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IL «COSÌ FAN TUTTE» DI
MOZART
SECONDO HARNONCOURT
ALL'OPERNHAUS DI
ZURIGO
Intervista al Maestro
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Charlotte Margiono |
Fiordiligi |
Delores Ziegler |
Dorabella |
Anna Steiger |
Despina |
Deon van der Walt |
Ferrando |
Gilles Chachemaille |
Guglielmo |
Thomas Hampson |
Don Alfonso |
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Royal Concertgebouw
Orchestra |
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Nikolaus
Harnoncourt |
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Poche cose, nel panorama interpretativo
contemporaneo, han diviso gli animi come le esecuzioni di Nikolaus
Harnoncourt. Il quale, com'è noto, di recente ha abbandonato
quasi del tutto il suono degli strumenti originali per puntare
piuttosto alla ricreazione d'uno stile originale, che in quanto tale
può esser conseguito anche con l'impiego di strumenti moderni,
dal non lieve vantaggio d'essere più costanti nell'intonazione
e più gradevoli nel timbro. Con questo nuovo intendimento,
Harnoncourt ha affrontato diversi autori, di cui Mozart è
senz'altro il più interessante. Ma l'ha affrontato,
all'inizio, con un metodo che ne ha compromesso il risultato: ridurre
il canto al rilievo da conferire ai recitativi, disinteressandosi se
poi le voci erano miserande sotto il duplice profilo della
qualità timbrica e della capacità di dominare la
tutt'altro che agevole scrittura mozartiana. Metodo dei cui limiti,
in tempi più recenti, sembrerebbe essersi reso conto, visto il
ben più alto livello dei cast: che puntualmente ha reso assai
più ampio il ventaglio delle sue possibilità
espressive. |
Nel «Così
», ci sono in primo luogo diverse novità esecutive. Che
non concernono solo questioni di organico (ovviamente ridotto, con
conseguente maggior rilievo del settore fiati), o di puntuale
adesione alla dinamica d'una partitura di mutevolezza ritmica
pressoché inesausta; ma implicano la massima differenziazione
di sonorità, anche nell'ambito d'una stessa famiglia
strumentale, a seconda delle diverse situazioni narrative. E in tal
campo rientra anche la decisione d'affidare Alfonso a Thomas Hampson,
ovvero a una potente voce di baritono, mentre Guglielmo è
assunto da Cachemaille, timbro più grave (nel video il
problema si pone meno, giacché Montarsolo ha un canto
d'incerto confine col parlato, e quindi si potrebbe anche sostenere
che Furlanetto abbia voce più grave della sua): decisione del
tutto in linea con una partitura che ad Alfonso assegna sempre una
linea superiore rispetto a quella di Guglielmo, nonché una
nutrita serie di acuti, per non parlare della mezzavoce richiesta in
«Soave sia il vento», Darticolarmente ostica per un
basso. |
Ma le novità di gran
lunga più rilevanti riguardano, com'è ovvio, il
versante interpretativo. Qui, l'incessante libertà in materia
di tempi si traduce in una varietà espressiva
frastagliatissima, che getta una luce affatto inedita su parecchi
episodi: qua e là eccedendo, allorché il disincantato
scetticismo - che il romanticismo mai volle accettare tra le
caratteristiche di Mozart - si muta in vetriolico cinismo
atteggiamento invece alieno all'universo sentimentale di Mozart.
Harnoncourt affascina e convince tutte le volte che il sorriso fatuo
e lezioso di tempi saltellanti così come li voleva la
tradizione, diviene invece sensualità predatoria di ritmi
distesi e dilatati, con pause d'avvolgente abbandono: come, ad
esempio, «Non siate ritrosi» oppure il duetto
Dorabella-Guglielmo. Affascina moltissimo nel suo approfondire in
misura capillare ogni parola di ogni recitativo, inserita in un
ordito teatrale di stupefacente, modernissima complessità.
Convince meno, invece, nei momenti di più intensa
partecipazione affettiva, che pure nell'opera ci sono e che vengono
inquinati da una certa acidità intellettuale. |
Il cast dell'edizione solo
audio aderisce, con la forza traente di notevoli personalità,
a quanto Harnoncourt fa in sede di concertazione. Hampson
è un Alfonso d'inedita statura col suo timbro robusto e
bellissimo capace di stagliare un personaggio a tratti inquietante.
Cachemaille è un Guglielmo morbido e delicato molto
più del consueto, con un'inedita sfumatura d'indolente
noncuranza. Molto bravo van der Walt, timbro chiaro ma di
vibrante incisività anche in zona acuta, con un'emissione
compatta e morbida al servizio d'un interprete sensibile. Un tantino
dura e non immune da diverse vetrosità invece, l'emissione
della Margiono, che tra l'altro non è molto fonogenica:
è però interprete intensa, con un fraseggio di forte
spicco. Meno personale come interprete la Ziegler, la quale in
compenso canta parecchio meglio, con un timbro ricco d'ombreggiature
seducenti. Infine Despina. Parte quanto mai infida, che Harnoncaurt
risolve in modo non dissimile da quanto fece Solti, affidandola a una
voce scura. Ne vien fuori un personaggio adulto, carico d'esperienza
e di scetticismo, che più agli antipodi della tradizionale
soubrette non potrebbe essere, diventando anzi persino più
inquietante, a tratti d'Alfonso: Anna Steiger canta bene, ha
una consistente statura d'interprete, e il taglio teatrale proposto
da Harnoncourt vien fuori, ma certo un'italiana - quanto meno
un'italiana brava - avrebbe aderito con altro mordente a certi
interessantissimi coloriti orchestrali. |
CAST
Edita Gruberova |
Fiordiligi |
Delores
Ziegler |
Dorabella |
Teresa
Stratas |
Despina |
Luis
Lima |
Ferrando |
Ferruccio
Furlanetto |
Guglielmo |
Paolo
Montarsolo |
Don
Alfonso |
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Wiener
Philharmoniker |
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Nikolaus Harnoncourt |
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Jean-Pierre Ponnelle |
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Tre anni prima, Harnoncourt
aveva collaborato con Ponnelle alla realizzazione di quest'opera come
film girato in studio su base musicale preregistrata. Data la stretta
vicinanza temporale l'interpretazione di Harnoncourt anticipa tutte
le linee generali presenti nella registrazione Teldec,
sovrapponendosi a essa se non per un percettibile disagio dei
Filarmonici di Vienna (che non l'hanno mai nascosto, del resto:
più duttili e disposti a mutare il proprio suono viceversa,
gli olandesi) nel sentirsi chiedere li limitare o comunque di porre
in secondo piano il completo dispiegarsi del proprio splendore
sonoro, sacrificato alla nitidezza dell'articolazione interna e alla
brusca ruvidità di certi attacchi solitamente ben diversi
nella consueta tradizione vlennese. |
Ma è nella fusione
della musica con le immagini che il «Così» di
Harnoncourt-Ponnelle s'afferma come una delle letture più
originali e interessanti, ancorché non del tutto riuscita.
