CARLO PARMENTOLA

ROBERTO ZANETTI

BIOGRAFIA

DI ERMANNO WOLF-FERRARI


INDICE HOMEPAGE

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CASA NATALE DI E.W.F. A VENEZIA

Ermanno Wolf-Ferrari, compositore (Venezia, 12-I-1876 - ivi, 21-I-1948). Figlio del pittore tedesco August Wolf (1842-1915) e della veneziana Emilia Ferrari (1849-1938), fu dal padre avviato alla pittura e incoraggiato in pari tempo a coltivare la musica. Ragazzo, ebbe lezioni di pianoforte dal fotografo L. Brusa (1882-86); dopo aver studiato pittura per un anno all'Accademia di Belle Arti a Roma (1891), si trasferì a Monaco per perfezionarsi alla scuola «Holosy», ma dall'autunno del 1892 all'estate del 1895 frequentò l'Akademie der Tonkunst, studiando contrappunto con J. Rheinberger e direzione d'orchestra con L. Abel.


E. W. F. A 16 ANNI

Tornato a Venezia, si dedicò alla composizione dell'opera «Irene», su libretto proprio, che non fu rappresentata e rimase inedita. Nel 1897 diresse a Milano una società corale, entrando frattanto in relazione con L. Perosi, A. Boito e G. Ricordi. Nel 1899 venne eseguito a Venezia un suo oratorio e il suo nome (fin dal tempo di Monaco aveva aggiunto il cognome materno a quello paterno) cominciò a farsi noto. La sua seconda opera, «Cenerentola», ebbe, a Venezia, esito negativo (1900). Dopo un periodo di attivo raccoglimento a Monaco, vi presentò l'oratorio «La Vita Nuova» (1903) ottenendo successo, seguì nello stesso anno a Venezia la nomina a direttore del Liceo «B. Marcello» (che tenne fino al 1909) e il successo, a Monaco, della sua prima opera 'goldoniana', «Le donne curiose».


LA MADRE EMILIA FERRARI
(1848-1938)


Nel 1911-12 visitò gli Stati Uniti; negli anni seguenti continuò nella composizione delle sue opere, con un lungo intervallo durante la Prima Guerra Mondiale, che lo colpì dolorosamente, dati i suoi legami spirituali sia con l'Italia che con la Germania. Nominato nel 1939 professore di composizione al Mozarteum di Salisburgo, visse quel periodo prima a Monaco poi a Alt-Aussee presso Salisburgo. Nel 1946 si trasferì a Zurigo, nel 1947 a Venezia, ove l'anno seguente morì.
 

