BIOGRAFIA LETTERE E DOCUMENTI - 1854


Ma l'amicizia ha la meglio e, a metà gennaio del 1854, Clara e Robert raggiungono gli amici. L'orizzonte di Schumann non cessa di apparire limpido.

Düsseldorf, 6 febbraio 1854

Siamo Via già da otto giorni, ed ancora non abbiamo fatto pervenire a Lei e ai Suoi compagni neppure una parola! Però vi ho scritto spesso con inchiostro simpatico, ed anche fra queste righe sta una scrittura nascosta, che più tardi risalterà.
E ho sognato di Lei, caro Joachim: eravamo tre giorni insieme; Ella aveva nelle mani delle penne di airone dalle quali scorreva sciampagna. Quale prosa, ma quanta verità! Spesso ci siamo ricordati dei giorni passati. Potessero tornare presto degli altri simili! La buona reggia [114], l'eccellente cappella e i due giovani demoni che saltano fra mezzo: non lo dimenticheremo più.
Nel frattempo ho lavorato ogni tanto al mio «giardino» [115]. Esso diventa sempre più bello. Ho anche posto qua e là dei segnavie acciocché nessuno si smarrisca, cioè ho messo un testo chiarificatore. Ora sono entrato nell'antichissimo passato: Omero e il grecismo. Specialmente in Platone ho scoperto passi sublimi.
La musica tace adesso - per lo meno esteriormente. Come vanno le cose da Lei?
Quelli di Lipsia si sono dimostrati verso il Suo «Pezzo fantastico» [116] più furbi di quella indolente prosaica gente dei paesi renani. Già, anch'io lo credo - la crisalide del virtuoso a poco a poco cadrà e ne volerà fuori una magnifica farfalla compositrice. Soltanto, non troppo manto da lutto, anche talvolta cardellino! Quando parte per Lipsia? Me lo scriva. È terminata l'ouverture del «Demetrio»?
I sigari mi piacciono molto. Sembra il tocco di Brahms, che è, come egli usa, molto pesante, ma pur piacevole. In questo momento vedo aleggiare sopra di lui un sorriso.
Ora voglio chiudere. Fa già buio...

A Düsseldorf, una volta sciolto dagli impegni con la Società di Concerti, non intende restare. Pensa sempre a Vienna, a quella città che nella sua vita è come un miraggio svanito a ogni approccio. Anche di fissarsi a Berlino sarebbe tuttavia contento. Allora, dietro suggerimento di Joachim, scrive a Stern, maestro di cappella nella capitale prussiana, per proporgli di scambiare con lui le loro rispettive posizioni.
Intanto, accarezza anche altri progetti: riunire in un volume tutte le sue opere critiche e ordinare in un «Giardino di poeti» le prose o i poemi consacrati alla musica in ogni tempo e in ogni paese. Disegno immenso, che lo condurrebbe dalla Bibbia e dai Greci a Goethe e a Jean-Paul. Comunque, egli non dubita delle sue forze. Il 30 gennaio, traccia il piano di questo lavoro. Compulsando, sognando, scrivendo, va dalla scrivania al tavolino spiritico: pone le mani sulla lucida superficie di legno e parla con voce sorda, lenta, difficile. Adesso, al suo consigliere deve porre un'infinità di domande; ha bisogno di interrogare gli spiriti illustri, di sapere ciò che pensava Platone dei rapporti fra l'anima e la musica. Nella passione che egli mette a far muovere il tavolino, nella sua ostinazione c'è qualcosa di morboso; peggio ancora, c'è qualcosa che richiama l'idea della demenza.
Nella notte dal 10 all'11 febbraio, egli tende l'orecchio a un rumore nuovo: è un suono lontano, che si avvicina, riempie la stanza, la casa, la città e non vuol più andarsene. Clara non sente nulla; resta fino all'alba seduta vicino a Robert e gli accarezza le mani. Col giorno, il suono svanisce. Scrive la moglie a questo proposito:

Nella notte da venerdì 10 e sabato 11 Robert soffrì talmente di un'affezione all'orecchio che non poté dormire affatto. Egli intese di continuo un solo e medesimo suono [...] soffre atrocemente! Qualsiasi rumore suona per lui come della musica! Dice che è una musica così splendida e con strumenti di un suono così meraviglioso come di simili non si intendono sulla terra. Ma ciò naturalmente lo affatica molto [...] Le notti seguenti furono molto penose, non dormivamo quasi più. Di giorno egli cercava di lavorare, ma non vi riusciva se non a prezzo di grandi sforzi. Ripeteva che se tutto ciò non cessava egli sarebbe diventato pazzo. I dolori all'orecchio erano aumentati a tal punto ch'egli udiva tutto un pezzo come eseguito da un'intera orchestra, e l'ultimo accordo si prolungava finché Robert non si metteva a pensare ad un altro pezzo.

La notte del 17, dopo esserci coricati, Robert si alzò e scrisse un tema che gli angeli, lui affermò, gli avevano dettato. Dopo averlo finito si mise ancora a letto e delirò tutta la notte, con gli occhi sempre aperti, levati al cielo. Egli credeva fermamente che degli angeli lo circondassero e gli facessero delle rivelazioni sublimi sempre in musica meravigliosa [...] Il mattino un mutamento terribile. Le voci degli angeli si erano trasformate in voci infernali, accompagnate da una musica atroce.
Esse gli gridavano che era un peccatore e che lo avrebbero precipitato all'inferno; era un vero e proprio accesso di demenza. Egli gettava grida di dolore (i demoni, mi disse poi, sotto forma di tigri e di iene si erano gettati su di lui per impadronirsene), e due dottori che fortunatamente erano giunti in tempo, lo trattennero con difficoltà [...] Dopo una mezz'ora divenne più calmo e disse di intendere nuovamente voci più amiche che gli facevano coraggio [...]. La domenica passa la giornata a letto, consegnato ai tormenti degli spiriti del male. Spiriti del Cielo e dell'Inferno si libravano intorno a lui [...]. Io non lo distolsi in alcun momento dalla credenza negli spiriti ed egli mi diceva più volte, con un accento pieno di malinconia: "Tu puoi credermi, cara Clara, io non ti mento!". Non c'era altro da fare che acconsentire, per non accrescere la sua agitazione [...]
"Il 20 egli resta tutto il giorno davanti al suo leggio ad ascoltare le voci degli angeli, scrive qualche parola poi ritorna ad ascoltare. Aveva uno sguardo cosI pieno di felicità che non potrò più dimenticare [...] Il 21 tutta la notte delira. Egli era un criminale e non doveva legger che la Bibbia [...] Notai che era sempre più eccitato dopo avere letto la Bibbia [...] ne dedussi che con queste letture doveva essersi troppo immerso nelle idee che gli avevano turbato lo spirito: il suo male era, in effetti, di natura religiosa [...]. Il 25, alle nove e mezza di sera, si alzò bruscamente e domandò i suoi abiti; voleva andare in una casa di alienati, non era più padrone di sé e non poteva rispondere di ciò che stava per fare".

Schumann si veste e va in Biblioteca accompagnato da Albert Dietrich; entrambi lavorano, un po' tristi, nel vano delle alte finestre. Ma, al crepuscolo, il suono rinasce, si gonfia e si trasforma in un oscuro e celestiale concerto. Impossibile dormire: appoggiato al guanciale, Schumann si diletta di questa musica che risuona su da un insondabile abisso e che, per miracolo, solleva immagini ristoratrici. Vede esseri circonfusi di luce aleggiare attraverso paesaggi cristallini che sembrano stiano per parlargli. Essi tacciono, ma la musica continua per quasi tutta la giornata del 12. Quando essa si dissolve, Schumann misura la propria spossatezza e si torce le mani dalla disperazione. Vuole scrivere a Stern: il pensiero gli sfugge, le parole prendono, suo malgrado, un aspetto feroce ed ironico:

Nella mia ultima lettera le proponevo apertamente di fare uno scambio delle nostre due posizioni. Sono rimasto urtato, non ricevendo risposta per cinque settimane; ho saputo poi da Berlino che circolavano chiacchiere su questo affare. Non me ne sono preoccupato: non si trattava ancora che di uno di quei lontani progetti di cui non si deve parlare tanto in anticipo, essendo ancora immaturi... In seguito ho visto le cose sotto un angolo più tagliente. Lasciamoci crescer sopra dell'erba, o, meglio ancora, dei fiori. Io vivo spesso in sfere appena sopportabili e che tuttavia mi piacciono molto; qualche volta a furia di frequentare gli uomini rossi, posso anche diventar cattivo; soprattutto quando, uno Stern non risponde alle mie missive... Faccia dunque in modo che la sua lettera non sia l'ultima: ho suonato la prima e la terza; tocca a lei di aggiungere la quinta.
Le racconterò del pasticcio senza alcuna armonia che regna qui, indeterminato quanto il primo accordo del finale della Nona Sinfonia.
Stia bene e beviamo insieme l'acqua del Lete...

