BIOGRAFIA - LETTERE - SCRITTI - 1834


Poco incline alla vita pratica, poco abile nelle sue incombenze, disinteressato al denaro e alla lotta necessaria per affermarsi, Schumann si dimostra invece ben altrimenti combattivo nell'ambito intellettuale. Passa le serate al Kaffeebaum con Wieck e altri esponenti del mondo culturale di Lipsia; insieme discutono animatamente i nuovi orientamenti musicali e contestano con rabbia il fatto che l'editoria sia in mano ad un gruppo di conservatori e classicisti che inoltre svolgono tale incarico come seconda attività; quei "filistei" sono poco più che dilettanti, ma impongono un gusto e limitano le possibilità di emergere della nuova musica romantica. Non resta che fondare una nuova rivista affidata a musicisti competenti e sensibili alle novità dell'universo musicale, i soli in grado di poter giudicare il reale valore di un'opera. Aderiscono Wieck, Mendelssohn, Wagner e, da Parigi, Heller. Nasce la Neue Zeitschrift für Musik (Nuova rivista musicale); è il 3 aprile 1834 e sulla testata è stata posta una significativa epigrafe ripresa dal prologo dell'Enrico VIII di Shakespeare: "Coloro che vengono qui soltanto per ascoltare una commedia gaia, licenziosa e rumore di scudi cozzanti; coloro che vengono qui per vedere un buffone in veste multicolore, listato di giallo, saranno delusi nella loro aspettativa". Fin da queste righe è chiara l'intenzione di andare contro corrente, di cercare la vera arte e di non indulgere ad alcuna moda superficiale ed effettistica. Non solo; si tratta anche di reinventare la critica musicale: non più fredde analisi tecniche bensì un gioioso immergersi nel sentimento dell'opera per poterne restituire la sua essenza spirituale al lettore; "deve produrre un'impressione paragonabile all'originale". Schumann è l'animatore principale ditale rivista alla quale si applica con totale dedizione, inventando tra l'altro una serie di maschere-personaggi in cui ama calarsi: l'impetuoso Florestano, l'introverso Eusebio, il misurato Maestro Raro e molti altri sono aspetti molteplici di una personalità ricca e sfaccettata, quasi schizoide nel suo trapassare da uno stato d'animo all'altro. Gli articoli sono firmati ora da una, ora da un'altra di queste figure simboliche, a seconda dello spirito che anima lo scritto. Schumann si sdoppia, si moltiplica in atteggiamenti e maschere antitetiche, negli scritti critici come nei componimenti musicali. L'instabilità psicologica del compositore trova in questo stratagemma un utile espediente per dar sfogo alle differenti ed inconciliabili voci del proprio mondo interiore.
La rivista infine attua un recupero della passione letteraria: i brani critici si pongono essi stessi come arte, arte generata per simpatia dall'opera musicale presa in esame. Lo Schumann critico vi dedicherà per dieci anni molte delle sue preziose energie, quasi soffocando a tratti lo Schumann compositore. Dopo la crisi depressiva del '33 la frenetica attività saggistica e creativa che caratterizza quest'anno è una palese reazione attraverso la quale il musicista si difende dall'angoscia e dal terrore di "perdere la ragione".

Le composizioni di Schumann sono apprezzate solo all'interno di una stretta élite; Mendelssohn, Berlioz e Liszt si esprimono favorevolmente, ma per ora il musicista di Zwickau è soprattutto una promessa e un critico originale. Proprio in quegli anni (1834-35) va rafforzandosi l'amicizia con Mendelssohn, da poco chiamato alla prestigiosa direzione dei concerti del Gewandhaus. Quest'ultimo ha già raggiunto, nonostante la giovane età, una larga popolarità, ed avrà una notevole importanza nella vita di Schumann, aiutandolo in più situazioni. Cresciuto in un ambiente colto a Berlino, ha molto viaggiato ed è autore di composizioni notevoli ed apprezzate; a soli ventisei anni diviene la figura dominante la vita musicale di Lipsia. Schumann si sente un provinciale al suo confronto ed è subito affascinato da questo personaggio deciso ed autorevole. Scrive, un po' enfaticamente: «Io contemplo Mendelssohn come una cima elevata a cui aspiro. È veramente un Dio.»
La sua musica espressiva e misurata, serena e frizzante risulta in ogni caso lontana, soprattutto nel decennio delle composizioni pianistiche, dai toni appassionati e malinconici di quella schumanniana, più generosa e disposta alla confidenza intima. La maggiore immediatezza della prima procura al suo autore un generalizzato consenso che manca invece ai lavori più originali e complessi del musicista di Zwickau. Il tempo ha rovesciato quel giudizio.
Schumann è comunque colpito dall'equilibrio formale delle composizioni dell'amico, quell'equilibrio a lungo cercato ed infine trovato nel linguaggio neoclassico adottato dopo il '40. La figura di Mendelssohn si erge così ad implicito modello; la sua sapiente e chiara scrittura è per Robert una meta da conseguire ed infatti i futuri lavori cameristici di tono più accademico ne risulteranno palesemente influenzati. Scrive di lui nel '38: «È certo l'uomo più eminente che io abbia incontrato [...] potrei
apprendere molto da lui negli anni, ma anche lui potrebbe apprendere qualcosa da me.»
E nel '42: «L'opinione di Mendelssohn è quella che ha più importanza ai miei occhi. Di tutti i musicisti viventi è quello che possiede maggior lucidità.»
Schumann sembra individuare nell'amico quasi una figura paterna, un punto di riferimento prezioso alla sua natura incerta ed insicura del proprio valore. Nel '48 addirittura litiga con Liszt che osa mettere sullo stesso piano Mendelssohn ed il disprezzato Meyerbeer; davanti a Clara lo assale dicendogli:«Ma chi siete dunque voi, signore, per osare parlare cosI di un maestro come Mendelssohn?»
Anche nel rapporto con Mendelssohn, quindi, si manifesta l'ambivalenza schumanniana tra naturale tendenza all'instabilità ed intima necessità di un ordine, necessità che egli appaga attraverso solidi legami con figure-rifugio quali appunto l'amico musicista e la moglie Clara. [MURSIA - RAUSA]

***

Alla madre Lipsia,
4 gennaio 1834

Mia buona mamma, appena oggi ho letto la tua lettera. Quand'essa m'è giunta, otto giorni fa, ho indovinato sin dal principio il suo penoso tenore, e m'è mancata la forza di continuarne la lettura. Siccome il pensiero del dolore altrui annienta in me ogni possibilità d'agire, evitate, d'ora in poi, di farmi sapere qualunque cosa possa agitarmi. Altrimenti sarò costretto a rinunciare alle vostre lettere. Vi prego dunque con tutto il cuore di non menzionare ciò che potrebbe ricordarmi Giulio o Rosalia - nè per iscritto, nè a voce. Non avevo mai conosciuto il dolore; ora è venuto, io non ho saputo vincerlo, ed esso m'attanaglia in mille modi. Tuttavia da alcuni giorni mi sento bene e meglio disposto di quanto io sia stato da molto tempo. Forse, a poco a poco, ritorneranno per me delle visioni più gaie; allora sarò buono con gli uomini, com'essi lo sono attualmente con me. Tu lo credi appena. Quando dici che io mi isolo sempre più profondamente in me stesso, ti sbagli. Una buona parola che mi vien rivolta mi rende felice; vorrei ringraziare colui che l'ha pronunciata. Vivo molto semplicemente; ho tralasciato l'abitudine delle bevande alcooliche; faccio ogni giorno lunghe passeggiate, soprattutto col mio eccellente amico Luigi Schunke, di cui devi aver letto qualche cosa. Ho anche lavorato più diligentemente che non durante le ultime settimane. Non omettere di leggere i «Davidsbündler», pubblicati nella «Cometa»; sono opera mia e producono una certa sensazione...
Mi chiedi se riesco a sbarcare il lunario. Ti rispondo francamente: «No!» Le mie rendite e i miei guadagni non sorpassano i 400 o 500 talleri; non ne ho mai adoperati, purtroppo, meno di 600.
Ma che cosa sono queste insignificanti preoccupazioni in paragone ai grandi dolori della vita? Che questi scompaiano, e allora riappariranno la felicità e l'energia, che rapidamente dissiperanno le piccole noie. Questa convinzione m'infonde la calma. Possa tu trovarla pure! Noi crediamo spesso di vedere delle nuvole nel cielo, mentre splende il sole e soltanto la debolezza dei nostri occhi c'impedisce di scorgerlo.
Comprendo bene la tristezza della tua solitudine. Non potresti raggiungere Carlo o Edoardo? Tu devi cercare di vivere il più a lungo possibile per i tuoi figli, che t'amano così teneramente. Essi vorrebbero, nei limiti delle loro forze, renderti piacevole la vita. Il solo desiderio, che ho espresso così spesso e così calorosamente soprattutto nell'ultimo periodo, è che tu possa venire per qualche tempo a Lipsia. Mi rendo conto, è vero, che non troveresti che una povera ricompensa alle molte cose care che dovresti abbandonare, ma io potrei liberarmi da una colpa che ora mi rimprovero spesso, e cioè la mia mancanza di riguardi e di riconoscenza verso di te. So, però, com'è difficile, ad una certa età, adattarsi a nuove condizioni di vita, totalmente diverse dalle consuete, e mi rivolgerei interminabili rimproveri se tu non trovassi nel nuovo ambiente tutto ciò che t'attendevi. Rifletti bene a tutto, e scrivimi quale decisione prendi. Tralascio di dirti la mia gioia, se tu accoglierai favorevolmente la proposta che ti faccio con le più affettuose intenzioni...