Ogni parvenza di comicità viene drenata via, lasciando allo
scoperto solo la lucida crudeltà d'una dimostrazione di come a
reggere i rapporti umani sia l'istinto, la frivolezza,
l'avidità, il cinismo. Tra i quali può fiorire l'amore,
beninteso, ma soltanto un amore di sensi, un erotismo che non conosca
ideali o giuramenti per seguire invece l'inclinazione del momento e
del luogo, intenso e incolpevole, apportatore di struggente
sofferenza, anche, ma nondimeno summa d'ogni scetticismo: questo
finale primo, con Ferrando a torso nudo e Guglielmo con la camicia
aperta che calamitano occhiate sempre più turbate delle
ragazze sotto lo sguardo cinico di Alfonso e Despina, ci porta dritti
nel clima delle «Relazioni pericolose». |
Il gioco dei travestimenti
rappresentò una costante, nel teatro settecentesco, ma nessuno
più di Mozart l'ha impiegato con tale abilità per
scandagliare regioni oscure dell'animo: pure, l'ultimo atto delle
«Nozze», i travestimenti di «Don Giovanni» e
le maschere indossate nella notte da Anna, Ottavio ed Elvira,
sembrano solo preparare il terreno ai travestimenti che reggono per
intero il «Così». Travestimenti che sono
però il mezzo per capire la verità delle cose: e
Ponnelle, audacemente, li elimina, sottolineando come il vero,
l'unico travestimento sia all'interno delle coscienze, come il vedere
o no la realtà dipenda interamente da noi. Solo un tenue velo
colorato davanti al viso cela i volti di Ferrando e di Guglielmo; la
chiave da Fiordiligi consegnata a Despina perché le rechi
l'uniforme di Ferrando è una finta, al pari delle vesti
militari che dovrebbero trasformarla; nel principiare il duetto
finale, Ferrando si toglie del tutto il velo azzurro che gli copriva
il viso, e la nuda realtà del desiderio fisico prende possesso
della scena con un'evidenza persino dolorosa, prolungata nelle scene
del finto matrimonio e del «ritorno» degli antichi
fidanzati, in entrambe le quali ognuno è uguale a se stesso.
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E alla fine, mentre Alfonso
conta le banconote della scommessa, Fiordiligi e Dorabella si levano
le due immense parrucche candide e vaporose, quasi ultimo orpello a
nascondere la nuda verità delle cose: ognuno dei personaggi ai
quattro angoli della scena, separato dagli altri, cui è legato
ormai solo dalla consapevolezza amara di quanta solitudine si celi
dietro le sovrastrutture idealistiche che ognuno si fabbrica attorno
a sé, fingendo non solo con gli altri ma soprattutto con se
stesso - estremo e peggiore dei travestimenti - di crederci. Molto
drastica, come soluzione, non c'è dubbio. Di straordinaria
efficacia, però, nell'elevare l'ambiguità sentimentale
e la sua presa di coscienza - sotto il cinismo avido e prezzolato di
chi l'ha già fatto molto tempo prima - a unico perno
drammatico dell'opera: un'efficacia enormemente potenziata
dall'essere la scena legata a filo doppio con la lucida narrazione
orchestrale. |
La compagnia di canto,
quindi, è prima d'ogni altra cosa una straordinaria compagnia
d'attori. In testa a tutti porrei Montarsolo: che Alfonso in
pratica lo parla, ma con tale sottigliezza, tale naturale e
comunicativa spontaneità - frutto anche d'una rinuncia
pressoché totale a ogni lazzo o frizzo superfluo - che finisce
con l'essere persino dlfficlle accorgersene, tanto la sua presenza
letteralmente «buca» lo schermo. Lima e
Furlanetto sono perfetti come presenza fisica non meno che
come recitazione: ma se il secondo canta piuttosto bene, il primo -
al di là del timbro gradevole - è un mezzo disastro
tutte le non saltuarie volte che Ferrando dovrebbe alleggerire e
sfumare il suono, come nell'«Aura amorosa» una delle
peggio cantate di tutta la discografia. La Gruberova ha timbro
un po' leggerino, che limita parecchio il lato sensualeggiante di
Fiordiligi: canta in modo impeccabile, tuttavia, e se il registro
grave è sfocato, quello acuto è in compenso
scintillante e sicurissimo, mentre la coloratura è
padroneggiata con aplomb persino insolente oltre che con gusto
squisito. La Ziegler ripete, con esito ancora migliore, quella
Dorabella che sicuramente è stato finora il personaggio a lei
più congeniale. Autentica sciagura, invece, la Despina della
Stratas, ben più deteriorata rispetto alla già
pessima registrazione Erato: vocetta arida, fissa, aspra e sgradevole
come gesso strisciato sulla lavagna, senza alcun corpo in basso e
tagliente come una lama seghettata in alto, estremamente manierata
sia nella recitazione sia nell'accento (i due travestimenti sono di
gran lunga i peggiori che si possano udire in qualsivoglia
registrazione) è soprattutto lei ad abbassare sensibilmente di
livello una produzione che vale comunque la pena
conoscere. |
L'opera in CD e video.
Guida all'ascolto.
Milano, Il Saggiatore, 1995
pp. 491-493.
|
L'école de l'amour
ou la confusion des sentiments
|
Un
entretien de Nikolaus Harnoncourt
avec Anca-Monica Pandelea
[Sul booklet si
trova il testo originale in tedesco e anche la traduzione in inglese
del testo dell'intervista.]
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Problèmes de la réception de Mozart
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Pandelea: Vous avez dit un jour
de Mozart que c'était un compositeur romantique. Pouvez-vous
expliquer cette épithète qui peut paraître
à première vue déconcertante. |
Harnoncourt: A
vrai dire, je ne dirai pas d'une manière
générale de Mozart que c'est un compositeur romantique.
Mais je ressens chez lui certaines uvres et certains sons comme
romantiques et je crois aussi que d'un point de vue historique, ce
n'est pas foux, car cette notion de romantisme nous vient de la
littérature et existait déjà tout à fait
à l'époque de Mozart. |
Plusieurs spécialistes de
littérature pensent que le «romantisme» commence
avec les «Années d'apprentissage de Wilhelm
Meister» ou avec «Werher», ce que j'admets
aussi.