Non appena ha terminato questa strana lettera, la musica ricomincia. Magica, shakespeariana, passa come un alito che emani dalla bocca di Dio. Gli esseri luminosi riappaiono e Schumann, nello stesso tempo, si sente beato e indicibilmente infelice. Vorrebbe dormire e non può. L'indomani annota nel suo diario queste due parole che riassumono il suo tormento e la sua ammirazione: «Meravigliose sofferenze». Fino al 16 non c'è miglioramento; il dottor Hasenclever, che lo visita ogni giorno, è impotente di fronte al mistero. Nelle ore di silenzio e di lucidità, Robert piange, perché sente il suo spirito distruggersi sotto l'azione di questa musica d'oltretomba e perché pensa che si tratti del ricordo di una vita anteriore al termine della quale ha cambiato involucro corporale. Si attacca disperatamente alla realtà, al presente, al lavoro, alla sua Clara.
La giornata del 17 è calma. Ma, nella notte, la musica esplode con una violenza irresistibile. Gli esseri plasmati di luce e di dolcezza si mettono a cantare; fanno comprendere a Robert che sono angeli e gli dettano, da parte del beato Mendelssohn, un tema in mi bemolle maggiore. Schumann si alza per scriverlo, poi si ricorica e riprende a conversare con gli angeli. Supino, guarda il cielo: una luminosità ultraterrena inonda la notte e da qualche parte, nell'infinito, suona l'ora della rivelazione. Gli angeli spiegano l'armonia delle sfere, l'incommensurabilità di Dio, la genesi dalla luce. Chiamano a loro Schumann; chiamano forse anche Clara, la sposa adorata.
Clara è china sul malato. D'un tratto, vede il volto del marito farsi scuro, le ciglia corrugarsi, gli occhi incupirsi. Lancia un urlo di dolore: adesso sente una musica atroce, vede iene e tigri che balzano su lui e tentano di sbranano. Intanto, una voce soprannaturale proclama l'indegnità della sua vita terrena e gli predice un eterno castigo. Il dottor Hasenclever, chiamato d'urgenza, insieme con un altro collega, lo trattiene a fatica sul letto. Da quel momento le voci e la musica non abbandonano quasi mai Schumann. Di giorno, siede alla scrivania e si accinge a lavorare, senza riuscirci. Gli angeli vanno e vengono intorno a lui. Gli consigliano appassionatamente di leggere con devozione la Bibbia o gli promettono il sonno. Tutto questo lo esalta e lo placa ad un tempo. Scrive qualche parola, un frammento di Variazione per il tema inviato da Mendelssohn; poi ricade nell'estasi.
Quando il delirio si attenua al punto di diventare insensibile, Robert ne approfitta per passeggiare. Il 23, Clara lo accompagna sulle rive del Reno ed egli le parla affettuosamente del fiume; il 24 fa colazione in trattoria insieme con Becker; ma dopo il pranzo, mentre legge i giornali, sente gli angeli arrivare e la musica, la musica alzarsi tutt'intorno, da ogni parte.
Egli sa di esser malato e sa bene che il cielo non discende mai sulla terra. Il 25, improvvisamente, gli balena la convinzione che il suo posto non è lì, ma in una casa per alienati. Nella serata, in preda ad un'intensa agitazione, inseguito dalla incessante melodia interiore, chiede i suoi abiti, scosta Clara e vuol partire subito, per isolarsi in una clinica dove i medici lo sottopongano ad una cura efficace.
Soltanto il dottor Hasenclever riesce a convincerlo di coricarsi. Vinto dalla sofferenza, cade in un sonno profondo. Ma all'alba, si sveglia con la morte nel cuore; prova una sorta di orrenda vertigine, come un annullamento, un amaro disgusto di se stesso e, da quel disgusto, la convinzione che non è più degno dell'amore di Clara. Appena essa si avvicina e lo tocca, si ritrae, come fosse colpito da una fitta al cuore. Chino sul suo leggio, ascolta il linguaggio degli angeli o ricopia le Variazioni che ha composto sul tema paradisiaco.
Un po' prima di mezzanotte, Clara lascia Robert per qualche minuto solo con Maria, la figlia maggiore. Schumann approfitta di quell'attimo, in cui la sorveglianza intorno a lui si è allentata, per fuggire. Piove a dirotto. Schumann è uscito senza soprabito e senza copricapo, così come si trovava in casa. Non se ne accorge neppure, ossessionato dall'idea fissa, spinto da un desiderio mostruoso, da una mostruosa nostalgia: il Reno, il fiume tanto amato.
Dopo aver errato a caso, ad un tratto appare un ponte: Schumann si precipita e contempla l'acqua che spumeggia qualche metro più sotto. Gettando un grido tenebroso e disperato, l'uomo si butta nel Reno. Scrive Clara:

L'avevo lasciato nella stanza solo per pochi minuti [...] (per dieci giorni non l'avevo mai lasciato solo neppure per un minuto). Egli corse fuori sotto una pioggia scrosciante, con solo il suo cappotto, senza scarpe e senza panciotto [...] Dietrich, Hasenclever e tutti noi corremmo fuori a cercarlo, ma non riuscimmo a trovarlo; un'ora dopo due stranieri lo portarono indietro...

Salvato da due marinai, chiede di essere rinchiuso in una casa di cura per malati di mente ad Endenich (presso Bonn). È la vigilia di carnevale.
A Endenich possiede un pianoforte e riceve le visite di Clara, Brahms e Joachim; continua a vivere tra fasi di assenza e sprazzi di lucidità fino al '56. Nei primi mesi di degenza continuano le allucinazioni; è aggressivo con il personale ospedaliero, è annebbiato e confuso. Poi lo stato di salute sembra migliorare; già in aprile il dottor Richartz scrive a Clara: "Vostro marito si sente meglio ed è più calmo. Siccome ha molto bisogno di riposo, passa la maggior parte della giornata (eccetto il tempo destinato alla sua passeggiata) sul divano o nel suo letto, per lo più leggermente assopito. Le angosce sembrano averlo abbandonato come pure le allucinazioni sonore. In generale egli è dolce, affabile, molto naturale, ma poco incline alle lunghe conversazioni. Per ciò che riguarda gli infermieri, non vi sono state più le violenze che avevano caratterizzato i primi tempi. Al contrario li ringrazia per le cure e si scusa per aver recato loro tanto fastidio". Altrove scrive: "La sua coscienza era ottenebrata, straziata, non distrutta. Il suo 'io' non gli era divenuto estraneo, non si era modificato. La melanconia che l'aveva condotto in questo luogo non l'abbandonò fino al giorno in cui morì". Non ha coscienza che il 4 marzo il dottor Hasenclever l'ha condotto in clinica, a Endenich. Ignora che Clara si dispera per la sua sorte; che Brahms, tornato a Düsseldorf, aiuta l'infelice a sopportare quell'orrenda sventura; ha perfino dimenticato d'esser padre.
In settembre è lo stesso Schumann a scrivere a Clara, Brahms e Joachim.
Non rammenta più d'essersi gettato nel Reno in una notte oscura di febbraio e non sa che alcuni marinai, intenti a fumare la pipa al riparo dalla pioggia, l'hanno tratto fuori dall'acqua quasi per miracolo.
Non domanda mai di vedere qualcuno. Subisce le ore, incapace di evocare quella che è venuta prima e incapace di immaginare quella che verrà dopo.
Da quattro mesi la sua vita è diventata estremamente semplice e uniforme. I medici allontanano da lui ogni preoccupazione, ogni pensiero doloroso. In loro compagnia, egli fa brevi passeggiate al mattino e al calare del giorno. Parla soltanto di ciò che colpisce il suo sguardo, di ciò che pensa, di ciò che prova in quel determinato momento. Prova un grande piacere a cogliere fiori. Per il resto del tempo non si muove dal letto. La musica non l'ode più, ma gli angeli non l'hanno lasciato. Talvolta egli si accorge che la stanza è tutta piena di loro: stanno là, appoggiati castamente uno all'altro e gli rivolgono rimproveri che non comprende.
Certe volte è terrorizzato dalla malvagità degli uomini, nascosti nell'ombra a ordire qualche nero disegno. Allora, lo sventurato si raggomitola su se stesso e osserva un rigoroso silenzio per sfuggire a quelle trame funeste.
Chi viene a fargli visita vede solamente, attraverso una tenda, la sua figura massiccia e il suo viso illuminato da occhi senza ricordi.
Il 18 luglio, Schumann coglie quanti fiori può trovare e bruscamente dice al dottor Peters di fare la cortesia di mandarli a sua moglie da parte sua.
È la prima volta, in cinque mesi, che pronuncia quelle parole: «mia moglie». Attraverso il ricordo della sposa riprende consapevolezza di una vita anteriore, di un mondo di cui era stato partecipe.
A poco a poco, i ricordi riaffiorano.
Quando Brahms, il 19 agosto, viene a visitarlo, Schumann confida al grande amico la speranza di rimettere tutto in buon ordine. Riconosce fra l'altro i suoi «Lieder», una testa di Raffaello, i ritratti di Schiller e di Goethe. Ma non dimostra ancora quei vivaci trasporti di amicizia, quegli scatti di amore così tipici di lui, un tempo. Sembra ancora, almeno in parte, prigioniero delle tenebre.
D'istinto, capisce che Clara, lei sola, avrebbe il potere di liberarlo del tutto. Manifesta al dottor Richarz il desiderio di ricevere notizie della moglie e Clara gli scrive il 13 settembre, giorno del suo compleanno.
Gli basta guardare l'indirizzo scritto sulla busta e la lunga pagina coperta di segni, per sentire i ricordi svegliarsi. Tutta la sua felicità si traduce in parole estasiate:

Grazie, Clara amatissima, di avermi scritto proprio in questa data e di pensare ancora a me, così come i nostri cari figli, con l'affetto di un tempo. Oh, se potessi vedervi, se potessi parlarvi! La strada, ahimè, è troppo lunga. Fammi sapere tu, allora, come si svolge la tua vita, dove abitate, e se suoni sempre il pianoforte così meravigliosamente bene. Hai sempre il pianoforte a coda di Klemm? Maria ed Elisa fanno progressi? Cantano ancora con la loro voce fresca e pura? Conservi ancora tutte le lettere che ti ho inviato, le pagine d'amore che ti ho scritto da Vienna a Parigi? E forse un sogno il pensare che l'inverno scorso eravamo insieme in Olanda e che tu, in quel paese, riportavi sì brillanti successi?

La sua lettera è un questionario angoscioso. Schumann, faticosamente, vuole ricostruire il passato, domandando delle persone che amava, informandosi delle sue partiture, dei suoi manoscritti, degli autografi di Jean-Paul e di Beethoven, dei vecchi numeri del Giornale musicale, della sua corrispondenza e di altro ancora.
Vuol guarire, ma gli angeli ancora non si separano da lui, promettenti o minacciosi. Tuttavia,egli cerca di avvicinarsi il più possibile alla realtà. Nella lettera del 14 settembre chiede carta rigata per scrivere un po' di musica. Il 18 dello stesso mese prega Clara di dare al figlio, nato in giugno, il nome dell'«indimenticabile» (Mendeissohn) e chiede di mandare a Endenich un ritratto in cui i due sposi sono riprodotti insieme. Il 26 settembre, confessa che la sua immaginazione, nelle notti d'insonnia, è duramente turbata, ma che adesso, in virtù dei ritratto, può almeno rivedere la figura nobile e seria di Clara. Il 12 ottobre scrive:

Ti ricordi quando a Blanckenberg, per il tuo compleanno ti feci avere il mio anello di diamanti fra un ramo di fiori?
E quando tu, a Düsseldorf, perdesti uno dei diamanti e qualcuno, poi, riuscì a ritrovano? Ricordi benedetti.


Chiede aiuto anche a Brahms, sia scrivendogli, sia leggendo le sue ultime opere:

Amico, perché non posso rivederla e sentirla suonare ancora le sue stupende Variazioni? Come la ritrovo in quello splendore fantastico, congiunto con un'abilità tecnica che ancora in lei non conoscevo, là in quel punto ove il tema, apparso come di sfuggita sino ad allora, diventa cost appassionato ed intimo.

I ricordi s'aggiungono ai ricordi, come i giorni ai giorni. Le effusioni di Schumann si fanno più calde e più ardite. Nel biglietto a Brahms del 15 dicembre, c'è una sorta di letizia, d'impazienza felice e commovente. Per la prima volta, all'improvviso, si mette a dargli del tu:

Clara mi ha mandato il tuo ritratto; mi parla di «Ballate» che hai composto da quando ci siamo separati. Sarei così felice di conoscere le tue nuove opere! Da Hannover non ci siamo più visti. Ah, che tempo felice era quello! Addio, amico fe-dele, parla di me tu conoscenti e continua a scrivermi...

***

"Ora voglio chiudere. Fa già buio". Così finisce la lettera spedita a Joachim nel febbraio del 1854. Cominciava ad oscurarsi appunto allora anche lo spirito di Schumann. Ed egli dovette chiudere per sempre la sua alacre attività. Ruppert Becker, il figlio del suo vecchio compagno di lotta, che allora faceva parte dell'orchestra di Düsseldorf, ci dà notizia nel suo diario dello stato di salute di Schumann in quei giorni. Riportiamo qui le sue osservazioni, quali ci vengono riferite da Jansen nel nuovo riordinamento delle "Lettere di Schumann".
Domenica 14 febbraio:

Schumann parlò oggi di uno strano fenomeno che egli nota da parecchi giorni. Ed è questo: la percezione interiore di pezzi musicali meravigliosi, perfetti nella forma!
Il suono gli sembra una musica lontana d'istrumenti a fiato; le più belle armonie la accentuano ancora in modo particolare. Perfino quando eravamo da Junge [117], cominciò il suo concerto interiore, ed egli fu costretto a interrompere la lettura del giornale. Voglia Iddio che questo non sia un cattivo presagio! Egli disse a proposito di ciò, che tali sensazioni si devono provare in un'altra vita, allorchè abbiamo deposto il nostro involucro corporale. In una maniera ancora più notevole si è prodotto questo insolito fenomeno ora che Schumann, da otto e più settimane, non compone nulla.
Domenica 21 febbraio: Ciò che temevo pur di pensare, è accaduto. Schumann è già da alcuni giorni malato di mente. Ieri mattina lo appresi da Dietrich, il quale mi partecipò che la signora Schumann era contenta se qualcuno andava a trovano, per esser libera un po' dalla continua sorveglianza. Perciò oggi gli ho fatto visita, ma non mi sarebbe venuto in mente di considerarlo ammalato, se Dietrich non me lo avesse assicurato. Lo trovai normale, come al solito; mi trattenni una mezz'ora con lui, poi presi congedo. La signora Schumann appare sofferente quanto mai! Se le cose non cambiano c'è da temere di peggio: essa, in una condizione di salute che richiede tanti riguardi [118], non ha chiuso occhio da quando egli s'è ammalato. Povera, infelice donna! Durante la notte è seduta sul letto, e spia ogni suo movimento.

Il 24 febbraio, Becker fu per l'ultima volta insieme a Schumann.

Io mi recai a trovano nel pomeriggio; la signora Schumann mi incitò ad andare a passeggio con lui. Durante l'ora che passammo insieme, egli si comportò del tutto giudiziosamente, salvo in un particolare: mi raccontò che gli era apparso Franz Schubert, il quale gli aveva rivelato una meravigliosa melodia; di averla notata e (li aver composto su di essa delle variazioni.

