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PROFILO CRITICO

 

[Johann Strauss jr.] fu senza dubbio, oltre che il più produttivo, il più versatile membro della dinastia. Entro la serie di oltre 480 composizioni con numero d'opera è possibile distinguere due fasi creative di pari durata dal 1844, quando debuttò come autore di musica da ballo e direttore di un'orchestra propria fino al 1870, periodo in cui compose in tutto 342 pezzi; dal 1870 alla morte, anni durante i quali nacquero 16 operette oltre ad altri 138 pezzi da ballo. Dopo i primi lavori, ancora nello stile di Lanner e del padre sviluppò a partire dal 1860 ca. la nuova forma, più ampia e più ambiziosa, del Walzer da concerto, risentendo in particolar modo dell'influsso di Jacques Offenbach, in quegli anni spesso presente a Vienna. Di queste nuove composizioni fa parte, dopo l'«Acceleration-Walzer», «Morgenblätter» (scritto nel 1865 in concorrenza con gli «Abendblätter» di Offenbach) e ancora «Am der schonen blauen Donau», nato nel 1867 ed originariamente fornito di testo. Nell'ambito della sua produzione di pezzi da ballo la preminenza è univocamente attribuita al Walzer.
Partendo dalla forma classica Johann figlio la sviluppa e l'approfondisce per mezzo di melodie che abbandonano la rigida struttura di 8 battute in favore di più ampi complessi di frasi e per mezzo di più movimentati giri melodici, ritmicamente flessibili e differenziati con l'impiego di sequenze variate e legature producenti «hemiolie». Terze e seste parallele nell'accompagnamento conferiscono il tipico tono viennese, ma le introduzioni, quasi sempre più ambiziose dal punto di vista formale, mostrano che il compositore studiò attentamente l'armonia romantica di un Liszt e di un Wagner. Ciò che distingue inoltre le sue musicada ballo dalle produzioni contemporanee è una strumentazione ricca timbricamente, variata in modo inconsueto: l'orchestrazione straussiana è una delle più originali di tutto l'Ottocento e i pezzi che il compositore strumentò personalmente sono lontanissimi dai consueti banali arrangiamenti.
Tanto nella scrittura per i legni - quanto nell'impiego degli ottoni e degli archi, spesso suddivisi in sezioni, Strauss realizza un ideale di brillante chiarezza e di dolcezza carezzevole che molte rielaborazioni tardo-romantiche, in circolazione ancor oggi, tendono ad offuscare a favore di una coloratura patetica. L'edizione completa attualmente in via di pubblicazione dovrebbe poter contribuire, portando alla luce testi originali e sicuri, ad una interpretazione fedele e stilisticamente impeccabile.
Sotto l'impulso di Offenbach, dopo l'esecuzione dell'«Orphée aux enfers», nella Vienna degli anni Sessanta nacque il genere nuovo dell'operetta viennese. Dapprima fatto proprio da Franz von Suppé, vide il debutto di Strauss con «Indigo oder die vierzig Rauber» (1871); a quest'opera prima nel genere operettistico, che ebbe poco successo, seguirono altri 15 lavori, in una linea dal carattere più comico-brillante che satirico; un posto stabile sulle scene dei paesi di lingua tedesca e a volte anche al di fuori di essi si sono conquistate «Die Fledermaus», «Der Zigeunerbaron», la postuma «Wiener Blut» e, in minor misura, «Nacht in Venedig». All'origine dell'oblio in cui sono cadute le altre operette è in massima parte la qualità scadente, spesso del tutto inadeguata, dei libretti che Strauss, non avendo un vero e proprio senso drammatico, era spesso portato ad accettare senza fare obiezioni.
Resta da sperimentatre se una rielaborazione testuale possa giovare a questi lavori. Dopo che, all'inizio dell'Ottocento, la musica fu suddivisa in «elevata» e «leggera», Johann Strauss figlio fu uno dei pochi compositori di quest'ultima ad essere altamente apprezzato anche dai colleghi della musica «seria»; Wagner elogiò «la grazia, la finezza e la sostanza musicale» dei Walzer, Brahms disse di lui «trabocca di musica», e Richard Strauss: «Di tutti i grandi talenti J. Strauss è per me il più amabile dispensatore di gioia. Lo considero uno degli ultimi musicisti capaci di avere trovate "primitive". Sì, si tratta proprio di primitività, di melodie primitivamente originali».

[DEUMM]

Tra le difficoltà di rappresentare l'opera c'è quella di lasciare il tutto aila sua leggerezza. Così ruoli e situazioni sono lasciati all'inventiva del momento, e la festa a casa Orlofsky può diventare occasione di contemporaneo chiacchiericcio, satirico e no, sulla politica e la cronaca, o occasione per esibizioni felicemente anacronistiche (in un'incisione di Karajan rimasta celebre, si cantavano «Anna prendi il fucile», «Summertime», «My fair Lady»). Oltretutto, i ruoli vocali sono felicemente ibridi: Eisenstein è in partitura tenore e nella prassi spesso baritono, con tessitura dunque che richiede sapienza vocale al limite del rischio. Orlofsky è parte en travesti per mezzosoprano o contralto, ma Carlos Kleiber, per esempio, l'ha affidata talvolta, con risultati discussi e discutibili, a un falsettista. Si può dire, tutto considerato, che la capacità di preservare la leggerezza dell'opera consiste nel saperlo preservare quale luogo di gioco e di grande libertà, sottraendolo alla maniera.
Grande rilievo vi hanno inoltre certi passaggi tratti dalla musica popolare non solo viennese (su tutte, si veda la csárdás cantata da Rosalinde, o la polka nel finale del secondo atto), cui si accompagnano, per puro gioioso divertimento, vocalità funamboliche, virtuosismi nelle entrate vocali, accompagnamenti scanzonati, melodie straripanti e irresistibili. E poi ritmo, ritmo come dice la musica e come ribadisce la trama: tutti si ritrovano ovunque, in un girotondo festoso e in una saga delle coincidenze. Insomma, «Die Fledermaus» è un luogo di felicità, la realizzazione scenica della gioiosa malinconia del valzer; ma non solo. Se infatti gran parte dell'insieme si deve al valzer, tutta la partitura è spumeggiante, divertita, ironica: fatta per durare. Venti anni dopo la caduta della 'prima' (una quindicina di rappresentazioni), poi salutata dal successo a Parigi e Berlino, dopo un ventennio di successo popolare e di riserve critiche, il titolo entrerà trionfalmente nel repertorio dell'Opera di Vienna, per consegnare la propria perenne giovinezza al repertorio classico.
DIZIONARIO DELL'OPERA BALDINI & CASTOLDI
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