Je trouve par exemple que, dans le premier opéra de
Mozart adulte «Idomeneo» déjà, il existe de
très nombreux éléments romantiques - dans la
relation à la nature, dans l'instrumentation. Et, chose
curieuse, c'est la combinaison des cors et des clarinettes qui
produit un son très doux - bien que le critère de
romantique ne soit pas accepté pour définir un son.
J'appelle romantiques, la manière dont Mozart utilise ces
sonorités et les situations qui les amènent. C'est
pourquoi l'on a, peu de temps après la mort de Mozart, dans
les symphonies écrites pour des familles de bois classiques
(deux hautbois et deux cors), remplacé les hauthois par des
clarinettes parce que la sensibilité romantique trouvait le
timbre du hautbois trop insistant et trop direct, pas assez
mystérieux. L'aspect mystérieux qui était
très important pour le romantisme ressortait mieux avec la
clarinette. |
Il en existe, dans
«Così fan tutte», un très bon exemple. Dans
les trois premiers morceaux, lorsque les hommes disputent de la
fidélité de leurs femmes, il s'agit d'une scène
très concrète, très réaliste qui se
déroule dans un espace intérieur et l'on utilise ici un
orchestre normal. Puis il y à changement de tableau et l'on se
retrouve dans un jardin ou bord de l'eau où les deux jeunes
femmes s'exaltent en regardant les portraits de leurs amoureux ou
fiancés qui sont absents. Chaque auditeur devrait à
vrai dire être frappé que le timbre, cette
première intervention de l'orchestre avant que les femmes ne
se mettent à chanter, sont tout à fait nouveaux. C'est
un procéde très ancien (qu'autant que je sache
Monteverdi à déjà utilisé au début
du 17e siècle) qui consiste à évoquer un tableau
par un timbre, de créer pour ainsi dire un décor
sonore. Les deux jeunes femmes qui se trouvent dans un cadre ancien,
et non à l'intérieur d'une habitation, se voient
associer, en relation avec la nature, un espace et un sentiment
mystérieux. Mozart obtient ici cet effet par l'intervention
des clarinettes et des cors. C'est ce à quoi je pensais
lorsque je parlais de «romantisme». |
C'est un fait aussi que nombre de
phrases que nous qualifions de schubertiennes apparaissent tout
d'abord chez Mozart. A cette différence que chez Mozart c'est
une phrase parmi mille autres et l'on s'étonne : «Ah ah,
Mozar écrit déjà comme Schubert.» - Mais
uniquement parce que nous connaissons Schubert. Mais quelque part,
les racines de ce langage musical, romantique par excellence, tel que
Schubert l'utilisera, vingt ans après la mort de Mozart,
existent déjà chez Mozart. |
Nous savons avec une relative
précision, comment Mozart ne voulait pas être
joué. Mais savons-nous avec autant de détails comment
il souhaitait être interprété? |
Je pense que sans la
possibilité de l'interroger lui-même, nous ne le saurons
jamais. Si nous examinons l'histoire de l'interprétation des
200 dernières années, nous constatons, que chaque
génération à toujours cherché à
interpréter et à comprendre Mozart comme il le
souhaitait. Et chaque génération a corrigé la
précédente et dit que celle-ci s'était
trompée sur toute la ligne. Je crois qu'il en est
réellement ainsi et qu'il en sera de même pour
nous. |
Cela peut paraître bizarre si
je parle à présent de mode, mais la musique
présente de nombreux parallèles avec la mode, les
«phénomènes de mode». Ce qui plaît
aujourd'hui, ce qui est considéré comme juste, on s'en
amuse déjà quelques décennies plus tard. C'est
ce que l'on constate lorsqu'on écoute des disques
consacrés à des interprétations de Mozart
enregistrées en 1908, par exemple: on perçoit
très bien ce que voulaient les interprètes. Je
présume qu'ils ont joué les uvres avec un grand
amour et en très grands professionnels. J'admire la
maîtrise technique qui est parfois vraiment impressionnante.
J'engagerais sans la moindre hésitation certains chanteurs que
l'on entend sur ces disques tout simplement parce qu'ils sont
excellents. Mais ils font des choses qui - présentées
aujourd'hui à une assemblée de connaisseurs -
déclencheraient l'hilarité générale. Je
trouve cela très injuste. J'en conclus aussi, qu'après
le même temps, disans: dans 80 ans, nous ferons rire les gens.
A mon avis, nous reconnaissons les fautes qui ont été
faites par les musiciens qui nous ont précédés
et nous ne les refaisons pas. Mais nous faisons de nouvelles
fautes. |
Mozart est si grand qu'il supporte
chaque nouvel éclairage donné à ses
compositions. Nous pensons en savoir plus que nos
prédécesseurs. Nous croyons comprendre mieux ses
notations. Nous croyons posséder des antennes pour son langage
musical. Mais mesurée à la justesse globale de
l'uvre, ce que nous faisons n'est jamais qu'un faisceau
lumineux éclairant un point. |
J'ai un jour utilisé la
comparaison d'un scarabée et d'une fourmi qui avancent sur une
colline. Les insectes, c'est nous et la colline, c'est Mozart. Quelle
interprétation réellement juste pourrions-nous bien
avoir si nous nous trouvions à 2 mètres de cette
colline et que nous voyons l'ensemble de la colline qui serait
l'uvre intégrale, qui serait le tout. (Je m'imagine que
c'est ainsi que Mozart à interprété ses
uvres.) Si nous avançons sur cette colline, nous ne
voyons guère plus loin que quelques centimètres; c'est
ce que nous reconnaissans et tout le reste nous le
négligeons. |
Cela signifie bien sûr que le
prochain qui vient s'avance à son tour vers un autre point et
met à son tour autre chose en lumière. Rien ne
m'importe autant, bien entendu, que de comprendre le plus grand
nombre possible des intentions du compositeur. Je crois que l'amour
qu'un interprète porte aux uvres du compositeur est
aussi un moyen pour comprendre le plus grand nombre possible de ses
intentions. |
Il reste aussi à se demander
si c'est vraiment si foux que cela de participer à ce langage
à la mode. Il est tout à fait possible que nous ne
pourrions faire accepter au public, qui n'a pas d'antenne
particulière pour cette époque révolue, une
réalisation que nous voudrions mener avec toute la justesse
souhaitée. Car les gens sont tout à fait
différents qu'il y à 200 ans et saisissent peut
être bien mieux la substance si l'uvre est
