ADRIANO LUALDI

ERMANNO WOLF-FERRARI E IL
RINNOVAMENTO MUSICALE ITALIANO


DUE PRECURSORI DEL RINNOVAMENTO
PEROSI E WOLF-FERRARI

I MUSICISTI D'OGGI
ERMANNO WOLF-FERRARI

IL RINNOVAMENTO ITALIANO
MILANO-ROMA 1931

[...] Fra il 1897 e il 1904 circa, un compositore italiano giovanissimo, un sacerdote, don Lorenzo Perosi (1872) aveva messo a rumore tutto intero il mondo musicale con i suoi Oratorî. Una meteora. Dopo il rapido sfolgorìo, la scomparsa. Oggi, nessuno quasi più ne parla. Le sue opere non vengono eseguite che rarissimamente e, il più delle volte, in modo poco decoroso.
I critici musicali odierni, occupati come sono nella massima parte a copiarsi l'un l'altro e a pesare e a fissare i valori non secondo un proprio concetto originale, ma secondo il fluttuare delle mode, il prevaler di questo o quel cenacolo o seguendo vie già tracciate, gli dedicano, nei loro Panorami, nei loro saggi, poche parole. I più «informati» ripetono il già detto da Romain Rolland sull'eclettismo dell'arte perosiana, sulle fonti svariatissime di questa, che vanno dal canto gregoriano agli Orlando di Lasso, Palestrina, Gabrielli, Carissimi, Schütz, Bach, Haendel, Gounod, Wagner; alcuni, avendo letto male e in fretta il Rolland, aggiungono all'elenco anche César Franck, sebbene il Rolland onestamente avverta che, contro questa sua presunzione, sta il fatto - dallo stesso Perosi dichiarato - che fino al 1899 l'autore del Giudizio Universale non conosceva una nota del belga.
Ma nessuno di questi frettolosi distributori di uffici e di attribuzioni nelle gerarchie dell'arte si è accorto o ha fatto soverchio caso del lato più importante dell'opera perosiana presa nel suo complesso: del fatto, cioè, che essa costituisce insieme una nuova prova delle profondissime radici che aveva messe fra noi il genere melodramma, e il primo sintomo - sintomo, per la sua vastità, imponente - delle nuove vie verso le quali si sentivan chiamati i musicisti nati intorno al '75. Prova dell'attaccamento istintivo alla più recente tradizione, in quanto, più che la forma e l'accento, lo spirito melodrammatico affiora sovente negli Oratorî perosiani, pure attraverso la loro ideale austerità d'insieme; sintomo della imminente reazione, in quanto alla forma opera si sostituisce quella del nuovo oratorio, o del poema sinfonico-vocale; e quelle ristrettissime fonti che eran bastate ai compositori della scuola verista, formando - con un trentennio di storia della musica, e il più recente - tutto, si può dire, il loro bagaglio culturale e intellettuale, si allargano di molto, e molte volte si moltiplicano.
Ed ecco, tra le sorgenti ristoratrici dell'arte nuova, apparire il canto gregoriano, e i grandi polifonisti del XV e XVI secolo, e il nome stellare di G. S. Bach. Per opera di un singolo artista e con intenti diversi e in altri modi si produceva, così, anche in Italia il fenomeno che era avvenuto poco tempo prima, con significato di reazione antiwagneriana in Francia; dove, morto César Franck nel 1890, erano nate la scuola dei Chanteurs de Saint-Gervais con lo scopo preciso di far conoscere e divulgare la musica gregoriana e palestriniana; e nel 1894 la Schola Cantorum per la restaurazione della musica religiosa.
