FRANK WEDEKIND

Hannover, 24 luglio 1864 – Monaco di Baviera, 9 marzo 1918

 

FRANK WEDEKIND
ALBAN BERG

LULU
(Testo tradotto in italiano)

ELENA SCIANNAMEA
LA TRAGEDIA DI LULU DAI DRAMMI
DI WEDEKIND AL LIBRETTO DI ALBAN BERG



Frank Wedekind (1864-1918), così chiamato dal nome di uno statista del paese dove i suoi genitori si erano conosciuti e sposati, era cresciuto con un senso ambivalente della moralità. Il sesso è natura, e la natura è verità, pensava. Ma sapeva anche che sesso può significare disinganno, distruzione e morte. Sentiva che il colto e ordinato spirito borghese non può resistere alla forza della sessualità. Tuttavia questa forza, che ha il potere di liberare l'essere umano dalle repressioni della società ipocrita, lo trascina inevitabilmente verso il basso. Wedekind non trovava soddisfacente nessuna via di mezzo, nessuna via per vincere, e concludeva che noi tutti corriamo istintivamente verso la perdizione.
Figlio di un ricco dottore liberale e di un'attrice, Frank Wedekind nacque il 24 luglio 1864 a Hannover (Germania), quando suo padre, dopo essere stato a Costantinopoli, Palermo, Roma, Parigi e San Francisco, decise di ritornare al paese natio. In California Wedekind padre aveva conosciuto e sposato una giovane attrice di una compagnia che recitava in tedesco. Quando la famiglia si trasferì in Svizzera in segno di protesta contro la politica bismarckiana di unificazione post-rivoluzionaria, Frank aveva otto anni. Istitutori privati e collegi prepararono il giovane per l'ammissione all'Università di Losanna. A vent'anni si trasferì a Monaco. Due anni dopo lavorava come pubblicitario per una società di saponi nei dintorni di Zurigo. Era un vagabondo, e pensava che la sua vita dovesse diventare straordinaria.
A Zurigo si unì ad un gruppo di giovani scrittori naturalisti e socialisti, tra i quali Karl e Gerhart Hauptmann. Wedekind raccontò a Gerhart i particolari dei suoi privilegiati ma non felici anni di adolescenza in una famiglia dove le liti assumevano proporzioni notevoli. Quando Hauptmann approfittò indelicatamente della confidenza prendendo la storia della famiglia Wedekind come argomento per il suo dramma giovanile «La festa della pace», Frank reagì con un libello aspramente antinaturalista. Probabilmente la rottura era inevitabile. Nulla del naturalismo di moda andava a genio a Wedekind, la cui immaginazione era stimolata da legioni di artisti vagabondi, avventurieri, emarginati, e specialmente bambini. Finché genitori e insegnanti avevano la possibilità di viziarli, i bambini erano puri, vivevano in un mondo con un suo equilibrio. Wedekind desiderava quell'equilibrio e invidiava il mondo dei bambini. Ma credeva pure che quell'equilibrio venisse distrutto dai riti della pubertà. Concludeva che gli adulti usavano il sesso come arma contro la giovinezza.
Wedekind confondeva le esagerazioni dell'imbonitore con gli artifici del teatro. Zoppo di nascita, si sentì attirato dagli atleti e dagli acrobati; per sei mesi visse con la compagnia di un circo, viaggiando attraverso l'Inghilterra, la Germania, la Svizzera e l'Austria. Grazie allo spirito vagabondo caratteristico del padre ed al senso del teatro della madre, qualche tempo dopo diventò un attore famoso nel primo cabaret letterario tedesco a Monaco, «Die elf Scharfrichter» (gli undici boia), dove cantava le sue ciniche e sarcastiche ballate accompagnandosi sul liuto. Comprese d'avere un talento naturale per la scena e sposò una delle sue principali attrici, Tilly Newes.
Leggeva Strindberg, Krafft-Ebing, Nietzsche, Goethe e gli articoli dei giornali sulle imprese di un omicida, noto come Jack lo Squartatore, nell'East End di Londra. Tramite Hauptmann aveva conosciuto i lavori dell'allora ignoto Georg Büchner, del quale assorbì lo spirito e le idee che spinse verso ciò che oggi conosciamo col nome di teatro dell'assurdo. Wedekind costituisce il legame tra l'opera di Büchner e l'avanguardia del secolo ventesimo.