présentée avec une erreur potente. Il existe la de
nombreux aspects à prendre en compte. |
Le dit
et le vrai dans «Così fan tutte»
|
La première partie de
«Così fan tutte» est considérée
comme gaie, voire exubérante et la deuxième comme
triste. Vous avez vous-même dit un jour que «Così
fan tutte» est l'opéra le plus triste de l'histoire de
la musique. Est-ce bien vrai? |
Oui, je le trouve toujours. Mais je
ne verrais pas ainsi cette séparation entre le premier et le
deuxième acte. Ce qu'on appelle le «quintette de
l'adieu», que Mozart n'appelle pas «quintette» mais
«récitatif», est à mes yeux l'un des
morceaux les plus tristes que je connaisse. C'est pour moi l'un des
points qui permettent de déceler la véritable intention
de Mozart avec «Così». Les deux jeunes femmes sont
bouleversées à l'idée que leurs fiancés
doivent partir: ces derniers savent très bien que tout cela
n'est que de la comédie. Les quatre chantent alors un quatuor
en bredouillant tout simplement ce qui leur passe par la tête
à l'instant: «Écris-moi donc tous les jours et,
je t'en prie, ne m'oublie pas.» Le mot le plus fort est
«Addio» que chacun dit à l'autre. Il n'est alors
plus possible de distinguer entre celui qui dit ce qu'il pense et
celui qui feint. (Le seul qui dit ce qu'il ressent est justement
celui parle de l'extérieur: Don Alfonso, qui rit pour ainsi
dire dans une tout autre diction.) Je crois que Mozart se met si bien
dans la peau des personnages qu'à ce moment les jeunes gens
eux-mêmes ne mentent pas parce qu'à travers leurs
propres mots d'adieu, ils vivent réellement cet
adieu. |
Je crois que l'effet en retour de la
parole sur celui qui parle représente l'un des
arrière-plans les plus profonds de l'uvre. En
psychologie on connaît la situation qui veut qu'un homme triste
qui dit des paroles gaies retrouve la gaieté et qu'un homme
gai disant des paroles tristes est gagné par la tristesse,
qu'une chose que l'on verbalise devient réelle. Il y a
certaines choses qu'il ne faut pas dire parce qu'elles ne peuvent
être reprises. Dans cette uvre, cela vaut surtout pour la
déclaration d'amour. Chacun des jeunes gens fait une fausse
déclaration d'amour à la fiancée de l'autre sans
penser un seul mot de ce qu'ils disent. Mais on ne peut
impunément abuser ainsi de la parole. Lorsqu'on dit trois,
quatre fois à quelqu'un «Je t'aime», ces paroles
acquièrent une telle force que l'on est soi-même, ainsi
que le partenaire, transformé par leur seul pouvoir. C'est
pourquoi il ne s'agit pas ici d'un jeu avec le feu, mais de la ruine
du sentiment. |
L'une des choses qui me fascinent
véritablement, c'est que chaque mot mis en musique signifie
toujours un peu plus que s'il était simplement
prononcé. Souvent il existe pratiquement pour un même
passage musical deux ou trois textes qui sont chantés
ensemble. Il suffit de penser à «Un'aura amorosa»,
l'air de ténor avant le finale du premier acte. Qui
écoute cet air entend un grand air d'amour. Mais le texte de
Guilelmo qui précède dit: «Et on ne mange pas
aujourd'hui?» Le public a certainement dû rire à
entendre les deux parler tout bonnement de manger. Ferrando
répond: «A quoi bon? A l'issue de la bataille, nous
apprécierons mieux le repas.» Et tout de suite
après cette plaisanterie sur le manger il chante: «Un
souffle d'amour de notre trésor sera une douce nourriture pour
notre cur. Ce cur qui vit des espoirs de l'amour n'a pas
besoin d'autre nourriture.» La lecture en raccourci du seul
texte donnerait cette plaisanterie amusante: «A part de l'air,
il n'y à rien à manger ici.» Que, dès le
milieu de l'opéra, cette remarque se mue en une
déclaration d'amour à la vraie fiancée, est
néanmoins trèsambigu. La parole chantée et
prononcée ne sont pas ici la même chose. Ce qui est
chanté, c'est l'amour, ce qui est dit est à vrai dire
une plaisanterie ... |
Prenons encore un autre exemple, le
trio «Soave sia il vento». Le texte dit: «Que la
brise soit douce et l'onde tranquille. Et que tous les
éléments soient propices à nos vux.»
Lorsque je lis ces phrases ou je les mets en scène dans une
pièce de théâtre, cela signifie: ils ne doivent
pas faire naufrage, le bateau ne doit pas sombrer et la brise doit
les ramener aussi vite que possible. Mais le texte ignore encore que
Mozart compose sur le mot «desir» une harmonie
très dissonante, magique qui dit autre chose. L'auditeur
perçoit une anomalie très forte et véritablement
magique qui dit: il y à quelque chose qui n'est pas en
harmonie avec nos vux. Mais il n'est rien dit de plus
précis. |
Les jeunes femmes veulent que leurs
fiancés reviennent. Mais il y à la quelque chose qui se
passe, il va y avoir quelque chose, peut être ne seront-ils
plus les mêmes lorsqu'ils rentreront ou peut être encore
... Peut être serons-nous terriblement trompées dans nos
vux dans les deux heures qui vont venir. Cette harmonie magique
peut signifier aussi: peut être que, quelque part, ne
souhaitons-nous même pas ce que nous souhaitons. A ce moment,
rien ne permet encore de le dire. Mais ce «second texte»
se profile comme un diable derrière un ange et tous disent le
même mot et pensent cependant à tout autre
chose. |
Je pense qu'on ne doit pas
interpréter avec la connaissance que l'on à
déjà du livret. Cet opéra est composé
pour l'auditeur qui l'entend pour la première fois. Si je suis
déjà ce qui va arriver et comment tout va être
résolu sur le plan musical, je vois beaucoup trop loin dans
mon interprétation. |
Mozart n'utilise aucune forme
ancienne d'une manière traditionnelle, mais il lui ajoute
toujours quelque chose, ce qui la rend totalement adaptée
à l'époque. L'air «Come scoglio» de
Fiordiligi, par exemple, ne pourrait jamais se trouver dans un
opéra antérieur (on dit souvent qu'il est
«baroque»). Un trait caractéristique de l'air
baroque est que les paroles du chanteur sont amplifiées par la
musique: il existe donc l'air de la vengeance, lair de l'amour etc.
Pour moi «Come scoglio» est en revanche l'exemple type
montrant que la musique exprime le contraire de ce que dit le
chanteur. |
Le rocher est tout d'abord mis en
place. Fiordiligi dit «Come scoglio immoto resta» - comme
le rocher reste immobile, telle est ma fidélité.
