FERRUCCIO BUSONI

CHOPIN

B.224, H.190, R.48. In «Zürcher Theater Konzert und Fremdenblatt», XXXVI, n. 26, 8 aprile 1916, per un concerto del 13 aprile 1916 alla Tonhalle di Zurigo dedicato a Chopin in cui Busoni suonò i 12 Studî op. 25, i 24 Preludi e la Ballata n. 4.


Zurigo, aprile 1916

Nella storia della musica Chopin si trova in una posizione particolare in quanto pur avendo scritto solo per pianoforte e per di più soltanto in forme di minori dimensioni esercitò un influsso decisivo su contemporanei e successori e arrivò poco per volta a essere il compositore più popolare, il più amato, il più accessibile agli amatori di musica di ogni grado: posizione questa che detiene quasi nella stessa misura tutt’oggi. Ma altrimenti lo vedono i musicisti (uno Schumann e un Liszt in prima linea), altrimenti lo vede il pubblico. Perché l’atteggiamento del pubblico verso l’artista riposa da sempre su un benevolo equivoco, e non è pensabile che sia altrimenti, né altrimenti può essere. In questo caso è stato il lato fantasioso e sensibile della natura di Chopin che ha colpito il punto ricettivo di un uditorio estremamente vasto.
«Ah, questi cuori teneri!
Un ciarlatano è capace di commuoverli.» (1)
Avuta assicurazione da parte di autorità musicali che stavolta non si trattava di un ciarlatano, tanto più volentieri il pubblico si è abbandonato a quel lato della sensibilità chopiniana che coincideva con la caratteristica principale sia del ciarlatano che del pubblico. Ma l’apporto più valido di Chopin sta nell’aver espresso il suo mondo soggettivo senza ritegno, nell’aver arricchito l’armonia e sviluppato il pianismo puro. Il suo soggettivismo è collegato con la tendenza all’espressione personale del suo tempo; la sua personalità rappresenta l’ideale del personaggio da romanzo balzacchiano degli anni 183040: lo straniero pallido, interessante, misterioso, distinto, a Parigi. La coincidenza di tanti elementi spiega l’azione vasta e penetrante esercitata dalla sua personalità, alla quale una forte musicalità conferisce validità duratura.

(1) «Ach, die zärtlichen Herzen! Ein Pfuscher vermag sie zu rühren» (Goethe, Venetianische Epigramme, n. 77, v. 3).