Pensieri busoniani

Per me l’opera d’arte è lo scopo supremo di ogni aspirazione umana.
Autorecensione, 1912
Attingere qualche cosa all’infinito che circonda l’umanità e ridare questo qualche cosa in forma ben definita è la meta sublime e lontana dell’artista.
Autorecensione, 1912
Siamo ancora immersi nell'ottusità - e lo saremo per molto. Gli idealisti e gli umanisti sono come bei fiori di una pianta velenosa - essi fioriscono e risplendono invano e cadono. Forse con l'età il veleno della pianta diminuisce (si dice di averlo osservato) - ma occorrono epoche intere e non diventa mai innocua del tutto…
Londra, 30 settembre 1919, lettera alla moglie
Liszt sta a fondamento di tutti gi edifici musicali moderni e, in quanto fondamento, è sepolto sottoterra e rimane invisibile.
Zurigo, 20 ottobre 1916, lettera a José Vianna Da Motta
Il comporre è come una strada ora bella ora difficile, di cui si percorrono tratti sempre più lunghi, vi si raggiunge e sorpassa un numero sempre maggiore di tappe, ma la sua meta resta sconosciuta e irraggiungibile.
Berlino 26 luglio 1907, lettera alla moglie
Occorre conservare la serenità e l’ingenuità dei sentimenti in ogni fase della vita; l’arte se ne avvantaggerà. Guardiamo a Mozart...
Lettera a Francesco degli Avi, 1915
L’immaterialità è la vera essenza della musica, e noi la stiamo cercando: noi erriamo per antri stretti e sotterranei, al cui termine una strana luce lontana, fosforescente ci fa indovinare lo sbocco in una grotta meravigliosa. Quando finalmente siamo penetrati nella sala a volta del misterioso palazzo naturale, allora potremo imparare a dar le ali al linguaggio della nostra anima: esso risuonerà in una melodia sempre più fiorita e più elevata.
Los Angeles, 15 marzo 1911, lettera alla moglie
Nella vecchiaia è la verità, perché di tutta quanta la persona non si è conservato che il nocciolo, e non è rimasta abbastanza forza per coprirlo...
Vienna, 1 marzo 1909, lettera alla moglie
Non fu mai nelle mie abitudini di lamentarmi dei "tempi difficili". Io credevo che tutti i tempi fossero uguali - ma questo è peggiore. - Ogni uomo dovrebbe lottare con se stesso (è questo a cui si dà troppo poca importanza) e ogni paese avrebbe abbastanza da fare e da sacrificare per ripulir se stesso. - E la mania delle macchine fa progredir tanto poco, è altrettanto micidiale e porta altrettanta infelicità quanto la guerra. I grandi industriali sacrificano per i loro interessi personali centinaia di migliaia di esistenze umane non altrimenti che i guerrafondai… E il sistema con cui oggi si "esercita" l'arte è falso e malsano. E’ un miracolo dell'essenza dell'arte, se essa - nonostante tutto! - continua a vivere e a creare. In realtà è stato fatto di tutto per soffocarla.
Chicago, 27 marzo 1915, lettera alla moglie
Quando si è finito un lavoro, si è compiuto con ciò un tale progresso, che il lavoro è già di nuovo superato - ammettendo nell'autore uno sviluppo continuo. Questo obbliga a cominciarne uno nuovo - e così si potrebbe continuare per sempre (come si può osservare in Michelangelo, Goethe, Verdi) senza aver mai detto tutto.
Zurigo, 15 aprile 1919, lettera alla moglie
Serate, come quella d'oggi, mi rendono prezioso il "momento". Del resto è stata la mia debolezza caratteristica quella di lasciar passare il momento, immaginandone uno futuro e più importante. Mentre le persone "sagge" sfruttano proprio il "momento", come qualche cosa di reale e di presente. Chi ha ragione? Probabilmente ci inganniamo tutti, ognuno secondo il suo temperamento e il suo grado di intelligenza.
Londra, 15 ottobre 1919, lettera alla moglie
L’arte è rinunzia e tribolazione... Quando si crede di aver faticato a sufficienza per arrivare a una meta che ci siamo prefissi, è necessario il doppio di quella fatica per seppellire quella conquista. Se mi volto indietro, la mia vita è tutta piena di tumuli, e su ognuno è una croce. Sono quelle croci, in fondo, che mi rammentano ad ogni passo del mio spinoso cammino che la vera perfezione si identifica con la Croce del Calvario. E a qual perfezione vogliamo arrivare noi, poveri miseri e negletti?
Lettera a Francesco degli Avi, 1915