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Negli anni della giovinezza Wolf-Ferrari soffrì a lungo di scarsa nozione della propria identità artistica, e ciò non tanto per gli studi paralleli di musica e pittura, ampiamente compensati da una musicalità precoce, quanto per la compresenza, nella sua persona, di due culture, l'italiana e la tedesca, sia per motivi genealogici sia per motivi di studio e di formazione culturale. Dopo un febbrile alternarsi di attività, sfociate nell'insuccesso veneziano di «Cenerentola», decise di dedicarsi per qualche tempo alla riflessione. Il risultato di questa riflessione fu la scoperta dei due fari che lo guidarono, poi, durante tutto il corso della sua attività di compositore: Goldoni, il cantore della sua Venezia, e Mozart, nel quale egli ravvisò il raggiungimento dello «Zeitloses», dell'essere fuori della dirnensione tempo.
Non mancava, a Wolf-Ferrari, la consapevolezza storica, tant'è vero che egli non imitò mai pedissequamente il suo modello, ma lo rivisse novecentescamente con bruschi sbalzi di centro tonale più simili a quelli del verismo italiano che a quelli praticati in Austria e in Germania. E tuttavia la storia determinava solo la veste esteriore della sua scrittura, ma le grandi strutture e l'ispirazione di fondo perseguivano l'assoluto mozartiano. Per quanto concerne Goldoni, solo 5 opere sono tratte in senso stretto dalle sue commedie: «Le donne curiose», «I quatro rusteghi», «Gli amanti sposi», «La vedova scaltra», «Il Campiello». Però anche il fortunatissimo «Il segreto di Susanna», dovuto alla penna del librettista napoletano Enrico Golisciani, è d'impronta goldoniana, e non molto dissimile è il molieriano «L'amore medico».
Due opere su libretto di Giovacchino Forzano guardano all'opera settecentesca senza mediazioni, ritornando addirittura al doppio titolo in uso in quel secolo: «La gabbia dorata, ovvero Il Legame d'amore della marchesa» (che è un altro titolo dei goldoniani «Amanti sposi») e «Sly, ovvero La leggenda del dormiente risvegliato».
A parte il periodo del primo conflitto mondiale, che determinò in lui, di sangue tanto tedesco quanto italiano, una crisi che lo ridusse al silenzio per 10 anni, Wolf-Ferrari ebbe, come tutti gli uomini di cultura del Novecento, un periodo di travaglio dovuto al profondo desiderio di ricomporre il dialogo tra i compositori d'opere e il pubblico, e all'impossibilità di ignorare i profondi mutamenti avvenuti nella società e nella cultura. Il ritorno al pubblico fu tentato con l'accostamento tardivo all'opera verista di «I gioielli della Madonna» (la cui composizione è situata tra quella del «Segreto di Susanna» e quella degli «Amanti sposi», un accostamento sincero, dovuto a un vero e proprio desiderio di riappropriazione. L'opera goldoniana successiva, «Gli amanti sposi», è invece percorsa da vibrazioni più tormentate di quelle che caratterizzano le opere goldoniane precedenti, e non se ne può attribuire tutta la responsabilità alle manipolazioni operate sul libretto da Forzano. Questo lungo interludio critico ha lasciato il segno, e così le restanti opere goldoniane sono nettamente diverse tra loro a seconda che precedano o seguano questo periodo che ha causato, nonostante i ritorni, delle trasformazioni irreversibili.
Il loro denominatore comune resta la funzione etica assegnata da Wolf-Ferrari al suo teatro comico, sulla cui fondamentale serietà egli ha anche teorizzato. La comicità, piuttosto malinconica che ironica, piuttosto bonaria che mordente, si propone di attingere l'olimpica armonia dell'assoluto. Una tale armonia è impensabile, nel Novecento, come modello di vita, così com'era invece stato inteso nell'età dei Lumi, essa conserva tuttavia il valore di ideale estetico in cui rifugiarsi, che il musicista deve riproporre instancabilmente al suo pubblico.
Lontano dalle dispute dottrinarie, immerso nella sua ricerca dell'assoluto, desideroso solo di trasmettere il suo messaggio al numero maggiore possibile di spettatori-ascoltatori, Wolf-Ferrari fu, in definitiva, un musicista solitario. Tedesco per parte paterna, ha vagheggiato un mondo senza frontiere, e ha scelto per guida il più italiano dei musicisti tedeschi, arricchendo poi attraverso «I gioielli della Madonna», la sua scrittura di ulteriori caratteri di italianità. Egli può a pieno diritto essere considerato musicista italiano, e più precisamente veneziano, appartenente, cioè, al punto di confluenza di più culture. La sua scelta goldoniana non è dunque aprioristica, ma è profondamente motivata.
E di tale motivazione s'è reso conto il pubblico, che ha sempre considerato Wolf-Ferrari come musicista goldoniano per antonomasia, privilegiando le sue opere tratte da Goldoni con spirito di assoluta fedeltà: «Le donne curiose», «I rusteghi», «Il Campiello» hanno tenuto a lungo il cartellone ben dopo la sua morte. [Carlo Parmentola, DEUMM]

ROBERTO ZANETTI

BREVE BIOGRAFIA DI E. W. F.

LA MUSICA ITALIANA
NEL NOVECENTO


VOLUME I, p. 94

Nato il 12 gennaio 1876 dal pittore tedesco August e dalla veneziana Emilia Ferrari, fu incoraggiato dal padre a studiare musica e pittura. Nel 1891 fu inviato a Roma per frequentare quell'Accademia di Belle Arti e l'anno successivo a Monaco per perfezionarsi alla scuola Holosy. Iscrittosi anche all'Akadernie der Tonkunst, vi studiò per circa un triennio composizione con Rheinberger e direzione d'orchestra con Abel. Fece quindi ritorno a Venezia e si dedicò alla stesura del libretto e della musica dell'opera Irene (1895-96), che non gli riuscì di far rappresentare. Nel 1897 si trasferì a Milano, chiamato a dirigere una società corale tedesca e qui entrò in contatto con Giulio Ricordi, Boito e Lorenzo Perosi. L'influenza di quest'ultimo lo indusse a scrivere l'oratorio La Sulamita, sul testo del Cantico dei cantici, poi eseguito con successo a Venezia nel 1899. Non ebbe invece esecuzione un secondo oratorio, Talitha Kumi. La figlia di Giaro, composto nel 1900. A quest'anno risale la sfortunata rappresentazione, alla Fenice, di Cenerentola, che lo indusse a tornare a Monaco: sottoposta l'opera a una profonda revisione, gli riuscì di collocarla al teatro di Brema, dove nel 1902 ottenne un lusinghiero successo. Contemporaneamente aveva composto la cantica La vita nuova, da Dante, con la cui esecuzione a Monaco nel 1903 ottenne larghi consensi, poi rinnovati dalla commedia Le donne curiose. Sempre nel 1903 fu chiamato a dirigere il Liceo Musicale B. Marcello di Venezia, incarico che mantenne fino al 1909. Nel 1911-12 fu negli Stati Uniti, per poi dedicarsi, al rientro in Italia, interamente alla composizione. Durante il periodo bellico interruppe ogni attività. Chiamato a insegnare composizione al Mozarteum di Salisburgo nel 1939, vi rimase per qualche anno per poi passare a Zurigo e, nel 1947, rientrare definitivamente a Venezia, dove si spense il 21 gennaio dell'anno successivo.