BIOGRAFIA - SCRITTI 1847

Nel mese di luglio del 1847, Hebbel viene a Dresda. L'arrangiamento di Reinick è ancora ben lontano dall'essere pronto, Ma Schumann si rallegra della visita del poeta, perché intendersi a voce è più facile che intendersi per iscritto; Hebbel lo impressiona. Gli fa vedere come in Genoveva stia racchiusa una creazione violenta, brutale, realista, tale da comportare, per chi voglia metterla in musica, uno straordinario dispendio di forze. È forse anche Hebbel a suggerire quell'espressione "tranche de vie" di cui Schumann dovrà servirsi in seguito?
Mentre Reinick combina e dosa il suo miscuglio, Robert compone l'ouverture e, mentre attende a questo lavoro, legge sui giornali che il posto di direttore nel Conservatorio di Vienna si è reso vacante. Benché l'ultima volta che vi ha compiuto un breve soggiorno la città di Mozart abbia riservato a lui e a Clara un'accoglienza piuttosto fredda, Schumann sarebbe felice di ottenere l'incarico:

Mi sento tanto più qualificato ad ottenere il posto di direttore - dichiara in una lettera - in quanto la salute e le forze mi sono tornate.

Niente di più vero. Nel paniere dell'autunno egli lascia cadere con grande facilità il Trio in re minore (op. 63), il Trio in fa maggiore (op. 80), i Tre canti per cori maschili (op. 62), il Ritornello di Rückert in forma di canone (op. 65) e risponde all'appello della sua città natale che vuole udire in "prima assoluta" la Sinfonia in do maggiore diretta da lui stesso.
Ma ecco che il ritorno a Dresda gli costa lacrime amare. Una lettera di Cécile Mendelssohn gli annuncia che Felix è stato fulminato, il 4 novembre, da un attacco di apoplessia. Schumann corre a Lipsia e vede l'amico disteso sul letto di morte. I tratti di quel volto esanime sono coperti da un velo di tristezza, come se l'uomo fosse prematuramente invecchiato. Certo Mendelssohn sapeva di essere promesso all'eterno riposo, quando, tre mesi prima, nel viale di noci in fronte alla Jungfrau, esclamava: "Che serve far progetti? Io non vivrò".
Adesso, là sul letto di morte, sua moglie e i suoi migliori amici, Moscheles, David, Schumann, Joachim lo vegliano.
Dopo il funerale, Robert torna a Dresda e vi si rinchiude come in una torre di silenzio. Mendelssohn è morto;


Fanny e Felix Mendelssohn

Hiller si è trasferito a Düsseldorf come direttore d'orchestra stabile; Wagner diventa sempre più incomprensibile. Si vede immerso in una solitudine pervasa da pensieri inquieti, e nel dolore per la morte di Mendelssohn, nella lontananza dai compagni, egli avverte l'ombra di una sorda minaccia.
Cerca di fronteggiare col lavoro il pericolo. Reinick ha finalmente terminato il libretto di Genoveva. Il pittore ha fatto del suo meglio, ma non ha potuto innalzarsi al desiderio del musicista.
Schumann, per non attendere ancora, ritocca il libretto e comincia la composizione musicale. Ma nello stesso tempo ritorna a Faust e lo fa per due ragioni: prima, perché ne ha voglia, seconda perché Faust gli sembra una pietra di paragone, una prova severa ma necessaria. Se resisterà all'impresa, vorrà dire che il suo cuore è ben forte.

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Tra la fine del '46 e l'inizio del '47 gli Schumann sono nuovamente in viaggio; Clara suona la musica del marito e Robert dirige la sua nuova sinfonia a Vienna, Praga e Berlino. Vienna, che aveva tributato calde accoglienze, molti anni prima, a Clara virtuosa, ora si dimostra fredda e insensibile, soprattutto incapace di capire la musica intima e confidenziale del quasi sconosciuto Schumann. Il pubblico della capitale austriaca è sempre più soggiogato dalle facili melodie dell'opera di Meyerbeer e degli italiani e non comprende questa celebre pianista che si ostina a imporre la complicata musica del marito, un oscuro compositore sassone completamente "fuori moda ". Le esecuzioni del Quintetto op. 44, del Concerto per pianoforte e della Prima sinfonia avvengono di fronte a sale semivuote. La forte delusione viennese è compensata dal successo senza riserve ottenuto a Brno e Praga. Sembra quasi ripetersi la situazione vissuta dal Mozart de Le nozze di Figaro e del Don Giovanni, rifiutati a Vienna ed esaltati dal pubblico praghese.
Sempre quell'anno la nativa Zwickau gli dedica un intero festival; per Robert è un'enorme soddisfazione: si tratta del primo organico riconoscimento tributato alla sua musica. Intanto però i periodi depressivi, gli accessi malinconici e la sopraggiunta difficoltà nell'articolazione della parola sono ormai presenze stabili nell'esistenza schumanniana e lo costringono ad una comunicazione più rarefatta e intermittente con il mondo esterno.
Il '47 è anche l'anno dell'opera. Un nuovo sogno anima ora il musicista: comporre un lavoro teatrale veramente tedesco, nella scia del Fidelio beethovenjano e del Freischütz weberiano, un'opera che si opponga alla cattiva e volgare musica teatrale dilagante in Italia e che ha deleteria influenza anche in terra germanica. Molte erano state le idee accarezzate da Schumann fin dalla prima gioventù, tutte molto impegnative: dall'Amleto all'Odissea. Ora si decide per un racconto medievale molto in voga in quel periodo, la leggenda di Genoveva di Brabante, già centrale in lavori letterari di Hebbel e di Tieck. Da quei testi l'amico e pittore Reinick trae un libretto per l'opera che il compositore terminerà l'anno seguente insieme con i primi due Trii. [RAUSA]

