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ADRIANO LUALDI

DIARIO XI

L'UVA ACERBA

TUTTI VIVI

Firenze, agosto 1951 - Eccone un altro, che sprezza e compra. E non si tratta di un «altro» qualunque. Si tratta, nientemeno, del Maestro che - scomparso Richard Strauss - deve essere considerato come il piú grande compositore di musica oggi vivente: Igor Strawinski.
Ma, a proposito della nuovissima sua fatica «A Rake's Progress » che col complesso del Teatro alla Scala sarà prossimamente rappresentata a Venezia, anch'egli si è lasciato mordere dalla tarantola del paradosso obbligatorio, e ha dichiarato a Guido Piovene, le settimane scorse, a Los Angeles: «È una vera Opera; niente a che fare con il Melodramma, che io odio».
Come si possa comporre una «vera Opera» di teatro, e mostrarsene soddisfatti tanto da metterla al primo posto fra le cose vaste e importanti fatte nella vita (e Strawinski ne ha fatte veramente di molto vaste e importanti), odiando il Melodramma, è mistero che noi italiani penetreremo con qualche difficoltà, posto che di Opere e di Melodrammi ce ne intendiamo abbastanza. Da tre secoli e mezzo, Opere e Melodrammi sono (in musica si sa) il nostro tic nazionale.
Ma queste discrepanze, diciamo cosí fra parole e fatti, fra intenzioni e azioni, fra amore ed esasperazione dell'amore (che può prendere le apparenze dell'odio e diventare odio), fra voglia matta di avere una tal cosa e gesto di indifferenza o di repulsione per abbassarne il prezzo, appartengono alle cronache di tutti i tempi; cose sempre avvenute anche nelle migliori famiglie fin da quando la volpe - prima ancora che il serpente inventasse la storia del pomo - vide quel tale grappolo d'uva.
Quello che - in confronto di queste vecchie esperienze - impreziosisce la già tanto preziosa e tanto felice età nostra, e le conferisce un connotato veramente inedito, e la distinguerà nei secoli da tutte le altre età post-bibliche per gloriose che siano (nel Vecchio Testamento v'è Babel, con la ottimistica torre-presagio di Nembrot discendente di Cam e prode cacciatore innanzi a Jahvè); la qualità sopraffina e personalissima, sgargiante ed estasiante del nostro tempo, è non soltanto la confusione delle idee, che sarebbe il meno; non soltanto la confusione delle lingue, grazie alla quale la torre di Babel su citata diventa uno scherzo di vecchi barbogi senza fantasia; ma è anche, e soprattutto, la elasticità e la polivalenza dei singoli vocaboli.
In musica, e specialmente a spese del genere e del fenomeno Melodramma, cioè dell'Opera lirica, del Dramma per musica, la confusione è completa da quando, nel 1912, Arnold Schönberg defini impropriamente Melodramma il suo Pierrot lunaire, rifacendosi ad un uso invalso in Germania già alla fine del '700 e al primo Ottocento: quando si disse Melodramma per intendere Melologo; che è (dal greco melos logos, declamazione su fondo o accompagnamento musicale) vocabolo tanto bello, nella sua incorrotta classicità inequivocabile, e, per questi motivi, oggi ripudiato.
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(Da quarant'anni a questa parte, si ha dunque un vasto repertorio di «Melodrammi» che sono, poi, Melologi; di «Drammi» o «Commedie» musicali che sono antiteatro; di «Oratorii» e « Cantate» che son Teatro; di «Messe» e «Responsorii» che sono Suites di danze e di canzoni popolari; «Suites» che sono Sinfonie; «Sinfonie» in un tempo solo (minuti 4,30) che sono «niente»; «Opere giocose» che son funerali, ecc., ecc. In innumerevoli casi, da parte dei rivoluzionari ad alta tensione, nessun rapporto esiste piú fra titolo (preso spesso dalla terminologia classica) e forma e sostanza dell'Opera d'arte. Pur di fare diverso, pur di mimare un «nuovo» che dentro non si ha, bando agli scrupoli, e vivano l'arbitrio e l'anarchia. L'espediente piú semplice, e piú comunemente adottato, è quello di capovolgere il senso normale delle parole, come si è visto; nella speranza (ahi, quanto fallace) di poter rovesciare, con la logica, anche i vecchi idoli, e farsi un po' di largo intorno).