Il 3 aprile 1834 compare finalmente il primo numero della Neue Zeitschrift für Musik. Sulla testata del giornale è impressa un'epigrafe tratta dal prologo dell'Enrico VIII di Shakespeare: «Coloro che vengono qui soltanto per ascoltare una commedia gaia, licenziosa, e rumore di scudi cozzanti; coloro che vengono qui per vedere un buffone in veste multicolore, listata di giallo, saranno delusi nella loro aspettativa».
Schumann, che è piú giovane di Wieck e di Stegmayer, guarda, con gioia mista a sorpresa, salire nel firmamento musicale l'astro che egli ha aiutato a creare.
Immediatamente assume nella rivista un ruolo preponderante dovuto al suo slancio, alla sua direzione. I collaboratori sono nascosti dietro pseudonimi evocatori.
Sempre sulla breccia, Schumann è ora il meditabondo «Eusebius», ora l'appassionato «Florestan». Attraverso un dialogo intrecciato con se stesso, la fondamentale duplicità del suo spirito lo travolge a tal segno che la critica si fa problematica, vale a dire costituisce un problema aggiunto a quello dell'oggetto analizzato, un'opera d'arte di fronte all'opera d'arte.
Una critica simile, è evidente, non spiega nulla. Essa mira innanzi tutto a raccogliere e a sviluppare il germe di bellezza che ogni creazione autentica racchiude in se stessa. È una critica che si aggiunge alla musica, che la rivive, che l'arricchisce, in certi casi, così come il fanciullo arricchisce la famiglia che gli ha dato la vita.
Ma se il dualismo racchiuso dentro Schumann determina un movimento perpetuo da se stesso a se stesso, la ricchezza della sua natura vi sovrappone un meraviglioso movimento da sé agli altri. È allora che intervengono quei personaggi dai nomi bizzarri e caratteristici, sotto i quali si nascondono i personaggi reali che hanno rapporti con la vita affettiva di Schumann. Wieck, autoritario, sentenzioso, diventa "Maestro Raro"; Knorr: "Julius"; Schunke: "Jonathan"; Stephen Heller diventa "Gianni che ride"; Banck (Schumann non sa ancora quanto quel nome gli starà a pennello) diventa "Serpentinus". Quanto a Clara Wieck, di volta in volta essa sarà "Chiarina, Chiara" o "Zilia"; Henriette Voigt, per ordine del musicista, prenderà il volto di "Eleonora" o di "Aspasia".
La critica di Schumann riveste dunque una forma particolare, tutta animata dalla musica, tutta concepita come un racconto senza fine, come un Märchen, vale a dire una fiaba, dagli episodi che si rinnovano e si riallacciano continuamente, attraverso conflitti di sensazioni, intrusioni di maschere, variazioni di luce, talvolta attraverso il solo fluire di una sensibilità esasperata fino al parossismo dell'emozione.
Niente di più facile che renderne il tono; basta citare la frase con la quale Schumann terminava il suo primo articolo su Chopin, articolo precedente alla uscita della Neue Zeitschrift für Musik, capace quindi di rivelarci come l'attitudine del giovane critico non fosse assolutamente fortuita ma fosse apparsa sin dal primo giorno come un mezzo personale e usato subito con franchezza.
A proposito delle Variazioni su "Là ci darem la mano", Schumann dunque scriveva: "Era come se occhi strani mi guardassero, occhi di fiore, occhi di basilisco, occhi di pavone, occhi di fanciulla".
Ora, con freschezza fervida ed incantevole, egli prosegue a scrivere di Beethoven, di Schubert, di Berlioz, di Mendelssohn, dell'angelico Bennett
[William Sterndale Bennett (1816-1875), compositore inglese, seguace di Mendelssohn], di Stephen Heller [(1813-1888), compositore ungherese stabilitosi a Parigi; compose soprattutto per pianoforte; fu amico di Chopin, Liszt, Berlioz], di Hiller [Ferdinand von Hiller (1811-1885), compositore e scrittore tedesco], di Marschner, di Liszt, di Henselt [Adolf Henselt (1814-1889), pianista e compositore tedesco]...
La penna di Schumann, la sua fantasia sono figlie di Jean-Paul e di Shakespeare. Per contro, quando Schumann dichiarava che la critica musicale tedesca era in quel tempo monopolio dei dilettanti, dava prova di singolare indulgenza. Alla Allgemeine Musikzeitung imperversava un vecchio prete; all'Iris un ex ufficiale; alla Cecilia e al Wiener Anzeiger due burocrati, due commercianti dalla mente limitata, dalla parola opaca e pesante. Come se il dilettantismo non presupponesse un certo gusto e un minimo di eleganza.
Su ben altro piano si colloca la critica di Eusebio e Florestano con le sue autentiche folgorazioni.
Non si deve tuttavia credere che la critica di Schumann sia gratuita o che consista soltanto in una serie di arabeschi, messi là per ricamare nel vuoto partendo da un dato musicale. Al contrario: poeta e tecnico, Schumann domina, trascende la tecnica, ma senza affatto dimenticarla. Esiste una realtà musicale che si compone ad un tempo dell'alito spirituale ispiratore della musica e dell'architettura di questa stessa musica. Musicisti sommi sono coloro che posseggono un'anima di fuoco e una forte tecnica. In correlazione a questo, un ascoltatore non potrà mai afferrare totalmente la musica di tali geni s'egli non sarà capace di ripercuoterne in se stesso il patetismo e, insieme, di distinguerne l'ossatura tecnica. Schumann è, più di chiunque altro, un ascoltatore dalla suscettibilità inesauribile. Nessuna emozione lo trova indifferente o inadatto a comprendere: accade soltanto ch'egli restituisce le sue emozioni dopo averne preso consapevolezza assoluta. In altre parole, il suo commento lirico, la sua esposizione si congiungono scrupolosamente con le intenzioni ed i fattori tecnici dell'opera. I ritmi, le sinuosità melodiche, l'opulenza polifonica e strumentale influenzano la sua prosa, sempre attenta al fattore "mestiere". Ciò è tanto evidente, che la critica di Schumann appare meglio riuscita quando essa ha per oggetto un'opera tecnicamente irreprensibile. Questa particolarità non potrebbe applicarsi a un critico che ignorasse i segreti della composizione.
Col dono delle immagini, i giudizi che formula, le regole che ammette o scarta, Schumann assume la triplice qualità di poeta, di critico, di esteta, cercando di conciliare l'anima innamorata di letteratura con l'anima assetata di musica. Egli sa di servire e di tendere (secondo le sue stesse parole) "alla preparazione di una nuova era poetica". Ma venendo meno la validità della sua esperienza (poesia e musica sono troppo intrinseche per essere conciliabili), ha misurato i rischi cui si sottopone? Sono rischi inevitabili. Nonostante gli Studi sinfonici, nonostante il Carnaval, composti in quell'anno che Schumann battezzò "das merkwürdige Jahr", l'anno memorabile, il critico minaccia di soffocare il compositore.
La nascita della Neue Zeitschrift für Musik coincide, pressapoco, con l'arrivo in casa Wieck di una nuova allieva. Si chiama costei Ernestine von Fricken, figlia di un barone boemo è di una contessa Zettwitz. Quando Schumann la vede per la prima volta, essa sta in piedi accanto a Clara e parla alla figlia del maestro in tono affettuoso. La ragazzina si affretta a fare le presentazioni e il suo grande amico, senza saperselo ben spiegare, sente d'essere un po' turbato. È colpito dal tesoro di giovinezza che si rivela in quella fanciulla. Con candore infantile, essa esprime la sua ammirazione per coloro che si dedicano all'arte e ripete gli elogi già intesi sul conto di Schumann. Qualche giorno dopo, i due si rivedono in casa di Wieck, dove Ernestine si è messa a pensione; un'altra volta si incontrano dalla signora Voigt, amica di entrambi. Quel giorno Ernestine canta; ha una voce morbida e penetrante che accresce il suo fascino leggermente sensuale.


Robert Schumann

Non passa settimana senza che Schumann e Ernestine si ritrovino in casa dell'uno o dell'altro. Evidentemente si piacciono. La giovane boema è affascinata dagli occhi del compositore cosí colmi di sogni, dalle sue maniere aristocratiche, dalla vivacità della sua intelligenza, dal suo modo geniale di passare dalla tristezza alla gioia. Egli si abbandona alle luminose impressioni, suscitate nel suo cuore dalla giovinezza, dalla bellezza fisica della straniera, da quella devozione alla musica e alla poesia ch'egli vede come un qualcosa connaturato nell'essere di lei. Ben presto i due giovani intraprendono passeggiate nei dintorni di Lipsia, ora soli ora in compagnia di Clara. Le passeggiate hanno una parte importante nella vita di Schumann. Non appena prova un sentimento di amicizia per un uomo o di tenerezza per una donna, egli trascina l'eletto in una scorribanda attraverso boschi e campi. E un po' come se lo facesse penetrare nel suo sogno; nel suo universo; partecipare all'esaltazione in lui provocata dal contatto con la natura. Nel corso di quelle passeggiate, Robert è insinuante e pieno di ardore.