L'auditeur est bercé d'une certaine sécurité. Il
n'y à rien qui puisse faire chanceler un cur
fidèle. Vient ensuite une tempête de l'orchestre qui est
comme un ébranlement, ce ne sont plus des points
d'interrogation, dans le vocabulaire musical c'est un effondrement.
Autrefois tout le monde savait ce que signifie: voici le rocher qui
s'ecroule. Et après qu'il est tombé, elle dit:
«Comme le rocher qui reste immobile.» Sur le plan musical
il n'est plus question de rocher «immobile», il est
déjà tombé. |
Aucune des personnes
présentes sur la scène ne le remarque. Seul le
spectateur s'aperçoit de quelque chose: «Celle qui parle
le plus clairement de la grandeur de sa fidélité est
déjà perdue.» Cet air fait grande impression sur
Ferrando, c'est la première fois qu'il entend une femme
réagir à une déclaration d'amour comme le fait
Fiordiligi. Et jamais il ne peut avoir entendu chose pareille de
Dorabella. C'est vraisemblablement à ce moment précis
qu'il tombe amoureux de Fiordiligi et se rend compte: «Il se
peut bien que je n'aie pas choisi la bonne.» ll à alors
devant lui une femme qui rabroue tout amoureux qui se
présente. Sa Dorabella est sans doute tout à fait
différente. Cet air dit ou public: «Voilà une
femme magnifique - Mais elle est déjà
perdue.» |
Qui est Don Alfonso? Est-il
quelque chose comme un montreur de marionettes de la commedia
dell'arte? |
Il y à dans cet opéra
six personnages et ma sympathie tout comme mon antipathie peut aller
à chacun d'entre eux selon mon sentiment personnel. Je peux
dire qu'Alfonso est un type répugnant, qu'il est un cynique,
qu'il est le destructeur. Don Alfonso est donc bien plus qu'un
montreur de marionnettes. Son pari est un jeu avec quelque chose de
terrible. On à le sentiment qu'une chose très belle
cette harmonie qui règne entre les quatre jeunes gens est mise
entre parenthèses. |
A l'époque de Mozart, Alfonso
est sans aucun doute un philosophe des Lumières qui ne croit
pas aux valeurs éternelles et a connu de très fortes
déceptions personnelles qu'il transmute en cynisme. Mais c'est
pousser un peu loin l'interprétation. On pourroit encore le
voir d'une autre manière sans changer un mot ni une seule
note. On pourrait voir en lui quelqu'un qui veut ouvrir les yeux des
hommes et veut les empêcher de vivre en aveugles. Ce n'est pas
ainsi que je le vois. Pour moi, il est plus un cynique et n'a pas ma
sympathie. Mais je peux comprendre l'auditeur qui trouve Don Alfonso
très raisonnable et très sympathique et dit: les hommes
avancent en titubant vers leur propre malheur tant qu'ils ne savent
pas. C'est une interprétation tout à fait plausible.
|
Et il en va pratiquement ainsi avec
chaque personnage. Je peux enrager à propos de Guilelmo et
dire: voilà un coureur de jupons vaniteux qui, lorsqu'il est
une victime, se met à pleurnicher jusqu'à en devenir
ridicule. Et on pourroit procéder ainsi pour chaque personnage
... |
Chez Ferrando qui est une âme
exaltée, très sensible, je ne vois rien de
négatif. |
Le fait qu'il séduit la
fiancée de son meilleur ami par de réels mensonges ne
révèle un comportement des plus
sympathiques. |
Mais il est accompagné d'une
musique merveilleuse. Mozart lui attribue les airs les plus beaux,
les plus tendres et les plus chargés de sentiment. |
Le duo Guilelmo-Dorabella estle seul
véritable duo d'amour de tout l'opéra. Bien qu'ils ne
se soient pas encore trouvés, leur histoire commence par un
duo d'amour. Il est très inhabituel que ce couple - la
«frivole» (terme que je voudrais maintenant presque
mettre entre guillements) Dorabella et le «frivole»
Guilelmo qui, en d'autres occasions, se vante de ses succès
auprès des femmes - se mettent alors à chanter un duo
d'amour. Le duo Ferrando-Fiordiligi n'est pas un duo d'amour, mais il
correspond à un parcours qui va d'une crainte et d'une
très forte répulsion réciproques jusqu'ou
«Je ne peux plus» et jusqu'à la
rencontre. |
Cela tient à Fiordiligi
qui, des quatre, est celle qui fait le moins de compromis. Pour elle
il n'existe pratiquement qu'une seule issue. |
Elle est comme cela si vous voulez.
Les personnages sont réellement comme des hommes de tous les
jours. Pour qui les aime, ils sont sympathiques, pour qui ne les aime
pas, ils sont antipathiques. Je pourrais, si je le désirais,
inverser aussi l'opinion courante sur Fiordiligi et Dorabella qui
veut que Fiordiligi soit la femme constante et
déterminée et Dorabella la femme frivole. Ni Mozart ni
Da Ponte ne sont définitifs dans la caractérisation des
personnages. Ils sont définitifs au moment où un
personnage s'exprime. Mais il existe le plus souvent, dans la
musique, un autre texte qui remet en question ce qui est en train de
se dire. C'est comme si nous nous trouvions en face d'hommes et de
femmes réels avec lesquels nous ne sommes jamais sûrs de
rien non plus. Il n'est pas possible d'aller voir ce qui se passe
à l'intérieur des individus, chaque homme reste un
mystère pour l'autre. Même si notre sympathie pour lui
est grande, il est toujours possible qu'il soit aussi la cause d'une
terrible déception. Cette possibilité existe en
permanence pour les personnages de «Così fan
tutte». Le dernier mot n'est jamais dit, rien n'est
terminé ni accompli, nous avons affaire à des individus
tout à fait vrais, pitoyables. Il n'y a pas de héros
dans cet opéra. |
Dans quelle mesure la casse
finale peut-elle être reparée
|
Dans le contexte de ce que je viens
d'exprimer, c'est une question que l'on peut considérer de
très différentes manières. |
Et comment le voyez-vous?
|
Pour moi c'est totalement
irréparable. Je pense que l'élément cynique de
la personnolité de Don Alfonso qui ne peut supporter le
bonheur autour de lui à été fortement
souligné par Mozart. Je ne peux m'imaginer d'aucun des quatre
intéressés qu'il puisse jamais avoir une relation pure
avec un nouveau partenoire - pas plus qu'avec son ancien partenaire.
Je peux m'imaginer qu'ils retournent vers leurs anciens partenaires
et qu'ils mènent la vie commune d'un couple retors, sans
illusion et sans la pureté des débuts de leur relation.