Il suo primo lavoro teatrale, «Risveglio di primavera», è del 1891, ma sparì immediatamente dalle scene. I censori proibirono la rappresentazione del lavoro fino al 1906; ed anche allora l'argomento della sessualità dei bambini dovette essere diluito, ed il messaggio venne così adulterato. Il pubblico tedesco del volger del secolo non voleva sentire accuse impudenti sul modo in cui nascondeva il sesso ai bambini naturalmente curiosi, nonostante la maniera gentile e ricca di lirismo con cui tali accuse venivano formulate. La meravigliosa combinazione di paura e di esaltazione dei bambini era qualcosa che i grandi sentivano di dover nascondere. Per dire agli adulti come essi negassero la natura, la commedia di Wedekind mostrava loro giovani che muoiono sotto le mani di abortisti oppure suicidi per vergogna o disgrazia.
La tesi di «Risveglio di primavera» era ingenua. Wedekind approvava innocentemente la sessualità pura e spudorata; nel 1891 era andato a Parigi per trovare e provare ciò ch'egli credeva una vita ideale. Vi era rimasto per due anni, seguendo Baudelaire, Verlaine e Oscar Wilde sul sentiero degli eccessi e della dissolutezza. Snervato al punto da dover spesso rifugiarsi in lunghi periodi di sonno, Wedekind vide e visse la vita del depravato; le perversioni sessuali lo colpirono meno di quelle spirituali e della menzogna che sembrava accompagnare la libertà fisica. Parecchi anni dopo, nel dramma «La morte e il diavolo», farà dire alla prostituta Lisiska quale fosse stata la causa della vita che conduceva:
«Per amor del cielo, non aver mai fiducia nel mio amore! Qui è mio dovere fingere di amarti. Pensa per un momento che cosa significa quando senza preavviso la porta si apre, e immediatamente devi racimolare tutto il tuo amore... Chi viene qui pensa che l'amore sia un eterno tormento, una fame insaziabile... Per quanto tempo il sogno d'una beatitudine più alta mi è stato terra di riposo indisturbato ed eterno!»
E Casti-Piani, il romantico moralista che esercita la tratta delle bianche in parecchi lavori di Wedekind, anche nei drammi di Lulu, ha trovato l'inferno: «Che cosa rimane qui, per me, se il piacere sensuale è solamente un infernale macello umano? ...simile a tutto il resto del mondo? Così questo sarebbe un raggio di luce divina che penetra nella spaventosa notte di martirio della nostra esistenza! Magari mi fossi sparato un colpo in testa cinquant'anni fa. Mi sarei risparmiato di dover ammettere il miserabile fallimento della mia ingannata e carpita spiritualità!»
Nei suoi drammi Wedekind ha condotto a fondo la ricerca sulla illusione e la disperazione elaborandola in genere su una gelida base personale. Anche quando riuscì a vincere ciò che restava in lui della coscienza borghese, sentì che il proprio sentimento di autopreservazione contrastava i suoi desideri di autoappagamento. Le forze della sessualità devono esser represse, e solamente la morte è abbastanza forte per tener loro testa. Wedekind chiamò queste forze «Lulu».
Durante il periodo di dissolutezze parigine Wedekind aveva assistito alla rappresentazione di una pantomima intitolata «Lulu, la danzatrice clown», di Felicien Champsaur. Uno dei personaggi era Arthur Schopenhauer, il quale tentava di analizzare freddamente e astrattamente qualcosa che non poteva essere sezionato, ma solamente sperimentato. Per dimostrare che il filosofo era uno sciocco integrale, bastava che Lulu si alzasse e danzasse.
Wedekind colse questa idea di allettamento sensuale e la sviluppò nel contesto di avvenimenti contemporanei quali le irruzioni di Jack lo Squartatore e l'epidemia di colera che aveva devastato Amburgo nel 1892. Il risultato fu la «tragedia mostruosa in cinque atti» intitolata «Il vaso di Pandora» ch'egli cominciò nel 1892 e terminò nel 1895. L'autore non si nascondeva le implicazioni mitiche e sessuali del titolo, e queste non sfuggirono neppure all'editore, il quale rifiutò di pubblicare il lavoro nella sua integrità e nel 1895 stampò soltanto i primi tre atti col titolo «Lo spirito della terra». Nel 1903 fu stampata l'edizione completa, ma ancora una volta al pubblico venne presentata solamente la prima parte. L'anno seguente un altro editore affrontò il rischio e pubblicò la seconda parte (IV e V atto) della «tragedia mostruosa» col titolo originale «Il vaso di Pandora», aggiungendovi un atto introduttivo che il drammaturgo aveva scritto perché la seconda parte potesse essere completa in se stessa. Immediatamente il coraggioso editore e l'autore si trovarono impigliati in liti giudiziarie senza speranza dalle quali uscirono infallibilmente sconfitti.