Ernestine

Scambia con Ernestine idee sull'arte, le fa ammirare la campagna ondeggiante sotto il cielo di giugno, le parla della Neue Zeitschrift für Musik. Il giornale va a gonfie vele; un movimento di curiosità e di simpatia ha accolto i primi numeri e conferma i fondatori nell'idea che non bisogna escludere i colpi, che si deve mirare in alto. I sommari attirano per la grande varietà di argomenti, anche se Schumann (lo confessa lui stesso) è rimasto solo a redigerli. Knorr è malato, Wieck viaggia, Schunke scrive malvolentieri. E Robert che si occupa anche della corrispondenza, della correzione delle bozze, della lettura dei manoscritti. Non c'è dunque da meravigliarsi se la rivista, assorbendolo totalmente, lo allontana per qualche tempo dalla composizione musicale.

Alla madre Lipsia,
2 luglio 1834

Mia cara e buona mamma, non sono morto! Altrimenti tu l'avresti certamente appreso dal nostro giornale, che, al contrario, t'ha portato più volte qualche prova della mia attività, vitalità e gaiezza! È anzi a causa di ciò ch'io son rimasto muto durante i due ultimi mesi. Ma perchè Edoardo non mi scrive neanche una sillaba? E Carlo neppure? Il silenzio d'Edoardo m'è particolarmente inesplicabile, e per quanto ne cerchi le ragioni, mi sembra imperdonabile. So che Carlo promette, ma dimentica altrettanto facilmente, e ciò può al caso servirgli di scusa. E infine, tu? Ah! tu che così spesso, per tenerezza e con tanta bontà, hai cancellato le colpe commesse verso di te, senza mai reclamare dagli altri ciò che ti dovevano, tu pure mi lasci senza notizie! Ma non potevi almeno mandarmi un rigo, due parole affettuose, eile non m'erano mai mancate in un certo giorno? Ciò m'ha addolorato tanto!
Riconosco che non sta a me il rivolgerti rimproveri, mentre ti sono debitore di tante risposte! Ma tu ignori che Knorr, il nostro redattore, è già da otto settimane in preda a una febbre intermittente, che gli impedisce qualsiasi attività, e che io devo, per conseguenza, occuparmi di tutto: corrispondenza, correzione, manoscritti, ecc. Così ho dovuto rimandare di settimana in settimana (e voi avete potuto accorgervene) il piacere di rivedervi, sia pure anche soltanto per alcune ore; la malattia di Knorr m'ha tolto ogni speranza di soddisfarlo. Infine, non potendo io venire da voi, mi sono illuso di vederti capitare qui un giorno o l'altro; ma tutto è rimasto allo statu quo. Oggi, dopo una così lunga separazione, ti porgo molto affettuosamente una mano che vorrebbe davvero lenire e guarire il male che ha fatto.
Durante questi due mesi di silenzio sono accadute molte cose, piacevoli e dolorose, e di cui alcune potranno essere decisive per tutto il mio avvenire. Se io potessi, seduto di faccia a te, confidartele, parlartene e chiederti consiglio!
Tra le ragioni di felicità annovero, in prima linea, la mia nuova sfera d'attività, la gioia di lavorare e di occuparmi di cose utili a tutti, l'approvazione e le lodi, che sono la ricompensa altrui accordata alla buona volontà. Quindi le relazioni più strette che, in tal modo, ho allacciato con altre persone, l'amicizia e la considerazione di gente retta e onesta, sin dove giunge il mio sguardo, hanno fatto sì che la mia vita sia interamente divisa tra piaceri materiali e quelli spirituali.
Ho anche provato una vera gioia nel leggere il giudizio sulle mie opere espresso da Gottfried Weber, il più noto dei nostri critici, e un altro di Rellstab, sul nostro giornale, che, lo confesso senza falsa modestia, redigo io solo. Per motivare il suo giudizio, Weber cita i miei «Papillons», che, secondo lui, sono nientemeno che «più che geniali». Il lavoro di composizione ora non prosegue, certo, tanto rapidamente: ricevi, tuttavia, il pezzo qui accluso [48] come una prova della mia ininterrotta applicazione. A Zwickau sapranno eseguirlo difficilmente. Intanto debbo consacrare tutta la mia attività al giornale. Non posso contare su nessuno. Wieck è continuamente in viaggio, Knorr è malato, Schunke non sa maneggiare molto bene la penna. Chi rimane allora? E il giornale ha un successo così straordinario che io lavoro con profitto e ardore. Abbiamo già trecento abbonati. In breve, la nostra vita è tutta movimento.
La nostra compagnia è aumentata di due deliziose creature femminili: la prima (di cui ti ho già parlato) è figlia sedicenne del console americano List, Emilia. È inglese da capo a piedi, con degli occhi luminosi e penetranti, i capelli oscuri, il passo sicuro; è piena di spirito, di distinzione, di vita. L'altra, Ernestina, è la figlia del ricco barone boemo von Fricken e della contessa Zettwitz [49]. È d'indole limpida e fanciullesca; tenera e riflessiva, è profondamente attaccata a me e a tutto ciò che è arte; è anche straordinariamente musicale. In breve, ella è tal quale io ho sempre sognato mia moglie; e ti dico in un orecchio, mia buona mamma, die se l'avvenire mi rivolgesse la domanda: «Quale sceglieresti tu?» risponderei senza esitazione: «Questa». Ma quant'è lontano tutto ciò, e come esito sin d'ora dinanzi alla prospettiva d'un legame più stretto, per quanto potrebbe essermi leggero! La mia franchezza ti dispiace? No, poichè altrimenti io stesso dovrei riescirti sgradito.
Clara è a Dresda, ove il suo genio si sviluppa sempre più; le lettere che scrive (talvolta anche a me) sono meravigliosamente piene di spirito. Wieck andrà a Dresda tra qualche settimana ed io vorrei accompagnarlo; ma non sono ancora deciso, in parte per riguardo a te e alla promessa che t'ho fatta, in parte per causa del giornale, che non potrebbe continuare ad uscire senza di me, se Knorr non si ristabilisse fino allora.
Quanto ho chiacchierato oggi! E, egoisticamente, non ho parlato che di me! Scrivimi presto e dimmi di te, di Emilia, di tutti. Come state? Ho bisogno di una lettera lunghissima e la chiedo al tuo amore, alla tua indulgenza! Ho ancora molte cose da raccontarti. A presto le altre notizie del tuo

Robert

Le mie firme nel giornale sono: Eusebio e Florestano. Puoi quindi vedere che sono quello che lavora di più.
Hofmeister m'ha mandato a dire ora che la nuova composizione non sarà stampata prima di domani. Dunque, a presto.

Durante quelle passeggiate il giovane maestro, quando non parla, prende fra le sue la mano di Ernestine e cammina al suo fianco, pensando al caso misterioso che l'ha messo di fronte a quelle tre donne: Clara, la sorella; Henriette, l'amica romantica; Ernestine, la quasi amata. Henriette Voigt incoraggia la sua passione nascente; essa è diventata la sua confidente ed egli le domanda a ogni istante che cosa pensi di Ernestine; essa risponde che la fanciulla è degna d'affetto e che, forse, è pronta a ricambiare il suo amore.
A poco a poco Schumann si infiamma. Lascia trapelare il suo pensiero scrivendo alla madre il 2 luglio 1834 [vedi sopra].
E a Clara, il 10 dello stesso mese: «La prego di pensare a Ernestine. Quella Sua amica così devota è un gioiello non mai abbastanza stimato.»
Madrina e padrino a uno stesso battesimo in casa di parenti dei Wieck, Ernestine e Robert si sentono ancor più avvicinati. Questa volta, è ad Ernestine stessa che Schumann confida il proprio sentimento. Dopo averle confermato la simpatia esteriore che lo attrae verso di lei, aggiunge:

Dico simpatia esteriore perché so di valer troppo poco per osare supporre di poterLe riuscire gradito con una offerta di legami più intimi in avvenire. Se mai, ho desiderato che il tempo presente si fermasse, in questo momento. E, nemmeno, ho mai finito una lettera con venerazione più profonda.