Allorchè Becker, dopo essere stato assente per alcuni giorni da Düsseldorf, vi ritornò la sera del 27 febbraio, scrisse nel suo diario:

Orribile fu la notizia che ricevetti. Schumann, verso mezzogiorno, era sgattaiolato fuori della sua stanza da letto in pantofole, dirigendosi direttamente verso il Reno; giunto alla metà del ponte, si era gettato nel fiume! Per fortuna era stato notato già all'entrata del ponte, e precisamente perchè non avendo denaro con sè, aveva dato in pegno il suo fazzoletto di seta. Parecchi pescatori, che lo avevano seguito con lo sguardo, presero, subito dopo il salto, un canotto, e lo salvarono felicemente.

Schumann fu portato nella casa di salute del Dr. Richarz a Endenich presso Bonn. Non lasciò più il sanatorio. I momenti più atroci della sua malattia erano passati; ormai sembrava soltanto oppresso da una stanchezza inguaribile. Questo stato si riflette, nelle lettere chi egli scrisse dalla casa di cura, e che non sono prodotti di una mente sconvolta, ma di uno spirito immerso in un sonno, pieno di sogni del passato.
Soltanto ii suo amore per Joachim e Brahms non si ottenebrò mai. Quest'ultimo contraccàmbiò generosamente la bontà a lui dimostrata, serbando per la moglie del malato una fedelissima amicizia. Clara non manifestò mai meglio la sua austera dignità femminile che in quella dura prova. Nella più assidua "attività nell'operare per gli altri, essa trovò la forza e il coraggio di vivere ancora".

***

Tra il 19 e il 30 gennaio 1854 gli Schumann furono ad Hannover: Joachim suonò la Fantasia per violino e orchestra e diresse la Sinfonia in Re minore e Clara si esibì due volte a corte; poterono anche godere di nuovo della compagnia di Brahms. Nel periodo di questo viaggio ad Hanover Schumann lavorò alla compilazione di un Dichtergarten, un'antologia di massime sulla musica di grandi scrittori, e all'inizio di febbraio ne scrisse una prefazione, ora perduta. Tra il 6 e l'8 febbraio condusse ricerche sui testi di Platone e Omero, alla biblioteca municipale di Düsseldorf, mettendo in allarme Clara che temeva per lui un eccessivo affaticamento mentale.
Il 19 febbraio Schumann annotava di aver avuto «disturbi dell'udito fortissimi e dolorosi»; la cosa si ripeté la notte successiva e peggiorò il giorno seguente. Aveva ora la sensazione di una «musica meravigliosa» che gli risuonava continuamente nella testa; questa sensazione, specie se collegata ad altri disturbi, conferma la diagnosi di sifilide. Seguì una breve tregua e nella notte del 17 Schumann si levò per scrivere un tema in Mi bemolle che, disse, gli avevano cantato gli angeli (nel tema riecheggiava in realtà il movimento lento del Concerto per violino e orchestra). Il 18 e il 19 agli angeli si sostituirono diavoli in forma di tigri e iene che gli minacciavano l'inferno (ma di tanto in tanto era confortato da voci angeliche). Questo stato durò una settimana ma, in alcuni intervalli di lucidità, fu in grado di scrivere due lettere d'affari e di comporre cinque variazioni sul suo tema in Mi bemolle. La sera del 26 chiese di essere condotto in una casa di cura, ma fu persuaso da Clara e dal medico a mettersi a letto. La mattina seguente fu lasciato solo per pochi momenti, mentre stendeva in bella copia le variazioni. Corse fuori di casa, fino al ponte sul Reno, e si gettò nel fiume. Fu salvato da alcuni pescatori e riportato a casa, dove rimase per diversi giorni senza che a Clara fosse permesso di vederlo. Il 4 marzo fu condotto nella clinica psichiatrica privata del dottor Richarz a Endenich, nei pressi di Bonn. Dopo un lento miglioramento interrotto da molte ricadute, Schumann espresse improvvisamente il desiderio di ricevere una lettera di Clara. Il 14 settembre fu in grado di risponderle sensatamente e per sette mesi si tenne in corrispondenza con lei, con Brahms, con Joachim e con l'editore Simrock. Il 24 dicembre ebbe una visita di Joachim e l'il gennaio di Brahms. [ABRAHAM]


SCHUMANN ET BRAHMS - 2
PAR CLAUDE ROSTAND
BRAHMS - FAYARD

Les premières semaines de cette année 1854 qui doit s'assombrir si rapidement pour Brahms, vont se dérouler, pour celui-ci, sous le signe du travail et de l'amitié.
Le travail c'est essentiellement la composition du trio en si majeur opus 8 auquel il pense depuis plusieurs mois déjà, mais auquel il ne s'est pas encore mis sérieusement, craignant sans doute que cette oeuvre nouvelle ne soit indigne des prédictions de Schumann. Celui-ci s'inquiète d'ailleurs de savoir ce que devient son jeune aigle, et dans une lettre à Joachim : «Et maintenant, où en est Johannes? Est-ce qu'il vole bien haut - ou seulement parmi les fleurs? S'est-il mis à l'ouvrage avec des tambours et des trompettes? Il faut qu'il se rappelle les débuts des symphonies de Beethoven; il doit essayer de faire quelque chose comme cela. Le commencement est tout; une fois que l'on a commencé, la fin semble venir d'elle-même...» Non, Johannes ne s'est pas mis à l'ouvrage avec tambours et trompettes, mais seulement, et très sérieusement, avec un piano, un violon et un violoncelle, pour ce qui va devenir sa première oeuvre de musique de chambre.
Dès son arrivée à Hanovre, Brahms fit le tour du petit groupe d'amis qui se trouvaient là attendant l'arrivée de Schumann pour la fin du mois, en particulier Joachim et Grimm. On le présenta aussitôt à Hans von Bülow, qui était venu passer les fêtes de Noer avec Joachim. Bülow,