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Anche le esecuzioni di Clara non suscitarono a Vienna molto entusiasmo e alla terza serata, il 1° gennaio 1847, il Concerto per pianoforte e orchestra e la Sinfonia in Si bemolle, diretti dall'autore, furono accolti con molta freddezza. Ripartiti il 21 gennaio, gli Schumann diedero un concerto a Brno e due a Praga, che riscossero maggior successo, e il 4 febbraio fecero ritorno a Dresda. Dall'11 febbraio al 24 marzo furono a Berlino; nei suoi concerti del 1° e del 17 marzo Clara presentò il Quintetto con pianoforte, mentre Schumann diresse il 17 febbraio, per la Singakademie, Das Paradies und die Peri, riscuotendo scarso successo. Furono tentati fortemente di trasferirsi in questa città, perché Clara aveva a Dresda poche vere amicizie, mentre a Berlino c'erano sua madre e la sorella di Mendelssohn, Fanny;

la morte di Fanny Hensel, il 14 maggio, pose però fine al progetto.
Immediatamente dopo il ritorno da Berlino, alla fine di marzo, Schumann ricominciò a prendere in seria considerazione i progetti operistici. Per alcuni giorni pensò a Mazeppa di Slowacki, ma il 1° aprile si decise per Genoveva di Hebbel che aveva appena letto, e chiese a Robert Reinick di elaborare un libretto che seguisse le sue idee. Il 5 aprile completò in effetti il primo abbozzo dell'ouverture. Presto però fu scontento dei testo di Reinick e il 14 maggio rivolse a Hebbel stesso una richiesta d'aiuto; la cosa non ebbe seguito, anche se una visita di Hebbel nel corso dell'estate lasciò in Schumann una profonda impressione. Alla fine il libretto di Genoveva fu scritto dal compositore, che prese spunto dal tentativo di Reinick, dal lavoro teatrale di Hebbel

e dal dramma che sullo stesso soggetto aveva scritto Tieck. Il 17 aprile, mentre ancora attendeva il libretto di Genoveva da Reinick, Schumann aveva ripreso di nuovo il Faust, componendo e orchestrando, entro il 30 aprile, il coro finale; non ne fu però soddisfatto e il 22 maggio ne iniziò un'altra versione, completata per la fine di luglio. Il Trio in Re minore op. 63 fu scritto nello stesso periodo, in maggio furono composti due Lieder su poesie di Mörike che, insieme alla versione solistica della Tragödie di Heine del 1841, costituirono il quarto volume di Romanzen und Balladen op. 64. Nonostante la morte, il 22 giugno, del figlio minore Emil, gli Schumann si recarono il 2 luglio a Zwickau; per circa quindici giorni la cittadina sassone festeggiò il figlio ormai famoso con una serenata, un concerto di sue musiche e un concerto popolare alla Burgkeller; ii 10 luglio Schumann diresse la Sinfonia in Do maggiore e il pezzo corale Beim Abschied zu singen op. 84, composto per l'occasione. Il 14 luglio portò a termine una radicale revisione della sinfonia e in agosto cominciò un altro Trio - quello in Fa maggiore op. 80 - il cui abbozzo fu completato il 25 ottobre.
Il 5 novembre Schumann fu profondamente colpito dalla notizia della morte di Mendelssohn,

avvenuta il giorno prima. Il 7 era a Lipsia per la cerimonia funebre e, al ritorno, con in mente un lungo articolo o addirittura un piccolo libro, cominciò ad annotare alcuni «Ricordi di Felix MendelssohnBartholdy», pubblicati soltanto nel 1947. A due giorni dal funerale di Mendelssohn si tenne la cena d'addio per Ferdinand Hiller che lasciava Dresda per Düsseldorf. Schumann succedette a Hiller come maestro della 'Liedertafel' di Dresda e per questa compose i cori opp. 65 (in novembre) e 62 (in dicembre); quest'attività lo prese tanto che a fine novembre concepì l'idea di un'altra società corale per voci miste: il 5 gennaio 1848 il 'Verein für Chorgesang' si riunì per la sua prima esercitazione. Compose poi solfeggi, rimasti inediti, sia per la 'Liedertafel' di voci maschili sia per la società corale.
Il 26 dicembre 1847 Schumann terminava l'orchestrazione dell'ouverture della Genoveva abbozzata otto mesi prima;