A Clara Wieck (Dresda)
Lipsia, 1834

Cara e stimata Clara,
ci sono certi sprezzatori della bellezza, i quali dicono che i cigni sono semplicemente oche più grandi delle altre. Si potrebbe asserire allo stesso modo, con ragione, che la distanza non è che una vicinanza più lontana. E sarebbe esatto, perché ogni giorno io Le parlo (soltanto un po' più a bassa voce del consueto) e so perfettamente che Lei m'ode. All'inizio, avevo fatto molti progetti per la nostra corrispondenza: volevo p. e. svolgerne una a mezzo del nostro giornale musicale; volevo anche lanciare in aria il mio pallone (Lei sa che ne possiedo uno) riempito di pensieri scritti, che vènti favorevoli avrebbero trasportato al luogo destinato; volevo acchiappare farfalle e incaricarle dei miei messaggi; volevo che le mie lettere Le venissero indirizzate da Parigi per suscitare la Sua curiosità facendoLe credere che mi trovassi in quella città. In breve, avevo in mente sogni piacevoli, dai quali oggi, per la prima volta, un postino m'ha risvegliato col suo richiamo abituale. I postini, cara Clara, mi producono un effetto magico, simile a quello del più squisito champagne. Non m'accorgo più d'avere un cervello, tanto leggero è il cuore invaso di gioia, quando odo, fuori della porta, il loro richiamo. Le note del loro corno sono per me veri valzer nostalgici, che mi ricordano cose che non possiedo. Così, come Le ho detto, il postino soffiò sui miei sogni, per farne sorgere altri, più reali ....

In occasione delle vacanze, Robert ed Ernestine si trovano separati. Il signor von Fricken è partito con la figlia per una cittadina della Boemia; ma Schumann si tiene in corrispondenza anche con lui e progetta di scrivere alcune Variazioni su un tema composto da von Fricken stesso. Queste Variazioni dovranno essere intitolate Patetiche [Diverranno poi gli Etudes symphoniques].

A Ernestina von Fricken
Lipsia, 28 luglio 1834

Se osassi parlare come vorrei, ringrazierei anzitutto il buon genio che mi fece conoscerLa, mia stimata amica. Attraverso il felice avvenimento di casa Wieck [50], esso stringe maggiormente il legame esteriore che già m'univa a Lei. Io dico «esteriore», perchè valgo troppo poco per sperare di riuscirLe gradito offrendoLe dei legami più intimi, artistici. Comunque sia, non saprò mai ricompensare sufficientemente quel buon genio, che m'ha concesso di rivolgere i miei sguardi verso una vita così bene spesa e di entrare in una cerchia di uomini superiori, in cui Lei è così apprezzata e indimenticabile.
Mai come ora ho desiderato ehe il tempo s'arresti. E mai come in questo momento ho terminato una lettera con così profonda venerazione.

Al capitano von Fricken (Asch) [35]
Settembre 1834

Egregio Signore, negli ultimi giorni della Sua permanenza a Lipsia, ero talmente sossopra, che non era il caso di pensare ad una tranquilla conversazione. Sono felice di trovare nelle Sue composizioni l'anello di congiunzione che potrà avvicinarci. Non ho bisogno di dirLe quanto m'abbia commosso la Sua abilità artistica, e quanto sia felice di vedere che il Suo amore per l'arte è rimasto inalterato. Lei conosce, senza che io glielo confessi, l'interesse che porto a Sua figlia, e quanto desideri seguire a distanza ogni progresso fatto da quell'artista così notevole.
Ho scorso con grande cura le Sue Variazioni in mi diesis minore. Siccome conosco l'origine delle Sue opere, ho trovato facilmente la causa dei loro difetti: ciò che può sembrare debole in una trascrizione, è spesso eccellente nell'originale. In realtà, se la bellezza speciale d'un pensiero deve rimanere la stessa, pur essendo presentata sotto un aspetto diverso, essa prende l'eleganza particolare della sua nuova forma: una fronte porta meglio i diamanti, un'altra le rose; il flauto ha altre attrattive del violino, ecc. E così che le Sue variazioni appartengono piuttosto al flauto etereo che al semplice piano. Veramente non è facile far dimeiiticare l'istrumento d'origine, e sarebbe una pazzia che Lei - che non pretende di conoscere a fondo tutte le risorse del piano - io tentasse di primo acchito. Io stesso, nel primo fascicolo dei Capricci di Paganini, ho commesso il medesimo errore: per restar fedele al testo originale, ho affidato al piano certi passaggi, che è incapace di rendere. Nel secondo fascicolo ho evitato questo sbaglio, con grande vantaggio dell'opera. Tutto ciò concerne il lavoro meccanico delle Sue variazioni. Mi sembra poi ch'esse abbiano maggior valore dal punto di vista estetico; c'è, nel tema, carattere e sentimento. Io sopprimerei volentieri l'introduzione: oltre alla tonalità errata con cui essa incomincia, è un po' troppo studiata; indebolisce, perciò, l'impressione prodotta dal semplice primo tema. Facendo udire già nelle prime battute il capovolgimento della melodia, potrebbe sembrare la continuazione d'un tema dato; ma a tale scopo, bisognerebbe porlo nel corso del pezzo, senza di che ci si chiede quale dei due temi è il giusto.
Ho anche da fare un'obiezione sulla natura dei tema, che di per sè stesso è un po' troppo variato. Il flauto, coi suoi suoni prolungati, mi sembra lo strumento più adatto per rendere ciò che Lei vorrebbe esprimere. Mi piacerebbe, dunque, che all'inizio il tema fosse d'una grande semplicità; è così ch'io io comprendo e che prego la signorina Ernestina di suonarlo. Sono sempre stato esigente sul valore del tema, che serve da base a tutta la costruzione.
Spero che Lei accoglierà volentieri queste osservazioni, che Le comunicano il mio pensiero con tutta franchezza. Io sono sempre felice d'incontrare un dilettante di valore, soprattutto se egli è attivo, ed ha come Lei solide basi di studio. Le ho perciò scritto apertamente e senza timore il mio modo di pensare.
Se Le fa piacere, sarò ben lieto di metterLa, di tanto in tanto, al corrente delle notizie del mondo artistico. La più recente e la più importante è che il vecchio Luigi Bohner ha dato ieri un concerto. Lei sa che a suo tempo egli fu celebre quanto Beethoven, e che servì da modello a Hoffmann per il suo maestro di cappella Kreissler. Ma la sua pietosa apparizione m'ha annientato. È l'immagine perfetta del leone con una scheggia nella zampa! Ier l'altro egli ha improvvisato due ore davanti a me: gli antichi lampi di genio appaiono ancora talvolta, ma l'insieme è cupo e opaco. Egli sconta ora il suo passato: ha trattato gli uomini con una sfrontatezza ed un'arroganza che essi ora gli ripagano. Se ne avessi il tempo, scriverci nel giornale un articolo su Bohner, per cui egli stesso m'ha fornito gli elementi. La sua vita è stata un miscuglio incoerente di folle gaiezza e di disperazione. Ecco come si comportò un giorno a Oldenburg. Aveva annunciato un concerto, e il pubblico accorso attendeva impazientemente, quand'egli si diresse verso l'organo, vi si appoggiò, inchinandosi, e disse ad alta voce: «Davanti ad un pubblico così stupido un Luigi Böhmer non suona!» Tale è in tutto il suo modo d'agire. Un'altra volta, diede un concerto che ebbe gran successo, e allora comperò alcune ceste, che riempì di piccole scatole d'oro. Un amico, recatosi a trovarlo, gliene fece aspri rimproveri. Allora Böhner gettò dalla finestra tutti i piccoli oggetti preziosi. So di lui cento storie di questo genere. Un particolare penoso delle sue nuove composizioni, è ch'egli, avendo perso la sua personalità, s'appropria positivamente di motivi caratteristici di musicisti geniali; tanto che, attraverso interi brani, si odono, nota per nota, frammenti del «Don Giovanni» o d'altre opere.
Ma divento un chiacchierone! Mi permetta, tuttavia, ancora alcune domande. La Sua salute è del tutto ristabilita? Quest'estate meravigliosa deve recare la guarigione ad ogni male! La signorina Ernestina studia molto e bene? La preghi, a nome mio, di fare le scale tutti i giorni, non più d'un quarto d'ora e con velocità moderata. Senza esercizio l'arte non esiste, nè quella di Raffaello, nè quella di Mozart! Ch'ella non trascuri neppure il canto e le «Canzoni». La sua voce è così penetrante e così dolce! La prego di ricordarmi a lei. Saluto con rispetto i genitori di una così graziosa figliola.

R. S.

Improvvisamente, il 5 settembre, Robert annuncia alla madre il suo arrivo per quel medesimo giorno:

Alla madre
Venerdì, 5 settembre,
11 ore ant.

Cara mamma amata e mai dimenticata, sei ore dopo aver ricevuta questa lettera, mi vedrai vicino a te. Mi accompagnerà il mio vecchio amico, il dott. Glock. Ernestina arriverà con suo padre verso le otto di sera. Noi ci saluteremo a casa tua. Il padre ignora il mio viaggio, come del resto tutti qua. Questo romanzo estivo non è forse il più meraviglioso della mia vita? Tu non pensi certo che sei la vera causa di questa riunione! Ti spiegherò tutto. Metti Emilia al corrente; voglio farle conoscere Ernestina; formeranno una coppia d'angeli, sia per la bontà che per i sentimenti. Soprattutto non far parola con nessuno di tutto ciò. Rimarrò con te sino a giovedì, nel più stretto incognito.