Mais les idéaux sont perdus. Je vois là une terrible
tristesse. |
Je vois de la tristesse
également dans le fai tque la trahison peut cotoyer l'amour d'aussi
près. |
Bien sûr. Cette fin d'une
gaieté de commande, ce finale turbulent ne rendent cette
tristesse que plus profonde encore - c'est comme si l'on se mettait
maintenant à philosopher sur l'avenir. |
Nous n'avons pas encore, je pense,
parlé de Despina. Son rôle offre de beaux
exemples de ce que la musique peut ajouter au texte. Il est frappant
que ses deux airs soient de la musique populaire autrichienne
authentique. Cela me dit, ainsi qu'ou spectateur de jadis, sans
doute, que, comme la plupart des domestiques, Despina vient de la
campagne et peut être même de tel ou tel village
où l'on joue cette musique. L'imitation des instruments
campagnards, de la vielle et de la cornemuse est très
frappante. Ou encore l'utilisation de la valse qui n'était
alors dansée que dans les couches populaires les plus
basses. |
Le réalisme dans «Così
fan tutte»
|
Bien que
«Così» puisse être considéré
comme l'opéra le plus artificiel de Mozart, il est aussi pour
moi l'un des plus réalistes. «Così»
n'est-il pas peut être l'apéra où il s'est
montré le plus? |
C'est l'opéra plus
réaliste en ce sens que les hommes sont
représentés avec plusieurs visages. Mozart ne peut
certainement montrer les hommes que tels qu'il les connaissait, tels
qu'il les voyait. Nous avons affaire ici à six personnages
multiples, à six personnes ou caractère très
versatile. Chaque personnage possède le caractère
énigmatique de l'homme en général: on ne soit
jamais, dans le fond, comment ils vont réagir à la
situation qui va suivre. Les réactions authentiques et
spontanées tiennent manifestement ou fait que Mozart
s'identifie à tout moment au personnage pour lequel il est en
train de composer. On croit, après «Così fan
tutte», en savoir plus sur Mozart car il doit dire tant de
choses sur lui-même lorsqu'il décrit chaque personnage
et en même temps on ne sait rien. Mozart n'est pas saisissable
en tant que personne. Tandis qu'il écrit un air pour Guilelmo,
il est Guilelmo, il ne peut le faire sympathique ou antipathique car
il ne le façonne pas de l'extérieur, mais de
l'intérieur. |
C'est, à mon avis, l'une des
raisons pourquoi il n'existe pas à vrai dire de personnages
antipathiques dans les opéras de Da Ponte. Si vous lisez le
livret de «Don Giovanni», vous ne souhaitez rien autant
que tordre le cou au héros et dire: «Voilà la
crapule la plus vile et le criminel le plus grand.» Lorsqu'en
revanche on entend l'opéra, c'est à lui, en tout cas,
que va la sympathie du public. Cela n'est possible que parce que le
compositeur - peut être sans le savoir - s'est identifié
à ce personnage au cours de la composition et dit
lui-même ce que dit le personnage. C'est en ce sens que je
crois que l'on ne pourra jamais saisir Mozar ten tant que personne.
Il se cachera toujours derrière ses personnages. |
Pourquoi «Così»
si on le compare aux autres opéras de Mozart, surtout aux
opéras de Da Ponte, eut-il au début, si peu de
succès? Le public ne peut-il supporter le mensonge, la
tromperie, l'ironie? |
«Così» ne
reproduit pas le schéma habituel d'une pièce de
théatre et d'un opéra. Il n'y à pas ici de
héros, de personnage auquel on peut s'identifier.
Habituellement le public veut donner sa sympathie à un
personnage, n'importe lequel. Ce n'est pas un problème dans
«Figaro» avec le couple Figaro-Susanna, c'est très
net aussi dans «Don Giovanni». On à certes affaire
à un héros scélérat que l'on trouve
quelque part fascinant. Dans «Così» on n'a pas de
rôle principal, mais un jeu entre six personnes qui jouent
cartes sur table. |
De pouvoir montrer cela sur
scène était nouveau à l'époque. Et l'on
comprend facilement que l'on ne pouvait avoir de succès
auprès d'un large public. Je trouve que l'uvre est
morale en ce sens qu'elle amène le spectateur à
réfléchir et qu'elle le rend meilleur. On y voit pas
que le Bien triomphe du Mal. Chaque spectateur qui à vu
l'opéra doit réfléchir ensuite à de
nombreuses questions qui le préoccupent personnellement.
Chacun y trouve un miroir pour soi-même et se sent
interpellé de manière très personnelle. Et il
sort changé de cet opéra. Ainsi devait-il tout d'abord
choquer le public! C'est ce qui explique les nombreuses remarques que
l'uvre a certes une musique merveilleuse, mais ... |
Un mauvais livret.
|
Oui, mais il n'est pas possible de
trouver ce livret réellement mauvais! |
Mais c'est ce qu'on a dit au
début. Cette «mascarade» à laquelle
personne ne pouvait plus croire... |
La question de savoir si la
mascarade est crédible ou non ne se pose même pas. Si
l'on s'intéresse à cette uvre, on accepte alors
la prescription que Guilelmo et Ferrando ne doivent pas être
reconnus. Ils n'ont même pas besoin de se coller des fausses
barbes, on ne les reconnaît pas, un point c'est tout. Nous
n'avons pas besoin de rendre ce fait vraisemblable ou
invraisemblable. |
Et qu'y a-t-il de nouveau dans
cette partition par rapport à «Don Giovanni»? Dans
l'orchestration, l'utilisation des instruments? Est-ce que ce sont
les trompettes qui viennent en plus? |
Ce ne sont que des détails
qui sont nouveaux. Je n'irais pas jusqu'à dire qu'on entend
des choses inouïes jusqu'alors sur le plan de la pure technique
instrumentale ou sur le plan musical. Je vois plutôt le tout,
en tant que pièce, comme nouveauté. Avec la
représentation des relations réciproques de six
personnages, c'est une forme d'opéra tout à fait
nouvelle. Je ne peux que constater que chacun des trois opéras
de Da Ponte a un son qui lui est propre. Il y a un son
«Figaro», un son «Don Giovanni» et un son
«Così fan tutte» et chacun des opéras
présente une gamme d'expressions qui va du plus simple et du
plus intime au plus dramatique et ou plus débridé.
Cette gamme est exploitée dans toutes ses nuances et il est
néammoins possible d'affirmer qu'un morceau donné
n'appartient à un opéra bien précis. |
Vous avez dit un jour que la
graphie de «Guglielmo» était
erronée. |
Il s'agit tout simplement d'une
forme moderne du prénom. Da Ponte a écrit Guilelmo.
