Sergio Sablich

ANALISI DELL'OPERA «TURANDOT»

da S.Sablich, BUSONI, EDT, Torino, 1982
[con inserimento della traduzione italiana del libretto]

ATTO SECONDO

Il secondo atto, anch'esso suddiviso in due quadri, è meno ricco di azione ma non di pagine preziose, soprattutto musicali: pagine che traggono profitto dai punti di riposo dell'azione per effondersi autonomamente e creare un'atmosfera, uno stato d'animo, una suggestione esclusivamente musicale. Esso è aperto da un «Canto con coro» intonato a sipario chiuso da una voce sola di contralto accompagnata da un piccolo coro femminile su un ritmo di barcarola, semplice e popolareggiante; segue poi una danza di pretta marca orientale ed esotica, assai suggestiva, ancora accompagnata dal coro (il materiale usato è quello del quinto e del sesto pezzo della Suite, «Il gineceo di Turandot» e, appunto, «Danza e canto»).
Nelle sue stanze, la principessa Turandot ripensa ai recenti avvenimenti. Nel suo animo si agitano sentimenti opposti: sconforto, dubbio, dolci fremiti, volontà di resistere alla nuova passione che la minaccia. Mirabile e il modo in cui Busoni costruisce questo «Recitativo e Aria» sul modello delle antiche arie italiane, senza ombra di ironia e senza eccessi melodrammatici, con sottilissimi trapassi psicologici. Anche la vocalità di Turandot, nel primo atto piuttosto massiccia e stentorea, indulge qui ad accenti più intimi, più morbidi e personali. Benché profondamente commossa, Turandot decide di non palesare il suo turbamento a nessuno; Adelma, però, la sua confidente, sembra essersi accorta dello strano mutamento.
3. RECITATIVO ED ARIA

Turandot

Non più! Altrove
sta il mio pensier!
Nel petto il cor
a furia palpitò.
Il seno m'arde
e quel che sia non so!
Turbata, ahi sono...
Ah, forse amarlo
pur io potrei?
Ah, no, chè odiarlo
solo vorrei.
Nessuno al mondo
mi vinse ancor,
dovrò pentirmi
se cederò.
Ah, se scoprissi
il suo mister!
Gela la mente,
non ha pensier;
e ch'ei sia vinto
o vincitore,
l'orgoglio mio
veggo cader!
Ah, no, risorgi,
o mio valor;
per una volta
forte sii ancor!
a degna fine,
t'appresta, o cor;
a degna fine,
t'appresta, o cor:
Turandot muoia,
ma con onor!

Adelma
Non Vi riconosco più,
il Vostro contegno è tanto insolito.
Ha la vista di quel principe fortunato
arroventato l'acciaio dell'anima Vostra?
Ciò mi addolorerebbe.

Turandot
Tu mi irriti.

Adelma
Vorrei vederVi lieta.
Perdonate.
Turandot
Tu mi vuoi bene.
Dimmi, che devo fare?

Ma ecco giungere Truffaldino: in un «Intermezzo dialogato» dai colori ovviamente accesi e caricaturali e poi in un'«Aria» che motteggia tipici stilemi dell'opera buffa, egli narra i suoi comici e inutili tentativi di carpire allo straniero il suo segreto.
Truffaldino
Io penetrai,
cheto sgusciai
nel vigilato ostel;
disteso là,
dormiva già
il caro garzoncel.
E piano pian
io presi in man
la magica erba allor;
questa lo fe' parlar
senza esitar, sebben
dormente ancor!
(Ecco la radice di Mandragora)
Come in april,
mite e gentil,
spira lieve venticel,
ei sospirò,
si rigirò
parlò, ma dolce qual miel...

Turandot
... e disse il suo nome?

Truffaldino
Sì...

Turandot
Disse il suo nome?

Truffaldino
Dicea (parodiando)
"O morte o Turandot"
ed ottener di più non potei.

Turandot (irritata)
Uomo incapace, una gran testa hai tu!
Va via! Va via! Fila!

Truffaldino (indignato ed offeso)
Uomo o non uomo, capace o meno,
questa testa non si tocca!
Ingrato è l'uomo, questo si sa;
desta livor lo spirito, il genio...
Truffaldino resta a galla,
anche se l'invidia è gialla;
il suo cervel è senza vel;
è uom d'ingegno,
sole di questo regno,
vista casta,
mente vasta...

Turandot
Va'!

Truffaldino
Ecco qui il Vostro umilissimo servo.
(Esce dopo essersi inchinato tre volte.)

Neppure di fronte alla solennità un po' ampollosa di Altoum e della corte, ormai passati decisamente dalla parte di Kalaf, Turandot mostra segni di cedimento. Ma rimasta sola con Adelma, si confida con lei trepidamente; viene così a sapere che Adelma conosce il nome del principe e che per vendicarsi di esser stata da lui irrisa (in realtà ella lo ama e spera ancora di farlo suo) è disposta a rivelarlo a condizione di riavere la sua libertà e il suo rango di principessa. Turandot, sempre più ansiosa, acconsente e si appresta ad accogliere quel nome bramato.
Turandot
Qualcosa hai da celare...