Il tuo fedele figlio Roberto [52]


Niente di più chiaro: si tratta di un fidanzamento per metà segreto, dato che la famiglia Schumann ne è già al corrente, mentre Ernestine non ne ha fatto ancora parola a suo padre. Dopo il solito scambio di promesse, di baci, la fanciulla riparte per Aesch in Boemia e Schumann ritorna a Lipsia. Per qualche tempo egli è occupato nella pubblicazione della Toccata e nella redazione del giornale; poi trascorre ore di angoscia per la malattia di Schunke, il quale crolla, minato dalla tisi. Lipsia, da quando Ernestine è partita, gli sembra vuota e cupa; il sapere la fidanzata in terra straniera gli dà un'acuta sofferenza: solo conforto sono le quotidiane lettere di lei, tanto radiose.

Alla madre
Lipsia, 17 ottobre 1834

Mamma amatissima, che cosa pensi di me? Neanche un ringraziamento per la tua ultima lettera così piena di parole consolanti, per i tuoi teneri consigli datimi durante i giorni che hanno seguito la separazione! Ogni volta che penso a te sono penetrato da un sentimento doloroso, per cui ho finito col prendere la risoluzione di rimanere un po' più a lungo presso a te; standoti vicino sarà ben più facile riconciliarti a me, che non a distanza. Saresti soddisfatta se mi stabilissi da te per qualche settimana ? Che venga quella bella giornata, e tu mi avrai con tutti i miei dolori e tutte le mie gioie! Ho tante cose da dirti! Ora s'avvicina l'anniversario della morte della cara Rosalia, che non posso dimenticare. Prevedo una crisi di melanconia, che la lontananza di Ernestina renderà ancora più grave. Ringrazio il Cielo che mi darà la forza di strapparmi da qui. Spero di trovar la guarigione presso a voi, che mi riceverete col solito affetto. Teresa mi farà il gran favore di cedermi per quindici giorni il suo piano a coda, di cui ho bisogno per decifrare certe opere di cui ha parlato il giornale, e per terminare alcune altre mie composizioni. Se ciò dovesse contrariarla, non potrei prolungare troppo il mio soggiorno; altrimenti rimarrei a vostro carico per tre settimane. Oggi è venerdì; attendimi tra domenica e martedì.
Ernestina mi scrive ogni settimana, molto a lungo; il suo amore è per me una gioia celestiale. Quella strana giovinetta s'è fitta in capo di non piacerti. Io le Scrivo oggi. Parleremo assieme, tu ed io, di tutto ciò che accade, e del modo come dobbiamo agire, ecc, ecc. Il mio domestico legge al di sopra della mia spalla; la lettera deve partire.
Dal più profondo del cuore, con amore, il vostro Roberto

Ma il tempo che passa porta anche l'anniversario della morte di Rosalie. Schumann si rifugia a Zwickau con l'intenzione di passarvi tre settimane.
Comincia, di qui, un breve e strano periodo di malinconia, di felicità, di solitudine, di rimorsi e d'intimo scontento. Rimpiange di aver lasciato Henriette e Clara, pensa con strazio a Schunke agonizzante e gli sembra di sentirlo canterellare dolcemente gli ultimi valzer da lui composti. Ernestine ha pregato la signora Schumann di comunicare al signor von Fricken il loro progetto, ed ora è giunto l'assenso paterno. La sorte gli concede dunque Ernestine, gli affida questa creatura celeste, ch'egli crede di amare con tutto il suo cuore, ed ecco ch'egli si sente miserabile, anzi assurdamente esulcerato:

La felicità non è che apparenza, forme brillanti che svaniscono quasi nello stesso momento in cui appaiono. In fondo a tutto è il dolore. Se mi domandaste di dare un nome al mio dolore, non potrei. Credo si tratti del dolore in persona.

Il desiderio istintivo di trasferirsi qualche volta in un altro corpo, di sfuggire se stesso per l'eternità, gli fa lanciare un appello disperato ad Henriette Voigt:

Ho guardato or ora su in cielo - sono le cinque: nuvolette bianche, simili a tanti agnellini, corrono per l'atmosfera. Non vedo la vostra finestra illuminata, Henriette, ma scorgo, in fondo alla camera, una donna graziosa col capo fra le mani. I suoi occhi, pieni di dolore, sembrano domandarsi se ella può ancora aver fiducia in quelle che vengon considerate come le cose più sante: l'amicizia e l'amore. Vorrei poter avvicinarmi a lei e, umilmente, rispettosamente, baciarle le mani; ma essa volta le spalle.

A Enrichetta Voigt [53] (Lipsia)
Zwickau, 2 novembre 1834

«Ho terminato di leggere la tua lettera...»
Questa pagina era cominciata per Ernestina. Oserò dire alla mia cara Enrichetta cite quando scri vo all'una o all'altra la differenza non è molto considerevole? [54].
Mia cara amica, che io stimo ed amo più profondamente di quanto avrei mai creduto, non interpreti il mio silenzio che come una breve pausa; è una muta interruzione e non una fine. Quando penso a Lei, divento poeta, ed i miei parenti se ne accorgono quando La nomino. Allora La vedo chiaramente innanzi a me, talvolta meditare, tal'altra consigliare - raramente brontolare - spesso gaia, sempre amabile e buona. Poi giunge Ernestina, col suo viso di madonna, con la sua ingenua tenerezza per me, dolce e luminosa come un angolo di cielo azzurro ch'appare tra le nubi. Poi viene Schunke [55], che La prende tra le braccia; pallida apparizione, il cui viso esprime insieme la sofferenza e il nobile disdegno ch'egli vi oppone. Ecco il gruppo completo. Lo ricopro d'un velo per qualche istante.
Ad ogni minuto il mio fardello aumenta. Quanto mi fa soffrire il Suo ricordo; il Suo e quello di Schunke! Oggi ho preso in mano la penna col fermo proposito di non posarla prima di aver terminato questa lettera. Se potessi esserLe vicino solo per qualche istante, Lei saprebbe molto più di quanto può apprendere da una lettera scritta a frammenti! Quante cose dovrei fare qui! Lavorare, mettere a pulito certe composizioni, scrivere a conoscenti di Lipsia, scrivere per il giornale, ecc. E nulla di tutto ciò è stato fatto! Ho soltanto scritto ad Ernestina, dalla quale ho ricevuto già all'indomani del mio arrivo una lettera. Da allora non ho più avuto un momento di pace! I mille visi noti della città natale reclamano un sorriso, una parola: dalla nostra vecchia cuoca alla moglie del colonnello! Quante sciocche adulazioni bisogna ascoltare e dire! Ma ne sono ricompensato ritrovando gli antichi affetti che, malgrado la lunga separazione, hanno saputo dare prova di devozione, e rivedendo la graziosa vallata della mia infanzia, ove tutto m'è così familiare. Non s'imparano certe cose, ma lo stesso si conoscono così profondamente! L'abitudine le imprime in noi. Tutto ciò mi rallegra e mi distrae, ma il mio animo, ahimè, è sempre lo stesso. Esso mi la rabbrividire! È lo spirito maligno che si eleva contro ogni felicità apparente e cerca di contaminarla. Quest'intima angoscia invade tal volta tutto il mio essere: allora non mi padroneggio più, vorrei trasferirmi in un altro corpo e fuggire per l'eternità. Ernestina m'ha scritto una lettera raggiante: dietro sua preghiera, sua madre ha parlato al padre ed egli me la concede. Enrichetta, egli me la concede!... Comprende quello che ciò significa? E malgrado tutto un'angoscia mi soffoca, come se io temessi di porre delle mani impure e fatali su quel prezioso gioiello ! Se Lei mi chiedesse il nome del mio dolore, non saprei dirglielo. Io credo che è il dolore stesso! Non lo saprei definire più esattamente. Ah!... forse è anche l'amore, il desiderio che Ernestina m'ispira ! Io non posso sopportare più a lungo la mia pena, e le ho già scritto di ritornare al più presto. Se Lei vuoi provare un sentimento di benessere. pensi talvolta a due anime che Le hanno confidato tutto ciò che hanno di più sacro, e la cui felicità futura è in separabile dalla Sua!
Quanto Le scrivo è terribilmente incoerente! Ma la lettera mi brucia le dita! Bisogna che parta all'istante!
Mi scriva ciò clic sa d Sehunke, perchè gli possa indirizzare una lettera a seconda di ciò che Lei mi dirà. Non posso rassegnarmi all'idea di separarmi da lui. Se muore, non me lo scriva, per l'amor del Cielo! Questa raccomandazione è d'altronde inutile...

Schunke muore il 7 dicembre 1834, qualche giorno dopo che Robert è ritornato a Lipsia. Il primo dovere, il più penoso, ma anche il pii esaltante, è quello di scrivere un articolo in memoria dell'amico.