«Il vaso di Pandora fu dunque bandito dalle rappresentazioni pubbliche, ma non da quelle private. Avvenne così che il 29 maggio 1905 il ventenne Alban Berg fosse uno degli invitati che nella minuscola sala del teatro Trianon assistettero alla prima privata viennese del famigerato dramma, con Tilly Newes (la signora Wedekind) come Lulu, lo stesso Wedekind come Jack lo Squartatore e Karl Kraus nelle vesti del principe negro Kungu Poti. Berg conosceva già il dramma pubblicato col titolo «Lo spirito della terra», avendolo letto qualche estate prima al Berghof. Ma la realizzazione scenica di Kraus-Wedekind gli fece conoscere un aspetto completamente nuovo della vita di Lulu, la protagonista della «tragedia mostruosa».
Berg, ch'era stato affascinato dallo «Spirito della terra» e dalla prima parte della storia di Lulu, lo fu ancor più quando «Il vaso di Pandora» completò la saga. Anzitutto, la seconda parte della «tragedia mostruosa» è più interessante della prima. «Lo spirito della terra», nonostante la franchezza sessuale e la critica sociale che Berg riconosce va importanti e rivelatrici del periodo in cui lesse il lavoro (1903), era solamente il principio della storia di Lulu, la materia introduttiva senza epilogo o conclusione. Inoltre, tra l'estate in cui aveva letto «Lo spirito della terra» e la sera del maggio 1905, quando vide il dramma di Lulu recitato in palcoscenico dall'autore, da sua moglie e dal colto Karl Kraus, Berg era molto maturato. Tuttavia, mentre in Wozzeck aveva scorto immediatamente il libretto per un'opera, passarono circa vent'anni prima che si decidesse a mettere in musica la storia di Lulu. Fu l'esperienza, unita al senso di colpa per la sua relazione con Hanna Fuchs, alla segreta passione che nutriva per la donna che non era sua moglie e perciò gli sarebbe stata sempre negata; fu quest'insieme di esperienze che gli rese possibile di affrontare «Lulu» come sua seconda opera, quella che sarebbe stata il suo misterioso capolavoro.
Lulu era irresistibile. I drammi ed i sinistri particolari dello stile di Wedekind presentavano problemi seri per il compositore librettista, ma Lulu, al pari di «Wozzeck», implorava d'essere messa in musica. «Lulu» è ancora un enigma. Chi è Lulu, questo affascinante personaggio del quale il suo amante-figliastro vuol fare l'eroina di un'opera? Non ha né madre né padre, non ha neppure un nome: la chiamano Nellie, Mignon, Eva, Lulu, ed ella ammette di essere tutto ciò, e niente di tutto ciò. :È natura pura e integra, e nel contempo degenerazione totale: un'assassina senza rimorsi, senza senso morale, senza sentimento di giusto o ingiusto, di buono o cattivo. È un serpente velenoso che si nasconde, incapace di comprendere razionalmente i suoi poteri mortali. ~ un'ingenua, innocente, graziosa ragazza, vecchia di cent'anni e appena nata, senza passato e senza futuro. È completamente libera e completamente schiava, vittima e tormentatrice, sempre la stessa e sempre diversa. Vive per amore, ma non ha alcun senso dell'amore. È l'incarnazione dell'istinto, della irrazionalità e dell'autoappagamento. È bellezza: dice di non voler essere simile a nessun'altra nel mondo, tanto da poter essere considerata l'epitome della bellezza in tutte le sue forme, transitorie ed esterne, incantevoli, rattristanti, distruttrici e redentrici. Non c'è nulla che non si possa fare per lei o con lei. È inevitabile. Non è colpa della fiamma se la falena volandole intorno le scivola dentro e si annienta.
