BUSONI "CONTRA" WAGNER
 

 

Il più importante motivo di attrito con il Marchese di Casanova fu senza dubbio la profonda avversione che Busoni nutriva per l'estetica e la musica di Wagner. Ecco alcuni stralci di lettere in cui questa posizione estetico-musicologica appare in tutta la sua evidenza (tutti gli originali sono in tedesco).
I. "Come sai, nel mio gusto musicale ho superato prima di tutto Schumann e Mendelssohn, ho misconosciuto Liszt, poi l'ho adorato, poi l'ho ammirato più pacatamente; sono stato ostile a Wagner, l'ho guardato poi con stupefazione e infine mi sono scostato da lui, da buon latino; mi sono lasciato sopraffare da Berlioz e - cosa tra le più difficili - ho imparato a distinguere il buon Beethoven da quello cattivo; da ultimo ho scoperto per conto mio i francesi moderni e poi li ho lasciati perdere, quando sono diventati popolari troppo in fretta per il mio gusto; e infine mi sono avvicinato spiritualmente ai vecchi maestri del teatro italiano." [Lettera alla moglie Gerda, 2 agosto 1907]
II. Quel che ho sentito ieri [di Wagner] mi è sembrato orribile... Non sono riuscito ad aspettare la fine che, con la sua bellezza, mi riconcilia. Quelle Valchirie, quelle lance sempre sbattute in terra, i movimenti senza senso e le immobilità insensate, quell'orchestra - che dice ora troppo, ora troppo poco - mi cacciarono fuori prima che Wotan cominciasse a congedarsi: - e quel testo!!! [Lettera a Gerda, 12 aprile 1912]
III. Avvengono fatti curiosi nel mondo, per quanto si creda di conoscerlo bene. Per me, per es., essere nato ed essere stato educato con Wagner e doverne presumibilmente anche prendere congedo si è rivelato, da un certo tempo a questa parte, un destino crudele e fatale. Che fortuna hanno avuto un Carl Maria von Weber o persino il giovane Verdi! È proprio tutta convinzione? Non c'è una tacita congiura tra migliaia di persone, che solo con lui si reggono o cadono, per tenere in piedi Wagner? È sorprendente che un piccolo, sgradevole sassone abbia potuto dar vita, con la sua musica noiosa e con alcuni lampi di genio, a una lega mondiale di questa forza. [A Egon Petri, 22 maggio 1913.]
IV. La giovane generazione comincia a far dell'opposizione... Per loro le cose sono più facili che non per la mia generazione, che ha dovuto trascinare Wagner sulle proprie spalle sin dalla nascita! [A Gerda, 19 settembre 1913.]
V. <Si dovrebbe menzionare> il mio rifiuto di Wagner, dapprincipio istintivo, poi ragionato; dei miei contemporanei sono certamente quello che ne ha subito meno l'influsso. [Al suo biografo Hugo Leichtentritt, 12-13 novembre 1915.]
VI. Ma non soltanto l'armonia, anche i temi e gli ornamenti di Wagner cambiarono dopo che ebbe conosciuto Liszt. Pezzi come Il mormorio della foresta e L'incantesimo del fuoco sono chiaramente studi pianistici lisztiani, e La cavalcata delle Valchirie è tanto spudoratamente ricalcata sul "Mazeppa", sia come costruzione, sia come idee, che, quando all'inizio di quest'anno ho risentito questo pezzo kitsch ne sono rimasto sconvolto: sconvolto per il fatto che lo spirito primigenio viene ammirato nella sua imitazione quasi parodistica, e invece rifiutato e disprezzato nell'originale. - Ho coniato allora il seguente aforisma: Liszt sta a fondamento di tutti gli edifici musicali moderni e, in quanto fondamento, è sepolto sotto terra e rimane invisibile. [A J. Vianna Da Motta, 20 ottobre 1917.]
VII. Sia il wagnerismo, sia il cristianesimo mi sono estranei, e penso che sarebbe ora di farla finita con ambedue - o almeno di lasciarli in pace senza continuare a frugarci dentro. Gli dei di Wagner mi lasciano indifferente, e giudico il "Tannhäuser" - ad eccezione dell'Ouverture - musica mediocre e in parte comunissima; - e, mentre le partiture di Wagner costituiscono una guida e una lezione per il musicista, dal punto di vista della scena Wagner - secondo la mia opinione (del tutto personale) - è un compositore per non-musicisti, in fondo falso e, a ben vedere, noioso. A mia giustificazione deve tener conto di alcuni elementi: la mia origine latina e il fatto che durante tutta la mia vita questa è stata la corrente artistica comunemente seguita, cosa che ha avuto pesanti conseguenze su di me. Non arrivo a capire come una nazione che ha la fortuna di possedere il "Faust" e il "Nathan" (e persino i "Nibelungen" di Hebbel) abbia potuto prender sul serio Wagner come poeta e, successivamente, inzepparlo di significati immaginari. [Ad Hans Reinhart, 15 aprile 1917, originale in tedesco.]
VIII. Ella sa, comunque, quanto poca simpatia io nutra per Wagner e per il suo world-champion, il giovinetto Sigfrido. [Al Marchese, 3 novembre 1918.]
IX. Secondo me è una constatazione storica, e la si può formulare "sin da oggi", che la musica scritta dalla morte di Wagner (1883?) fino, di sicuro, a circa il 1923, sarà chiamata semplicemente post-wagneriana o neo-wagneriana, Stravinsky e Schönberg compresi; così come Tintoretto e Tiepolo appartengono ancora all'arte tizianesca. - Si tratta ora di tornare alle antiche fonti, a meno che qualcuno non ne scopra una ancora ignota. - E non è che io faccia una affermazione postbellica se penso realmente che sia venuto il momento di scuoterci di dosso l'Ottocento tedesco. E non si indigni se metto insieme - ma unicamente in quel senso - Beethoven e Wagner. Tutto ciò non è inteso in senso "nazionale", ma solo artistico Per "antiche fonti" intendo:

Palestrina (linea) - Mozart (forma) - Berlioz (linea) [...] Al genio venturo (uno ne viene sempre) dobbiamo spianare la strada che dovrà percorrere. E possiamo farlo, con discernimento e con proponimenti chiari. - Dopo tutto, ciò non può suonarle nuovo né inaspettato, detto da me, e mi pare di vedere che i tedeschi al di sotto dei 30 anni cominciano a sentire confusamente qualcosa di simile: vorrebbero liberarsi da se stessi - possibilmente trascendersi. A Goethe riuscì nella poesia ciò di cui i tedeschi hanno bisogno nella musica. Ciò fu possibile perché la poesia è tanto più antica della musica. [A Philipp Jarnach, 2 dicembre 1919.]

X. Mi è stato riferito un detto delizioso di Gounod: "Beethoven c'est le plus grand, mais Mozart est unique". Ho passato in rivista i successori, la "scuola" di Mozart. Ci sono pochi discepoli, ma sono dei maestri. In primissima fila vanno nominati Cherubini, Rossini e Mendelssohn. È venuta poi la funesta "popolarizzazione" della "Nona", che ha confuso le idee e non ha prodotto alcun frutto. I seguaci di Wagner non rappresentano che un ininterrotto declino. Allora dove dirigersi? Verso la nuova classicità, ma non "all'indietro", qui sta "il nocciolo del cane". La citazione mi riporta al Faust. [A Philipp Jarnach, 22 marzo 1920.]