RENATO MARIANI

VERISMO IN MUSICA
E ALTRI STUDI


Raccolti da C. Orselli
cm. 17,5 x 25, 360 pp.
Firenze 1976    
Historiae Musicae Cultores
vol. XXX   
 
ESAURITO


    
Renato Mariani, ben noto in Italia per avere avuto una parte di primo piano nella vita del Teatro Comunale di Firenze e del «Maggio musicale fiorentino» si è spento a Firenze il 26 dicembre 1974. La sua scomparsa ha suscitato ovunque una dolorosa impressione.
Questo libro vuole essere una testimonianza della sua attività quarantennale di studioso, di saggista, di critico e di operatore nel campo della musica sinfonica e melodrammatica, attività sempre pervasa da un altissimo senso di umanità e di coraggio.
Ha scritto di lui Leonardo Pinzauti su La Nazione di Firenze: «Renato Mariani aveva poco più di cinquantanove anni, essendo nato a Firenze il 26 Luglio 1915, ma aveva cominciato giovanissimo l'attività di critico musicale, mettendosi in luce come uno dei più sereni ed acuti studiosi del primo Novecento italiano, e in particolare di Puccini e dei «veristi», di Malipiero, Zandonai e Perosi.
Chi lo ricorda qui - con la profonda pena che suscita la morte di un amico e la perdita di un uomo più disposto a dare che a chiedere - rimpiange in Maríani un appassionato servitore della musica, una intelligenza che si è davvero «bruciata» alla fiamma del teatro musicale, rinuncíando a riconoscimenti e a prospettive quanto mai lusinghieri di una attività di critico e di studioso che, col passare degli anni, tendeva sempre più a chiudersi in un impegno privato, anche se non saltuario.
Di fatto gli esordi di Mariani risalgono al 1932, quando era quasi un ragazzo: ma già il suo piccolo Puccini del 1937 lo fece considerare come una rivelazione nel mondo culturale italiano, dove il giovane studioso si presentava con uno stile personale di scrittore, sorretto da urta cultura di prima mano e da una sottile sensibilità.
Poi vennero gli innumerevoli articoli sulla Rassegna musicale, sull'Italia letteraria, su Musica d'oggi, sul Radiocorriere, su quotidiani (tenne fra l'attro, per un breve periodo, la rubrica musicale sul Mattino dell'Italia Centrale di Firenze) e su riviste. Finché, nel 1949, abbandonò ogni impegno più esplicitamente giornalistico per dedicarsi al teatro musicale: assunto al Comunale di Firenze, segretario artistico di Francesco Siciliani in uno dei periodi più luminosi della storia teatrale di Firenze (fra il 1949 e il 1957), a Mariani toccarono in seguito incarichi di grande responsabilità (nel 1966 fu nominato segretario generale dell'Ente), e la sua intelligenza non settaria, il suo buonsenso e il suo intuito apparvero insostituibili per assicurare al «suo» teatro, troppo spesso in balia di crisi ricorrenti - di carattere amministrativo o politico - quella continuità di tenuta e quelle impennate repentine che hanno contribuito Più volte a salvarlo. E anche se Marianí non era tipo da farsi pubblicità, è un dato di fatto che direttori come Zubin Mehta e Lorin Maazel, quando erano ancora pressoché sconosciuti, furono da lui incaricati di importanti manifestazioni teatrali, che il tempo ha traslormato in veri e propri punti di riferimento. Si pensi, ad esempio, alle memorabili edizioni di Tosca, restate fra i più originali contributi all'approfondimento di un testo popolarissimo. Se di qualcosa timidamente si vantava, però, era di aver cercato sempre di essere «giusto», come diceva: e lui che era conoscíutissimo per aver dedicato gran parte dei suoi studi a musicisti spesso disprezzati dalle avanguardie, di fatto ha contribuito, a più riprese, quando la direzione artistica del Teatro Comunale di Firenze passava nelle sue mani (non importa se ufficialmente), alla presentazione di innumerevoli autori contemporanei, delle più diverse tendenze, senza alcuna preordinata esclusíone e senza favoritismi. Né aveva il vezzo di parlare di musica facendo mostra di termini tecnici (che tuttavia conosceva), e tanto meno di considerarsi un «maestro»; si adontava anzi bonariamente, quando qualcuno, nell'ambiente teatrale, lo chiamava così, dimenticandosi che egli era «il dottor Maríani», laureato in legge e in scienze politiche, approdato alla musica quasi per un irresistibile impeto interno, per un atto d'amore che una sensibilità a volte spasmodica tendeva fino ai più disinteressati e fanciulleschi entusiasmi.
Il giorno che sarà fatta una storia della musica a Firenze negli ultimi decenni, anche se sarà difficile trovare Marianì in un primo piano ufficiale, la sua presenza sarà vivissima; e sullo sfondo - a commentario sempre discreto ma pulsante di vita e di umori - ci saranno i suoi scritti di critico: uno dei più sensibili, e certo uno dei più leali, fra quanti ha avuto l'Italia, e non soltanto a Firenze».
A illuminare ancor più la figura morale di Renato Mariani, vanno ricordate le parole di Teodoro Celli che nel suo bellissimo scritto pubbliRenato Mariani, così concludeva:
«Nella giungla che è l'ambiente teatrate-melodrammatíco italiano, dove si incontrano animali feroci ad ogni passo, egli era riuscito a rimanere ciò che spontaneamente era: un gentiluomo nel bel senso della parola. Come tale, oltreché come studioso, lo ricorderemo: come un uomo, cioè, del quale essere amici era da ritenere vero privilegio».