A Giuseppe Fischhof (Vienna)
Zwickau. 14 dicembre 1834

Egregio Signore,
il nostro Lodovico Schunke è morto! Io dovrei piuttosto dire che egli si è addormentato in un sogno! Credo di doverlo comunicare a Lei, di cui egli parlava tanto spesso e con tanto affetto. Spero che l'amico del grande e caro scomparso non mi serberà rancore se non mi dilungo oggi sulla perdita che subiscono così la sua morte il mondo e l'arte. Se Ella crede di poter trovare in me, che gli sopravvivo, qualche compenso, Le tendo di gran cuore la mano, per offrirLe un'amicizia, che sarà stata annodata e santificata da Colui ehe ei ha abbandonati.
La mia seconda preghiera è la seguente: io voglio scrivere nella nostra Rivista un articolo in onore di Schunke, e, anche se il mio cuore dovesse spezzarsi, lo farò e sarà degno di lui. Vorrebbe Ella, a tale scopo, comunicarmi il più rapidamente possibile ciò che conosce della sua vita, specialmente ciò che riguarda il suo soggiorno a Vienna, presso il consigliere S.?
Inoltre (c'è bisogno di chiederglielo?) La prego di annunciare la sua morte nel giornale di Haslinger. Egli è deceduto il 7 dicembre. Tra le sue ultime opere (postume) ci sono un notevole Concerto per piano e Dodici valzer che, malgrado la loro vivacità, sembrano percorsi da un presentimento funebre!
Comincio la nostra relazione con delle preghiere. Eccone ancora una, che son tanto indiscreto da indirizzarLe: non vorrebbe Ella - se lo giudica degno - assicurare il Suo appoggio al nostro giovane giornale, al cui sviluppo il nostro amico cooperò con tanta gioia e tanto fervore? Ho delle ragioni, che Le spiegherò più tardi, per chiederLe con insistenza di collaborare sin d'ora con composizioni o corrispondenze. Non avremmo potuto scegliere un editore più negligente del nostro. Lo cambieremo a Natale o alla prossima Pasqua. Non ci mancheranno motivi di quercia, che ci daranno il diritto di romperla con Hartmann; ma egli ci opporrà resistenza e l'operazione sarà complicata. Nell'attesa, il giornale, che suscita numerose simpatie, non deve venir interrotto. Per parte mia, Le garantisco il pagamento degli onorari che i Suoi lavori d'arte meriteranno, e spero, tra breve, di poterLe accordare condizioni migliori. Spedisca i Suoi scritti al mio indirizzo particolare. La redazione Le sarà molto riconoscente, se ci potrà assicurare qualche altro collaboratore, non del tutto estraneo alla tendenza del giornale. Seyfried ci ha pure promesso la sua collaborazione. ma Kiesewetter si è rifiutato.
Il giornale di Haslinger continuerà ad uscire? Tra i piccoli giornali, io lo preferisco a tutti gli altri. Conosce il benevolo resoconto apparso nel n° 76? Ciò incoraggia al lavoro e stimola le idee. Le invierò tra breve due fascicoli di «Improvvisi», una «Sonata» e un «Allegro», perchè li esamini. Se Ella lo ritiene opportuno e mi concede un prossimo abboccamento, Le sarò profondamente riconoscente. L'arte non può esistere senza incoraggiamenti; in un'isola deserta in mezzo all'Oceano, Mozart e Raffaello sarebbero stati semplici agricoltori.
Invoco la Sua indulgenza pci miei geroglifici. Attendo la Sua risposta con impazienza

Roberto Schumann

Ciò fatto, il giovane musicista si butta nel lavoro con la foga sua propria. Abbozza le due Sonate in la diesis minore e in sol minore, compone alcuni numeri del Carnaval (op. 9) [Il tema A.ES.C.H. (nella notazione alfabetica tedesca la, mi bemolle, do, si) corrisponde al nome della città (Asch) dove viveva Ernestine von Fricken. Il Carnaval usa questo tema in un succedersi fulmineo di variazioni-ritratto, riferite a persone, a personaggi, a maschere, a stati d'animo; c'è Ernestine (Estrella), c'è Clara (la non ancora "unica amata") come "Chiarina", c'è Chopin, c'è Paganini (che fa da "trio" a un Valse allemand), c'è lo stesso Schumann sdoppiato in Florestan ed Eusebio, c'è il bando romantico nella Marcia dei Compagni di David (e romantici, appunto) contro i Filistei (i gretti e i miopi). Lo svolgimento è questo: Préambule - Pierrot - Arlequin - Valse noble Eusebius - Florestan Coquette - Réplique - [Sphinxes] - Papillons A.S.C.H. - S.C.H.A. (lettres dansantes) - Chiarina - Chopin - Estrella Reconnaissance - Pantalon et Colombine - Valse allemande, Paganini, Valse allemande - Aveu - Promenade - Pause - Marche des " Davidsbündler" contre les Philistins.]. Per la prima volta, appunto nel Carnaval, Schumann mira a una scrittura priva di virtuosismo e di bravura. Rari saranno quei passaggi che i pianisti sogliono affrontare con feroce rassegnazione; la difficoltà maggiore consisterà nel rendere l'idea complessiva. Per suonare a modo tutta l'opera bisognerà possedere un'anima infinitamente varia e ricca di sfumature; saper opporre Pierrot a Florestano, la "Valse noble" all' "Aveu", Chiarina a Coquette; unire la dolcezza alla passione, la leggerezza alla profondità. Contrasti: l'arte ne è piena e così pure la vita. Schumann, sognatore fra i sognatori, non avrebbe mai pensato di poter diventare un giorno il direttore, anzi addirittura l'anima di un giornale. I suoi amici lo avrebbero pensato ancor meno. Ed ecco che gli avvenimenti lo vengono a confermare nel ruolo che egli sostiene dall'estate del 1834. Wieck è quasi sempre assente, Knorr abbandona Lipsia, Schunke riposa in eterno. Se Schumann non redige più la rivista da cima a fondo, come ha fatto per un certo tempo, è però obbligato a presiedere alla composizione dei singoli numeri, a restare in contatto coi collaboratori, a occuparsi dei particolari, ad agire. Toglie il giornale a Hartmann e ne affida la stampa a Barth.
Naturalmente si mantiene in corrispondenza con Ernestine von Fricken. Ma ritarda a rispondere alle sue lettere e, in tal maniera, i rapporti tra i due fidanzati diventan meno frequenti. Privo della presenza di lei il desiderio di Robert si placa. La giovane boema, come creatura fisica, è scomparsa, per lasciare il posto a una creatura ideale, viva, più che altro, nel ricordo. Allora, questa creatura, Schumann si permette di giudicarla: gli errori di ortografia e di stile, sparsi nelle sue lettere, incominciano a colpire Robert, il quale si mette a riflettere e si domanda se la cosa potrà finir bene.
In compenso, il suo affetto, o meglio, il suo attaccamento per Clara aumenta ancora. La piccola figlia di Wieck ha adesso quindici anni, si sta facendo bellissima e ha un talento formidabile: suona Chopin meglio di Chopin stesso. È dolce e testarda in modo adorabile.

***

[ABRAHAM] Nelle lettere del marzo 1834 Schumann menzionò più volte «tre sonate»: erano quella in Fa diesis minore, quella in Sol minore e una in Fa minore, del tutto diversa da quella poi pubblicata come op. 14. Fino al febbraio 1837 continuò di tanto in tanto a lavorare a questa Sonata in Fa minore, che lasciò poi incompiuta; nel corso del 1834 neppure le altre sonate furono terminate. Da marzo in poi Schumann si dedicò quasi completamente ai problemi del nuovo periodico musicale. In febbraio l'editore Breitkopf & Härtel, come già Hofmeister, aveva rifiutato di occuparsene, ma alla fine C.H.F. Hartman accettò la pubblicazione e il primo numero della «Neue Leipziger Zeitschrift für Musik», a frequenza bisettimanale, apparve il 3 aprile. La rivista divenne subito il campo privilegiato dell'attività letteraria di Schumann - suoi articoli erano in precedenza apparsi in «Der Komet» e nel «Leipziger Tageblatt», oltre all'unico contributo all'«Allgemeine Musikalische Zeitung» - anche se negli anni 1840-41 scrisse altresì sulla «Deutsche allgemeine Zeitung». Il primo responsabile della rivista fu Julius Knorr, ma una sua malattia riversò tutto il lavoro sulle spalle di Schumann che, contemporaneamente, era impegnato anche nella stesura delle voci musicali per il Damenkonversationslexikon di Herlossohn.
Il 21 aprile 1834 venne a pensione presso i Wieck, come allieva di pianoforte, Ernestine von Fricken, di diciassette anni e mezzo, figlia illegittima di un certo barone von Fricken della cittadina di Asch. Schumann la prese per «la figlia di un ricco barone boemo» e se ne innamorò quasi subito; il 2 luglio comunicò alla madre il desiderio di sposarla. La signora Voigt era la confidente dei due innamorati, che si incontravano a casa sua. Il 1° settembre il barone von Fricken, preoccupato per le voci sulla relazione, venne a Lipsia a riprendersi Ernestine; un giorno o due prima del suo arrivo gli innamorati si fidanzarono, ma solo i Voigt ne furono informati. Il 5 settembre i Fricken si recarono a Zwickau per parlare con la madre di Schumann, Schumann stesso si affrettò a seguirli e si ebbe uno scambio di idee; i Fricken però partirono il giorno seguente per Asch senza che il fidanzamento fosse stato reso pubblico. Una settimana dopo, Schumann ebbe l'idea di una serie di pezzi per pianoforte sulle lettere S-C-H-A (mi bemolle-do-si naturale-la), comuni al suo nome e alla città di Asch, che intitolò Fasching: Schwänke auf vier Noten, e che divennero poi Carnaval: scènes mignonnes sur quatre notes. Intorno al 23 settembre scrisse alcune variazioni "patetiche" su un «Thema quasi marcia funebre» in Do diesis minore composto dal barone von Fricken, che era un flautista dilettante; queste variazioni furono poi ampliate nell'opera comunemente nota come Etudes symphoniques op. 13. Un'altra composizione nel genere delle variazioni, che risale all'anno 1834 e che non può essere datata con maggior precisione, è una serie mai completata sul Notturno op. 15 n. 3 di Chopin.
Intanto il nuovo amico Schunke stava morendo di consunzione; i Voigt si prendevano cura di lui, ma Schumann, incapace di sopportarne la vista, il 25 ottobre se ne andò a Zwickau, dove un mese più tardi lo troviamo intento ad arrovellarsi su un finale per le variazioni che iniziava allo stesso modo di quella che diverrà la Variazione I e in cui la marcia funebre doveva essere elaborata «gradualmente in una superba processione trionfale». Schunke morì il 7 dicembre. Il 4 Schumann si era recato ad Asch e anche in questa occasione non gli fu detta la verità circa la nascita di Ernestine. Il 13 dicembre Fricke la riconobbe ufficialmente come figlia.
Il 15 dicembre Schumann fu richiamato da Zwickau a Lipsia per trattare il cambiamento di editore per la «Neue Zeitschrift für Musik».