Guilelmo est une forme ancienne de Guillaume en italien. Da Ponte et
Mozart lui ont donné ce vieux prénom et nous ne
souhaitons pas le moderniser en Guglielmo. Da Ponte écrit
aussi un italien nettement influencé par la langue du Frioul
dont il est originaire. De là viennent aussi les plaisanteries
et jeux de mots qui sont nombreux dans «Così»,
doubles sens intraduisibles qu'il vaut mieux ne pas traduire car ils
sont en partie d'une très grande obscénité. Nous
avons utilisé tous les jeux de mots qui se trouvaient dans
l'original. Nous n'avons pas, par exemple, corrigé
«Astrolicarti» en «Astrologarti», parce que
nous savons le plaisir qu'éprouvait Mozart à ces jeux
de mots: «Astrolicarti» ne signifie rien du tout, c'est
un mot composé d'astrologie et de cartes pour faire allusion
à la chiromancie ... |
A
propos de la distribution
|
«Così» est
tout d'abord une uvre pour ensemble et son véritable
personnage principal n'est pas un individu mais un quatuor. Je pense,
que pour un enregistrement de «Così» il est
très important que l'uvre ait été
jouée sur scène dans la même distribution et que
les chanteurs aient travaillé ces rôles
ensemble. |
Oui. Le tempérament et la
qualité de la voix doivent être ajustés l'un
à l'autre de manière à ce que chaque solo et
chaque ensemble se réfèrent tout naturellement aux
relations réciproques des différents
personnages. |
Il est très difficile, je
crois, de produire un opéra comme celui-là en studio
exclusivement. Les nuds relationnels doivent avoir
réellement subi l'épreuve de la scène. Il faut
que la multiplicité de sens de chaque répartie ait
été vécue. Dans «Così» les
personnages sont ambigus. Ils ne sont pas A et B ou oui ou non, mais
toujours les deux à la fois. Tout cela doit avoir
été expérimenté sur scène, il fout
avoir réellement éprouvé les nombreuses
réactions possibles. Notre enregistrement prolonge un cycle de
représentations de «Così» à
l'Opéra d'Amsterdam. |
Vous avez suscité la
surprise en confiant, pour cet enregistrement, le rôle de Don
Altonso à Thomas Hampson. On s'attend en général
à un chanteur d'un certain âge et à un baryton de
tessiture plus grave. |
J'ai attaché beaucoup
d'importance à ce que les voix de basse et de baryton soient
distribuées ainsi et que Don Alfonso ait une voix de baryton
haute et Guilelmo une voix grave. Cette distribution ressort
clairement de la partition. Tous les passages graves oppartiennent ou
rôle de Guilelmo, il est toujours la voix la plus basse de
l'ensemble. Il y à plusieurs passages, dans le trio
«Soave sia il vento» où Don Alfonso doit chanter
un mezzovoce très léger et aigu. L'association que nous
faisons aujourd'hui est le plus souvent celle-ci: plus un homme est
âgé, plus sa voix est profonde. C'est ainsi que l'on
utilise une voix basse pour Don Alfonso. Dans l'ensemble on
intervertit souvent les voix. On ne laisse Don Alfonso chanter
lui-même que chaque fois que la situation l'exige absolument
parce que Guilelmo et Ferrando sont déjà partis, et ce
n'est alors pas une partie de plaisir pour lui... Mozart a
donné la voix plus haute à Don Alfonso, l'homme d'un
certain âge à chez Mozart un registre plus
élevé.
Figaro, Leporello et Guilelmo représentent une
catégorie de voix et le Comte, Don Giovanni et Alfonso une
autre catégorie. Malheureusement il arrive que, dans
«Don Giovanni», le rôle-titre soit chanté
par une basse, ce qui ne répond pas aux intentions de
Mozart. |
A
propos du «style mozartien»
|
Je souhaiterais pour conclure
revenir une fois encore au point de départ de notre entretien.
Cette année justement il est beaucoup question du style
mozartien. Quelle serait votre définition? |
Je crois que le style Mozartien est
vraiment indéfinissable. Mozart se comporte, pour ce qui est
du style, exactement comme ses contemporains. Il écrit dans le
longage musical de son époque. Il est seulement un peu
meilleur en tout. Il compose dans le même style que Haydn, il
écrit comme Dittersdort et Salieri. D'autres compositeurs
sont, sur de nombreux points, bien plus à l'avant-garde de
leur temps que Mozart lui-même. Il existe de Salieri des
pièces, des tours et des groupes de mesures qui annoncent le
jeune Verdi, ils sont dans l'art du bel canto et de l'instrumentation
en avonce de 40 ans. Chez Haydn, il y a des choses audacieuses qui
renvoient très loin dans le 19e siècle. |
Dans le domaine purement technique
et stylistique, Mozart procède de manière analogue
à Bach: il reste attaché à l'usage du langage
musical de son époque. Dans le domaine affectif en revanche,
il est bien loin devant. Là où il décrit des
sentiments, l'étendue et la profondeur du vécu, des
choses les plus simples aux abîmes les plus profonds, personne
ne l'égale. C'est ce qui, à mon avis, fait
l'intemporalité de Mozart. Il est curieux que la musique de
Mozart ne vieillisse pas. Je ne crois pas qu'il y ait d'autre
compositeur que chaque génération aborde, de manière
aussi nette, avec la même spontanéité. On a
l'impression que Mozart vit encore aujourd'hui et qu'il a quelque
chose à nous dire dans notre langue. Peut être cela
tient-il ou fait qu'il n'est pas très fixé du point de
vue du style. Il fait toujours des choses auxquelles on ne s'attend
pos. Lorsque nous l'imaginons d'une folle audace, il n'est pas
audacieux ou bien dans des gestes extrêmement minuscules. Il
n'en fait jamais trop ni trop peu. Je crois que c'est un personnage
insaisissable que nous ne sommes pas du tout en mesure de l'analyser.
Nous ne disposons pas de mètre-étalon pour les
dimensions correspondant à sa qualité. |
MAGAZIN OPERNHAUS ZÜRICH
|
In der
Publikumsgunst stand «Così fan tutte» lange hinter
den anderen Mozar-Da Ponte-Opern zurück, was Nikolaus
Harnoncourt nicht zuletzt darauf zurückführt, dass
diese Oper nicht dem damals üblichen Schema eines
Theaterstücks folgt. Hier geht es nicht um einen Helden, um eine
Figur, mit der man sich identifizieren kann, sondern um ein Spiel von
sechs höchst vielschichtigen Personen, von denen jede ein
vollständiges und doch nahezu unergrundliches Charakterprofil
besitzt. |
Anders
als in einer Opera seria, in der jede Figur ihren festen Charakter,
jede Arie ihren Affekt hat und sich erst in der Gesamtheit die
aufgefächerte Vielfalt ergibt, besitzt in diesem psychologischen
Kammerspiel Mozarts jede Figur einen tolal fluktuierenden Charakter
und beinhaltet immer zugleich auch das Ganze. Man weiss im Grunde
nie, wie sie auf die nachste Situation reagieren werden. Weder Mozart
noch Da Ponte legen sich in der Charakterisierung der Figuren fest.
