosswinkel balzando indietro inorridito.,- Consigliere, in nome del cielo, come ti sei conciato?...
Tusmann, quasi fuor di sentimento per l'accaduto, lo informò a brevi frasi spezzate del trattamento ricevuto da Albertina e dell'affronto subito da Edmondo.
Vosswinkel, tutto collera e sdegno, lo prese per mano, rientrò con lui nella camera di Albertina e si scatenò contro la figlia: - Che cosa mi tocca di sentire! ... Cosí ci si comporta?... È questo il modo di trattare il fidanzato? ...
- Fidanzato? - gridò Albertina inorridita.
- Proprio cosí, - urlò il padre. - Fidanzato, sissignora... Non vedo perché tu ti debba alterare per una cosa decisa ormai, da tanto tempo. Il caro signor consiglierei il tuo fidanzato, e fra poche settimane celebreremo le fauste nozze.
- Mai!... - esclamò Albertína. - Mai e poi mai sposerò il consigliere segreto di cancelleria! Come potrei amare quel vecchio?... No!...
- Che amare e amare! - la interruppe il padre, - qui non stiamo parlando di amore ma di matrimonio... Certo, il mio caro consigliere non e piú un ragazzino di primo pelo... uno sventatello ... Ha raggiunto, come me, quella che giustamente si può chiamare l'età ideale... t un uomo probo, giudizioso, colto, amabile... E poi C mio compagno di scuola!
- Noi - ripeté Albertina con violenza mentre le lacrime le salivano agli occhi. - No!... Non lo posso soffrire... mi è insopportabile... lo odio... lo disprezzo!... Ah, Edmondo mio!... - e si abbandonò semisvenuta fra le braccia del giovane che se la strinse appassionatamente al petto.
Vosswinkel impietrì, sbarrò gli occhi come se vedesse una apparizione spettrale e finalmente disse: - Che cos'è -questo ... che cosa vedo?...
- Eh sí, - spiegò Tusmann con la sua vocetta querula. - Sí... madamigella Albertina sembra non volerne sapere di me... sembra avere una fortissima inclinazione per il giovane signor pittore perché lo bacia senza soggezione, mentre a me, poveretto, quasi non vuole neppure porgere la bella manina ... E dire che fra pochi giorni avrei intenzione di infilare l'anello nuziale in quel delizioso ditino anulare...
- Ehi voi... Ehi, voi, dico... separatevi! gridò Vosswinkel strappando Albertína dalle braccia di Edmondo, il quale gridò a sua volta che mai e poi mai l'avrebbe lasciata... neppure a prezzo della vita... - Ah, e cosí?... - sibilò il consigliere commissoriale in tono beffardo. - Carina questa storia d'amore dietro le mie spalle!... Bravo, bravissimo mio giovane signor Lehsen... ecco dove mirava col suo disinteresse, i suoi sigari, i suoi ritratti!... Intrufolarsi. ú~ casa mia, voleva... sedurmi la figlia con arti abiette... E io dovrei gettare la mia figliola fra le braccia di un meschino imbrattatele buono a nulla?... Graziosa l'idea!...
All'udire quelle parole ingiuriose Edmondo perse il lume degli occhi, afferrò il poggiamano e lo alzò per colpire.
- Fermo, Edmondo! - gridò Leonardo con voce tonante facendo irruzione nella camera. - Fermo!... Non far sciocchezze!... Vosswínkel è un povero pazzo ma metterà testa a partito...
Il consigliere commissoriale, spaventato dall'inattesa apparizione, gridò dall'angolo in cui era corso a rifugiarsi: - Signor Leonardo... non so come osi...
All'apparire dell'orafo Tusmann si era fulmineamente tuffato dietro il sofà; rannicchiato nel suo nascondiglio pigolò con voce piagnucolosa: - O Dio del cielo!... Commissario, sta' attento... taci... chiudi il becco, caro condiscepolo... O Dio del cielo... quello e il signor professore... il crudele impresario... maestro di ballo della Spandauerstrasse...
- Venite fuori, - gli disse l'orafo ridendo. - Venite fuori, Tusmann, non abbiate paura... non vi sarà fatto alcun male... Della vostra stupida fregola matrimoniale siete già stato punito abbastanza... vi terrete per tutta la vita quella faccia verde.
- O Dio!... - gemette Tusmann fuori di se. - La faccia verde... per tutta la vita?... Cosa dirà la gente?... Che dirà sua eccellenza il ministro?... Non crederà ch'io mi sia dipinto la faccia di verde per pura, stolta vanità mondana?... Ne va del mio impiego... lo stato non può tollerare consiglieri segreti di cancelleria con la faccia verde... O povero me!...