âgé de vingt-quatre ans, appartenait déjà au cercle lisztien de la jeune école allemande, mais n'était pas encore complice de la cabale que les Neue-Deutscher devaient, par la suite, monter contre Brahms. Il eut, au contraire, une attitude extrêmement sympathique vis-à-vis de celuici dès le début. C'est lui le premier virtuose qui inscrira à ses programmes des oeuvres du jeune Brahms - le 1er mars 1854 il jouera, à Hambourg, le premier mouvement de la sonate en ut majeur. Le 6 janvier les deux jeunes gens se rencontreront pour la première fois. Bülow, dans une lettre à sa mère [6.1.1854], se réjouit d'avoir fait la connaissance »du jeune prophète de Schumann», et parle de sa nature franche et aimable ainsi que d'un talent «vraiment marqué du don de Dieu».
L'ambiance de ces semaines à Hanovre est, pour Brahms, à la fois laborieuse et joyeuse. Beaucoup de travail dans la journée, et, le soir d'interminables discussions avec les amis [...]. Schumann et sa femme ne devaient pas tarder à venir se joindre à eux. Lui avait été engagé par la 'Neue Singakademie' de Hanovre pour présider, le 28 janvier, un concert au cours duquel devait être donné Le Paradis et la Péri. Andreas Moser, le biographe de Joachim, a raconté tout au long ce qu'avait été cette semaine qui devait être pour Schumann la dernière semaine de bonheur et de gloire. Il dut donner plusieurs concerts de ses oeuvres. Joachim dirigea la 4e symphonie et exécuta la Fantaisie pour violon opus 131 que Schumann lui avait récemment dédiée, et Clara joua le concerto en mi bémol de Beethoven. Les uns et les autres ont raconté, depuis, combien, pendant ces journées qui se poursuivaient fort tard dans la nuit à la brasserie de la gare, Schumann avait été gai, vivant, brillant conteur.
La tragédie qui allait suivre ne s'annonce nullement dans la tendre et joyeuse lettre de Düsseldorf que Schumann date du 6 février: «Cher Joachim, nous sommes rentrés depuis huit jours, et nous ne vous avons pas encore envoyé un mot, ni à vous, ni à vos amis. Et cependant, je vous ai écrit souvent avec une encre invisible... Nous avons souvent pensé à ces journées. Dieu fasse que nous en ayons bien vite d'autres comme celles-là! La gentille famille royale, l'excellent orchestre, et les deux jeunes démons s'agitant au milieu de tout cela, voilà ce que nous ne sommes pas près d'oublier. Les cigares sont tout à fait à mon goût. J'ai l'impression qu'ils ont été une poignée de main de Brahms et, comme d'habitude, une très substantielle et agréable poignée de main. Lcrivezmoi vite - avec des mots et des notes! R. Schu.»
Hélas! Ce mois de février 1854 va être un des instants les plus pathétiques de l'histoire de la musique. On ne reviendra pas ici sur le détail de la tragédie schumanienne qui a été tant de fois et si douloureusement bien contée. On en rappellera seulement dans les épisodes principaux dans la mesure où ceux-ci se rattachent à l'histoire de Brahms. Et ils s'y rattachent très étroitement puisque, pendant ces jours et ces nuits qui vont voir Schumann sombrer avec extase dans la folie, celui-ci va écrire ses dernières mesures, ce fameux thème en mi bémol majeur sur lequel Brahms composera ses Variations pour piano à quatre mains opus 23.
Peu après la lettre que l'on vient de citer, dans la nuit du 10 au 11 février, le drame éclate. Déjà quelques jours auparavant, lors de son voyage en Hollande, Schumann avait noté dans son carnet : «Etranges troubles de l'ouïe». Il ne s'en était pas inquiété et avait poursuivi le travail qu'il venait d'entreprendre, un recueil de ses écrits critiques et une anthologie qui, sous le nom de Jardin des poètes, réunirait les textes littéraires les plus significatifs traitant de la musique, depuis la Bible jusqu'aux poètes comme Goethe et jean-Paul. Le 11 février, Clara écrit dans son journal: «Dans la nuit de vendredi 10 au samedi 11, Robert a tellement souffert de troubles auditifs qu'il n'a pu dormir. Il entendait sans cesse un seul et même son». Pour lui, c'est une note donnée par un orchestre entier jouant à l'unisson, et qui peu à peu va envahir son pauvre univers détraqué, la maison, la rue, la ville entière. Et ce son immuable, implacable, module soudain, pour lui. Et il peut y lire les mouvements entiers d'une étrange et terrifiante symphonie.
Le 12, Clara écrit dans son journal : «Il dit que c'est une musique splendide, avec des instruments d'une sonorité merveilleuse, telle que l'on n'entend jamais de semblable ici-bas... Le médecin dit qu'il n'y peut rien». Le soir de ce même jour, Schumann trouve une brève accalmie. La note s'est atténuée. Il est épuisé, et il essaye d'écrire à Stern - il lui écrit même - cette lettre inquiétante, terrifiante: «Dans la dernière de mes lettres, je vous proposais ouvertement d'échanger nos deux situations. Je fus froissé de rester cinq semaines sans obtenir de réponse; j'appris alors de Berlin qu'une rumeur circulait à ce sujet. Je ne m'en inquiétai pas: ce n'était encore qu'un de ces lointains projets dont on ne doit pas parler longtemps à l'avance, quand il n'est pas mûr... Je vis ensuite les choses sous un angle plus abrupt. Laissons pousser là-dessus de l'herbe, ou bien encore des fleurs. Je vis souvent dans des sphères à peine supportables où, pourtant, je me plais beaucoup; souvent aussi, je peux devenir méchant en fréquentant les hommes rouges, surtout quand un Stern ne me répond pas. Faites donc que votre lettre ne soit pas la dernière: j'ai joué la prime et la tierce; à vous d'ajouter la quinte. Je vous entretiendrai du gâchis inharmonieux qui règne ici, aussi approximatif que le premier accord du finale de la 9e symphonie. Portez-vous bien, et buvons ensemble l'eau du Léthé...»
Le lendemain de cette lettre effrayante, la musique étrange, la note recommence, et Schumann écrit dans son journal, à la date du 13: «Merveilleuses souffrances ». Le 14: «Vers le soir, très fort, de la musique. Magique musique». Le 15 : «Heures de souffrance». Qui saura jamais si ce n'est pas pendant ces jours de féerie douloureusement raffinée que Schumann a été le plus loin dans l'aigu de la sensation, de la perception!
Le 16, le Dr. Hasenclever, qui vient tous les jours, n'observe aucun changement. Et Schumann note: «Pas d'amélioration». Mais il lutte par le travail et, le même jour il note aussi, sans doute à propos de son jardin des poètes: «Rassemblé toutes les poésies».
Dans la journée du 17, il est soudain baigné d'un calme étrange. La suite va nous apprendre que ce calme est celui des silences et des apaisements qui précèdent, en mer, les tornades. Dans la nuit, au cours d'une crise terrible, il se lève soudain, réveillé par le bruit d'une violente musique que font les hommes rouges, les démons. Mais la voix des anges se fait entendre et dicte à Schumann, qui s'est mis à sa table de travail, un thème en mi bémol majeur sur lequel, dans les jours qui suivent, le musicien va s'efforcer d'écrire des variations car il pense que ces anges ont chanté de la part de Schubert et de Mendelssohn. Puis, c'est à nouveau l'assaut des démons, avec des cris de tigres et de hyènes. Le Dr. Hasenclever et son aide, appelés en pleine nuit, vont maintenir le malade délirant jusqu'à ce qu'il retombe, au petit matin, dans un épuisement passager. Dans la journée du 18, il se relèvera par moments pour revoir son concerto pour violoncelle ou esquisser une variation sur le thème en mi bémol, celui que l'on a appelé depuis le Geister-Thema, thème des esprits, thème spectral, non, certes, par son caractère expressif qui est doux et tendre, mais en raison des conditions qui l'on vu naître. Le 19, nouvel assaut des démons, puis nouveau retour des voix angéliques qui lui enjoignent l'ordre de lire la Bible, cette même Bible dont il voulait faire des extraits pour son Jardin des poètes. La confusion de son pauvre esprit est au comble, et ne cessera plus dans les jours qui suivent.
Le 20, Schumann reste tout le jour à sa table de travail. Les anges chantent sans arrêt. Mais ce chant est pour lui un reproche. Au soir, il se sent un criminel et se replonge dans la Bible. Le 21 et le 22 sont des journées de délire, entrecoupées de quelques promenades. Clara, alors enceinte, ne le quitte pas. Le matin du 23, la conscience revient, et Schumann se remet à ses variations sur le thème en mi bémol; au soir, il ira se promener avec Clara au bord du Rhin dont la beauté et la grandeur le hantent sans cesse. Le 24, nouveau délire au cours duquel il fait ses adieux à Clara. Le 25, dans une accalmie, il déjeune au restaurant avec un ami, Becker; après quoi il rentre, lit au piano une sonate nouvelle d'un jeune auteur; mais le délire revient; il est en sueur; et la musique des anges le submerge. Le 26, il travaille encore à ses variations; mais, à plusieurs reprises, il s'écrira: «Clara chérie, je ne suis plus maître de moi, je ne peux plus répondre de mes actes, je ne suis plus digne de ton amour». Ce sera maintenant l'obsession dominante, cette lumière dans la nuit. Il demande qu'on l'emmène dans une clinique. Au soir, épuisé, il sombre dans un sommeil écrasant. Le 27, dans une fièvre folle, il recopie la dernière de ses variations, et continue sans cesse de demander qu'on l'interne. On ne le quitte pas un instant Clara, le Dr. Hasenclever, Becker se relayent, à bout de nerfs. Dans la soirée, crise de prostration. La surveillance de Clara se relâche pendant quelques instants. Ce n'était, pour le malade, que ce calme habituellement annonciateur des grandes crises. Vers minuit, sournois, entêté, il s'échappe de la maison, court par les rues de Düsseldorf ruisselantes de pluie, nu-pieds, vêtu seulement de sa robe de chambre à fleurs vertes. Il court vers l'appel de son cher Rhin, de son Rhin majestueux, et saute du pont. Des mariniers sont là qui vont aussitôt se porter à son secours. Ramené chez lui, il va y passer plusieurs journées dans un abattement coupé de brefs et violents délires. C'est alors que Clara, sur le point de mettre au monde son dernier enfant, se décide, ainsi que Schumann l'avait demandé lui-même, à faire interner Robert, d'accord avec les médecins. Le 4 mars, celui-ci partira pour la clinique du Dr. Richarz, à Endenich, non loin de Bonn.
Nous voilà loin de la joyeuse lettre adressée à Joachim le 6 février. La nouvelle du drame de Düsseldorf atteint aussitôt les amis qui, au cours des deux dernières semaines, ont suivi avec une douloureuse anxiété les deux calvaires de Robert et de Clara. On ménage cette dernière, bien sûr, et tout le monde écrit à Dietrich, le seul du groupe qui se trouve alors à Düsseldorf.
Celui-ci reçoit des lettres de tout le monde. De Theodor Kirchner: «Jamais dans ma vie rien ne m'a ému et secoué aussi profondément que la terrible chose qui vient d'arriver à notre honoré et bien-aimé Schumann... Nou serions tous intolérablement seuls sans lui, et, en ce qui me concerne, je ne pourrais plus rien faire sans lui.» De Naumann:

«Je vous en prie, envoyez-moi aussi vite que possible une description exacte de la catastrophe, et surtout dites-moi s'il reste un espoir quelconque que Schumann puisse se remettre complètement, comment sa malheureuse femme a supporté ce cruel coup du destin, et comment vous allez vous-même. Je vous réitère ma demande de nouvelles immédiates.»
De Josef Joachim:

«Cher Dietrich, si vous avez quelque amitié pour Brahms et moi-même, soulagez notre anxiété et écrivez vite un mot pour nous dire si Schumann est vraiment aussi mal que le disent les journaux, et faites nous savoir aussitôt s'il y a un changement quelconque. Il est trop cruel de rester dans l'incertitude au sujet de la vie de quelqu'un à qui nous sommes attachés par ce que nous avons de plus précieux en nous. Je n'arrive pas à supporter l'attente de l'heure qui m'apportera de ses nouvelles. Je suis cruellement hors de moi. Ecrivez vite. Votre J. Joachim.»
C'est Brahms qui partit le premier pour Düsseldorf. Il y arrivait au surlendemain du drame, et le 3 mars, veille du jour où Schumann devait se rendre à la clinique d'Endenich, il écrivait à Joachim : «Très cher Josef, il faut que tu viennes samedi; cela réconforte Frau Schumann devoir les visages qu'elle aime. L'état de Schumann semble s'améliorer. Les médecins ont de l'espoir, mais personne n'est autorisé à le voir. J'ai déjà été voir Frau Schumann. Elle a beaucoup pleuré, mais était très heureuse de me voir et de l'espoir de ta venue. Nous t'attendons dimanche matin, et Grimm mercredi. Ton Johannes.»
Tout le monde accourut, en effet, ainsi qu'en témoigne une lettre de Dietrich à Naumann : «À mon grand soulagement, Brahms est arrivé dès qu'il eut appris l'horrible nouvelle. Grimm aussi est ici. Joachim est venu deux jours, et reviendra dans quelques semaines.
C'est à ce moment-là que Brahms fait connaître son trio opus 8 à ses amis : «Brahms a écrit un trio qui est tout à fait merveilleux, écrit Dietrich, et il est un homme que l'on doit prendre à tous égards comme un exemple. Avec toute sa profondeur, il est sain, pur, et vivant, et n'est nullement contaminé par la morbidité actuelle.»
La présence constante des trois amis Dietrich, Grimm et Brahms est un grand réconfort pour Clara. Aux environs du 1er avril, on commence à prendre quelque espoir sérieux. Les hallucinations auditives ont disparu, le malade dort bien et, dans la journée, il peut se promener un peu. Chacun reprend courage pour le travail, et l'on se remet à faire de la musique pour distraire Clara. «Hier et avant-hier, écrit Dietrich fin mars, nous avons lu avec elle toute la musique du Faust de Schumann. Nous sommes auprès d'elle chaque jour, et il m'est impossible de songer à la quitter pour l'instant.»
Chacun s'est remis à composer, et Brahms particulièrement qui prépare en secret une grande oeuvre de piano qu'il pourra offrir à Clara le 11 juin lorsque celle-ci aura mis au monde son septième enfant qui recevra le prénom de Félin en souvenir de Mendelssohn et dont Brahms sera le parrain: il s'agit des Variations sur un thème de Schumann opus 9, que le musicien termine pendant la convalescence de Clara, et dont il lui apporte les différentes parties au fur et à mesure de leur achèvement.
Tout ceci adoucit un peu le chagrin et l'anxiété de Clara qui, vers cette époque, écrit à son amie Emilie List: «Brahms est mon soutien le plus cher et le plus vrai; depuis le début de la maladie de Robert il ne m'a pas quittée, mais m'a accompagnée dans toutes mes épreuves, a partagé toutes mes souffrances.»
Les nouvelles de la maison de santé étant assez rassurantes, Clara se résolut à prendre du repos en allant faire un séjour chez sa mère à Berlin. Brahms demeura encore quelque temps, en compagnie de Grimm, à Düsseldorf de façon à être à proximité de Bonn si une rechute se produisait. Il s'est installé chez les Schumann et occupe ses loisirs à mettre de l'ordre dans la musique et la bibliothèque. Il passe son temps parmi les livres, et y travaille aussi. «Je me suis rarement senti aussi heureux que maintenant, à fouiller dans cette bibliothèque», écrit-il à Dietrich, lequel est allé se fixer à Leipzig.
Le 19 juillet, peu après le départ de Clara, les nouvelles étaient encore meilleures. Schumann avait demandé à sortir en ville, à Bonn, pour aller voir son ami Wasielewsky; il était allé se promener dans les champs, et avait cueilli des fleurs priant qu'on les fit parvenir à sa femme. Chose curieuse, c'était la première fois depuis sa grande crise que Schumann faisait allusion à Clara. «Je ne peux écrire mon émotion» écrit celle-ci de Berlin au reçu du précieux bouquet et des bonnes nouvelles «mais je ne savais pas qu'il était aussi difficile de supporter une grande joie! J'ai souvent l'impression que je vais perdre la raison.»
[...]
Une grande lettre de Brahms au Conseiller Blume, de Winsen, et datée de Ulm, 16 août, nous renseigne sur les déplacements du musicien : «Très honoré Monsieur, vous devez certainement penser que votre chère lettre ne m'a pas fait le moindre plaisir puisque je l'ai laissée si longtemps sans réponse. Les récentes semaines ont été si pleines de choses, que j'ai été forcé de remettre cette réponse de jour en jour. Frau Schumann, avec un ami, est allée le 10 de ce mois à Ostende pour le plus grand bien de sa santé. De mon côté, je me suis résolu à faire, en son absence, un voyage à travers la Souabe. Je ne savais pas à quel point j'étais attaché aux Schumann, combien je vivais en eux; tout semblait sans intérêt et vide, chaque jour je souhaitais rentrer, et je fus obligé de voyager par le train de façon à m'éloigner le plus possible et à oublier l'idée du retour. Mais ceci ne servit à rien; je suis revenu jusqu'à Ulm en partie à pied, en partie par le train; je me dispose à rentrer au plus vite, et j'aime mieux attendre Frau Schumann à Düsseldorf que d'errer dans le noir. Quand