G. F. MALIPIERO
PER UN GATTO

BONTEMPELLI
pp. 196-198

Rigido, scheletrito, gli occhi semichiusi, mi guarda ancora e m'interroga. Mi chiede forse sepoltura, e degna di colui che per quindici anni dominò la mia casa e quelle del vicinato. Il suo richiamo, il suo canto d'amore nelle notti di marzo risonava per le valli, si fondeva col sibilo dei venti, lugubre quanto la voce degli uccelli notturni. Lo seppelliremo vicino al suo regno, dinanzi alla porta della cucina.
Quindici anni! Mentre la parabola della sua vita seguiva tranquillamente il destino, molto meno padrone di lui, il suo padrone sopportava con rassegnazione i capricci del destino. Con rassegnazione? No, con soddisfazione. I ricordi di quindici anni: suono di campane, sinfonia della pianura, canto dei galli, abbaiar dei cani nella notte profonda, canzoni lontane di ubriachi, tutti rumori ritenuti un tempo necessari, indispensabili per la vita nella pace della campagna. Ma i sogni non son più sogni se diventano realtà.
Le illusioni precipitarono quando chiudemmo porte e finestre per non vedere, per non sentire la banalità di una vita inaccettabile.
Le illusioni precipitano, ahimè troppo spesso, e precipitando potrebbero travolgere se una forza occulta non ci trasportasse nostro malgrado in un mondo più vasto, che per quanto inverosimile, rappresenta una realtà contro la quale s'infrangono tutte le forze negative.
Sognare una vita costante è prepararsi la tomba, chè la immobilità è morte.
***
Gli spettri di quell'universo creato dalla nostra immaginazione, possono diventare pericolosi, se favoriscono l'isolamento. L'isolamento è forse pericoloso? Soltanto da un punto di vista borghese.
Sogno campestre! Vita solitaria. La carogna di un povero gatto rievoca molti ricordi e tutti corrotti dal tempo: deserto popolato da scheletri e da merli che, gorgheggiando dall'alba al tramonto, perdono il loro tempo cantando.
Molti amano la notte perchè i suoi incubi sono meno paurosi di quelli della vita quotidiana che si trascina meschinamente alla luce del sole.
Ma perchè contemplare certi spettacoli? I burattinai devono, per pudore, cambiare i loro pupazzi e mutar linguaggio. Sempre la stessa commedia, gli stessi personaggi! Teste di legno, è vero, ma il legno è materia nobilissima, non dobbiamo umiliarlo. Carta pesta? Non importa la materia. Il teatro dei burattini può rinascere. Perchè no? Nei quindici anni vissuti fra le rose e i cavolfiori, abbiamo visto crollare tanti dei e semidei, colle relative chiesuole.
Dobbiamo serbare una certa gratitudine alla campagna se ci ha nascosto quello che più desideravamo non vedere. La vita tra i fantasmi non tempra lo spirito? Non è per gli uomini di coraggio? È rispettabile soltanto colui che combatte in prima linea? Per conoscere l'eroismo bisogna stabilire dov'è il nemico, ch'è gli avamposti possono anche essere retroguardie che battono in ritirata.
Il nemico spesso esiste soltanto nella nostra immaginazione.
Una vanessa vola in pieno inverno, prigioniera fra quattro vecchi muri. Il calore della stufa ha ingannato la sua crisalide nascostasi forse fra i libri, ed ora si dibatte contro i vetri, per uscire. Il sole, la luce l'attirano: è insidia chè il rigore dell'inverno non la risparmierebbe senza il tepore di una atmosfera artificiale. Artificiale? La legna che si consuma non vegeta nella campagna, in quella campagna che sognammo e che non amiamo più? Forse l'amiamo ancora e le serbiamo rancore per il solo fatto che non ci ha permesso di conservare le nostre illusiodi quando la natura ci teneva in schiavitù. Il rumore ci ha cacciato dalla città ingannandoci: il più piccolo rumore nel silenzio della campagna si moltiplica all'infinito e diventa insopportabile. Delusione sì, ma delusione sino a un certo punto. Come le chiocciole portiamo con noi la nostra casa ed è ben fornita di opere d'ogni genere, anche opere di difesa.
Siamo grati al morto che ci ha fatto pensare ai quindici anni vissuti insieme da buoni amici, lui acchiappando topi e noi grilli.