L'INCHIESTA DI AUGUSTEA


ALCEO TONI

Il gesto dell'impresario romano è un'offesa generale:
al pubblico, ritenuto così micragnoso da non potersi nemmeno pagare il lusso di uno spettacolo mancato (se le Sette Canzoni lo furono) data la quasi inevitabilità di imbattersi, a quando a quando, in taluno di questi;
alla Commissione teatrale, a cui risale la responsabilità della scelta e dell'approvazíone del «cartellone»;
al Direttore d'orchestra che curò l'esecuzione e ne garantì, quin di, la dignità artistica;
all'autore, sulla cui opera nessuna barba di impresario poteva pretendere di porre la pietra tombale di un giudizio draconiano, e peggio, come fu quello del ritiro dell'opera stessa dal cartellone;
all'Urbe, equa madre di Diritto, alla quale, non si volle concedere la facoltà di un giudizio d'appello.
Il pollice verso, in teatro, è un retaggio barbarico, già dimostratosi troppe volte bestialmente fallace.
Riprenderlo per l'audace opera del Malipiezo, che vanta del resto un'ottima affermazione in una nobile città italiana, ed uno charivari sciovinistico a Parigi, è condannare l'ingegno di un artista, che, forse sbagliandosi, ha cercato tuttavia e cerca nuove vie obbedendo, così, alla inesorabile dinamica del progresso umano.