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Per ritornare a Strawinski, quando egli dichiara il suo «odio» nel Melodramma, non si riferisce certo alla germanica forma bastarda inaugurata nel 1775 da Giorgio Benda con Ariadne, e rimessa in circolazione nel primo Novecento dallo Schönberg; egli si riferisce senza dubbio al Melodramma propriamente detto; all'unico genere, all'unica forma composita di arte Musicale che, nata e battezzata e cresciuta e aureolata di gloria in Italia, porti legittimamente questo alto nome. Si riferisce, il grande Igor, al Melodramma, cioè all'Opera lirica (che è la stessa cosa): poesia, musica, danza, arti figurative, architettura, tecnica dell'illuminazione e meccanica: tutte riunite in un solo spettacolo. Il genere d'arte piú completo e piú ricco di possibilità e piú suscettibile di evoluzione e di rinnovamento (appunto per il numero e per la varietà dei suoi elementi) che sia stato creato dal genio artistico umano.
È dunque curioso, perbacco, (c'est bien dróle, parbleu) osservare che proprio in questi anni beati in cui, facendo violenza ad oneste e beneducate parole, le si tirano a dritta e a manca, e tradiscono, e retrovertono, rendendole complici dei piú spudorati contrabbandi e imbrogli artistici, Igor Strawinski ci offra un'altra prova del suo indomabile spirito di indipendenza, molto sottilmente sottilizzando; fino a mettere una contro l'altra (alla prima dichiarando amore e soggezione; alla seconda dispregio e odio) due definizioni (Opera e Melodramma) che sono, quanto a sostanza, sinonimi; e che, rifacendo i conti, rappresentano l'una e l'altra la somma uguale dei medesimi addendi: poesia, musica, danza, arti figurative, ecc.
Ma, dice, egli pensa al Melodramma-tipo; quello che si cristallizzò nel primo Ottocento in Italia, quello del Recitativo, Aria, Cabaletta, Preludio e Postludio orchestrale, Danza, Concertato, Marcia ecc. È questo, il tipo che non gli va.
Peraltro, si risponde, e proprio a questo tipo italiano di Melodramma che Strawinski si è tenuto fedele nelle sue opere di teatro piú geniali, piú vitali e piú fortunate: quelle che gli hanno dato, con alcune opere sinfoniche, ben meritata solidissima fama.
Fin nel celeberrimo Petruska, che è un Balletto, è facile riconoscere (modernizzato e aggiornato, si sa, come lo è nel teatro di Puccini, Mascagni, Wolf-Ferrari) lo schema del Melodramma tipo italiano: Preludio, Recitativo, Aria, Duetto, Concertato, Danza, Coro, ecc. V'è fino il Ballo dell'orso, ironizzato da Benedetto Marcello, e sostituito, nell'Ottocento, come rima obbligata, dai coretti e ballonzoli delle forosette, zingarelle, damigelle inghirlandate di fiori, ecc.
Lo stesso Usignolo, un'altra delle opere capitali del teatro di Strawinski, si rifà forse, come schema e come principi estetici, al Dramma per musica di Wagner o di Richard Strauss (che ne è l'amplificazione) o al Pelléas et Mélisande di Debussy? Neanche per sogno. La sua parentela piú stretta, quanto a schema e ad estetica, e sempre e ancora con il Melodramma tipo italiano: basta pensare alla Canzone del pescatore che apre il primo e corona ciascuno dei tre atti, alla Scena fra i Cortigiani, il Bonzo e la piccola cuoca, al Canto dell'usignolo, alla Marcia cinese, alla Scena degli spettri, alla Entrata dei Dignitari della Corte, ecc.
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Troppo geniale artista e spirito aperto e intelligente è lo Strawinski, e troppo religioso osservatore e cultore della forma, e uomo pratico per giunta, per non sapere che - di tutte le forme di Melodramma e di Dramma musicale sperimentate e adottate - lo schema classico tradizionale italiano è il piú vitale e il piú ricco di risorse. Tre secoli e mezzo di Storia del Melodramma, e una lunga serie di geni italiani e stranieri lo hanno perfezionato e collaudato in ogni modo; e hanno comprovato che è lo spirito che può e deve rinnovarsi, e non già l'urna.
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La quale si è mostrata e continua a mostrarsi tanto capace, da poter contenere qualunque essenza: per preziosa e nuova ed eterea e ardita e piccante e spregiudicata che sia.
Ma perché, allora, e proprio dalla voce di Igor Strawinski, questa antitesi: Melodramma - Opera?
Mio Dio. La vita dell'arte è oggi - grazie ai suoi dirigenti - quella che è. E lo snob, l'ignoranza, le etichette senza senso e possibilmente scandalistiche, vi hanno parte decisiva; vi hanno autorità e fortuna grande.
È questo (dice), che il mondo vuole.
E fa bene, allora, lo Strawinski, a dargli, almeno a parole, quel che si merita.