FERRUCCIO BUSONI

RELAZIONE SUI TERZI DI TONO

Bericht über Dritteltöne.
B.354, H.46, LM.88, R.96. In «Melos», Berlino, 111 (1922), agosto.



Berlino, 27 giugno 1922

Se c'è qualche cosa di altrettanto dannoso che voler ostacolare il progresso è volerlo forzare senza criterio... Sono passati circa sedici anni da quando fissai teoricamente il principio di un possibile sistema basato sui terzi di tono e fino ad oggi non mi sono deciso ad annunciarlo definitivamente. Perché? Perché il compito di porne le prime basi mi addossa una responsabilità di cui mi rendo ben conto. A tutt'oggi la possibilità di fare delle esperienze pratiche mi è mancata, e so molto bene che solo dopo una serie di ricerche rigorosamente controllate potrei presentare la mia idea con precisione. Sono arrivato a ben poco. A New-York da un vecchio e intelligente meccanico trentino fed adattare a un vecchio armonium a tre tastiere due serie di terzi di tono a distanza di un semitono.
La disposizione degli intervalli risultò così poco pratica che lo strumento non si padroneggiava facilmente. In ogni modo percepii i nuovi intervalli. Da una stanza vicina feci ascoltare a un piccolo gruppo di comprensivi cultori di musica la scala cromatica basata sui terzi di tono. La loro risposta unanime fu che avevano sentito la solita scala cromatica divisa in semitoni.
Questa impressione confermò la mia congettura che l'orecchio è capace di distinguere chiaramente i terzi di tono e non li percepisce, per esempio, come semitoni stonati. Per non rinunciare ai semitoni - e con ciò alla terza minore e alla quinta giusta - feci aggiungere alla prima serie di terzi di tono una seconda, alla distanza di un semitono; così a ogni terzo di tono si aggiunge il suo semitono. Dalla combinazione delle due serie risultano naturalmente i sesti di tono. La melodia aumenta dunque considerevolmente le sue possibilità espressive; e l'armonia risulta inoltre cosi complicata da esigere una sistemazione accuratamente meditata, che ancora non è nata e che può nascere soltanto dall'orecchio. - Rimane però mia convinzione che questo progresso deve costituire un arricchimento e non un mutamento dei mezzi. Gli innovatori sventati cominciano col rinnegare e coll'abolire ciò che già esiste. Io invece parto dal principio di basare la nuova conquista sul già esistente. Perciò conservo, nel caso presente, i semitoni: perché sono chiaramente conscio del loro valore espressivo, la rinuncia al quale sarebbe la più superficiale delle sciocchezze.
Le serie di toni interi, in Debussy - e prima di lui in Liszt - è come un momento d'attesa prima che l'intervallo del tono intero venga riempito di terzi di tono non ancora esistenti; in questo momento d'attesa si omette il semitono, ma solo nella parte melodica: l'armonia accompagnante rimane quella tradizionale. Dunque non si distrugga, si costruisca! Il tempo si incarica poi di eliminare automaticamente gli errori e il superfluo. Automaticamente esso accoglie il buono e tutto ciò che ha possibilità di sviluppo e lo conserva.
- E il Grande e il Bello fioriscono. -