Dalla «tragedia mostruosa» di Wedekind, Berg trarrà un libretto che inizia con il muscoloso e bestiale domatore del circo nell'atto di presentare a grandi passi i suoi attori; l'espediente teatrale è evidente. Il domatore non ha da fare con vezzeggiati animali domestici, ma con bestie «domate dalla forza superiore del potere umano»: tigre, orso, scimmia, cammello, vermi, larve, coccodrilli, e finalmente Lulu, il serpente, che vien portata alla ribalta vestita da Pierrot.
Questo è il costume che ella ha scelto per il ritratto che le farà il pittore; quando il sipario si apre (I atto dell'opera), l'artista e la modella sono soli nello studio. Ludwig Schön, la tigre del serraglio del circo ed editore d'un giornale, entra accompagnato dal figlio Alwa, il compositore, e lancia sguardi appassionatissimi a Lulu. Quando i due se ne vanno, il pittore muove un passo verso l'affascinante modella. Lei tenta scherzosamente di sfuggirgli, poi cede proprio quando il suo anziano marito, il dottor Goll, un'autorità medica, entra d'impeto, vede la gagliarda coppia e muore stroncato da una sincope.
Lulu sposa il pittore (il suo ritratto in costume da Pierrot è appeso al posto d'onore nel salotto di casa), il quale è stato sovvenzionato grazie all'aiuto ed all'influenza del dottor Ludwig Schön (il titolo è onorario, non professionale). Giunge una lettera che annuncia il fidanzamento di Schön con una ricca e giovane donna dell'alta società; Lulu era a conoscenza dell'imminente fidanzamento, ma è sorpresa apprendendo che esso è ormai ufficiale. Il campanello annuncia un visitatore: il pittore vede entrare un irsuto mendicante e lascia che Lulu riceva Schigolch, un anziano individuo che potrebbe o non potrebbe essere il vero padre di Lulu, potrebbe o non potrebbe essere un suo ex amante, ma è suo amico e la conosce bene. Quando questi se ne va, giunge Schön, e la forza e l'inevitabilità della relazione tra Lulu e l'editore appare evidente. Schön prega Lulu di stargli lontano. «Grazie a me» dice «hai fatto un buon matrimonio, poi un altro buon matrimonio ancora. La tua vita è facile. Tuo marito si comporta bene, sempre grazie a me... E se c'è altro che vuoi e lui non sa, va' e prendilo. Ma per favore lasciami fuori del tuo gioco... Il mio desiderio sta per diventare realtà. Sono fidanzato... La mia sposa dev'essere portata in una casa irreprensibile.»
__Lulu insiste perché continuino a vedersi, e dopo aver protestato di non volersi legare a nessuno, continua: «Se in questo mondo appartengo ad un uomo, appartengo a te. Senza di te potrei essere - non posso dire dove. Mi hai presa per mano, mi hai guidata, mi hai nutrito, mi hai vestita... Puoi pensare ch'io dimentichi tutto questo? Chi in questo avido mondo, all'infuori di te, ha mai avuto qualche riguardo per me?».
Il pittore rientra, e commette l'errore di chiedere che cosa sta accadendo. Quando Lulu si congeda, Schön gli confida di dove viene il suo denaro, e dove sua moglie passa le ore libere. Nessun uomo sa che cosa sia vero di Lulu e che cosa non lo sia. La chiamano con nomi diversi. Ma il pittore, annichilito dalle rivelazioni di Schön, gli stringe la mano, si scusa, va in un'altra stanza e si uccide.Un altro squillo di campanello riconduce in scena Alwa il quale annuncia che a Parigi è scoppiata la rivoluzione. Schön, preoccupato per il proprio futuro, chiama Lulu un mostro. «Finirai con lo sposare me! Aspetta e vedrai, signor dottore» risponde lei.
