FERRUCCIO BUSONI

JEAN SIBELIUS

B.227, H.203, R.49. In «Zurcher Theater, Konzert und Fremdenblatt», XXXVI, n. 26, 8 aprile 1916, per un concerto del 13 e 14 marzo 1916 alla Tonhalle di Zurigo, in cui Busoni diresse tra l’altro la II Sinfonia di Sibelius.


Zurigo, marzo 1916

Jean Sibelius è nato in Finlandia nel 1865, ha celebrato dunque da poco il suo cinquantesimo compleanno, e lo ha celebrato annunciando una V Sinfonia, che nel frattempo è già stata eseguita. Ai tempi del mio soggiorno a Helsingfors (1) ebbi occasione di assistere alla comparsa dei suoi primi tentativi musicali.
Una Suite per trio d’archi colpì allora la mia attenzione (e quella del suo valente insegnante di violino Csillag). Drizzammo le orecchie, quando sentimmo qualche cosa che andava ben al di là del compito di scuola. Sibelius si sviluppò velocemente e con sicurezza sul terreno dell’arte popolare finnica, un terreno che egli non abbandonò mai se non per un periodo passeggero, in cui un’ondata ciaikovskiana lo condusse in una via traversa.
Ma superò questo influsso per tornare, purificato e più maturo, al terreno suo proprio e affermarvisi d’allora in poi.
Sibelius si potrebbe chiamare uno Schubert finnico. La melodia del suo paese gli scorre dal cuore nella penna. Maestro della tecnica egli domina la forma e orchestra con naturalezza. E come persona sa avvincere e conquistarsi gli amici: è altrettanto intelligente che originale.
Oltre alle cinque sinfonie, Sibelius ha scritto un numero considerevole di poemi sinfonici, di cui il più noto è En Saga, il più notevole La figlia di Pohiola. Nome e contenuto di un altro pezzo, Cavalcata notturna e sorgere del sole, ci mostrano come nella sua opera leggenda e natura si diano la mano: e il contenuto musicale ne corrisponde perfettamente al titolo. Le società di musica da camera dovrebbero impegnarsi a far sentire al pubblico dei concerti il suo quartetto d’archi Voces Intimae.
La II Sinfonia, compresa in questo programma, consta di un primo tempo primaverile, che porta esso stesso dei boccioli ancor chiusi, di un tempo lento che dispiega la piena maturità di un’estate avanzata, e di uno scherzo che sfocia nel finale, dove sembra, da ultimo, che la terra finnica stessa intoni il suo canto.

(1) L’odierna Helsinki.