on a rencontré des gens aussi merveilleux que Robert Schumann, on ne peut que s'attacher à eux, ne plus les quitter, s'inspirer d'eux et s'élever grâce à eux. Le cher Schumann continue à faire des progrès, ainsi que vous avez pu le lire dans une lettre à mes parents. On a fait courir beaucoup de bruits plus ou moins bien informés sur son état. Je considère que l'on ne peut trouver la véritable et meilleure illustration de celui-ci que dans certains personnages de E.T.A. Hoffmann (Krespel, Separion, et surtout l'admirable Kreisler, etc.). Toute l'histoire est qu'il s'agit de quelqu'un qui s'est arraché de son corps trop tôt. Si vous voulez me faire plaisir, faites en sorte que je trouve une lettre de vous en rentrant à Düsseldorf - est-ce trop espérer? De là, je vous écrirai à nouveau et d'une façon plus ordonnée. J'écris cette lettre dans la salle d'attente d'une gare, ce qui lui donne sans doute une allure quelque peu décousue. Mille tendres voeux au cher oncle Giesemann. Je lui écrirai aussi de Diseldorf. Les plus tendres voeux également pour Frau Blume et pour votre fille. Souvenez-vous avec affection de votre Johannes Brahms.»
[...] Au printemps 1854, Brahms avait fait la connaissance d'un étudiant graveur, Julius Allgeyer qui achevait, à Düsseldorf, sa formation à l'atelier de Josef Keller. [...]
Allgeyer, grâce à son amitié pour Brahms, entra aussitôt dans le cercle des Schumann et, malgré des intermittences dues aux itinéraires de la vie de chacun des deux artistes, resta lié avec Brahms jusqu'à la mort de celui-ci.
Voici donc Brahms rentré à Düsseldorf dans cette maison des Schumann dont il ne peut se passer. Tout à la fin de sa vie, il en parlait encore avec passion à Florence May qui nous rapporte ces propos. La maison de Schumann était devenue pour lui son foyer d'adoption, et sa place dans l'affection de Robert et de Clara était celle d'un fils bien-aimé. Tout contribuait à fortifier dans le coeur du jeune musicien un intense sentiment d'affection: la noblesse de caractère de Schumann; cet intérêt subit et passionné que celui-ci avait pris sans condition, sans réserve, pour l'art si nouveau - et si vert encore du compositeur débutant et inconnu qui tombait soudain d'une région nordique réputée par son amusicalité; l'amour idéal qui unissait Robert et Clara; l'épouse merveilleuse qui consacrait si intelligemment et si passionnément son talent de pianiste au service
du génie de l'époux, incarnant ainsi la plus essentielle vertu de la logique romantique; le drame de la folie, enfin, avec tout son pathétique. Et puis, là seulement, dans cette atmosphère de confiance, d'amitié et de liberté, il pouvait travailler, lire tous les livres, toutes les partitions de l'énorme bibliothèque de Schumann dans une solitude et un calme intellectuels qui lui épargnaient tout autant l'ambiance fébrile du cénacle lisztien, et celle, poussiéreuse, des conservateurs-par-principe de Liepzig. Après les confidences que Brahms fit à Florence May, celle-ci conclut: «Il sentit qu'à ce moment précis sa place était à Düsseldorf».
Au début du mois de septembre, Clara s'est réinstallée à Düsseldorf. Le lendemain de son trente-cinquième anniversaire, le 14, elle aura avec son pauvre malade dont l'état semble s'améliorer sans cesse, le premier contact direct. Schumann lui écrit lui-même une lettre tendre et pathétique: «Combien je suis heureux, ma bien-aimée Clara, de voir ton écriture. Mille mercis pour m'avoir écrit à l'occasion d'un tel jour, et pour la façon dont toi et les chers enfants vous souvenez encore de moi. Tous mes voeux et tous mes baisers aux petits! Oh! si je pouvais te revoir et te parler, mais c'est trop loin. Je voudrais tellement savoir comment va ta vie, où tu es, et si tu joues aussi merveilleusement qu'avant, si Marie et Elise continuent de faire des progrès - si elles chantent encore aussi - si tu as encore le piano de Klems
[cadeau de Schumann à sa femme], où sont mes partitions et ce que sont devenus mes manuscrits (en particulier le Requiem et le Sanger's Fluch), où est notre album avec les autographes de Goethe, de Jean-Paul, de Mozart, de Beethoven, de Weber, et toutes ces lettres qui nous sont adressées à toi et à moi...
Premier contact avec l'épouse. Mais, dès la seconde lettre, il parle de Brahms. Elle est datée du 18: «Quelles bonnes nouvelles tu m'envoies encore..., que Brahms - à qui tu transmettras mes voeux les meilleurs et les plus admiratifs- soit venu s'installer à Düsseldorf. Quelle amitié! Si tu voulais savoir quel est pour moi, le nom le plus cher, tu ne te tromperais pas en suggérant le sien, ce nom inoubliable!... Si tu écris à Joachim, fais-lui mes compliments. Qu'est-ce Brahms et Joachim ont composé ?...»
Et, à nouveau, quelques jours plus tard, le 26: «Ce que tu m'a écrit m'a fait le plus grand plaisir. Aussi bien pour Brahms que pour Joachim et leurs compositions. Je suis étonné que Brahms travaille le contrepoint, ce qui ne lui ressemble pas. Je me rappelle bien le portrait de Brahms par Laurens
[J.-B.Laurens était un dessinateur français qui, à la demande de Schumann, avait fait un portrait de Brahms au crayon], mais pas du tout le mien. Merci pour les dates d'anniversaire des enfants. Qui sont les parrain et marraine du petit dernier, et dans quelle église a-t-il été baptisé ?... [Félix Schumann n'avait pas été baptisé aussitôt après sa naissance. D'accord avec le parrain, Brahms, Clara avait décidé d'attendre que le père fût en état de participer â la cérémonie entouré de tous ses amis.]
Parmi tous les trous de mémoire, le souvenir de Brahms est toujours là, constamment. Au début d'octobre, Schumann reçoit les Variations opus 9 : «Très chère Clara, quel plaisir tu m'as fait à nouveau! Ta lettre, celle de Julie, les variations de Brahms sur le thème que nous avions déjà utilisé, les trois volumes du Knaben Wunderhorn d'Arnim



