POESIE, PROSE, LETTERE E DIPINTI

DI EGON SCHIELE

a cura di L. Rodoni


 


 




POESIE, PROSE E DIPINTI

Io eterno fanciullo, sempre seguivo il passo della gente focosa e non volevo essere in loro, dicevo; - parlavo e non parlavo, ascoltavo e volevo sentirli forte o più forte, e vederli dentro. Io eterno fanciullo, sacrificavo ad altri, a quelli che mi facevano compassione, a quelli che erano molto distanti o non mi vedevano come chi vede. Portavo doni, inviavo occhi incontro a loro ed aria tremula sfavillante, tracciavo percorsi superabili - e non parlavo. - Presto alcuni riconobbero l’arte dello scrutatore e non domandarono più. Io eterno fanciullo, subito maledissi il soldo e risi, mentre lo prendevo deplorando, il prodotto, l’imperativo di massa, il baratto del corpo, il denaroscopo. Argento vedevo come nichelio, nichelio come oro e argento e nichelio, e tutto come inconsistenti numeri per me senza valore, di cui nulla m’importava, pure deriderò il denaroscopo deplorando. - Perché, risonava in me. Perché? - Qualcuno dice: denaro è pane. - Qualcuno dice: denaro è roba. - Qualcuno dice: denaro è vita. - Ma chi dice: sei tu il denaro? - Prodotto? - Roba sarebbe - Oh -, vivi e vitali! - I vivi dove sono? - Non è un affare. Tutti gli stati danno poco soccorso ai vivi. - Essere sé! - Essere sé! -

 

 

Dove gli exlibris hanno inizio, comincia il vivo, - dove gli "scolari", i morti viventi. - Vita? - Vita significa sprizzare il seme, vita significa gettare il seme, disperderlo, per? - per altri poveretti forse, per eterni scolari. Oh -, gli eterni scolari! Oh -, gli eterni uniformati! Oh -, gli eterni stati! Grande è il lamento per quelli che sono corpi vitali, il lamento del pubblico, quello del popolo, della massa, dei soldati, burocrati, maestri, inutili, artigiani, chierici, conformisti, nazionalisti, patrioti, contabili, persone di livello, e predisposte alla matematica. -
La variazione? - I facenti e i non facenti. Bluff è già un’azione in quanto inventato. Parlare in realtà non è azione, tutt’al più un’azione morta. - Dove volano le parole? - Colui che esprime è artista. Colui che vive è unico. - Comprate! - Non quadri, non prodotti, non lavoro, quadri? - Fatti di me - non da me. - Comprarmi... Frammenti.

***


Ho visto i viali di eterna primavera
e prima la tempesta infuriare,
e ho dovuto prendere commiato, -
staccarmi di continuo da tutti i luoghi della vita.
Le pianure i primi giorni m’erano d’intorno;
allora sentivo e già fiutavo i mirabiis,
i giardini muti, gli uccelli.
Gli uccelli? -
nei cui occhi mi vedevo rosa con occhi splendenti? -
Gli uccelli sono morti. -
Spesso piangevo quand’era autunno con occhi semichiusi.
Quindi gioivo nella magnifica estate e ridevo,
dipingendomi d’estate il bianco inverno. Sognavo a primavera la musica universale del vivente. Sin lì era la gioia; poi cominciarono gli ozi e le inerti scuole. Fui in morte interminabili città e mi compiansi. In quel tempo conobbi la morte del padre. I miei rozzi maestri furono spesso i miei massimi nemici. Ora devo ravvivare la mia vita! Finalmente posso rivedere il sole generoso ed esser libero.

***

Chi tra i viventi coi dono di sentire
non vuoi badare
a prodigi,
e scrutare
nel proprio spirito
guide per il cosmo?
L’eterno venire,
essere,
e passare,
sogni
del futuro
e tolleranza
del presente.
Desideri
divengon soffio
in questo tutto.
Per quale
tra i dotati
dello spirito
la natura è come
un problema
delle sacre arti?
La crederebbero
forse prodotto
di mano dell’uomo?
Artista innanzitutto
è il grande dotato dello spirito,
che esprime
visioni
di concepibili manifestazioni
in natura.


