EMIL M. CIORAN LO 'SQUARTATORE MISERICORDIOSO' L'8 aprile di 100 anni fa nasceva il grande filosofo franco-rumeno |
Considerato un filosofo fuori e contro la filosofia, Cioran ama definirsi un «idolatra del dubbio», «un dubitatore in ebollizione», a tal punto che il dubbio stesso diviene per lui convinzione: una sorta di «fede negativa e sterile, che non porta a nulla se non a complicazioni senza fine o a grida strozzate.» Impossibile per Cioran legarsi a qualcosa che abbia pretesa o parvenza di assoluto, come la religione, la fede politica o l’utopia. Nei confronti di Dio e del cristianesimo assunse una posizione aspramente critica e negativa, con qualche imprevedibile squarcio di luce, pur se permeato di quell’ironia che mai lo abbandonava: «Quando voi ascoltate Bach vedete nascere Dio… Dopo un oratorio, una cantata o una ‘Passione’, Dio deve esistere… Pensare che tanti teologi e filosofi hanno sprecato notti e giorni a cercare prove dell’esistenza di Dio, dimenticando la sola!» Nella sua opera ogni asserzione è continuamente sottoposta a revisioni paradossalmente esaltate dalla contraddizione («Nemmeno Dio riuscirebbe a mettere fine alla mie contraddizioni»). L'espressione del suo pensiero non può quindi che essere frammentaria, disgregata, a schegge, asistematica. Un pensiero che esprime il profondo disagio di esistere («Nessuno può essere meno adatto di me a questa terra») soprattutto in sulfurei e folgoranti aforismi, vergati con passione e furore: «Sono un filosofo urlatore. Le mie idee, ammesse che esistano, abbaiano, non spiegano nulla, strepitano.» La scrittura fu per Cioran un discorso rivolto unicamente a se stesso, una sorta di terapia, un’alternativa al suicidio, che considerava come l'unico atto veramente libero, frutto del libero arbitrio: «Mi sono perso nelle Lettere per l'impossibilità di uccidermi. È stata solo questa incapacità, questa vigliaccheria a far di me uno scribacchino.» Ogni suo libro assumeva quindi il significato di un’auto-esecuzione mancata. E parimenti terapeutico può essere per il lettore l’immergersi nelle sue opere: leggere Cioran, scrisse Guido Ceronetti, «è avvertire la presenza di una mano tesa, afferrare una corda gettata senza timidezza, avere alla propria portata una medicina non sospetta.» La nascita è per Cioran una catastrofe, uno scandalo. Significativamente il suo capolavoro filosofico si intitola L'inconveniente di essere nati. Ma talvolta sa essere meno perentorio: «nascere mi appare allora una calamità che sarei inconsolabile di non aver conosciuto.» Gran parte del suo pensiero filosofico è fondato sull’aporia e sul paradosso, non di rado ossimòrico, come nell’icastico aforisma: «Esècro questa vita che idolatro», vera e propria epigrafe della sua opera. Cioran fu certo un filosofo ‘squartatore’, ma, come acutamente osservò Ceronetti, seppe esserlo in modo ‘misericordioso’, soprattutto nei confronti dei reietti e dei falliti e quindi anche di se stesso, fallito tra i falliti: «Dopo tante frodi e imposture» - scrisse nei Quaderni 1957-1972 - «conforta contemplare un mendico: coltiva la sua spoliazione, condizione della sua libertà. Egli è se stesso e dura.» APPROFONDIMENTI IN WWW.RODONI.CH/CIORAN |