- Su, su, - fece l'orafo interrompendo il piagnisteo. - Andiamo, Tusmann, non lamentatevi cosí... Troveremo un rimedio anche per voi, purché siate ragionevole e rinunciate al folle proposito di sposare Albertina.
- Non posso!... - Non deve!... - esclamarono ad una voce Tusmann e Vosswinkel.
L'orafo li squadrò entrambi con occhi accesi e penetranti ma, mentre stava per scatenarsi, la porta si aprí ed entrò il vecchio Manasse col nipote, il barone Beniamino Dümmerl di Vienna. Quest'ultimo andò diritto ad Albertina - la quale lo vedeva per la prima volta in vita sua - e disse con voce di raganella, prendendole una mano: - Eccomi qui, bella mia: sono venuto a gettarmi ai suoi piedi... M'intenda bene: e soltanto un modo di dire perché il barone Dümmerl non si getta ai piedi di nessuno, neppure di sua maestà l'imperatore... Ecco, voglio dire che lei dovrebbe darmi un bacio -. Cosí dicendo le si avvicinò ancor di più e fece per chinarsi... Ma a questo punto accadde qualcosa per cui tutti, ad eccezione dell'orafo, inorridirono.
Il già ragguardevole naso di Beniamino divenne tutt'a un tratto cosí lungo che andò a battere di schianto contro la parete dirimpetto, passando a un pelo dal viso di Albertina. Beniamino balzò indietro di alcuni passi e immediatamente il naso si ritrasse, tornò ad avvicinarsi a Albertina e il naso ricrebbe. Insomma, quel naso si mise a andare avanti e indietro come la canna di un trombone basso.
- Scellerato negromante! - ruggì Manasse; e tratta di tasca una corda intrecciata la lanciò a Vosswinkel gridando: - Gliela getti al collo, a quella canaglia... sí, intendo dire all'orafo... gliela getti senza complimenti, cosí lo trasciniamo fuori della porta e tutto è a posto!
Il consigliere commissoriale afferrò la corda ma invece che sul collo dell'orafo la lanciò su quello del vecchio ebreo; e immediatamente i due schizzarono in aria fino al soffitto, e ricaddero, e risalirono e seguitarono a andar su e giù, mentre Beniamino continuava il suo concerto nasale, e Tusmann rideva come un matto, fino a quando Vosswinkel non ricadde sfinito su una poltrona.
- Adesso a me, adesso a me!... - gridò Manasse e, datosi un colpo sulla tasca ne fece schizzar fuori un orribile topo gigantesco che saltò addosso all'orafo, il quale lo trapassò al volo con uno spillone dorato e il topo, lanciando uno strillo acutissimo scomparve. non si comprese dove.
Allora Manasse mostrò i pugni a Vosswinkel semisvenuto; e sprizzando collera dagli occhi di brace imprecò: - Ah, Melchiorre Vosswinkel, tu me l'hai giurata!... Hai attratto in casa tua quell'infame negromante e ti sei messo d'accordo con lui!... Sii maledetto, maledetto tu e tutta la tua razza, come una miserabile covata di uccelli!... Possa crescer l'erba sulla tua porta... possano tutte le tue imprese rassomigliare ai deliri d'un affamato che sogna di saziarsi con cibi inesistenti... Possa il Dales prender dimora nella tua casa e consumare ogni tuo avere, sí che tu debba andar mendicando, vestito di cenci, alle porte del popolo reietto da Dio, ed esserne scacciato come un cane tignoso!... Possa tu venir gettato a terra come un ramo secco, e non il suono di arpe ma i vermi ti siano compagni!... Sii maledetto, maledetto, maledetto, consigliere commissoriale Vosswinkel... - e, su questa triplice maledizione, Manasse prese per un braccio il nipote e si precipitò fuori imbestialito.
Albertina, sconvolta dalla paura e dall'orrore, aveva nascosto il viso contro il petto di Edmondo che la teneva abbracciata dominandosi a stento.
L'orafo si avvicinò alla giovane coppia e disse con dolcezza, sorridendo: - Non lasciatevi impressionare da queste follie... Tutto andrà a posto, ve lo garantisco... Ma ora è necessario che vi separiate, prima che Vosswinkel e Tusmann si riprendano dal paralizzante accesso di terrore.
E cosí detto uscí con Edmondo dalla casa di Vosswinkel.