SCRITTI SULLA MUSICA E I MUSICISTI
1834 ED ANNI PRECEDENTI

UN'OPERA II *

L’altro giorno Eusebio entrò leggermente in camera nostra. Tu conosci l'ironico sorriso del suo pallido volto, con cui cerca d'eccitare l'attenzione. Io sedevo con Florestano al pianoforte. Florestano è, come tu sai, uno di quei rari musicisti che presentono tutto ciò ch'è da venire, di nuovo e di straordinario. Ma oggi l'aspettava una sorpresa. Con le parole «Giù il cappello, signori; un genio» Eusebio ci mise innanzi un pezzo di musica: non ci consentiva di vederne il titolo. Io sfogliai, a caso, il fascicolo: questo velato piacere di goder la musica senza suoni, ha qualcosa di magico. Inoltre, mi pare, ogni compositore offre all'occhio i suoi particolari disegni di note: Beethoven, sulla carta appare diverso da Mozart come all'incirca la prosa di Jean Paul differisce da quella di Goethe.
Ma qui mi parve che mi guardassero meravigliati tanti occhi del tutto sconosciuti: occhi di fiori, occhi di basilisco, occhi di pavoni, occhi di ragazze: in più luoghi la cosa diventava più chiara - credeva di vedere il 'Là ci darem la mano' di Mozart, attraversato da cento accordi; mi sembrava che proprio Leporello ammiccasse e Don Giovanni volasse dinanzi a me nel bianco mantello. «Suona, dunque» disse Florestano. Eusebio acconsentì e noi ci mettemmo ad ascoltare nel vano d'una finestra. Eusebio suonava come ispirato facendoci sfilare innanzi innumerevoli forme della più vivace vitalità: così come se l'ispirazione del momento sollevasse le dita oltre l'abituale misura della loro capacità. Veramente, tutta l'approvazione di Florestano, tolto un beato sorriso, consistette soltanto nelle parole che le variazioni potevano essere di Beethoven o di Franz Schubert, se questi fossero stati in ispecial modo virtuosi del pianoforte; ma com'egli voltò la pagina del frontespizio, null'altro vi lesse che: «Là ci darem la mano, varié pour le Pianoforte avec acc. d'Orchestre par Frédéric Chopin, Oeuvre 2» e tutt'e due esclamammo maravigliati: «Un'opera 2!»; allora i visi s'infiammarono di stupore inconsueto e fra le varie esclamazioni si potevano distinguere queste frasi: «Sì, ecco finalmente qualcosa di ragionevole - Chopin non ho mai udito questo nome - chi può essere? - ad ogni modo - un genio - non ridono là proprio Zerlina o Leporello?»
Così avvenne una scena che non voglio descrivere. Scaldati dal vino, da Chopin e dal nostro parlare a dritto e a rovescio, ci recammo da Maestro Raro, che rise molto e mostrò poca curiosità per questa opera 2: «Perché già troppo conosco voi e il vostro entusiasmo moderno! - Ma portatemi pure questo Chopin». Noi glielo promettemmo per l'indomani. Eusebio diede tosto tranquillamente la buona notte: io rimasi un po' da Maestro Raro; Florestano, che da qualche tempo non ha un'abitazione sua, volò a casa mia per la viuzza illuminata dalla luna.
A mezzanotte lo trovai nella mia stanza disteso sul divano, con gli occhi chiusi. «Le variazioni di Chopin» cominciò come in sogno «mi girano ancora pel capo: certo» continuò «il tutto è drammatico e notevolmente "chopiniano"; l'introduzione, per quanto sia conchiusa in se stessa - ti ricordi dei salti di terze di Leporello? - mi sembra che meno s'accordi coll'insieme; ma il tema - perché poi l'ha scritto in si bemolle? - le variazioni, il finale e l'adagio, sono davvero qualcosa! - il genio sbircia qui da ogni battuta. Naturalmente, caro Giulio, Don Giovanni, Zerlina, Leporello e Masetto sono i caratteri che parlano - la risposta di Zerlina nel tema è assai innamorata, la prima variazione si potrebbe forse definire un po' signorile e civettuola - il grande di Spagna scherza qui molto amabilmente con la contadinotta. Ma questo si modifica nella seconda, ch'è già più confidente, più comica, più litigiosa, come quando due innamorati cercano di ghermirsi e ridono più del consueto. Ma come tutto si muta nella terza! qui v'è tutto un chiarore di luna e un incanto di fate; Masetto se ne sta, a dire il vero, lontano e impreca in modo intelligibile, ma Don Giovanni se ne lascia turbare ben poco. - Ora, della quarta, che ne dici? - Eusebio l'ha suonata tutta con purezza - come balza ardita e sfrontata e come va dritta allo scopo, e l'adagio [mi par naturale che Chopin ripeta qui la prima parte] in si bemolle minore, non potrebbe accordarsi meglio con l'insieme, poiché con aria moraleggiante rammenta a Don Giovanni le sue azioni - e certo è male, ma grazioso, che Leporello aguzzi gli orecchi, rida e beffeggi dietro il cespuglio, e che gli oboi ed i clarinetti lusinghino e zampillino magicamente e che lo sbocciante si bemolle maggiore indichi proprio il primo bacio d'amore. Ma tutto questo è niente a confronto dell'ultima variazione - hai ancora del vino Giulio? - questo è il finale tutto intero di Mozart - turaccioli di champagne che saltan tutti, bottiglie che tintinnano, e in mezzo la voce di Leporello, poi gli spettri che ghermiscono, Don Giovanni sfuggente - e poi il finale che s'acquieta magnificamente e suggella l'opera.» In Svizzera soltanto egli aveva avuto, concluse Florestano, una sensazione simile a quella provata in questo finale. Cioè, quando nelle belle giornate il sole al tramonto sale sempre più in alto sulle ultime cime dei monti ed infine scompare l'ultimo raggio, viene un momento in cui pare di vedere i bianchi giganti delle Alpi chiudere gli occhi. Si ha l'impressione d'aver avuto una visione celeste. «Ma ora svegliati anche tu per nuovi sogni, Giulio, e dormi!» «Mio caro Florestano» risposi «questi sentimenti personali son forse da lodare, sebbene siano alquanto soggettivi; ma per quanto poca intenzione abbia bisogno Chopin di ascoltare attentamente il suo genio, io piego egualmente il capo dinanzi a un tal genio, a una tale aspirazione, a una tale maestria.» E su questo ci addormentammo.

Giulio

DAL TACCUINO DI PENSIERI E DI POESIA
DI MAESTRO RARO, DI FLORESTANO E DI EUSEBIO

Come un giovane studente di musica alla prova dell'ottava sinfonia di Beethoven seguiva attentamente la partitura, Eusebio disse: «Dev'esser un buon musicista!». «Nient'affatto» ribatté Florestano «è un buon musicista colui che intende un passo di musica senza partitura, e una partitura senza musica. L'orecchio non deve aver bisogno dell'occhio e l'occhio dell'orecchio [esterno].» «È un'alta esigenza questa» concluse Maestro Raro «ma di cui ti lodo, Florestano!»