Sarebbero esploratori
ai quali per primi
la natura s’avvicina
e mostra, perché
si trasmetta ai contemporanei.
Artisti avvertono facilmente
la grande luce vibrante,
il calore,
il respiro degli esseri viventi
l’arrivo e
la scomparsa.
Suppongono
la somiglianza
delle piante
con gli animali
e degli animali
con l’uomo,
e la somiglianza dell’uomo
con Dio.
Non sono eruditi,
che per ambizione
divorano libri,
sono sé.
Religione è per loro
grado di percezione.
Mai compiranno
gesti esteriori,
o andranno
in case di preghiera
ad ascoltare,
mai proveranno lì
raccoglimento.


No, fuori
nella violenta bufera d’autunno
o alti sulle rupi
dove per loro
sono pregiati fiori,
possono
intuire
Dio.
Dolore riescono
a superare esteriormente
dentro però rode
ed affligge inquietante.
Sono persone squisite
frutti della madre terra,
i più amabili.
Sono facilmente
eccitabili
e parlano lingua propria.
................................................
Ma cos’è il genio?
Loro lingua è quella degli dei
e qui vivono in paradiso.
Questo mondo è il loro paradiso.
Tutto è canto
ed è divino.
Per essi è facile ogni lavoro.
Le arti sono quei fiori
che colgono nei giardini,
vivono nell’aria,
in melodica esistenza
intimamente però
sono legati al mondo.
Non conoscono lo sforzo.


Nulla di ciò che affermano
hanno bisogno di sondare,
essi lo dicono,
così dev’essere - per eccesso di talento.
Sono scopritori.
Divini, altamente dotati
poliedrici, onniscienti
modesti esseri viventi.
Loro contrario è il prosatore,
l’uomo quotidiano.
Già da bambino è incurante
del futuro.
Mangiano e bevono
e dormono, la stessa
monotonia giorno per giorno.
Imparano
e studiano,
lavorano col corpo
e con la mente fino
al disgusto.
Non sanno godere
i giorni della primavera,
il supremo umano,
l’amore.
A memoria anche
lo ripetono,
questi tiratori alle prime armi
dell’amore.
Sono gli esseri
più superficiali
e lontani dal mondo.


Collera, avidità e
ambizione, essere ricchi
di denaro si manifesta
di preferenza
con atti digradanti.
Per tutta la vita
vanno bighellonando
nello Stato e
mai cercano
di scandagliare la natura,
fischiettano operette
facilmente comprensibili
e per godere
leggono romanzi.
Il contadino scorre
di continuo con l’aratro
lungo il solco
dal mattino a tarda sera,
beve e mangia e sosta
un’ora - a mezzogiorno.
Il lavoro poi continua
e la sera egli è seduto
a instupidirsi alla locanda.
Così è giorno dopo giorno
e sempre il sole abbassa i raggi
e molta acqua scorre.


 

Le vecchie case
riscaldate d’aria terra-di-Siena:
dappertutto ci sono persiane bruciate dal sole
biancorosse e per giunta un vecchio organino melenso suona;
l’ampia, annosa giubba scura del musicante cieco
è d’un antiquato verde bruno, disfatta e scorticata.
Ti chiamo per mostrarti tutto quanto è concesso;
ecco grandi e piccoli occhi di bambini che ridono
e parlano forte di me.
Su in giardino ci sono tutti i verdi
e fiori e fiori antropomorfi.
Fuori in un prato di colori
sono disciolte figure colorate,
bruni irsuti contadini sul sentiero bruno
e gialle ragazze sul prato di mughetti.
Senti? -
Interno all’albero in foglie c’è un uccello che ha un colore smorto,
si muove appena e non canta,
- mille verdi si specchiano nei suoi occhi.