Un camerino del teatro dove Lulu si esibisce come ballerina. Lei e Alwa bevono champagne: appesa al muro è una riproduzione del ritratto di Lulu in costume da Pierrot. Lei vorrebbe rivedere Schön, ma nella sua mente è sempre vivo il ricordo del principe che voleva sposarla e condurla lontano, in Africa. Quando Lulu riappare uscendo da dietro il paravento dove s'era ritirata per cambiar costume, Alwa resta sbalordito dalla sua bellezza. «Sento come un brivido di gelo scorrermi sulla fronte, poi scender più giù» dice lei allettante mentre avanza. «Si potrebbe comporre un'opera interessante prendendo lei come protagonista» fantastica Alwa, il compositore. Mentre Lulu è in scena e danza, giunge il principe e attende nel camerino conversando con Alwa, e gli dice che «il corpo di Lulu incarna la gioia di vivere». Ma la conversazione è interrotta dall'irruzione improvvisa di Lulu, la quale ha riconosciuto tra il pubblico Schön e la sua fidanzata e quindi non se la sente di continuare a danzare. L'editore irrompe a sua volta nel camerino e le ordina di fare il suo numero. Rimasti soli, Lulu e Schön parlano confidenzialmente: egli si sente sempre legato a lei ed incapace di ritornare accanto alla donna che s'è impegnato a sposare. Lulu afferra l'occasione e lo costringe a scrivere una lettera che lei stessa gli detta: «Vi do la mia parola che non sono degno... del vostro amore... Per tre lunghi anni ho lottato per esser libero di amarvi, ma non ho la forza di volere. Vi scrivo a fianco di colei che mi domina. Dimenticatemi per sempre».
Il salotto in casa di Lulu e Ludwig Schön (è l'inizio del II atto) è più sontuoso di tutti quelli che lei abbia mai avuto, è decorato in Rinascimento tedesco, con mobili sfarzosi, fiori, un paravento cinese, e naturalmente, bene in vista, il ritratto di Lulu. La prima visitatrice della giornata è la contessa Geschwitz, una lesbica innamorata di Lulu. Esce prima che entri Schön, ma quando Lulu conduce il marito nella stanza da letto la contessa ritorna seguita clandestinamente da Schigolch, da Rodrigo l'atleta e da uno studente, tutti nascosti dietro tende e paraventi e sotto tavoli. Gli amanti e gli aspiranti amanti si comportano come se fossero in casa loro, finché Lulu non li raggiunge. Si nascondono ancora quando una domestica annuncia l'arrivo di Alwa Schön. Alwa è profondamente innamorato della sua nuova matrigna. Ludwig s'insinua nella stanza e vede il figlio inginocchiato riverentemente a fianco della moglie, ma senza notare che lei dice sorridendogli beatamente: «Sono stata io ad avvelenare tua madre.»
Schön si mostra e ordina ad Alwa di uscire, poi si avvicina a Lulu con una pistola in mano ed insiste perché ella si uccida; ma lei piangendo si scosta e dice chiaramente: «Anche per causa mia un uomo può uccidersi o può uccidere altri, ma questo non diminuisce il mio valore. Tu sai le ragioni per cui vuoi essere mio marito, ed io conosco le mie, perché spero che ci sposeremo. Hai ingannato con me i tuoi migliori amici e certo non potevi tradire con me anche te stesso. Hai dato a me la sera della tua vita, la mia giovinezza hai avuto in cambio. In tutta la mia vita non ho mai cercato di apparire con un colore che non fosse il mio. E nella mia vita non c'è stato un solo uomo che io abbia costretto a considerarmi diversa da quella che sono.»
Schön tenta di forzarle la mano. Lei prende la pistola, gli spara cinque colpi nella schiena, poi si offre ad Alwa che aspettava per entrare.
Arrestata per omicidio, Lulu vien condannata alla prigione. Passa un anno: il sontuoso salotto è divenuto polveroso e lugubre. Finalmente coloro che sono rimasti devoti a Lulu complottano per farla evadere dal reparto isolato della prigione dov'è stata ricoverata per colera. La contessa Geschwitz si è deliberatamente contagiata per potersi scambiare con lei. Schigolch condurrà Lulu oltre con fine, in esilio. Rodrigo pensa di sposarla e di farne un'atleta. Ma quando Lulu, tornata a casa, incespica e si appoggia al fragile braccio di Schigolch, Rodrigo s'accorge che le dure prove sopportate in prigione, l'hanno resa troppo debole e magra per poter lavorare in un circo equestre. Dal momento che non potrà guadagnare sfruttandola, Rodrigo decide di riconsegnarla alle autorità, nella speranza di una ricompensa. Corre alla polizia, ma improvvisamente Lulu torna ad essere se stessa, così che Alwa intona un inno di lode al suo corpo:
«Se tu non avessi occhi di bambina in cui poter guardare, direi che sei la più astuta delle prostitute e delle cagne che possono irretire un uomo alla sua rovina... Ma sotto queste vesti io ti sento come una forma musicale. Queste caviglie - grazioso; queste incantevoli rotondità - un cantabile; poi le tue ginocchia - misterioso; e ancora il possente andante del desiderio d'amore. Come calmi e tranquilli i due snelli rivali! Li sento sereni e fiduciosi che nessuno dei due potrà eguagliare la bellezza dell'altro, fino a quando la loro selvaggia e lunatica regina non si ridesti, e i due rivali agiscano come opposti magneti. Io canterò
unicamente le tue lodi - fino a quando i tuoi sensi non si attenueranno.» Nessuna astuzia di Lulu potrà convincerlo a fuggire subito con lei, e mentre Alwa le nasconde il capo in grembo ella domanda: «È ancora lo stesso divano sul quale s'è dissanguato tuo padre?».
