GUIDO SALVETTI

BREVE SCHEDA
SU ERMANNO WOLF-FERRARI


MUSICA IN SCENA

VOL. II p. 474

[...] Attraverso il Falstaff alcune situazioni comiche trovano ormai piena cittadinanza tra coloro che, a torto o a ragione, se ne mostrano gli eredi: peripezie da commedia ridicola dominano l'atto II della Bohème, come la parte iniziale di Adriana Lecouvreur, o l'atto I di Andrea Chénier. Mascagni, negli stessi anni in cui compone Iris con pretese decadenti e simboliste, lavora al recupero del teatro settecentesco, con Le maschere. Titoli di nobiltà provenivano allora anche dall'area wagneriana: basterebbe pensare al favore con cui I Maestri cantori vennero accolti alla Scala, sia nella versione accorciata (con espunzione di quasi un buon quarto della durata, proprio nelle parti che non rientrassero nella categoria comico-sentimentale), sia nella versione integrale offerta da Toscanini nel 1898. Quando poi si poté finalmente assistere all'atto I del Siegfried, pur con tutte le cautele sul modo teutonico di far comicità, ci si accorse che «il comico è sempre, anche per Wagner, l'altra incancellabile faccia del tragico» (Torchi).
È in questo clima che apparve più che naturale che una produzione «comica», attinta alle più belle tradizioni della commedia dell'arte settecentesca e dalla commedia goldoniana, potesse provenire da terra tedesca, dove Ermanno Wolf-Ferrari (1876-1948) raccolse un notevole successo con un gruppo di tre «commedie musicali»: Le donne curiose da Goldoni (Monaco, 1903), I quatro rusteghi da Goldoni (Monaco, 1906) e Il segreto di Susanna (Monaco, 1909). La sua formazione musicale alla Hochschule di Monaco e la sua esperienza non teatrale - tra cui si ricorda una cantata La vita nuova (1901), di grande suggestione sinfonica - gli diedero i mezzi necessari, secondo l'esempio che gli proveniva dal Falstaff, per risolvere il brio di queste commedie con una scrittura orchestrale spumeggiante, da cui le voci, ora in veloce stile di conversazione, ora in provvisorie oasi sentimentali e cantabili, traggono continua animazione e ironia. Wolf-Ferrari riconobbe anche esplicitamente il suo debito nei confronti delle Maschere di Mascagni, di cui sviluppò il riferimento settecentesco anche in termini di divertite rigidità ritmiche e formali.
In Italia destò maggiore interesse, dapprima - a Roma già nel 1911 - l'«Intermezzo» in un atto Il segreto di Susanna: qui il ricalco settecentesco è evidente, fin dall'impianto con due cantanti e un servo muto, come nella Serva padrona. Va forse anche ricordato che proprio nel momento in cui Wolf-Ferrari raccoglieva i primi successi italiani, cominciavano a essere organizzati cieli di opere comiche, come fece il Dal Verme di Milano nell'aprile del 1912, con Don Pasquale, Elisir d'amore e Il matrinionio segreto. Ma fu dopo la guerra che le opere goldoniane entrarono stabilmente in repertorio anche nei maggiori teatri italiani. Nonostante alcune escursioni sul versante verista (I gioielli della Madonna; Berlino, 1911) o su quello favolistico e leggendario (Das Himmelskleid, «Il vestito celeste»; Monaco, 1927), la musa di Wolf-Ferrari si mantenne sostanzialmente uniforme: sue nuove opere, nel ben consolidato genere comico, vennero presentate in prima esecuzione a Venezia (Gli amanti sposi, dal Ventaglio di Goldoni, nel 1925), a Milano (Sly, ovvero La leggenda del dormiente risvegliato, da Shakespeare; 1927), a Roma (La vedova scaltra, da Goldoni; 1931) e di nuovo alla Scala (Il campiello, da Goldoni; 1936).
L'onorata carriera di questo autore «comico» ebbe quindi a intrecciarsi con le sorti, piuttosto diverse dall'inizio del secolo, del genere comico nel dopoguerra. A esso vengono infatti attribuiti ancor nuovi valori e significati, primo fra tutti quello di essere, soprattutto dopo il rilancio effettuato da Gianni Schicchi, parte integrante della buona e sana tradizione realistici, con inevitabili inflessioni di Strapaese.