 

Sera bagnata

Ho voluto ascoltare
la sera respirare fresca,
gli alberi neri di temporale -
dico: gli alberi neri, di temporale -
poi le zanzare, lamentose,
i ruvidi passi di contadini,
le campane echeggianti lontano.
Volevo sentire gli alberi in regata
e vedere un mondo sorprendente.
Le zanzare cantavano come fili metallici in paesaggio invernale,
ma il grande uomo nero ruppe loro i suoni delle corde.
La città eretta stava davanti a me fredda nell’acqua.

 

 


Autoritratto
Io sono per me e per quelli
ai quali la morbosa sitibonda smania d’esser liberi
tutto a mio avviso effonde,
ed anche per tutti, perché tutti amo - anch’io.
Sono tra i distintissimi il più distinto -
e tra chi rende, il massimo. -
Sono umano, amo la morte e amo la vita.



Il ritratto della pallida ragazza taciturna


Una mia polluzione d’amore, - sì.
Amai tutto.
La ragazza venne, trovai il suo viso,
il suo inconscio, le sue mani da lavoro;
in lei amai tutto.
Ho dovuto raffigurarla,
perché guardava in quel modo e mi era così vicina. -
....................
Ora è lontana. Ora incontro il suo corpo.


 

Autoritratto

Un perenne sognare
colmo d’un tracimare dolcissimo di vita
incessante, - con paurosi dolori dentro l’anima.
Divampa, brucia, sviluppandosi a conflitto -
spasmo del cuore.
Ponderare - follemente vivo di voglia eccitata.
Insensato è il tormento del pensare,
impotente, a porgere pensieri.
Parli la lingua del creatore e offra! -
Dèmoni! Rompete questa furia! -
La vostra lingua, - i vostri segni, - il vostro potere.


Anarchico
Dove iniziava una gran cosa
all’universo somigliava:
Dio era indubbio.
Lì correvo: lo sento, lo percepisco.
Così sei Tu -, orecchio, vento, bocca,
così essa è Tua: la forma.
Oh! Sibila, Circe urlante, allarga bene le tue gambe.
La bufera si lamenta e chiama.
Oh Tu, chiama, grida! Senza cosmo, senza lotta, aria accarezza.
Erigi un monte, presto produci maligni arbusti.


Da "Io eterno fanciullo". Studio Tesi, Roma, 1990




LETTERA A OSKAR REICHEL


Vienna, 20 giugno 1911


Caro dott. O. R. Prima o poi nascerà una fede nei miei quadri, nei miei scritti, nei concetti che esprimo con parsimonia, ma nella forma più pregnante. I quadri che ho realizzato finora saranno forse solo dei preamboli - non lo so. - Ne sono così insoddisfatto, se li passo in rassegna. Hanno torto quanti pensano che dipingere sia meglio di niente. Dipingere è una capacità. Io penso all’accostamento dei colori più caldi, che sfumano, che si liquefanno, rifrangono, stanno in rilievo, carica terra di Siena grumosa con verdi o grigi, e accanto una stella di un azzurro freddo, bianca, biancoazzurra. Sono diventato esperto e ho fatto i calcoli rapidamente, ho osservato ogni cifra e ho cercato di desumere. Il pittore può anche guardare. Ma vedere è qualcosa di più. - Stabilire un contatto con un’immagine che ci riguarda, è molto. - La volontà di un artista? E. S.