Il ritratto di Lulu guarda dalla parete di un sontuoso e dorato salone a Parigi (III atto), dove Lulu, Alwa, Schigolch, la contessa Geschwitz e Rodrigo ancora riuniti festeggiano il compleanno di Lulu con un nervoso party di gala. Lei ormai ha trent'anni ed è irrimediabilmente invecchiata. Vorrebbe sfuggire alla presa dei precedenti amanti e ricominciare da capo, ma ora vive con Alwa, il quale è anche più che suo mezzano; lei è caduta nella rete di un mercante di schiave, il «marchese» Casti-Piani, un falso nobiluomo che le ha regalato una malattia venerea e le ha truffato i pochi soldi che le erano rimasti. Ma è ormai stanco di lei e progetta di venderla a un bordello egiziano. Lei gli dice: «Verrò con te in America, oppure in Cina, ma non voglio lasciarmi vendere... È peggio della prigione... Non posso vendere la sola cosa che è stata sempre veramente mia». Casti-Piani, Rodrigo e Schigolch tentano di farsi mantenere da lei, ma improvvisamente si sparge la voce che Lulu non ha più nulla da farsi rubare; anche le azioni della ferrovia della Jungfrau da lei comprate sono cadute. Lulu è sconvolta e dice a Schigolch di uccidere Rodrigo, approfittando di un appuntamento da lei combinato tra lui e la contessa Geschwitz in un sordido albergo.
Ucciso Rodrigo, Lulu può fuggire a Londra con Alwa, Schigolch e la contessa; è ormai in miseria completa e indossa l'abito di uno dei suoi ultimi spasimanti, un giovane staffiere parigino. Il gruppo canta: «Tutto il mondo va in rovina». Mentre sghignazza stupidamente, lo staffiere, che ha indossato l'abito di Lulu, viene arrestato.
Nulla rimane a Lulu e al suo seguito, tranne una squallida soffitta nell'East End di Londra, dov'essi srotolano cerimoniosamente la tela spiegazzata del ritratto di Lulu vestita da Pierrot; Lulu l'appende allo sgretolato muro usando il tacco d'una scarpa come martello. Con un lume ed una bottiglia Lulu inizia la sua carriera di prostituta: Alwa e Schigolch le fanno da mezzani. Il primo cliente è un silenzioso e povero professore (nell'opera è un autentico sosia del suo primo marito). Il secondo è un negro, che rompe il muso ad Alwa anziché pagare i servigi di Lulu. Alla fine scende in strada lei stessa, nella speranza di un altro cliente. La contessa Geschwitz la guarda preoccupata: «Fin dal primo giorno mi ha detestata con tutta l'anima sua. Per lei non sono stata che un utile strumento, una alla quale si assegna un incarico. Maledizione a me! Salterò dal ponte - sarà più fredda l'acqua o il suo cuore? Potrei sognare finché affondassi. Quante volte ho sognato che lei mi stava baciando! Maledizione a me!».
Lulu ritorna alla miserabile soffitta con un nuovo cliente. Questi guarda con singolare curiosità la contessa. Lulu spiega: «È mia sorella. È pazza. Non so come liberarmi di lei». Si avviano alla camera da letto. «Perché mi guardi così?» domanda Lulu mentre entrano in camera. Subito dopo si sente un orribile urlo; uscendo, Jack lo Squartatore (che Berg voleva stranamente somigliante a Ludwig Schön) si ferma per uccidere la contessa, lamentando: «Sembra che la gente non abbia mai un asciugamano». Geschwitz morente chiama: «Lulu! Angelo mio! Lascia che ti guardi ancora. Ti sono vicina, ti sarò sempre vicina!... Eternamente!».