SCHIZZI DELL'OUVERTURE DI «GENOVEVA»

diede immediatamente inizio alla composizione del primo atto, ma subito risentì di questa tensione. Ogni atto veniva completato - nell'ordine, libretto, abbozzi, partitura - prima di passare alla composizione del successivo e, negli intervalli del lavoro compositivo, Schumann dovette anche impegnarsi a riscrivere il libretto. [Abraham]


PICCOLE NOTE TEATRALI

«Jean de Paris» di Boieldieu (4 maggio 1847)

Un’opera da maestro. Due atti, due scene, due ore di spettacolo - tutto perfettamente indovinato; Jean de Paris, Figaro e il Barbiere, le prime opere comiche di tutto il mondo che rispecchiano soltanto il carattere nazionale dei loro compositori.
L’istrumentazione (sulla quale specialmente si concentra oggi la mia attenzione) è dovunque magistrale - gli strumenti a fiato, clarinetti e corni, usati specialmente con predilezione, non coprono mai il canto, ed i violoncelli sono trattati qua e là con effetto come parti indipendenti.
I corni suonano in registro acuto e, quando la parte vocale è scritta più acuta ancora, essi si fondono bene con essa.

«Il Templario e l’Ebrea» di Marschner (8 maggio 1847)

L’ho ascoltata con grande piacere. La composizione è qua e là tormentata, non molto chiaramente strumentata: conta una quantità di ricche melodie. Notevole attitudine drammatica, qualche reminiscenza di Weber.
È come una pietra preziosa che non s’è potuta liberare interamente del suo rozzo involucro.
Il trattamento delle voci spesso non rende e l’orchestra ne soffoca l’effetto. Troppi tromboni.
I cori andarono ridicolmente male, e dovrebbero fare un effetto molto maggiore.
Insomma, la più importante opera tedesca moderna, dopo quelle di Weber.

Ifigenia in Aulide di Gluck
(14 maggiò 1847)

La Schroeder-Devrient, Clitennestra; Johanna Wagner, Ifigenia; Mitterwurzer, Agamennone; Tichatschek, Achille.
Costumi e scenari molto adatti; Richard Wagner ha messo l’opera in scena aggiungendo alla musica qualche passo che mi parve rilevare qua e là. Il finale “verso Troja” è stato aggiunto. Questo è veramente illecito - Gluck forse farebbe alle opere di R. Wagner il processo inverso - toglierebbe, taglierebbe qualcosa.
Che cosa dire dell’opera? Finché durerà il mondo una musica simile riapparirà sempre, senza invecchiare mai.
Un artista grande, originale; Mozart spunta dietro le sue spalle; Spontini lo ha spesso letteralmente copiato.
Il finale dell’opera è d’un effetto straordinario, come quello dell’Armida.

Tannhäuser di Richard Wagner (7 agosto 1847)

Un’opera di cui non ci si può sbrigare in due parole. Certo, ha un tratto geniale. Se il musicista fosse altrettanto melodico (melodiös) come ricco d’idee (geistreich), sarebbe l’uomo dell’epoca.
Vi sarebbe molto da dire sull’opera, e vale la pena ch’io mi riservi di farlo più tardi.

La favorita di Donizetti (30 agosto 1847)

Non ho inteso che due atti. Musica da teatro di burattini!

Euryanthe di C. M. v. Weber
(30 settembre 1847)

Ho provato un entusiasmo come non mi accadeva da molto tempo. La musica è ancor troppo poco conosciuta e apprezzata. È sangue del suo cuore, il più nobile sangue ch’egli aveva; quest’opera gli dev’essere costata un po’ della sua vita - certamente. Ma l’ha reso immortale.
Una catena di splendidi gioielli, dal principio alla fine. Tutto estremamente ricco d’idee e magistrale. Com’è reso magnificamente il carattere dei personaggi, di Eglantina, e di Euriante specialmente! - e come si esprimono gli strumenti! Ci parlano dal più profondo del loro intimo.
Eravamo infatuati di tutto questo, e ne parlammo a lungo. Il pezzo più geniale dell’opera mi pare il duetto fra Lysiart ed Eglantina, nel secondo atto. Pure geniale la marcia del terzo atto, in onore dello stesso Lysiart: ma la corona d’alloro non spetta soltanto a qualche passo isolato, ma bensì a tutto l’insieme.

Il Barbiere di Siviglia di Rossini
(novembre 1847)

Con la Viardot-Garcia come Rosina. Musica sempre rasserenante, ricca di spirito, la migliore che mai abbia scritto Rossini. La Viardot fa dell’opera una grande “variazione”: non lascia intatta una sola melodia. Qual falsa interpretazione della libertà lasciata al virtuoso! La sua parte migliore, del resto.