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Pubblico commosso ed entusiasta
Grandezza e solitudine di Lulu
Superbo allestimento dell'opera
incompiuta
di Alban Berg all'Opernhaus di Zurigo
di
Laureto Rodoni
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Rappresentata a Zurigo nel 1937, postuma e incompiuta (per
la prematura e inaspettata morte del compositore) , «Lulu»
è un'opera di tale pregnanza emotiva e straziante incandescenza da
sbalordire e commuovere sin dalle prime battute del dissacrante Prologo in
cui i personaggi della vicenda sono presentati come animali di un
serraglio. Spietata analisi della psicologia e del significato ultimo
dell'uomo e della vita, essa è anche una sorta di dolente requiem
laico per l'umanità intera, concepito in un'epoca tra le più
buie della Storia. |
Lulu, il «serpente», figura misteriosa, che
viene da non si sa dove, è il simbolo, nel testo di Wedekind da cui
Berg ha tratto il libretto, dell'istinto sessuale che travolge ogni freno
inibitore, capace di trascinare alla rovina gli uomini che se ne sentono
attratti. Passando di avventura in avventura, di amore in amore, Lulu
distrugge tutte le persone con le quali entra in contatto. Condannata a
morte per aver ucciso, con estremo, disperato e paradossale gesto d'amore,
l'uomo (il Dr. Schön) che le ha costruito il suo futuro assicurandole
agiatezza e prestigio sociale, è salvata dalla contessa Geschwitz,
che nutre per lei una intensa passione . Ma ormai ha finito per distruggere
anche se stessa: costretta a fare la prostituta per sopravvivere , viene
infine assassinata dal suo ultimo cliente, Jack lo Squartatore che, secondo
le indicazioni del compositore, deve essere interpretato dallo stesso
cantante che impersona il Dr. Schön. |

Peter Straka (Alwa) - Laura Aikin (Lulu) - Alfred
Muff (Dr. Schön)
© Opernhaus Zürich
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Definita da Adorno «un essere primitivo contro cui
impazza la civiltà progredita», la Lulu berghiana può
essere certo intesa come una personificazione della forza distruttrice
dell'Eros, ma sarebbe, questa, un'interpretazione fortemente riduttiva.
Grazie all'umanissima musica di Berg, essa ci appare anche come una donna
di enigmatica bellezza, sfortunata, profondamente infelice, lacerata,
disperata, con l'orribile vissuto della bambina violata quando aveva
soltanto 12 anni. L'allestimento zurighese curato dal regista Sven-Erich Bechtolf è, aparere di chi
scrive, un notevole contributo critico in questa direzione: una lettura,
un'analisi che permette una più completa comprensione di quest'opera
così complessa e stratificata. |
Le scene di Rolf
Glittenberg, sempre uguali nei due atti e nell'epilogo monco,
riproducono la struttura tripartita e le specularità presenti
nell'opera: Lulu agisce all'interno di questo spazio (che evoca gli anni
Trenta prefascisti) spesso accompagnata da una bambina (simbolicamente la
sua componente infantile) di circa 12 anni, l'età in cui essa ha
iniziato il secondo calvario della sua vita, dopo quello della strada e
della miseria. Anche la bambina sarà uccisa dal serial killer con
uno strumento del gioco infantile: la cordicella che tien legati dei
palloncini di un inquietante colore nero, un regalo-trappola del suo
carnefice. Questo omicidio rievoca la morte spirituale di Lulu dodicenne,
provocata dalla precoce, cinica iniziazione sessuale imposta dal dr.
Schön. |

Lulu "provoca" eroticamente il suo ex amante e protettore,
lo sciancato e asmatico Schigolch (Guido Götzen).
© Opernhaus Zürich
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L'ultimo sussulto d'amore della Contessa Geschwitz,
perdutamente innamorata di Lulu e pure lei uccisa da Jack, sarà
proprio per Lulu bambina: «Angelo mio! Fatti vedere ancora una volta!
Ti rimango vicina! In eterno!» Con queste parole e su una musica di
sublime, serena bellezza si conclude l'opera. |
Cast nel complesso molto buono. Su tutti svetta Laura Aikin nei panni di Lulu, notoriamente ruolo
massacrante sia musicalmente sia scenicamente; un'interpretazione che
definirei semplicemente corrusca, tra le più convincenti di questi
ultimi 20 anni. La Aikin non solo è venuta a capo con sicurezza
dell'impervia tessitura del ruolo, ma ha anche offerto una prova magistrale
sul piano drammaturgico. Capillare e profondo il lavoro di scavo della
partitura del maestro Franz Welser-Möst,
che ha saputo evidenziare i legami che quest'opera ha con la musica
tardoromantica, in particolare con Gustav Mahler, evitando così gli
asettici cerebralismi di molti interpreti, anche autorevoli.
Un'interpretazione che ha suscitato l'unanimità della critica
specializzata e l'ovazione del pubblico, emotivamente stremato e commosso
alla fine dell'opera. |
Riascoltando «Lulu» mi son tornate alla mente le
parole che Rainer Maria Rilke rivolse a un giovane poeta: «Le opere
d'arte sono di un'indicibile solitudine»: poche opere e pochi
personaggi sono tanto soli (e tragicamente grandi) quanto Lulu di Alban
Berg. |
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