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Data: 06-10-1996
IL SOLE 24 ORE
Giorno: Domenica

Inserto:
DOMENICA
LETTURE
OPERA OMNIA MONTALIANA - Esce l'ultimo tomo coi testi di critica  d'arte e le recensioni musicali 
PUBBLICO FOLTO PER MALIPIERO

Autore:
Eugenio Montale

Dal volume «Il secondo mestiere. Arte, musica, società», curato da
Giorgio Zampa e pubblicato in questi giorni nei Meridiani
Mondadori, riprendiamo qui un breve scritto che Montale dedicò a una
«Biennale Musica» il 5 settembre 1966. Con tale volume si chiude la
pubblicazione delle opere complete del poeta (6 tomi raccolti in
cofanetto; 390mila lire) nella prestigiosa collezione mondadoriana.
[...]

Il XXIX Festival di musica della Biennale, nato dalla collaborazione di questa con la Società internazionale per la musica contemporanea e con la Radiotelevisione italiana, si è inaugurato ieri sera alla Fenice rappresentando in prima assoluta uno spettacolo lirico: Le metamorfosi di Bonaventura, ultima fatica del glorioso ottantaquattrenne Gian Francesco Malipiero. Il libretto è opera dello stesso musicista, il quale si è avvalso liberamente delle germaniche Nachtwachen des Bonaventura che qualcuno attribuisce a Lessing, e anche delle novelle musicali di Hoffmann. È difficile riassumere l'argomento di un trittico che, oltre al filosofico Bonaventura, guardia di notte, pone in scena tre ombre, due ladri, un commediante, due madri, un ubriaco e addirittura Ofelia. Nell'atto successivo abbiamo un secondo palcoscenico dentro il primo e vi si incontra un episodio dell'amore di Don Giovanni per una Donna Eleonora, moglie del fratello di Giovanni stesso, Don Toribio. Nel terzo e ultimo quadro assistiamo al delirio di Bonaventura e alle dichiarazioni di tre personaggi non ben identificati, uno dei quali è poeta e calzolaio. Non si tarda ad accorgersi che il maestro Malipiero, dando veste poetica e musicale a un canovaccio che io non riesco a riassumere, ha inteso comporre un quasimelodramma moderno il quale ha per vero argomento non più che l'allusione a ciò che fu il dramma in musica. Dal punto di vista poetico (dato e non concesso che di poesia possa parlarsi) si tratterebbe dunque di una poesia che mette insieme pezzi prefabbricati. Operazione che, dopo Laforgue, è stata spesso tentata da poeti cubisti e surrealisti. Escluso dunque che la narrazione abbia in sé il minimo interesse (e questo è il grave handicap della nuova opera malipieriana) si deve dire invece che la musica del vegliardo di Asolo ha un colore, una vivacità ritmica e timbrica che tiene sveglio lo spettatore e può allinearsi a quanto ha fatto di meglio, nell'ultimo decennio, il maestro. Musica atonale che non tenta neppure di plasmare personaggi ma appare consona all'atmosfera di beffarda desolazione, suggerita dall'intricato puzzle scenico. Egregiamente diretta dal maestro Ettore Gracis, l'opera ha trovato ottimi collaboratori nel regista Adolf Rott, nello scenografo Fritz Butz e nella coreografa Mariella Turitto Alessandri. Gli interpreti sono così numerosi che riesce ben difficile elencarli tutti. Primeggia il baritono Scipio Colombo (Bonaventura) ma si devono pure ricordare Edda Vincenzi, Jolanda Michieli, Paolo Pedani nonché i ballerini Angelo Sbrilli, Pietro Ferri, Roberto Calorni, Giancarlo Vantaggio, Alessandro Vianello. Un pubblico folto ha assistito alla nuova fatica malipieriana applaudendo con calore alla fine di ogni quadro. Era presente anche il ministro Corona. Inaugurazione, dunque, regolarmentare anche se sono passati i tempi in cui il festival veneziano poteva offrirci prime dell'importanza della stravinskiana Carriera del libertino. Un secondo spettacolo lirico sarà presentato fra pochi giorni: la farsa Tutti la vogliono di Angelo Paccagnini, lavoro che si annunzia come estremamente «politicizzato». Ma l'interesse di questo festival è dato anche da un gruppo di composizioni vincitrici di un grande concorso per opere contemporanee «che a larghi periodi impegna i due organismi» (così il programma, con probabile riferimento alla predetta società internazionale e all'ente radiotelevisivo). Non tutte le musiche premiate potranno essere presentate, ma ascolteremo tuttavia musiche di Lukas Foss, Camillo Togni, Heinz Holliger, Mauricio Kagel, Fausto Razzi, Niccolò Castiglioni, Sylvano Bussotti. Nell'introduzione al programma Mario Labroca ci rammenta «l'insistenza di alcuni autori in un linguaggio che è possibile nel giro dell'esecuzione soltanto dopo lunghi periodi di prove e l'impiego di mezzi tecnici costosi non solo nella costruzione ma anche nel noleggio e nell'uso». Non mi stupirei se un giorno un editore di libri dovesse rinunciare per deficienza di mezzi tecnici a stampare libri. Nella nostra cultura da perlomeno mezzo secolo il problema tecnico che ogni artista si pone è stato trascurato. Si giunse ad affermare che la tecnica era inerente alla estrinsecazione dell'opera, momento secondario del fatto creativo. Era uno sproposito, ma ora, rovesciando la medaglia, se ne commette un altro, anche più disastroso.