Un altro caso, sul quale i critici tradizionalisti non hanno ancor preso l'abitudine di soffermarsi, e sul quale i critici «modernisti» - gli alfieri e i buttafuori autorizzati dei vari, «movimenti» - amano sorvolare, perché imbarazzante, certo, ai fini delle loro tesi, è quello di Ermanno Wolf-Ferrari (1876).
Geloso sempre della propria indipendenza e della propria solitudine, rimasto sempre estraneo a quei cenacoli e a quei gruppi che, agli aderenti, procacciano sovente una fama altrettanto rapida ed immeritata quanto effimera, questo artista, compiuti appena gli studi col Rheinberger a Monaco di Baviera, venne, verso il 1897, a Milano, e qui fondò una Società corale di cui molti che ne furon parte si ricordano ancora, come di un focolare d'arte la più elevata e pura e, si può aggiungere, «insolita» per quei tempi e per la media della coltura dell'ambiente anche musicale. Sotto la direzione di Ermanno Wolf-Ferrari si studiavano e si imparava a conoscere e ad amare le opere dei grandi maestri della polifonia vocale del XV e XVI secolo.
Eran nuovi paesaggi di meravigliosa bellezza, che si rivelavano alle menti degli amatori dell'arte; eran nuovi orizzonti che si aprivano ai giovani ansiosi di nuovi ideali; era un'oasi d'arte serena, disinteressata, elevatrice, purissima, in un ambiente che non riconosceva e non si appassionava che di teatro; un pensiero a Dio e ai Santi Padri della musica, in un mondo che non alzava mai lo sguardo al cielo. Per ciò che riguarda la musica istrumentale, G. S. Bach era il più grande amore del giovanissimo maestro. A casa Lurani, a casa Boito, a casa Ricordi, quando Wolf-Ferrari sedesse al piano, era per suonare musica di Bach.
A Venezia, più tardi, fra il 1902 e il 1907, quando, Direttore del Liceo Benedetto Marcello, impartiva lezioni di composizione - il più delle volte peripatetiche - erano i Palestrina, Gabrielli, da Vittoria, Marcello, Frescobaldi, Bach, Mozart, Gluck, Rossini, e Verdi, Verdi di Falstaff, i libri di testo e i modelli ch'egli illustrava. E nutrito di classicismo com'era, non riusciva a darsi pace dell'abbandono in cui eran lasciate tutte le forme di musica pura da camera e sinfonica; non riusciva ad «intonarsi» con gli ideali che vedeva comunemente seguiti. E intanto componeva o aveva già composto le due Sonate per violino e pianoforte, il Quintetto per pianoforte ed archi, il Trio per violino, cello e pianoforte; la Sinfonia da camera, e gli oratori La Sulamita, La figlia di Jairo, la cantata La vita nuova.
Per il teatro, dopo la sfortunata Cenerentola (1900) («Quando, dopo el fiasco de Venezia, son tornà a Milan, e go' visto che nissuni, nissuni me parlava de 'sto fiasco, come se 'l fusse sta' un disonor per mi, go' ciapà su, e son andà in Germania») componeva Le donne curiose (1903) e I quatro rusteghi (1906) dimostrando, con questa commedia, di avere, primo fra tutti i nuovi maestri italiani, intesa e raccolta l'immensa eredità spirituale lasciata da Verdi con Falstaff. Dimostrando, ancora, di rifarsi in quanto a stile, per spontanea inclinazione di un animo bene educato, chiamato dalle affinità elettive, a quei maestri nostri e forestieri del '700 che oggi -vent'anni e più dopo di lui - sono in tanti ad imitare e a rievocare, perché così vuole la moda, e perché il movimento, dopo essersi gettato all'estrema sinistra, ritorna ora precipitosamente verso l'estrema destra.