Alwa Schön definisce Lulu «Eine Seele, die sich im Jenseits den Schlaf aus den Augen reibt» (un'anima che nell'aldilà cancella il sonno dai suoi occhi). Con questa frase Karl Kraus iniziò il famoso discorso che tenne la sera della prima viennese del dramma, e che in seguito adattò per la pubblicazione sul numero del 9 giugno 1905 della «Fiaccola»:
«Eine Seele, die sich im Jenseits... Un poeta e amante che ondeggia tra l'amore per la bellezza femminile e la volontà di darle forma d'arte, tiene la mano di Lulu tra le sue e pronuncia le parole che sono la chiave di questo labirinto della femminilità, giardino dai sentieri intricati in cui più d'un uomo ha perduto le tracce del proprio intelletto... E poi, quando si sarà totalmente inebriato a questa dolce fonte della rovina, quando il suo destino si sarà compiuto... farneticando di fronte al ritratto di Lulu egli troverà queste parole: "Mi torna la stima di me stesso di fronte a questo ritratto. Mi rende comprensibile il mio destino. Tutto ciò che abbiamo vissuto sembra ora così naturale, così ovvio, chiaro come il sole. Chi davanti a queste labbra piene e fiorenti, a questi grandi occhi innocenti di bambina, allo splendore di questo corpo bianco e rosato non si sente scosso nella sua sicurezza borghese, scagli la prima pietra contro di noi". Queste parole dette davanti al ritratto della donna ch'era diventata la distruttrice di tutto, perché da tutti veniva distrutta, recingono il mondo del poeta Frank Wedekind.
«E poi la possente doppia tragedia... la tragedia della grazia femminile braccata, eternamente incompresa, cui un mondo miserabile concede di entrare soltanto nel letto di Procuste delle sue idee morali. La donna viene passata per le bacchette, mentre la volontà del Creatore non l'ha destinata a servire l'egoismo del suo padrone e solo la libertà può innalzarla ai valori più alti...
«Uno dei veri conflitti drammatici fra la natura femminile ed un maschio sciocco ha consegnato Lulu alla giustizia terrena, sicché per nove anni di carcere sarebbe costretta a riflettere che la bellezza è un castigo di Dio, se non fosse che gli schiavi d'amore a lei devoti covano un romantico piano per liberarla, un piano che nel mondo reale non potrebbe maturare neppure in cervelli fanatizzati, riuscire a volontà fanatiche... E ancor più di prima si rivela che la sua grazia [di Lulu] è la vera, sofferente, eroina del dramma; il suo ritratto, immagine dei suoi bei giorni, ha una parte più importante di quella che ha lei stessa, e se prima era l'opera dei suoi charmes a spingere l'azione... sarà la distanza fra lo splendore di un tempo e la presente miseria a muovere il sentimento. i? cominciata la grande rappresaglia, la revanche di un mondo di uomini che ha l'audacia di vendicare la propria colpa.«Da una squinternata sequenza di eventi, che avrebbero potuto essere benissimo l'invenzione di una fantasia da romanzo d'appendice, dinanzi all'occhio perspicace si viene a costruire tutto un mondo di prospettive, di umori e di sconvolgimenti, e la poesia da "scala di servizio" diviene poesia della scala di servizio, che può essere condannata soltanto da quella scemenza per cui un palazzo di pinto male è sempre meglio di un tombino dipinto bene... Un realismo delle situazioni non potrebbe avere che ben poco posto nel mondo di Wedekind, dove le persone vivono per il pensiero... Tutte le fisime della verosimiglianza sono spazzate via. Ciò che sta al disopra e al disotto degli uomini è ben più importante del dialetto che parlano...
«Ma non si può credere sul serio che si possa essere talmente miopi da misconoscere, perché il materiale è "spiacevole", la grandezza nel trattarlo e la necessità interna che ha imposto di sceglierlo. Per il fatto che compaiono mazze, rivoltelle e coltelli non osservare che questo delitto sessuale si compie come una fatalità emersa dalle ultime profondità della natura femminile; per il fatto che la contessa Geschwitz è una lesbica dimenticare ch'essa dimostra una grandezza e non sta a rappresentare un qualsiasi campione patologico, ma al contrario traversa la tragedia come un dèmone del piacere funesto...