LETTERA AD ARTHUR ROESSLER


19 settembre 1912


Caro R.R., ogni giorno sono costretto a rimuginare cattivi pensieri, che non lavoro a niente e non faccio che aspettare. Da marzo fino ad ora non sono riuscito a dipingere e soprattutto a pensare come vorrei. Ed è possibile che vada avanti così. - O c’è qualcuno che mi risolve la situazione oppure non c’è nessuno - ciò significa che devo aver toccato il fondo delle mie miserie al punto da potermene rallegrare di cuore. - Più a lungo aspetto, più le cose peggiorano e si aggravano. Cosa faccio, se non ho quadri? - Eppure credo di poter pretendere, in base a tutte le prove esistenti, che qualcuno mi paghi l’affitto per 2 mesi e il trasporto dei miei mobili. Non dico che cadrò in preda alla disperazione se vendo i miei oggetti a Neulengbach e vado a spasso. Ma ho il diritto di chiedere che mi venga dato un aiuto. Non si tratta di grosse cifre, per l’amor di Dio, e grazie a Dio qualcosa di più valgo ancora. Chi potrebbe chiedermi "cosa farà domani?" non esiste. E neppure ne ho bisogno, come agli inizi, ma è comunque triste se adesso dovessi lavorare in una casa piena di mobili, tappeti e insetti; preferisco di gran lunga andarmene fuori. - Il primo a cui penso è il dott. Reichel, mi potrà pur anticipare 200 corone. Vorrebbe imporsi Lei per me? - Ci rifletta, 6 mesi senza poter lavorare. - Quello che mi è successo, il fatto che ho speso molti soldi inutilmente è vero, e non cambierò perché, se ripenso intensamente al motivo per cui spendo tanto denaro, esso appare chiaro a chiunque abbia occhi per vedere: corrisponde alla promozione delle mie opere, né più né meno, eppure io ne ricavo poco. Forse qualcuno se ne rende conto, oppure posso spiegarglielo, in questo periodo in cui non resta che scrivere. Io voglio tutto solo per l’opera. Del resto, a che pro tante parole; se qualcuno si mettesse nei miei panni, mi porrebbe delle domande e farebbe in modo di risolvere al più presto la situazione. Se non c’è nessuno, di mio non mostrerò più niente. Collezionino gli artisti o quelli che hanno cuore e si esprimono liberamente. Perché scrivo a Lei queste cose è ovvio, so bene che non sarò deluso. Verrò da Lei domani per parlare, verso le 2-3.

 

Suo Egon Schiele

 



ANNOTAZIONE DI ADELE HARMS
[cognata del pittore]


[30.10.1918, ore 23]


Ultime parole di Egon Schiele
La guerra è finita - e io devo andarmene. - I miei quadri dovranno essere esposti in tutti i musei del mondo! - I miei disegni saranno divisi tra voi e i miei amici! e potranno essere venduti dopo 10 anni."


 

SCHIZZO PER UN AUTORITRATTO

In me scorre antico sangue tedesco e spesso sento in me la natura degli avi. Pronipote del consigliere di giustizia Friedrich Karl Schiele, primo borgomastro di Bernburg nel ducato di Anhalt, sono nato il 12 giugno 1890 a Tulln sul Danubio, da padre viennese e madre di Krumau. Da paesaggi pianeggianti con viali primaverili e da furiose tempeste ho assorbito le impressioni dell’infanzia che si perpetuano nell’immaginario. In quei primi giorni era come se già sentissi e odorassi i fiori prodigiosi, i giardini muti, gli uccelli, nei cui occhi lucenti mi vedevo rispecchiato in sfumature rosa. Spesso mi si inumidivano gli occhi all’arrivo dell’autunno. Quand’era primavera sognavo la musica universale della vita, poi mi rallegravo della splendida estate e ridevo, immaginando il bianco inverno nel suo pieno fulgore. Fino ad allora vissi felice, in una felicità mutevole, ora serena, ora malinconica, poi iniziarono i giorni del dovere e le scuole senza vita, scuola elementare a Tulln, ginnasio a Klosterneuburg. Giunsi in città sconfinate che sembravano morte e mi compiansi. In quel tempo assistetti alla morte di mio padre. I miei rozzi insegnanti mi furono sempre nemici. Loro - e altri - non mi capivano. Il sentimento più alto è quello della religione e dell’arte. La natura è funzione; ma Dio è là, e io lo sento intensamente, molto intensamente, con la massima intensità. Credo che non esista un’arte "moderna"; c’è solo un’arte, che non conosce interruzioni.



AUTORITRATTO

Io sono ogni cosa allo stesso tempo, ma non farò mai ogni cosa nello stesso tempo.


AUTORITRATTO

Io esisto per me e per coloro ai quali l’inestinguibile sete di libertà che ho in me dona tutto, ed esisto anche per tutti, perché amo - anch’io amo - tutti. Sono il più nobile tra gli spiriti nobili - e quello che più ricambia tra chi ricambia. Sono un essere umano, amo la morte e amo la vita.