Sie legen sich zwar fest in dem Moment, in dem eine Person etwas
sagt. |
Aber da
ist noch ein anderer Text in der Musik, der das Gesagte in Frage
stellt. Ein Paradebeispiel dafür, dass die Musik durchaus das
Gegenteil von dem sagen kann, was im Text steht, ist die Arie
«Come scoglio»: Zuerst wird der Felsen gleichsam
hingestellt. Fiordiligi sagt: «So wie der Felsen unbewegt
steht, so steht auch meine Treue.» Dem Zuhörer wird
Selbstsicherheit suggeriert, zugleich aber malt das Orchester
Turbulenzen und Zusammenbrüche; der Fels steht also keineswegs
sicher und unverrückhar; die Musik spricht einen Subtext zum
verbalen Text. |
Ähnlichen Irritationen sind wir auch in
Fiordiligis Rondo «Per pietà, ben mio» ausgesetzt.
Schon die Tonart E-Dur verrät, dass sich Fiordiligi entgegen den
mit sicherer Bestimmtheit geäusserten Treueschwüren in
hochster Verwirrung befindet. Zusätzlich fordert Mozart in
dieser für Hörner sehr unbequemen Tonart so
halsbrecherische Figurationen, dass die Ernsthaftigkeit ihrer
Entschlossenheit entschieden in Frage gestellt wird. Ein Beispiel
anderer Zwiespältigkeit ist die Arie «Un'aura
amorosa»: Wir hören eine grosse Liebesarie. Davor aber
fragt Guilelmo: «Gibt's heute kein Essen?» und Ferrando
antwortet ihm: «Wozu denn? Es wird uns nach unserem Sieg besser
schmecken». Und dann singt er: «Ein Liebeshauch unseres
Schatzes wird dem Herzen süsse Kraftigung bringen. Dem Herzen,
das genährt von Liebeshoffnung bessere Nahrung gar nicht haben
kann.» Schaut man sich den Text alleine an, so hätte man
einen komischen Witz über «Es gibt nichts zu essen ausser
Luft und Liebe» machen können. Dass das musikalisch zu
einer Liebeserklärung an die wirkliche Braut umgedeutet wird,
ist schon eine sehr doppelLödige Sache. |
Das
ganze Stück hindurch bewegen sich die handelnden Personen - und
wir uns mit ihnen - auf sehr unsicherem Boden und am Ende lautet das
traurige Fazit: Nichts, was einmal sicher schien, ist es wirklich.
Mozart komponierte das abschliessende «Fortunato l'uom che
prende ogni cosa per buon verso» in C-Dur. Doch das
traditionell Festliche und Positive dieser Tonart schlägt im
Gesamtzusammenhang des Werkes in das Gegenteil um. Bis zum Terzett
«Una bella serenata» könnte man C-Dur noch im
herkömmlichen Sinn verstehen, doch mit Beginn von Don Alfonsos
Rezitativ «La commedia e graziosa» wird zunehmend klar,
dass das C-Dur immer im Bunde mit dessen Experiment am lebendigen
Menschen steht. Die Musik sagt am Ende nicht «fortunato»,
sondern «infortunato»; die aufgesetzt-heitere Turbulenz
des Finales ist abgründig. |
In
«Così fan tutte», so Nikolaus Harnoncourt, wird in
negativem Sinne gezeigt, was Zynismus zustande bringen kann; es gibt
keine Schuldigen, wohl ausser Don Alfonso und teilweise Despina nur
Betrogene. Im Grunde ist das Stück in dem Sinne moralisch, dass
es die Menschen zum Nachdenken bringt. |
Was
für die hochkomplexe Verbindung von Wort und Musik sowie die
nicht wirklich auflösbare Tonartendramaturgie gilt, zeigt sich
auch in der Architektur der Tempi, die in einer ganz komplizierten
Weise aufeinander bezogen sind. Leopold Mozart schreibt über die
Bedeutung der Tempi: «Der Tact macht die Melodie: folglich ist
er die Seole der Musik. Er belebt nicht nur allein dieselben, sondern
er erhält auch alle Glieder derselben in ihrer Ordnung. Es ist
also an dem musikalischen Zeitmasse alles gelegen... |
Man
setzet zwar vor jedes Stück eigens dazu bestimmte Wörter,
als da sind: Allegro, lustig; Adagio, langsam u.s.f. Allein das
Langsame sowohl als das Geschwinde und Lustige hat seine Stufen. Und
wenn auch gleich der Componist die Art der Bewegung durch
Beyfügung noch anderer Beyworter und Nebenwörter deutlicher
zu erklären bemühet ist: so kann er doch unmöglich
jene Art auf das genaueste bestimmen, die er bey dem Vortrage des
Stückes ausgedrücket wissen will. Man muss es also aus dem
Stücke selbst herleiten. Jedes melodische Stück hat
wenigstens einen Satz, aus welchem man die Art der Bewegung, die das
Stück erheischet, ganz sicher erkennen kann.» |
In
«Così fan tutte», so Nikolaus Harnoncourt,
differenziert Mozart die Tempi mit etwa fünfzig verschiedenen
Angaben. Dabei gibt es ein Tempo, das Andante C vom Anfang der
Ouvertüre, das durch die ganze Oper hindurch an entscheidenden
Schlüsselstellen wiederkehrt und damit als eine Art
Rückgrat oder Achse des Werkes angesehen werden kann. Die hier
so zahlreichen und unterschiedlichen Tempi können nicht einfach
verschiedenen Charakteren oder Situationen zugeordnetwerden, weil sie
immerzugleicl auch deren Infragestellung miteinbeziehen. |
Es ist
ähnlich wie bei der Lasurmalerei, derer verschiedene Schichten
untereinander sicht bar bleiben. Mehrfach erscheinen dieselber Motive
in verschieden schnellen Stücken und sind daher, um
gleichschnell dargestellt zu werden, in unterschiedlichen Notenwerter
notiert - auch dies für den Dirigenten Aus druck der
Vielschichtigkeit, die in «Così»
herrscht. |
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