«Ciò che avviene ne Il vaso di Pandora può essere chiamato in causa tanto per una considerazione estetica quanto - udite, udite - per una considerazione moralizzante della donna. Che al poeta importi di più la gioia per lo splendore della donna o invece la considerazione del carattere funesto del suo imperio, è questione a cui ognuno potrà rispondere come crede.»
Wedekind aveva fatto ricerche personali per rispondere a questo problema, ma sentì che la soluzione, al pari di Lulu, era troppo semplice e troppo complessa ad un tempo. Creando il personaggio del dottor Ludwig Schön (il cui nome, per caso, aveva un significato per il compositore Berg), il drammaturgo si proponeva di dargli «un'energia spiritualmente robusta ed inflessibile, una brutalità che... si trasformava in dolore attraverso l'eccezionale natura di questa donna primitiva. Volevo mostrare come il pensiero che si sopravvaluta, perde sempre la battaglia contro l'istinto» . E nondimeno la questione non è facilmente risolvibile, poiché è lui, Schön, che sotto l'aspetto di Jack lo Squartatore ritorna alla fine del dramma e uccide Lulu.
All'inizio del «Vaso di Pandora», Alwa, controfigura di Berg, dice: «La disgrazia della nostra gioventù è che siamo tutti troppo letterari... Il nostro orizzonte non si estende oltre i confini dei nostri interessi professionali. E per tornare verso il sentiero dell'arte grande e imponente, dobbiamo muoverci fra gente che non ha mai letto un libro in vita sua, e le cui azioni sono guidate da semplici istinti animaleschi» . Wedekind ha tentato questo durante il suo soggiorno parigino, ma è uscito dal tentativo malato e deluso. E Alwa ha avuto la testa rotta dal negro.
La strana figura della contessa Geschwitz si delinea in tutti i suoi particolari. Come si può trattare con questa donna che non è donna, con questa amante che si offre continuamente in sacrificio, che è persona d'una nobiltà nel contempo superiore e inferiore agli altri personaggi? Wedekind fa di lei il personaggio più pietoso ed umano del dramma, nonostante o a causa del suo lesbismo, che allora era considerato una perversione tale da suscitare pietà, paura, dispetto, ma che non poteva essere accettata in una società raffinata. La contessa ha tutto ciò che Wedekind definisce la «sovrumana» capacità di sacrificarsi in un mondo dove i folli si azzuffano, animati soltanto dall'egoismo. Ella è in certo senso più libera d'ogni altro personaggio. Lulu inveisce contro di lei: «Per un uomo tu non hai abbastanza, e per una donna hai troppo cervello nella tua testa. Questo perché sei pazza».
Nel dramma, proprio prima di morire, la contessa pensa alla possibilità di studiar legge per poter meglio aiutare le sue sorelle. Questa idea ormai familiare non riguarda la liberazione della donna nel significato che la parola ha oggi assunto. Kraus difendeva attivamente le prostitute e gli omosessuali contro l'ipocrita forza della legge e dell'ordine. Wedekind può esser stato d'accordo col giornalista su un livello pragmatico, ma i suoi scritti attestano che egli considerava la prostituzione come una specie selvaggia di degradazione morale, e l'omosessualità un'alternativa impraticabile. Analizzando il dramma di Lulu, Kraus lo fece dal proprio punto di vista, come se le donne fossero governate dal sesso e mosse solamente dal desiderio. Egli accettava in parte la controversa teoria di Otto Weininger che la platonica «idea maschile» comporti perfetta razionalità e potere creativo, mentre l'«idea femminile» sarebbe solamente un capriccioso e incontrollabile impulso verso il sesso. Però se Weininger biasimava tutto ciò che v'ha di nichilista nell'«idea femminile», Kraus ne considerava l'essenziale vacuità e nullità come sorgente di creatività per lo spirito maschile.
La reazione di Wedekind a queste molto discusse idee era più emotiva. Dov'era, si domandava, l'«eterno femminino» di Goethe, e la redenzione che esso ha promesso a Faust? Qual era esattamente la differenza tra angelo e demonio? Wedekind considerava Lulu come la controparte femminile di Faust; d'altra parte, ella è anche don Giovanni. Lulu poteva essere trattata solamente come mito.
Karen Monson, Berg, Milano, Rusconi, 1982, pp. 264-280.


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