Adelma
Oppure da svelare...

Turandot
Adelma..?

Adelma
Voi mi chiamaste amica;
ah, sì, lo son e ben lo posso,
che di re sono figlia;
eppure a Voi son schiava.
Ah, date a me la libertà
e Vi dirò ciò che bramate,
poichè io so dello straniero il nome;
mi liberate, libera sarete;
noi scambieremo, se vorrete,
libertà per libertà!

Turandot
È tradimento!

Adelma
Di me egli rise un dì che,
bimba ancora,
le braccia gli tendevo...
Non l'ho dimenticato!
Quest'è per me di mia vendetta il giorno,
si, lo concedete a me!

Turandot
Tu hai sofferto! Offesa fosti!
Dunque mia pari ti chiamo. (dolcemente)
D'ora in poi siamo sorelle.

Adelma
Oh, grazie! (fra sè) Oh mio trionfo!
Ed or, amica Turandot,
dolcissima sorella, ascolta...
(sussurra all'orecchio di Turandot)

Ma noi non la udremo pronunciarlo, poiché sul «Duetto», che improvvisamente si interrompe, s'innesta senza soluzione di continuità un «Intermezzo» orchestrale di vaste dimensioni, ispirato al «Valzer notturno» della Suite: pagina altissima, cui Busoni qui affida non soltanto il compito di svelare musicalmente il mistero ineffabile e risolutivo, ma anche quello di creare una dissolvenza magica dell'azione per dare libero corso alla musica nella sfera che le è più propria (vedremo che questo procedimento busoniano ritornerà, potenziato, nel «Doktor Faust»). Questo esito sinfonico è reso ancor più efficace dalla multiforme fisionomia del duetto che lo precede, un duetto nel quale la tensione, dall'iniziale dialogo parlato, va sempre più acuendosi nel canto fino a raggiungere punte di autentica drammaticità; questa drammaticità poteva essere ricomposta e trascesa in termini di concentrazione musicale soltanto per mezzo di una sospensione sinfonica, come appunto qui accade.
Non a caso, dunque, l'acme di tutta la scena coincide con un interludio sinfonico assai sviluppato, sospeso tra sogno e realtà e magicamente trascendente l'ambito stesso dell'azione: musica pura e irríflessa, e insieme culmine espressivo di tutto il secondo atto, se non dell'intera opera, esso introduce in quelle arcane regioni superiori raggiungibili soltanto attraverso la musica, verso le quali un mistico del suono assoluto come Busoni consapevolmente tendeva. Per Busoni, solo la il mistero diviene musica, e la musica mistero.
Fedele al suo venerato Mozart, alla salita vertiginosa a tali altezze egli non poteva far seguire altro che una altrettanto rapida discesa nel mondo disincantato della fiaba. Con i suoi teatrali colpi di scena che rimettono le cose a posto accomunando nella festa di nozze vincitori e vinti (anche Adelma, che sa far buon viso a cattivo gioco ironizzando filosoficamente su se stessa: chissà quanti saggi consigli avrebbe potuto dare alla povera Liù, sua ben più tragica controfigura), l'ultimo quadro non rappresenta alcun iperbolico superamento finale, ma soltanto il lieto abbandono al giocoso meccanismo della favola: il classico «lieto fine», appunto, che lascia aperta ogni soluzione e ogni riflessione proprio in quanto è mera convenzione, illusione più vera e profonda della realtà. Un lieto fine suggellato allegramente, se ce ne fosse bisogno, da una elettrizzante «Marcia alla turca» dove il do maggiore è di rigore.
Calaf, Turandot e Coro
Cos'è che tutti al mondo avvince,
che ogni cura e pena vince,
ch'astuzia o forza piegar non sa,
ch'eleva a sè chi in basso sta,
che guida il corso d'eterne sfere,
che cielo e terra ha in suo potere,
che sopravvive a ogni dolore,
ch'ora ci unisce? È l'amore!
L'amore! l'amore! l'amore!

Eunuchi (danzando)
Hi, hi, hi, hi.

Turandot sostituisce il velo da lutto
con un velo da sposa.
Calaf indossa un mantello sontuoso.

Eunuchi
Hi, hi, hi, hi. (escono)

Cerimonia della vestizione

Coro
Gioite! Gioite!
Gioite! Gioite!
La, la , la, la....
Si manifesti il Dio!
Si manifesti il Dio!
Si apre una tenda; si scorge
la colossale statua dorata di Budda;
davanti a questa un sacerdote.
Si celebrano le nozze.

Coro
Fanciulle gioite: or si appressan le nozze;
il nuovo dì rechi gioia e splendor!