DOPO LA SINFONIA IN RE MINORE

Io sono il cieco che sta dinanzi alla cattedrale di Strasburgo, che ode suonar le campane, ma non trova l'entrata. Lasciatemi in pace, o giovani, io non capisco più gli uomini.
Voigt [Appassionato dilettante di musica, in special modo di quella beethoveniana]

Chi biasimerà il cieco, s'egli sta dinanzi alla cattedrale e non sa dir nulla? Basta che si tolga devotamente il cappello quando di sopra suonan le campane.
Eusebio

Amatelo anzi, amatelo moltissimo - e non dimenticate ch'egli è giunto alla libertà poetica per il cammino d'uno studio durato lunghi anni e onorate la sua forza morale che non ha mai avuto posa. Non ricercate in lui l'anormale, ritornate agli elementi primi del suo creare, argomentate il suo genio non dall'ultima sinfonia, per quanto essa esprima cose così ardite e inaudite che nessuna lingua prima ha osato - ma altrettanto bene potrete dedurre il suo genio dalla prima sinfonia o da quella grecamente slanciata, in si bemolle maggiore. Non sollevatevi sulle regole che non avete ancora sviscerato a fondo. Non v'è nulla di più pericoloso di questo, e anche qualcuno di minor ingegno potrebbe umiliandovi trarvi la maschera, in un secondo momento dell'incontro...
Florestano

E quand'essi ebbero finito, il Maestro disse con voce quasi commossa: «Ed ora, basta! Lasciateci dunque amare quell'alto spirito, che guarda in gita, con amore inesprimibile, alla vita, che a lui diede così poco. Io sento che noi oggi gli siamo stati più vicino del solito. O giovani, avete davanti a voi una via lunga e difficile: aleggia in cielo una strana tinta di rosso, non so se di crepuscolo o di aurora. Fate che diventi luce!».
Le sorgenti vengono sempre più avvicinate nel grande corso del tempo. Beethoven, ad esempio, non ebbe bisogno di studiare tutto ciò che aveva studiato Mozart, Mozart non tutto quello che aveva studiato Haendel, Haendel non quello di Palestrina, perché essi avevano già assorbito in sé i predecessori. Da uno soltanto tutti potrebbero attingere di nuovo, da J. S. Bach!
Florestano

Non serve a nulla che voi mettiate ad un giovane scapestrato una veste da camera del nonno e una lunga pipa nella bocca, affinché diventi più posato e piú ordinato. Lasciategli i riccioli svolazzanti e il suo leggero vestito!
Florestano

Non posso soffrire coloro la cui vita non è in armonia con le opere.
Florestano


RECENSORI

La musica eccita gli usignoli al canto d'amore, i botoli a guaire.
Uva acerba, vino cattivo.
Essi segano il legno da lavoro, riducono la quercia superba in trucioli.
Come gli Ateniesi, annunziano la guerra con delle pecore.
La musica parla il linguaggio più universale, da cui l'anima è liberamente, indeterminatamente eccitata; ma essa si sente nella sua patria.


PLASTICI

Magari finirete per udire nascer l'erba nella Creazione di Haydn!
Florestano

L'artista dovrebbe trattare gentilmente con gli uomini e con la vita, come un dio greco; soltanto se si osasse toccarlo dovrebbe scomparire e non lasciar dietro di sé altro che nuvole.
Florestano

E il segno dello straordinario quello di non venir compreso ogni giorno; per comprendere il superficiale i più son sempre disposti: ad esempio, a udire cose da virtuosi.
Eusebio

Accade nella musica come nel gioco degli scacchi. La regina [melodia] ha il massimo potere, ma il colpo decisivo dipende dal re [armonia].
L'artista si tenga in equilibrio con la vita; altrimenti si troverà in una posizione difficile.
Florestano

C'è in ogni bimbo una profondità meravigliosa.

CLARA

Ella ha tratto via presto il velo d'Iside. Il fanciullo alza lo sguardo tranquillamente, - l'adulto verrebbe forse accecato dallo splendore.
Eusebio

IL GENIO

Al diamante si perdonano le punte; è troppo costoso arrotondarle.
Florestano

Una voce che biasima ha una robustezza di suono maggiore di dieci voci che lodano.
Florestano

Purtroppo
Eusebio

Chi una volta s'è posto dei limiti, da lui si richiede purtroppo che vi rimanga sempre dentro.
Raro


I PURITANI DELLA MUSICA

Sarebbe un'arte ben piccola, se risuonasse soltanto e non avesse un linguaggio né dei segni per gli stati d'animo!
Florestano

Gli anticromatici dovrebbero riflettere che c'è stato un tempo in cui la settima faceva specie come adesso all'incirca un'ottava diminuita, e che mediante lo sviluppo dell'armonia la passione prendeva delle sfumature più tini; a causa di ciò la musica veniva allineata fra le arti più alte che per tutti gli stati d'animo hanno scrittura e mezzi d'esprimersi.
Eusebio

Psiche in riposo colle ali ripiegate ha soltanto una mezza bellezza; deve librarsi nell'aria!
Eusebio


CHOPIN

Sono diverse le cose ch'egli osserva, ma come le osserva è sempre nello stesso modo.
Florestano

Accordo perfetto tempi. La terza concilia passato e avvenire come presente.
Eusebio

Audace paragone!
Raro

Perdonate agli errori della gioventù! Ci sono pur dei fuochi fatui che mostrano al viandante la via giusta, cioè quella ch'essi non fanno.
Florestano

Si guarda alle opere di gioventù di coloro che son divenuti maestri con tutt'altro occhio che a quelle di altri, in sé altrettanto buone, ma che hanno soltanto promesso e non mantenuto.
Raro

È sorprendente che ile debolezze, i difetti che da ragazzi già si osservava negli altri, si mostrino più tardi come manifeste mancanze di genio, debolezze d'ingegno, ecc.
Raro

Può l'ingegno prendersi le libertà del genio?
Eusebio

Si; ma quello fallisce dove questo trionfa.
Raro

La testa più insipida può nascondersi dietro a una fuga. Le fughe sono cose dei più grandi Maestri soltanto.
Raro

Si pensi un po' quali circostanze devono riunirsi se si vuole che il bello sorga nella sua più piena dignità e magnificenza! Noi esigiamo per questo: 1º grande, profonda intenzione, idealità d'opera d'arte; 2º entusiasmo della rappresentazione; 3º virtuosità d'esecuzione, insieme armonico come da un'anima sola; 4º intimo desiderio e bisogno di chi dà e di chi riceve, la più felice disposizione d'animo del momento [da ambedue le parti, dell'ascoltatore e dell'artista]; 5º la più felice costellazione delle condizioni del tempo, come pure del più particolare momento delle circostanze secondarie, spaziali, ed altre; 6º direzione e partecipazione dell'impressione, dei sentimenti, delle vedute - riflesso della gioia artistica nell'occhio altrui. - Una tale coincidenza non è un getto di sei dadi con sei volte sei?
Eusebio


OUVERTURE PER LA "LEONORA"

Pare che Beethoven abbia pianto quando essa, eseguita per la prima volta, a Vienna, spiacque, quasi completamente, - Rossini, tutt'al più, avrebbe riso in un simile caso. Egli si lasciò indurre a scrivere la nuova in mi maggiore, che potrebbe esser fatta egualmente da un altro compositore. Tu sbagliasti, o Beethoven, - ma le tue lagrime furono nobili.
Eusebio

La prima concezione è sempre la più naturale e la migliore. L'intelletto sbaglia, il sentimento no.
Raro

Non tremate, voi mestieranti d'arte, per le parole che Beethoven pronunciò sul letto di morte: «Io credo d'esser al principio», o come Jean Paul: «Mi sembra di non aver scritto ancor nulla».
Florestano

L'ingegno lavora, il genio crea.
Florestano

L'occhio armato vede stelle, dove quello disarmato scorge soltanto ombre di nebbia.
Florestano

il musicista colto potrà studiare una Madonna di Raffaello colla stessa utilità con cui il pittore studierà una sinfonia di Mozart. Ancor più: allo scultore ogni attore apparirà come una statua tranquilla, a questa le azioni di quello darà forme di vita; al pittore la poesia diventerà immagine, il musicista trasformerà i quadri in suoni.
Eusebio

L'estetica di un'arte è quella delle altre; soltanto il materiale è diverso.
Florestano

Che nella musica, romantica in sé, possa formarsi una speciale scuola romantica, è difficile di credere.
Florestano

Non è sufficiente che il giovane elabori la vecchia forma classica dei maestri nel suo spirito; occorre anche elaborarla nel loro.
Eusebio

La musica è l'arte che s'è sviluppata più tardi; i suoi inizi furono le semplici disposizioni della gioia e del dolore [modo maggiore e minore]; anzi il meno colto non pensa che possano esistere passioni più determinate, perciò gli è così difficile la comprensione di tutti i maestri più individuali [di Beethoven, di Franz Schubert]. Con l'approfondirsi nei segreti dell'armonia si è riusciti ad esprimere le più fini sfumature del sentimento.
Eusebio

Se vuoi conoscere l'uomo, chiedigli chi sono i suoi amici, cosí se vuoi giudicare il pubblico, guarda che cosa applaude, - guarda anzi che fisionomia assume in genere dopo ciò che ha udito...

Il giudizio, o Florestano, per cui tu dici di amar meno l'Eroica e la Pastorale pel fatto che Beethoven stesso le ha denominate così, ponendo dei limiti alla fantasia, mi sembra che sia fondato su una giusta impressione. Ma se tu mi chiedi: perché? non saprei risponderti.
Eusebio


MODESTIA SFACCIATA

Il modo di dire "L'ho messa nella stufa", nasconde nel fondo una modestia molto sfacciata: il mondo non sarà ancora infelice per un'opera mal riuscita... Non posso soffrire gli uomini che metton nella stufa le loro composizioni.
Florestano


SULLA COMPOSIZIONE

Sovente possono esservi due varianti d'uguale valore.
Eusebio

La prima è generalmente la migliore.
Raro

Chi ha troppa preoccupazione di conservare la sua originalità, è quasi sempre in procinto di perderla.
Eusebio