I MUSICISTI D'OGGI

Fissati i lineamenti generali della nostra arte moderna, e i limiti entro i quali si svolge e sviluppa tutta intera, pur nelle sue molte e profonde varietà, la nostra produzione musicale, è tempo di tirare le somme.
Non cederò alla tentazione di parlare diffusamente di ognuno dei compositori nostri moderni, e tanto, meno... a quella di pronunciare giudizi «definitivi». I più anziani di essi sono oggi fra i 55 e 56 anni di età; i più giovani, Labroca, Mortari, Rota-Rinaldi, vanno da un massimo di 35 ad un minimo di 20 anni. Alcuni hanno già dato molto, ma non tutto; altri hanno dato poco, ma promettono, per segni sicuri, molto per l'avvenire. Lasciamo tempo al tempo; e ai posteri l'arduo cómpito delle sentenze. Noi ci accontenteremo, qui, di accennare il più brevemente possibile i caratteri fisionomici dei musicisti che oggi, per una ragione o per l'altra, sono più in vista e che - ciascuno con i suoi mezzi, e indipendentemente da quel che facevano gli altri - più hanno dato alla causa del rinnovamento. Alla fine, un elenco di nomi e di opere sarà la miglior prova del fervore di attività e della vastità e varietà di geniali fatiche che caratterizza questo bello e confortante momento storico della rinascita musicale italiana.
Di Ermanno Wolf-Ferrari (1876), che dev'essere considerato precursore della «ripresa» della musica pura e pioniere di certi ritorni intorno ai quali si mena oggi molto scalpore, ho detto [cfr. supra]. A chiarir meglio la sua figura, e le ragioni della incomprensione e del silenzio più o meno organizzato di cui fu, tra noi, oggetto, non mi resta che ripetere cose che ho già dette molti anni or sono. Quando, nel campo del teatro, Le donne curiose comparvero, quando I quatro rusteghi le seguirono, gran da fare si dettero molti, per mettere Ermanno Wolf-Ferrari in rapporto al momento artistico di allora (1903-1906).
Vi fu chi parlò di lui come di un retrogrado volontario; vi fu chi lo trattò a dirittura come un «fenomeno». Il fenomeno si riduce forse a questo: nel non aver mai seguito, il Wolf-Ferrari, la moda del giorno. Quanto all'esser «retrogrado», il maestro non ha forse torto di non aver voluto dare in escandescenze musicali per paura di restare indietro.
È un fatto che, dopo quasi trent'anni, queste sue opere comiche non recano neppure il minimo segno dell'età che hanno; è un fatto che, ad ascoltarle, si prova un così squisito ed aristocratico piacere, si rivede un mondo lontano sotto un così seducente aspetto, ed è così arguto e sereno il sorriso che le infiora tutte, da renderle veramente incantevoli: oasi di frescura in un paese torrido, momenti di pace in un ambiente temporalesco.
L'aver sdegnato di seguire le mode correnti ha fatto sì che queste commedie musicali veneziane siano senza età per quel che riguarda le battaglie artistiche di questi ultimi trent'anni: e non abbiano che il colore - modernamente inteso ed espresso, inconfondibile dunque coi modelli ispiratori - dell'epoca nella quale si svolgono. Il non aver voluto che l'arte sua si fregiasse di una vistosa etichetta progressista, ha permesso al Wolf-Ferrari di dettare le sue musiche in piena serenità di spirito, e di cercare sempre i mezzi più semplici per esprimersi. La nessuna preoccupazione di essere quel che allora si diceva originale lo ha messo sulla via della assoluta spontaneità; e oggi - dopo aver sentito tante musiche e tanti autori - si può anche dire che lo ha condotto ad essere diverso da tutti i moderni, per quella gustosa patina arcaica che copre leggermente le sue musiche; diverso dagli antichi, per lo spirito moderno che inevitabilmente si mostra e si fa sentire anche là dove i modelli classici son seguiti più da vicino.
Certo, l'arte di Ermanno Wolf-Ferrari ha suscitato sempre e susciterà ancora molte discussioni; certo quello che egli fa, di starsene isolato e fermo in un mondo che si agita furiosamente e che ha le sue basi nelle Società di mutua assistenza, è audace; può sembrare quasi una sfida. Ma sfida non è perché Wolf-Ferrari è l'uomo più pacifico del mondo. Egli è - per quel che riguarda i «movimenti» artistici, - un assente; vive, presso Monaco di Baviera, in un bosco; molti, in Germania, lo credono morto; ed egli se la gode, perché dice che i successi «da morto» sono i soli veramente interessanti per un compositore.