 

AUTORITRATTO

Un eterno sognare colmo dei più dolci eccessi dell’esistenza
- irrequieto - con travagli angosciosi, dentro, nell’anima. -
Divampa, brucia, si accresce dopo la lotta, - spasimo del cuore.
Ponderare - e folle esuberanza con eccitato piacere. -
Impotente è il rovello del pensiero, inutile per giungere all’ispirazione. - Parlo la lingua del creatore e offro. - Demoni! Spezzate la violenza!
La vostra lingua, - il vostro segno, - il vostro potere.


 

UN AUTORITRATTO
[anche: CONSIDERAZIONE]
Lassù sulla terra che stormisce circondata da ampi boschi cammina lentamente alto e bianco l’uomo entro un vapore azzurro sempre fiutando i bianchi venti del bosco. Attraversa la terra che sa di cantina e ride e piange.


 

UOMO POLITICO

Allo scopo, muri a gradoni sopra muri, montagne su montagne, uniformemente. - Vita mortale, morte.




ANARCHICO

Dove ebbe inizio qualcosa di grande, l’unico mondo gli divenne simile:
Dio era privo di tutto. Io corsi là, lo sentii, lo fiutai. Così Tu sei -, orecchio, vento, bocca, così è per Te ciò che è forma. Oh! Sibila Circe urlante, spalanca le tue gambe. La tempesta si lamenta e grida. Grida, Tu, grida! Privo di tutto, senza lotta, così accarezza l’aria. Erigi montagne, porta subito maligni cespugli
.




ANARCHICO‑SOLE

Assapora il Rosso! Fiuta bianchi venti cullanti, osserva l’universo: guarda il sole, le stelle che gialle scintillano, finché ti senti appagato e devi chiudere gli occhi. Mondi cerebrali ti circondano di faville nei tuoi recessi. Lascia vibrare in te le dita interiori, tasta quell’elemento che devi cercare quando barcolli assetato, siedi balzando, giaci correndo, sogni giacendo, vegli sognando. Febbri divorano fame e sete e malavoglia, il sangue scorre e congiunge.
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Guardami, Padre, tu che sei qui, abbracciami, dammi vicinanza e lontananza, svuòtati e gonfiati, freneticamente, mondo. - Adesso stira le tue nobili ossa. Porgimi tenero orecchio, begli occhi azzurro pallidi, il colore dell’acqua. - Questo esisteva, Padre. Io sono prima di Te.


 

IL RITRATTO DELLA PALLIDA RAGAZZA SILENZIOSA

Una polluzione del mio amore, - sì. Ho amato ogni cosa. La ragazza arrivò, io trovai il suo viso, il suo inconscio, le sue mani da operaia; ho amato tutto di lei. Dovevo raffigurarla, perché lei ha quello sguardo e mi era così vicina. - Adesso se n’è andata. Adesso ottengo il suo corpo.




CIGNO BIANCO

Sul lago del parco odoroso di muschio, orlato di nero, scivola tra spuma dai colori dell’arcobaleno il solenne placido armonioso cigno




DAL DIARIO DI NEULENGBACH

Vienna, 8 maggio 1912


24 giorni sono stato in prigione! - Ventiquattro giorni o cinquecentosettantasei ore! - Un’eternità!
L’indagine si è sgonfiata miseramente - ma io ho sofferto come un cane, in modo indicibile. Sono stato terribilmente punito senza condanna.
Nel corso del dibattimento uno dei fogli sequestrati, quello che era appeso in camera da letto, è stato solennemente bruciato con la fiamma di una candela dal giudice in toga! - Autodafé! Savonarola! Inquisizione! Medioevo! Castrazione, trionfo dell’ipocrisia! - Allora andate nei musei e fate a pezzi le massime opere d’arte. Chi rinnega il sesso è un sudicione e infanga nel modo più basso i genitori che l’hanno fatto venire al mondo.
Come dovrà vergognarsi di fronte a me, d’ora in poi, chiunque non abbia sofferto come me!




Da "EGON SCHIELE - RITRATTO D’ARTISTA", SE EDIZIONE, MILANO