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Je me rappelle très bien Herr Grimm; nous allions ensemble, avec Brahms et Joachim, à la brasserie de la gare de Hanovre... J'écrirai à Brahms moi-même...»
Entre-temps, dans le courant du mois d'octobre, Herr Grimm a quitté Düsseldorf pour s'installer à Hanovre, puis à Göttingen où il sera professeur de piano et directeur de la société chorale. Brahms l'a accompagné dans son voyage et en a profité pour faire une brève apparition à Hambourg où il reste quelques semaines auprès de ses parents.
L'état de santé de Schumann ne cesse de s'améliorer. Il reprend, sinon une activité, du moins une réelle curiosité musicale. Et le 27 novembre, après avoir bien examiné les variations de Brahms, il écrit à Clara : «...Les variations de Johannes m'ont plu au premier coup d'oeil, et cette impression ne fait que s'accroître au fur et à mesure que j'en fais une connaissance plus appronfondie. Je vais d'ailleurs écrire aussi à Brahms. Est-ce que son portrait par Laurens est toujours accroché dans mon studio? Il est le jeune homme le plus attachant et le plus doué. Je me rappelle avec bonheur la merveilleuse impression qu'il fit lors de cette première rencontre avec sa sonate en ut majeur, puis avec celle en fa dièse mineur et le scherzo en mi bémol mineur. Ah! si je pouvais l'entendre jouer à nouveau! J'aimerais avoir ses ballades aussi.»
Et dans le même pli, il ajoute, à l'adresse de Brahms: «Que ne puis-je moi-même venir à vous, vous voir encore et entendre vos splendides variations et en connaître la merveilleuse interprétation de Clara dont Joachim me parle dans une de ses lettres. Comme tout cela est incomparablement fait! Comme l'on vous reconnaît par l'éclatante richesse de votre imagination par l'art le plus profond, assemblage de qualités que je n'avais jamais encore rencontré. Le thème émergeant çà et là, mais très discrètement, ou tout à fait dissout, et, à la fin, après la quatorzième variation, si ingénieusement écrite en canon; et combien est splendide la quinzième en sol bémol majeur, et la dernière! Et je dois vous remercier, cher Johannes, pour toute votre bonté et votre gentillesse pour ma Clara: elle m'en parle toujours dans ses lettres. À ma grande joie, elle m'a envoyé hier, ainsi que vous le savez peut-être, des volumes de mes compositions, ainsi que les Flegel-Jahre de Jean-Paul. Maintenant, j'espère lire bientôt votre écriture, bien que celle-ci me soit plus précieuse encore dans une autre forme. L'hiver est agréablement doux. Vous connaissez les environs de Bonn. J'aime regarder la statue de Beethoven et le merveilleux point de vue sur le Siebengebirge. Nous nous sommes vus pour la dernière fois à Hanovre. Je vous en prie, écrivez vite à votre affectionné et attentif Robert Schumann.»
Brahms répond aussitôt, de Hambourg, en date du 2 décembre : «Mon très cher ami, comment pourrais-je vous dire le plaisir que m'a fait votre chère lettre! Vous m'avez déjà si souvent rendu heureux en me rappelant à votre affectueux souvenir dans les lettres à votre femme, et maintenant j'ai une lettre entière pour moi tout seul. C'est la première que j'ai eue de vous. Elle est pour moi inappréciable. Malheureusement je l'ai reçue à Hambourg où j'étais venu pour rendre visite à mes parents. J'aurais beaucoup préféré la recevoir de la main de votre femme. Je pense retourner à Düsseldorf dans quelques jours. Il me tarde d'y être. Les éloges excessifs que vous avez bien voulu accorder à mes variations m'on rempli de bonheur. J'ai activement travaillé vos oeuvres depuis le printemps combien j'aimerais entendre aussi votre éloge à leur sujet! Depuis le printemps je suis resté à Düsseldorf; je ne l'oublierai jamais; je n'ai cessé d'apprendre à vous aimer, vous et votre merveilleuse épouse, chaque jour davantage.
Je n'avais jamais regardé devant moi avec autant d'entrain et de confiance, je n'avais jamais cru aussi solidement en un bel avenir que maintenant. Comment je souhaite qu'il soit près, et encore plus près le jour heureux où vous nous serez tout à fait rendu. J'essayerai de garder de plus en plus votre chère amitié. Au revoir, et pensez à moi avec affection.»
Et en post-scriptum, Brahms ajoute: «Mes parents et vos amis d'ici pensent à vous avec la vénération et l'affection les plus grandes. Les parents, Herr Marxsen, Otten, et Avé, me prient tout particulièrement de vous transmettre leurs voeux les plus cordiaux.»
La correspondance de Brahms et de Schumann est porteuse d'une si belle et profonde émotion que nul commentaire ne paraît possible.
Le 15 décembre, le jeune musicien reçoit une nouvelle lettre: «Cher ami, si je pouvais venir passer Noël avec vous! En attendant, j'ai reçu votre portrait que m'a envoyé ma chère femme, ce portrait qui m'est familier, et je sais quelle place il va avoir dans ma chambre, tout à fait bien sous le miroir. Je me délase encore avec vos variations; j'aimerais entendre quelquel-unes d'entre elles par vous et par ma Clara; je ne les possède pas encore complètement, en particulier la deuxième, la quatrième pas tout à fait, et la cinquième pas du tout; mais la huitième (et les plus lentes) et la neuvième - à la page 14, c'est probablement un souvenir de ce que Clara écrivit pour moi; de quoi est-ce pris? D'un lied? - et la douzième! Ah! si je pouvais seulement vous entendre!»
Dans aucune des lettres de Schumann il n'est question d'un projet très important, antérieur à l'accident, et que Brahms, bien qu'il n'en ait pas parlé à ce moment-là non plus dans sa correspondance, n'avait nullement oublié. Il s'agissait de la composition d'une symphonie. Au début de l'année 1854, Schumann s'était mis en tête que Brahms était fait pour composer une grande oeuvre orchestrale. Joachim appuyait également ce projet. Quant à Brahms, cette perspective commença surtout par l'intimider considérablement. Et c'est peut-être en raison de cette timidité que, dans sa correspondance de l'époque, on ne trouve guère d'allusion à ce projet qu'il ne perdait cependant pas de vue. Il s'était d'abord attaqué à une ouverture - qui ne vit jamais le jour - puis il passa ensuite à l'esquisse d'une symphonie pour laquelle il demanda de nombreux conseils d'orchestration à Grimm. Cette oeuvre non plus ne vit jamais le jour. Du moins sous cette forme. Décidément Brahms était trop impressionné par la grandeur de l'édifice dont il avait déjà sérieusement posé les premières pierres. L'ouvrage se transforma en une sonate pour deux pianos qui ne fut jamais édité mais que le compositeur joua souvent pour les amis, dans les mois qui allaient suivre, soit avec Clara, soit avec Grimm. Ce dernier fut un homme de très bon conseil. Il fit observer à Brahms que le matériau musical et l'ampleur de l'inspiration dépassaient de beaucoup les possibilités sonores d'une simple sonate pour deux pianos. Se référant à la version symphonique primitive dont l'allégro initial était déjà orchestré, il lui fit remarquer que tout cela suggérait une solution intermédiaire où le piano et l'orchestre pussent jouer leurs rôles respectifs. C'est ainsi que les deux premiers mouvements de la sonate devaient fournir peu après les deux premiers mouvements du 1er concerto pour piano et orchestre en ré mineur, opus 15. Le troisième ne resta pas inutilisé, et nous en retrouverons les éléments principaux dans le deuxième choeur du Ein Deutsches Requiem («Denn alles Fleisch»).
Brahms est resté à Hambourg pendant presque tout le mois de décembre. C'est pendant cette période, le 18, que sera donnée, à Breslau, la première audition européenne de son trio opus 8, audition qui prit place dans un concert donné par Mächtig et Seyfrise avec le concours de Clara Schumann qui effectuait à ce moment une tournée de concerts dans les grandes villes de l'Allemagne du Nord-Est, et au cours de laquelle elle avait révélé au public quelques-unes des oeuvres de Brahms. A la fin de cette tournée, Clara passa par Hambourg d'où elle devait rayonner dans les villes avoisinantes. Elle y fut reçue par Brahms qui la présenta à ses parents, «gens aussi simples qu'honnêtes», écrit la pianiste qui fut très touchée de la gentillesse sans manière et de l'affectueuse cordialité avec lesquelles elle fut accueillie par la famille de Johann Jakob et les amis de celui-ci. Sa tournée devait se terminer par un concert à Leipzig, le 21 décembre, avec Joachim, puis par un jour derepos à Hanovre, le 23. C'est là que la rejoignit Brahms qui, en compagnie du violoniste, la suivit à Düsseldorf où l'on devait passer la Noël en famille et avec les amis Joachim, lui, continuait son voyage et, le 24, alla rendre visite à Schumann qu'il trouva dans un état de santé assez satisfaisant.
Brahms nous a laissé le récit de ce Noël à Düsseldorf. Le 30 décembre, il écrivait à Schumann : «Très honoré ami, j'aimerais vous écrire beaucoup de choses à propos de ce soir de Noël qui a été si heureux grâce aux nouvelles que nous a données Joachim... Nous avons été remplis du joyeux espoir de vous revoir bientôt. Ces jours, qui sans cela auraient été pour nous des jours de tristesse, ont été de grandes fêtes. Pour votre anniversaire, votre femme a été autorisée à vous écrire sa première lettre. A Noël, un ami vous aura parlé, le seul auquel nous ne saurions disputer ce bonheur, tout en désirant être bientôt autorisés à lui succéder.
Le premier jour de ces fêtes, votre femme distribua ses cadeaux. Elle doit vous en parler de son côté dans une lettre. Elle vous dira comme Marie a bien joué votre sonate en la mineur avec Joachim, et Elise les Kinderscenen, et combien elle m'a fait plaisir en me donnant les oeuvres complètes de Jean-Paul. Je n'avais encore jamais espéré que je pourrais, avant longtemps, les posséder en propre. Joachim a eu les partitions de vos symphonies que votre femme m'avait déjà données.
Je suis rentré ici la veille de Noël; combien la séparation d'avec votre femme m'avait paru longue! Je m'étais tellement habitué à son exaltante compagnie, j'avais si agréablement passé près d'elle tout l'été, et j'avais appris à l'admirer et à l'aimer à tel point que sans elle tout me semblait insipide et que je ne désirais qu'une seule chose: revenir auprès d'elle. Quelles jolies choses j'ai rapportées de Hambourg cependant! La partition de l'Alceste de Glück (l'édition italienne de 1776) que m'a donnée M. Avé, la chère première lettre que vous m'avez écrite, ainsi que plusieurs lettres de votre femme bien-aimée. Je dois vous remercier beaucoup pour un mot amusant dans votre dernière lettre, et pour l'affectueux tutoiement. Votre femme aussi m'a fait plaisir en employant le «tu» plus intime; c'est pour moi la meilleure preuve de sa confiance; je m'efforcerai toujours de la mériter davantage.
J'avais grand besoin de vous écrire, très cher ami, mais cela ne sera probablement que la répétition de ce que votre femme vous dit dans sa lettre. Donc je termine avec la poignée de main et les compliments les plus chaleureux. Votre Johannes.»